Torna a: Agricoltura

Circolare INPS n.  85 del 24 Maggio 2004

 

 

OGGETTO:

Imprenditore Agricolo Professionale: IAP.

 

 

Premessa.

 

Con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del 22 aprile 2004 Serie Generale n. 94 del Decreto legislativo 29 marzo 2004 n. 99, approvato dal Consiglio dei Ministri in attuazione della delega prevista dalla legge 7 marzo 2003, n. 38, si conclude l’iter del primo provvedimento di completamento dei principi-cardine della riforma agricola in coerenza con la politica agricola dell’Unione Europea e secondo l’indicazione contenuta all’art. 1, comma 2, lettera d), della citata legge n. 38/2003: “favorire lo sviluppo della forma societaria nei settori dell’agricoltura, della pesca e dell’acquacoltura, anche attraverso la revisione dei requisiti previsti dall’articolo 12 della legge 9 maggio 1975, n. 153, come modificato dall’articolo 10 del D. Lgs.  N. 228/2001, tenendo conto di quanto stabilito nel regolamento (CE) n. 1257 del Consiglio del 17 maggio 1999.”

 

Al riguardo, come si evince dall’articolato delle norme contenute nel decreto legislativo in argomento, viene portato a completamento il riordino della disciplina fiscale e previdenziale dell’imprenditore agricolo singolo ed associato, secondo la riformulazione dell’art. 2135 c.c., attraverso ulteriori e sostanziali modifiche rispetto alle precedenti novità introdotte in materia dal D. Lgs. n. 228/2001, che, come è noto, sono state illustrate con circolare  7 febbraio 2002 n. 34.

 

Per quanto attiene ai riflessi a valenza previdenziale, il D. Lgs. 99/2004, all’articolo 1, 1° comma,  ridefinisce il profilo dell’imprenditore agricolo a titolo principale (IATP) che assume la nuova figura di imprenditore agricolo professionale (IAP) e al successivo comma 3 estende alla società agricola la  nuova disciplina a condizioni meno restrittive rispetto alla precedente legislazione.

 

Le ulteriori novità sono rappresentate da:

 

art. 2, comma 1 e 2:  ragione sociale

art. 2, comma 3: società di persone tra coltivatori diretti

art. 3: imprenditore giovanile               

art. 5: nuova regolamentazione dell’attività agromeccanica

   

Art. 1, comma 1  – Imprenditore agricolo professionale.

 

In ossequio al punto d) della delega, al comma 1 dell’art. 1, viene definita normativamente la figura dello IAP:

Ai fini dell’applicazione della normativa statale, è imprenditore agricolo professionale (IAP) colui il quale, in possesso di conoscenze e competenze professionali ai sensi dell’articolo 5 del regolamento CE n. 1257/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, dedichi alle attività agricole di cui all’articolo 2135 del codice civile, direttamente o in qualità di socio di società, almeno il cinquanta per cento del proprio tempo di lavoro complessivo o che ricavi  dalle attività medesime almeno il cinquanta per cento del proprio reddito globale da lavoro”.

 

L’ultimo capoverso del comma in esame, con riferimento ai parametri di tempo-lavoro e di reddito, precisa:

Per l’imprenditore che operi nelle zone svantaggiate di cui all’articolo 17 del citato regolamento CE n. 1257/1999, i requisiti di cui al presente comma sono ridotti al venticinque per cento.”

 

Alla nuova categoria economica, come definita dalla norma, è riconducibile la disciplina della “normativa statale” intendendosi con essa l’applicazione delle diverse normative tributarie e previdenziali d’interesse, comprese quelle in cui una norma di legge faceva riferimento alla qualifica, di cui all’art. 12 della legge 153/1975 e successive modificazioni, che, come precisato al comma 5 del presente articolo, è abrogato.

 

Pertanto, al pari di quanto previsto dall’abrogato art. 12 per lo IATP, la qualifica di IAP, quale disciplinata dal nuovo testo normativo, si riferisce e vale per tutti i casi in cui, per la normativa statale stessa, è rilevante a  determinati fini, ivi compresi quelli di natura previdenziale.

 

 2.1.  Requisiti  tempo-lavoro e  reddito.

 

La norma in commento fissa  i nuovi parametri necessari per avvalorare la figura dello IAP che devono impegnarlo professionalmente, per le attività agricole di cui all’art. 2135 c.c., per un tempo-lavoro di almeno il 50%, nonché determinare il conseguimento di un ricavo reddituale complessivo, dall’esercizio delle citate attività, di almeno il 50% del proprio reddito globale di lavoro.

 

Tali parametri, precisa sempre la norma, sono ridotti al 25% per gli imprenditori che operano nelle zone svantaggiate.

 

Al riguardo si evidenzia che il legislatore ha tenuto conto, nella formulazione della nuova figura imprenditoriale, l’insieme delle disposizioni contenute nella normativa comunitaria che, come è noto, erano già applicabili ai fini dell’iscrivibilità al registro speciale delle imprese agricole (percentuale 50%) ma che, di  converso, impedivano all’imprenditore l’iscrizione alla gestione previdenziale, considerato che i parametri richiesti dovevano garantire una percentuale minima pari a due terzi di tempo-lavoro e reddito.

 

Per quanto riguarda, in particolare, l’accertamento del reddito, nel contesto del comma 1 in trattazione, viene introdotta una importante ed attesa precisazione circa il computo globale dello stesso, risolvendo nella fattispecie in via definitiva le incertezze che spesso avevano sollecitato il ricorso  al contenzioso amministrativo e/o giudiziario da parte di soggetti ai quali era stata negata l’iscrizione alla gestione previdenziale.

 

Infatti, al secondo capoverso del comma 1 è sancito che: le pensioni di ogni genere, gli assegni ad esse equiparati, le indennità e le somme percepite per l’espletamento di cariche pubbliche , ovvero in società, associazioni ed altri enti operanti nel settore agricolo, sono escluse dal computo del reddito globale da lavoro.”

 

Il principio, si ricorda, era stato valutato  positivamente nell’ambito della gestione CD/CM (vedi punto 5 della circ. n. 111/1998).

 

 

2.2  Imprenditori agricoli professionali operanti nella zone svantaggiate.

 

Ai fini della classificazione previdenziale ed assistenziale nei confronti dell’imprenditore agricolo professionale, operante nelle zone svantaggiate, il legislatore ha previsto la riduzione al venticinque per cento dei requisiti di tempo-lavoro e di reddito.

 

La novità è contenuta nel riferimento alla disciplina regolamentare del Consiglio n. 1257/1999 che, all’art. 17, individua i principi applicativi che devono essere eseguiti per delineare le zone svantaggiate.

 

A tale proposito si osserva che il riferimento al regolamento CE opera esclusivamente nell’ambito dell’accertamento dei requisiti che, come è precisato al successivo punto 3, è demandato alle Regioni, mentre rimane confermata la disciplina in merito alla classificazione della zona tariffaria  delle aziende ai fini dell’imposizione contributiva (vedi Manuale compilazione modello CD1 allegato alla circ. n. 128/2002).

 

 

 

Art. 1, comma 2 - Accertamento dei requisiti.

 

L’articolo 1, comma 2 del decreto legislativo in argomento definisce la competenza in merito all’accertamento dei requisiti richiesti per la figura dello IAP:

 

Le Regioni accertano ad ogni effetto il possesso dei requisiti di cui al comma 1

e aggiunge:

E’ fatta salva la facoltà dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) di svolgere, ai fini previdenziali, le verifiche ritenute necessarie ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 7 dicembre 2001 n. 476.

 

Da quanto in premessa, si annota che il legislatore, in ottica di semplificazione, ha previsto che il possesso delle qualifica di IAP vale anche ai fini previdenziali, riservando all’INPS la facoltà di ulteriori verifiche nelle fasi del procedimento di iscrizione, variazione e cancellazione dei soggetti tenuti all’obbligo assicurativo, a norma del citato D.P.R. n. 476/2001. (circ. n. 65/2002).

 

Il combinato disposto della norma tiene in considerazione le esigenze dell’Istituto di acquisire, oltre al titolo attestante la qualifica di IAP, attribuita dalla Regione, anche tutte le altre informazioni necessarie per l’inquadramento aziendale ai fini dell’imposizione contributiva. A tale proposito si fa presente che è in corso di predisposizione un apposito modello (IAP.1) sulla falsariga della disposizioni richiamate nel citato D.P.R. n. 476/2001.

 

 

 

Art. 1, comma 3: attribuzione alle società della qualifica di IAP.

 

Come è noto, superando le precedenti interpretazioni che limitavano il riconoscimento della qualifica di imprenditore agricolo, di cui all’art. 12 della legge n. 153/1975, alla sola persona fisica, la legge di orientamento 5 marzo 2001 n. 57 e le disposizioni di cui all’art. 10 del D. Lgs. n. 228/2001, avevano esteso tale riconoscimento anche alle persone giuridiche (società di persone e di capitali).

 

La norma novellata all’art. 1, comma 3, del D. Lgs. in esame, viene incontro alla necessità di favorire lo sviluppo delle forme societarie in agricoltura con positivi riflessi per le aziende sul versante della contribuzione obbligatoria dovuta agli Istituti Assicuratori.

 

Infatti, se da un lato la norma continua a richiedere che nello statuto della società sia previsto “quale oggetto sociale l’esercizio esclusivo  delle attività agricole di cui all’art. 2135 c.c.”, nel merito prevede una sostanziale riduzione dei requisiti con riferimento alla presenza dei soggetti con qualifica di IAP nell’assetto societario.

 

L’estensione dello status di IAP alle società è, infatti, subordinata alla verifica dell’ulteriore requisito soggettivo che è rappresentato:

 

nel caso di società di persone qualora almeno un socio sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale. Per le società in accomandita la qualifica si riferisce ai soci accomandatari.”

 

“nel caso di società cooperative, ivi comprese quelle di conduzione di aziende agricole, qualora almeno un quinto dei soci sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale.”

 

“nel caso di società di capitali, quando almeno un amministratore sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale.”

 

Art. 2, commi 1 e 2 – società agricola.

 

Il primo comma dell’articolo 2 prevede che: la ragione sociale o la denominazione sociale delle società che hanno quale oggetto sociale l’esercizio esclusivo delle attività di cui all’articolo 2135 del codice civile deve contenere l’indicazione di società agricola”

 e al secondo comma recita:

le società costituite alla data di entrata in vigore del presente decreto, che abbiano i requisiti di cui al presente articolo, devono inserire nella ragione sociale o nella denominazione sociale l’indicazione di “società agricola” ed adeguare lo statuto, se redatto”.

 

Considerato che il decreto legislativo in argomento è stato pubblicato nella G.U. del 22 aprile 2004 n. 94, tutte le società che hanno come oggetto esclusivo l’attività, di cui è cenno, hanno l’obbligo di inserire nella loro ragione sociale o denominazione la locuzione “società agricola” ed ove redatto, modificare in tal senso lo statuto.

 

L’informazione potrà essere fornita alle Sedi dell’Istituto da parte della aziende già iscritte in occasione della presentazione del primo modello DMAG UNICO relativo al trimestre successivo alla variazione dello statuto, aggiornando il quadro A “anagrafica azienda”.

 

Per le nuove iscrizioni, la locuzione dovrà invece essere indicata nell’apposito quadro del modello di denuncia aziendale (DA).

 

 

Art. 2, comma 3 – società di persone tra coltivatori diretti.

 

Il 3° comma dell’articolo 2 del decreto legislativo in argomento colma una lacuna che era stata evidenziata al punto 3.1.2. della circolare n. 29 del 13 febbraio 2004, laddove, per carenza di normativa, non era consentita l’attribuzione del beneficio dell’esonero parziale della contribuzione ex lege n. 185/1992 alle società di persone costituite tra soggetti iscritti alla gestione dei coltivatori diretti e soggetti che non rivestono tale qualifica.

 

A tal proposito, nell’estendere anche alla società agricola di persone qualora almeno la metà dei soci sia in possesso della qualifica di coltivatore diretto come risultante dall’iscrizione nella sezione speciale del registro della imprese di cui all’articolo 2188 e seguenti del codice civile” l’esercizio del diritto di prelazione o di riscatto, il legislatore  riconosce, altresì, le agevolazioni previdenziali ed assistenziali stabilite dalla normativa vigente a favore delle persone fisiche in possesso della qualifica di coltivatore diretto”.

 

Ne consegue che dall’entrata in vigore del D. Lgs. le società di persone tra coltivatori diretti che svolgono in modo esclusivo l’attività agricola e sempre che nell’ambito societario la metà dei soci sia in possesso della qualifica previdenziale, possono accedere ai benefici di cui alla legge n. 185/1992 come modificata dal D.Lgs. 29 marzo 2004 n. 102.

 

  Art. 3 – imprenditoria agricola giovanile.

 

La definizione del “giovane imprenditore agricolo” viene introdotta dal decreto legislativo, in attuazione del punto 1 della legge delega n. 38/2003, per qualificare, ai fini dell’applicazione della normativa statale in materia (fiscale e previdenziale) una serie di interventi per favorire l’insediamento e la permanenza nel settore dell’agricoltura dei giovani in età inferiore a quarant’anni.

 

Considerato che la novità ha valore a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, il riferimento all’applicazione della normativa statale,  per il momento non determina effetti previdenziali.

 

Pertanto rimangono confermate le disposizioni di cui all’art. 7, comma 8, della legge 2 agosto 1990 n. 233 “misura dei contributi previdenziali dei coltivatori diretti, mezzadri e coloni” che, si ricorda, sono state estese agli imprenditori agricoli a titolo principale dall’art. 13 della citata legge.

 

 

Art. 5 – attività agromeccanica.

 

La legge n. 38/2003 conteneva anche la delega “ a definire e regolamentare l’attività agromeccanica”  e l’art. 5 del D. Lgs. ne definisce modalità e contenuti:

 

E’ definita attività agromeccanica quella fornita a favore di terzi con mezzi meccanici per effettuare le operazioni colturali dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, la sistemazione e la manutenzione dei fondi agro-forestali, la manutenzione del verde, nonché tutte le operazioni successive alla raccolta dei prodotti per garantirne la messa in sicurezza”.

 

Sono inoltre considerate attività agromeccaniche “le operazioni relative al conferimento dei prodotti agricoli ai centri di stoccaggio  e all’industria di trasformazione quando eseguite dallo stesso soggetto che ne ha effettuato la raccolta.”

 

Da una prima analisi della norma si evince che la natura delle attività elencate nell’articolo in questione, esercitate da un imprenditore agricolo mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata, si configurano, ai fini previdenziali, quali attività agricole per “connessione” in presenza di tutti  i requisiti soggettivi ed oggettivi richiesti dall’art. 2135 c.c..

 

Al riguardo si richiamano le disposizioni impartite con  circolari n. 34/2002 e n. 186/2003.

 

Ne consegue che, nell’ipotesi in cui l’azienda eserciti una delle attività agromeccaniche  definite dalla norma, al di fuori dei limiti sopra indicati, la stessa è inquadrabile ai fini previdenziali in altri settori, secondo le disposizioni impartite con circolare 9 ottobre 1998 n. 212.