OGGETTO: |
Coltivatori diretti ed imprenditori
agricoli a titolo principale: forme associative. |
SOMMARIO: |
1. Premessa. 2. Società tra coltivatori diretti. 3. Adempimenti delle Sedi. 4. Società tra imprenditori agricoli a titolo principale. 5. Adempimenti delle Sedi. |
1. Premessa.
Nel panorama delle novità introdotte dal D. Lgs. n. 228/2001, “orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell’art. 7 della legge 5 marzo 2001 n. 57”, la disciplina della materia societaria nel settore dell’agricoltura ha ulteriormente avvalorato la posizione delle “società di persone” confermando che l’esercizio in forma societaria di una attività imprenditoriale agricola non costituisce impedimento alla tutela previdenziale dei singoli, ovviamente in presenza di tutti i requisiti soggettivi ed oggettivi per ottenere l’iscrizione alla specifica gestione previdenziale.
Al riguardo si osserva che con circolare n. 111 del 23 maggio 1998 – punto 4 – sono state già fornite specifiche direttive in merito all’iscrizione di soggetti appartenenti al nucleo familiare e facenti parte di società di persone
Considerata l’instaurazione di un crescente contenzioso amministrativo, nonché giudiziario in materia, l’argomento ha formato oggetto di una attenta disamina delle problematiche rappresentate dalle Sedi e dalle Associazioni datoriali.
Atteso quanto precede, le tematiche sono state affrontate sotto un duplice profilo:
· società tra coltivatori diretti
· società tra imprenditori agricoli a titolo principale
2. Società tra coltivatori diretti.
Come è noto la posizione previdenziale dei titolari d’impresa diretto-coltivatrice, associati tra loro, e dei componenti i rispettivi nuclei familiari, dediti, senza alcun vincolo di subordinazione, all’esecuzione abituale dei lavori manuali di coltivazione dei terreni e/o alla conduzione degli allevamenti, ha rappresentato uno dei nodi interpretativi più impegnativi per l’accertamento dei requisiti richiesti dalla legge per l’iscrizione negli elenchi di categoria.
In particolare la problematica riguardava l’impresa gestita attraverso forme di società di persone e più specificamente la “società semplice” per la quale sono state, spesso, evidenziate incertezze interpretative per il riconoscimento ai soggetti interessati della tutela previdenziale.
Ciò in quanto veniva attribuita significativa rilevanza allo svolgimento ed alla gestione dell’attività agricola e non alla figura dell’imprenditore individuale quale è il coltivatore diretto.
A dirimere le predette incertezze, si ricorda, è intervenuta la sentenza della Cassazione del 19 marzo 1988 n. 2527 che, investita del caso di una società costituita da tre “donne” per la conduzione di un fondo agricolo, ha ammesso la configurabilità delle stesse come coltivatrici dirette operanti in società.
Nel dispositivo della sentenza la Corte ha fornito, tra l’altro, alcune indicazioni che rappresentano le linee di indirizzo recepite dall’ex SCAU con circolare n. 75/1989:
· la società non può essere considerata nucleo familiare;
· la verifica dei requisiti richiesti dalla legge per integrare la qualifica di coltivatore diretto deve essere compiuta con riferimento a ciascun socio considerato come nucleo a sé;
· il fabbisogno lavorativo del fondo ed il rapporto tra la prestazione di lavoro effettiva del nucleo ed il fabbisogno aziendale vanno apprezzati non già con riferimento al fondo, oggetto dell’attività sociale, ma alla quota di esso corrispondente.
Ne consegue che nella fattispecie il concetto di “quota” riveste una posizione centrale nella fase dinamica della gestione aziendale in quanto indispensabile per analizzare dettagliatamente la singola situazione soggettiva-attiva del socio.
A conferma, viene in aiuto, l’articolo 9, secondo capoverso, del citato D. Lgs. N. 228/2001 allorquando, con riferimento ai soci di società di persone, statuisce che i soci “ mantengono la qualifica previdenziale e, ai fini del raggiungimento, da parte del socio, del fabbisogno lavorativo prescritto, si concretizza anche l’apporto delle unità attive iscritte nel rispettivo nucleo familiare”.
Il ricorso al concetto di “quota” nella fase di valutazione della situazione attiva di un soggetto è altresì ritenuto indispensabile nelle ulteriori ipotesi rappresentate da una gestione “ in comunione” dei beni utilizzati per lo svolgimento di attività agricola:
· comunione tacita familiare
· comunione ereditaria
per le quali sono emerse differenziazioni ed incertezze nella fase istruttoria propedeutica al provvedimento di accoglimento e/o diniego dell’iscrizione di un soggetto alla gestione dei coltivatori diretti.
Al riguardo si ricorda che per le comunioni tacite familiari la legge n. 662/1996 ha offerto la possibilità di regolarizzare la situazione di fatto con la costituzione di una società semplice ovvero con la trasformazione in ditta individuale.
Per quanto riguarda, invece, la fattispecie riconducibile alla comunione ereditaria le disposizioni emanate dall’ex SCAU hanno previsto l’iscrivibilità alla gestione di uno o più eredi come ditte individuali, ovviamente, in presenza di tutti i requisiti di legge, con la presentazione di un atto di divisione ovvero con “riserva” nell’ipotesi di dichiarazioni di notorietà attestanti la situazione divisoria di fatto, successivamente verificata sulla base dell’atto pubblico (divisione, alienazione, donazione, ecc.).
3. Adempimenti delle Sedi.
Da quanto in premessa nella fase istruttoria demandata agli uffici possono presentarsi due ordini di situazioni:
· domanda di iscrizione di un soggetto che dichiari di essere socio di società di persone;
· domanda di inquadramento nel settore agricolo di una società tra coltivatori che deve assumere manodopera dipendente.
Nella prima ipotesi sulla base delle informazioni contenute nella domanda di iscrizione, redatta sul mod. CD1 – dichiarazione aziendale relativa alla conduzione d’impresa diretto-coltivatrice – deve essere verificata la posizione del richiedente nell’ambito della società (società di persone), nonché la quota, ad esso spettante del fondo, degli allevamenti, macchinari, fabbisogno lavorativo comprensivo dell’eventuale apporto dei collaboratori del nucleo familiare.
Soddisfatti tutti i requisiti soggettivi ed oggettivi del nucleo deve essere riconosciuta l’iscrizione alla gestione e sulla base delle quote, determinata la fascia di appartenenza ai fini contributivi.
Per quanto riguarda la seconda situazione, come valutato in precedenza, il richiedente -persona fisica - iscritto alla gestione dei coltivatori diretti, conserva la qualifica previdenziale, qualora si associ con altri coltivatori per l’esercizio in comune delle attività agricole conferite da ciascun socio alla società - persona giuridica -.
Ne consegue che nell’ipotesi in cui la società di persone proceda all’assunzione di manodopera, con apertura di una posizione aziendale nel settore agricolo, la fattispecie non determina, in via di principio, la perdita della qualifica individualmente riconosciuta.
Di converso una modifica intervenuta nell’assetto societario (trasformazione, vendita dei fondi ecc.) può costituire legittimo motivo di cancellazione, così come la perdita per uno o più soci dei requisiti che hanno dato titolo all’originaria iscrizione negli elenchi.
4. Società tra imprenditori agricoli a titolo principale.
Come è noto la figura dell’imprenditore agricolo a titolo principale ai fini previdenziali viene riconosciuta con l’articolo 13 della legge 2 agosto 1990 n. 233 che recita:”si considera a titolo principale l’imprenditore che dedichi all’attività agricola almeno 2/3 del proprio tempo di lavoro e che ricavi dall’attività medesima almeno 2/3 del proprio reddito globale da lavoro risultante dalla propria posizione fiscale”.
Appare comunque necessario in questa sede evidenziare le condizioni preliminari perché si ravvisi la presenza della figura di imprenditore agricolo a titolo principale:
· esistenza di una azienda intesa come complesso di beni organizzati per l’esercizio dell’impresa agricola;
· lo svolgimento di una attività economica che implichi una produzione di beni o servizi;
· l’organizzazione dell’attività economica che si concretizza nel coordinamento dei fattori della produzione (capitale e lavoro);
· la professionalità la quale si esplica attraverso lo svolgimento sistematico ed abituale di una attività imprenditoriale;
· lo scopo di lucro inteso quale diretto incremento pecuniario ovvero in ottica di realizzazione di una qualsiasi utilità economica in previsione di un risparmio di spesa o altro vantaggio patrimoniale.
Tutto ciò premesso, si ricorda che a proposito delle società di persone costituite da imprenditori agricoli, con una direttiva l’ex SCAU ritenne che “nel caso di specie coloro i quali abbiano costituito una società di persone per la conduzione di un impresa agricola non abbiano veste di imprenditori agricoli a titolo principale e che pertanto non fosse loro riconosciuta la qualifica di cui si tratta “.
Nel corso degli anni sulla base della citata direttiva si è sviluppato un crescente contenzioso amministrativo e giudiziario temperato di recente dalla formulazione dell’art. 9 del D. Lgs. n. 228/2001 che recita: “Ai soci della società di persone esercenti attività agricole, in possesso della qualifica di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo a titolo principale, continuano ad essere riconosciuti e si applicano i diritti e le agevolazioni tributarie e creditizie stabiliti dalla normativa vigente a favore delle persone fisiche in possesso delle predette qualifiche. I predetti soggetti mantengono la qualifica previdenziale …… omissis”
A tal proposito al punto 6 della circolare n. 34/2002 è stato posto l’accento sul particolare interesse della norma che prevede espressamente per gli IATP il riconoscimento e/o la permanenza nella qualifica anche se soci di società di persone.
E’ appena il caso di ricordare che la disposizione limita il riconoscimento esclusivamente nell’ipotesi di società di persone.
Tra l’altro si annota che, in presenza di ulteriori determinati requisiti, l’art. 10 del D. Lgs. n. 228/2001 ha attribuito la qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale a tutte le tipologie di società (vedi circ. INPS n. 34/2002) che abbiano come oggetto sociale l’esercizio esclusivo dell’attività agricola.
5. Adempimenti delle Sedi.
Considerato il notevole riflesso che la norma novellata dal D. Lgs. n. 228/2001 riveste sulle determinazioni di accoglimento e/o di reiezione di una domanda di iscrizione alla gestione, si forniscono le precisazioni necessarie per valutare i caratteri distintivi fondamentali dell’imprenditore agricolo a titolo principale ai fini del diritto al riconoscimento della qualifica previdenziale anche se socio di società di persona.
In tale contesto possono presentarsi due differenti tipologie di richiesta:
· domanda di iscrizione di un soggetto che dichiari di essere socio di società di persone;
· domanda di inquadramento nel settore agricolo di una società tra imprenditori a titolo principale per l’assunzione della manodopera dipendente.
Fermo restando che in ogni caso deve essere confermato il possesso dei requisiti previsti dal combinato disposto dell’art. 12 della legge 9 maggio 1975 n. 153 e dell’art. 13 della legge 2 agosto 1990 n. 233, per entrambe le situazioni prospettate è necessario valutare la situazione attiva del soggetto con il ricorso al concetto di “quota” così come precisato al precedente punto 2 per le società tra coltivatori diretti e per le ulteriori fattispecie rappresentate dalla gestione “in comune” dei beni, in dipendenza di una comunione tacita familiare e/o ereditaria.
Al riguardo si osserva che per procedere ad una analisi dell’effettiva posizione degli associati ed alla verifica della consistenza della “quota personalizzata” si dovrà fare ricorso alla documentazione amministrativa e fiscale della società (assuntrice di manodopera) ed alle dichiarazioni di modello UNICO dei singoli soci.
Sul piano metodologico, espletati i controlli amministrativi, deve essere convalidata l’esistenza di alcune condizioni:
· la posizione di socio amministratore, attraverso la consultazione dell’anagrafe della Camera di Commercio, a conferma della partecipazione attiva di ciascun socio alla gestione dell’azienda;
· la verifica nella denuncia fiscale della società dei costi e ricavi che, nelle dichiarazioni fiscali del singolo socio, devono risultare ripartiti in proporzione alla quota personalizzata di possesso dei beni conferiti. E’ appena il caso di ricordare che in relazione alla quota, l’Istituto determina la fascia di appartenenza ai fini del versamento della contribuzione singolarmente dovuta.
Al verificarsi di tutte le condizioni a ciascun socio deve essere riconosciuta e/o confermata la qualifica di IATP, risultando ininfluente la gestione in comune dell’azienda che, talvolta, utilizza la preesistente denominazione per gli adempimenti fiscali e previdenziali (es. “eredi di …..”).