Sentenza Tribunale di Roma, Sezione Lavoro
n. 14841 del 30 luglio 2004
- Nel lavoro giornalistico l’elemento della subordinazione risulta attenuato in considerazione dei connaturati aspetti di autonomia -
La vicenda trae origine dal
ricorso per l’accertamento della natura subordinata ovvero dipendente del
lavoro giornalistico svolto in favore di una federazione sportiva quale
responsabile dell’ufficio stampa. La sentenza ribadisce che nel
caso di lavoro giornalistico l’elemento della subordinazione risulta attenuato
in considerazione dei connaturati aspetti di autonomia. In tale
contesto, sono giudicati elementi qualificanti la subordinazione: la continuità
e la responsabilità del servizio che si verificano quando il giornalista abbia
l’incarico di trattare in via continuativa un argomento o un settore di
informazione e metta costantemente a disposizione la sua opera, nell’ambito
delle istruzioni ricevute. La decisione favorevole al ricorrente si e’ basata
sulla circostanza che nel corso del giudizio e’ stato provato che questi si era
occupato di comunicati stampa, di organizzare le conferenze stampa in occasione
di manifestazioni di rilievo, di curare le pubbliche relazioni, di affiancare
il Presidente nelle conferenze in cui venivano illustrati i programmi
distribuendo comunicati con le dichiarazioni di questi; di realizzare il
commento dei match per le emittenti locali, curando sia il commento in diretta
sia la scelta delle immagini e la stesura dei contenuti per le sintesi; di
gestire i rapporti con i giornalisti del settore; di organizzare eventi; di
assicurare una presenza costante e continuativa nei locali essendo dotato di
una propria stanza attrezzata degli strumenti necessari, con una linea
telefonica diretta e con assegnazione di una segretaria personale. Le emergenze
processuali hanno, inoltre, escluso la sussistenza
in capo al ricorrente sia di una minima organizzazione imprenditoriale che di
un rischio economico dal momento che nello svolgimento
della propria attività si e’ avvalso degli strumenti e dei mezzi di cui erano
dotati gli uffici e che tutte le spese necessarie all’espletamento
dell’incarico sono state sostenute dalla convenuta. In buona sostanza, il
giornalista e’ stato pienamente e
stabilmente inserito nell’organizzazione, svolgendo con costanza e continuità attività
legate all’ufficio, mettendo le sue energie lavorative e la sua professionalità
a disposizione delle esigenze anche variabili della convenuta.
La sentenza che segue e’
suscettibile di impugnazione in conformità ai principi del vigente sistema
processuale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso ritualmente notificato C.A. conveniva in giudizio la F. chiedendo al giudice di accertare e dichiarare che a decorrere dall’1.2.1988 tra le parti era intercorso un rapporto di lavoro giornalistico subordinato a tempo indeterminato; di dichiarare nulle ed illegittime e pertanto annullare le clausole di limitazione temporale apposte ai contratti sottoscritti; di accertare e dichiarare che per le mansioni di fatto svolte aveva diritto anche ex art. 36 Cost. al trattamento economico e normativo previsto dal CNLG per il capo servizio; di condannare pertanto la convenuta al pagamento della somma di € 608.052,33, a titolo di stipendi, contingenza, indennità redazionale, indennità aggiuntiva, 13ma, mancata fruizione della cd settimana corta, lavoro straordinario, lavoro domenicale, lavoro festivo, indennità sostitutiva delle ferie e dei permessi non goduti, oltre accessori; di condannare la convenuta al risarcimento del danno da omissione contributiva da quantificarsi in separata sede; di accertare e dichiarare che a decorrere dal 13.12.2001 esso ricorrente era stato privato illegittimamente dell’attività’ lavorativa e della relativa retribuzione ovvero di annullare il licenziamento intimato con effetto dalla predetta data; di condannare la F. alla reintegrazione e/o riammissione in servizio ed al pagamento della retribuzione, anche a titolo risarcitorio, a decorrere dal 13.12.2001, oltre accessori; in subordine di condannare la convenuta al pagamento della somma di €134.802,71 per spettanze di fine rapporto, oltre accessori; in via subordinata e per l’ipotesi di ritenuta natura autonoma del rapporto, di accertare e dichiarare che il compenso corrispostogli era inadeguato alle mansioni svolte e conseguentemente di condannare la convenuta a corrispondere a titolo di integrazione un importo da determinarsi in via equitativa e comunque non inferiore ad € 608.052,33, oltre accessori e vinte le spese. A sostegno della domanda in sintesi esponeva: di essere giornalista professionista iscritto al relativo albo dal 1987; che a decorrere dall’1.2.1998 aveva svolto, su proposta del Presidente della F., mansioni di responsabile ufficio stampa per come dettagliatamente descritte, partecipando anche alle indicate manifestazioni sportive; che aveva prestato la sua opera dal lunedì al sabato quantomeno dalle 9,30 alle 20,00, nonché almeno una domenica al mese per 4 ore; che era stato nominato su candidatura del Presidente membro della EABA; che per lo svolgimento delle mansioni aveva utilizzato un ufficio al lui assegnato in via esclusiva, dotato di scrivanie ed altre attrezzature; che aveva percepito dal 1988 al 31.12.1996 i compensi indicati; che dall’1.12.1996 aveva sottoscritto formali contratti di incarico professionale della durata annuale; che tutte le spese necessarie allo svolgimento dell’attività erano state sostenute dalla F.; che nel corso del rapporto non aveva mai fruito della settimana corta nonché dei permessi; che aveva fruito di un periodo di 25 giorni di ferie concordato con il Presidente e regolarmente retribuito; che aveva sempre lavorato nelle festività infrasettimanali; che a decorrere dal marzo 2001 il nuovo Presidente della F. aveva disposto la revoca dell’autorizzazione all’accesso nei locali di cui egli era stato dotato, nonché la revoca degli incarichi relativi al sito internet, alla gestione ed organizzazione degli eventi, alla partecipazione a congressi e meeting, assegnati al personale esterno; che aveva lamentato tale situazione tramite l’Associazione Stampa Romana; che con telegramma del 27.9.2001, la F. aveva comunicato la disdetta del contratto di collaborazione alla scadenza del 31.12.2001, contestata con lettera del 31.12.2001. Fissata l’udienza di discussione si costituiva la F. eccependo la carenza di legittimazione passiva almeno sino al 1999, individuando quale legittimato il Coni, il difetto di giurisdizione per il periodo ante 1998, la prescrizione per il periodo anteriore al dicembre 1996 e nel merito contestando il ricorso e chiedendone il rigetto. Esperito con esito negativo il tentativo di conciliazione, sentite le parti personalmente, istruita con produzione documentale e con l’escussione dei testi indotti, autorizzato il deposito di note e nuovi conteggi, la causa veniva discussa e decisa come da separato dispositivo pubblicamente letto.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorrente agisce in giudizio per il riconoscimento della natura subordinata del rapporto di lavoro giornalistico intercorso con la convenuta a decorrere dall’1.2.1988 e sino al 31.12.2001 per avere egli svolto l’attivita’ di responsabile dell’ufficio stampa della F. Preliminarmente, va dichiarato ex art. 69/7° c. d.lvo n. 165/01 [2] il difetto di giurisdizione del g.o. per il periodo sino al 30.6.1998. Per ormai consolidata giurisprudenza in materia di pubblico impiego, la giurisdizione si determina facendo riferimento al dato storico costituito dall’avversarsi dei fatti materiali e delle circostanze in relazione alla cui giuridica rilevanza sia insorta la controversia; pertanto, nel caso, come quello in esame, in cui il lavoratore – attore riferisca le proprie pretese per un periodo in parte antecedente e in parte successivo al 30 giugno 1998, la competenza giurisdizionale deve essere distribuita tra il giudice amministrativo in sede esclusiva e giudice ordinario in relazione ai due periodi, senza che rilevi l’avvenuto superamento della data del 15 settembre 2000, indicata dall’art. 45, comma diciassettesimo, dello stesso D.lgs. n. 80 del 1998 (oggi art. 69, comma settimo, del D.lgs. n.165 del 2001) [3], non quale limite alla persistenza della giurisdizione suddetta, ma quale termine di decadenza per la proponibilita’ della domanda giudiziale. Ne’ puo’ dubitarsi che nel caaso di specie debba trovare applicazione la citata disposizione relativa al riparto di giurisdizione. Nel regime anteriore al D.lgs. 23 luglio 1999, n. 242, le federazioni sportive nazionali presentano un duplice aspetto, l’uno di natura pubblicistica, riconducibile all’esercizio in senso lato di funzioni pubbliche proprie del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), e l’altro di natura privatistica, riconnesso alle specifiche attivita’ delle federazioni medesime, attivita’ che, in quanto autonome, sono separate da quelle di natura pubblica e fanno capo soltanto alle dette federazioni. Tra le attivita’ di natura pubblica, nell’espletamento delle quali la federazione agisce come organo del CONI, la giurisprudenza ha fatto rientrare la pubblicazione di una rivista, relativa alla disciplina agonistica ricadente nell’ambito della competenza della F., con la connessa raccolta pubblicitaria, trattandosi di attività di promozione e diffusione dello sport che non si esaurisce nella sfera interna della federazione medesima, ma che si ancora alla funzione pubblica propria del Comitato Olimpico, venendo a coincidere con uno dei compiti essenziali di questo (Cass. n. 14530/2002) ed identiche considerazioni possono ben valere in questa sede in cui l’attività’ dedotta dal ricorrente e’ quella di responsabile dell’ufficio stampa della federazione, attività che presenta identici connotati pubblicistici di quelli evidenziati dalla richiamata giurisprudenza di legittimità. E’ altresì principio consolidato che il rapporto di lavoro del dipendente che, ancorché assunto direttamente da una federazione sportiva con contratto di diritto privato,
esibisca la congiunta evenienza dello svolgimento di mansioni di carattere (non tecnico, ma) amministrativo e del disimpegno delle stesse presso la struttura centrale dell’organizzazione, ha natura pubblicistica, essendo i caratteri di detta attivita’ esattamente identici a quelli proprie dei lavoratori legati al CONI da rapporto di pubblico impiego e comandati o distaccati presso le federazioni sportive (che del CONI costituiscono organi) ai sensi dell’art. 14, terzo comma, della legge 23 marzo 1981, n. 91 [4], non assumendo rilievo la sopravvenuta abrogazione di detto art. 14, tanto piu’ che la nuova disciplina, recata dal D.lgs. 23 luglio 1999, n. 242, si pone, sul punto, in continuità con la precedente (Cass. n. 9690/02). Cio’ che rileva, dunque, ai fini della determinazione della natura (pubblica o privata) del rapporto di lavoro del personale che abbia prestato la sua opera per le federazioni sportive a prescindere da un atto formale di assunzione, e’ che le prestazioni presentino o meno i menzionati tratti caratteristici delineati dalla speciale norma di previsione come propri dell’una o dell’altra specie e nel caso de quo, secondo la stessa prospettazione attrice, l’attività espletata dal ricorrente difetta certamente del connotato tecnico-agonistico che solo avrebbe consentito di qualificare di natura privata il rapporto. Dichiarato il difetto di giurisdizione per il periodo anteriore al 30.6.1998, per quanto attiene a quello successivo va disattesa l’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dalla convenuta sulla considerazione che tale rapporto dovrebbe fare capo al Coni, ma la prospettazione non puo’ essere condivisa. Il Coni e’ soggetto rimasto del tutto estraneo al rapporto intercorso tra le parti e nessun accertamento e’ stato chiesto nei suoi confronti. Ne’ vale ad imputare al predetto la titolarità soggettiva del rapporto la circostanza che il ricorrente e’ stato adibito a svolgere attività dal connotato pubblicistico. La tesi difensiva finisce per confondere la natura con la titolarità del rapporto che, invece, vanno nettamente distinte, non potendosi chiamare a rispondere delle obbligazioni nascenti dal contratto un terzo ad esso estraneo. Anche anteriormente al d.lvo n. 242/1999, che ha comportato la trasformazione in soggetti di diritto privato, le federazioni era riconosciuta un’autonomia tecnica, organizzativa e di gestione, sotto la vigilanza del CONI, ma a tale potere di vigilanza non puo’ ricollegarsi l’assunzione di responsabilità o corresponsabilità nell’attività’ giuridica svolta dal vigilato. Passando all’esame del merito, e’ pacifico in causa che C.A. nel periodo agosto 1.7.1998-31.12.2001 ha prestato la propria opera a favore della F. e che le parti hanno stipulato alcuni contratti di collaborazione professionale quale giornalista professionista dell’Ufficio stampa federale e per i rapporti con le emittenti radio-televisive, pubbliche e private e le testate giornalistiche e non. Discussa in causa e’ la natura subordinata o meno del dedotto rapporto di lavoro, pertanto la soluzione della controversia non puo’ prescindere da alcune considerazioni sulla sempre dibattuta questione della distinzione tra autonomia e subordinazione. Questo giudice ha piu’ volte affermato che secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte lo stabile inserimento nell’organizzazione datoriale consiste nel fatto che il lavoratore mette a disposizione del datore di lavoro le proprie energie lavorative con carattere di continuità in funzione delle esigenze anche variabili di quest’ultimo. Se questa e’ l’essenza della subordinazione e’ evidente che lo stesso orario di lavoro puo’ rilevare solo come indice di una simile situazione di fatto, mentre ogni disquisizione circa l’assiduità dell’esercizio del potere direttivo diviene irrilevante ove si consideri che vi sono mansioni che richiedono e consentono le sole direttive programmatiche. Giova, inoltre, ricordare che la natura del rapporto va accertata in concreto alla luce della relativa attuazione (ad es. Cass. 7885/1987 e Cass. 3603/1998) e che del tutto secondario e’ il peso che nella relativa indagine puo’ essere attribuito a elementi come il sistema di retribuzione o il cd. nomen juris (ad. Es. Cass. n. 5332/1996 e soprattutto Cass. Sez. Un. n. 61/1999). Pertanto, si deve guardare alla formale volontà delle parti solo se le concrete modalità di svolgimento delle prestazioni lasciano margini di ambiguità ed incertezza (ad es. Cass. n. 7931/2000). Va, inoltre, evidenziato che, sempre secondo la giurisprudenza della S.C., quando la distinzione tra rapporto di lavoro autonomo e subordinato non risulti agevole alla luce dei criteri univoci come l’esercizio del potere direttivo e disciplinare da parte del datore di lavoro – la cui esistenza e’ sicuro indice di subordinazione, mentre la relativa assenza non e’ sicuro indice di autonomia – ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro si puo’ ricorrere a criteri distintivi sussidiari, quali la presenza di una pur minima organizzazione imprenditoriale ovvero l’incidenza del rischio economico sul lavoratore, entrambi indici dell’autonomia (Cass. 3674/2000). La giurisprudenza di legittimità anche di recente e’ tornata a ribadire i suddetti principi affermando (in una fattispecie particolare quale la docenza in un istituto professionale parificato) che ai fini della distinzione tra lavoro autonomo e subordinato, quando l’elemento dell’assoggettamento del lavoro alle direttive altrui non sia agevolmente apprezzabile a causa della peculiarità delle mansioni (e, in particolare, della loro natura intellettuale o professionale) e del relativo atteggiarsi del rapporto, occorre fare riferimento a criteri complementari e sussidiari – come quelli della collaborazione, della continuità delle prestazioni, dell’osservanza di un orario determinato, del versamento a cadenze fisse di una retribuzione prestabilita, del coordinamento dell’attività lavorativa all’assetto organizzativo dato dal datore di lavoro, dell’assenza in capo al lavoratore di una sia pur minima struttura imprenditoriale – che, privi di ciascuno di valore decisivo, possono essere valutati globalmente con indizi probatori della subordinazione (Cass. n. 5508/2004). La S.C. con la citata pronuncia ha, altresì, ribadito: che la qualificazione del rapporto compiuta dalle parti al momento della stipulazione del
contratto puo’ essere rimarchevole, ma certamente non e’ risolutiva, dovendo la collocazione del lavoratore essere valutata con riferimento alla specificità dell’incarico conferito e alle concrete modalità della sua attuazione; che il mancato esercizio del potere disciplinare costituisce un argomento significativo per catalogarne la natura, posto che la sua manifestazione non si esaurisce nel momento sanzionatorio di una condotta inadempiente, ma e’ direttamente funzionale al potere imprenditoriale di organizzazione dei fattori di produzione e, come tale, si atteggia quale elemento concorrente per desumere la natura subordinata del rapporto e comunque occorre sempre accertare se l’esercizio del potere sanzionatorio sia escluso in linea di principio, circostanza che va evidenziato non risulta affatto nel caso di specie, o non risulta esercitato per l’assenza di fatti rilevanti (cfr. su quest’ultimo punto anche Cass. n. 5411/1999). Con particolare riferimento al rapporto giornalistico la S.C. ha piu’ volte ribadito che per la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato nella attività giornalistica, in cui l’elemento della subordinazione risulta attenuato, prevalendo quello della collaborazione, sono aspetti qualificanti la continuità e la responsabilità del servizio che ricorrono quando il giornalista abbia l’incarico di trattare in via continuativa un argomento o un settore di informazione e metta costantemente a disposizione la sua opera, nell’ambito delle istruzioni ricevute, non rilevando in contrario la commisurazione della retribuzione alle singole prestazioni; la S.C. ha, altresì, precisato che il vincolo suddetto puo’ escludersi solo nel caso in cui siano convenute singole ancorché continuative, prestazioni in una sorta di successione degli incarichi professionali. Ed, allora, appare opportuno muovere la presente indagine proprio da quegli aspetti ritenuti indiscutibilmente qualificanti il carattere dell’autonomia dedotto dalla convenuta. Le emergenze processuali hanno escluso la sussistenza in capo al ricorrente sia di una minima organizzazione imprenditoriale che di un rischio economico. Il C. nello svolgimento della propria attività si e’ avvalso degli strumenti della F., utilizzando i mezzi di cui erano dotati gli uffici, nonché il materiale fornitogli dalla stessa, tutte le spese necessarie all’espletamento dell’incarico sono state sostenute dalla convenuta, ha percepito un compenso fisso senza sopportare alcun onere o rischio economico. Cio’ evidenziato occorre passare all’esame delle concrete modalità con cui e’ stata resa la prestazione. Dalle prove testimoniali assunte (in particolare, le puntuali dichiarazioni dei testi V. e M. ed in parte L.) risulta provato: che il ricorrente ha svolto l’incarico di addetto stampa, occupandosi di comunicati stampa, di organizzare le conferenze stampa in occasione di manifestazioni di rilievo, di curare le pubbliche relazioni, di affiancare il Presidente nelle conferenze in cui venivano illustrati i programmi della F., distribuendo comunicati con le dichiarazioni di questi; che ha realizzato il commento dei match per le emittenti locali che provvedevano alla diffusione, curando sia il commento in diretta sia la scelta delle immagini e la stesura dei contenuti per le sintesi trasmesse in differita, attività questa che la federazione coordinava con gli organizzatori delle manifestazioni occupandosi dell’informazione giornalistica; che ha curato i rapporti con i giornalisti addetti al settore, ponendosi come unico riferimento della federazione; che ha organizzato eventi; che ha partecipato su incarico della federazione anche a trasferte all’estero in occasione di eventi, nonché a manifestazioni extra agonistiche in occasione della quali ha provveduto a preparare materiale ulteriore oltre a quello della stampa, quali filmati illustrativi e commemorativi, distribuiti ai partecipanti; che ha assicurato una presenza costante e continuativa nei locali della federazione, sia di mattina che di pomeriggio; che e’ stato dotato di una propria stanza attrezzata degli strumenti necessari, con una linea telefonica diretta e gli e’ stata assegnata una segretaria personale, che provvedeva a curare gli adempimenti pratici e che era dipendente della federazione (circostanza non contestata). Il teste M., a prescindere da ogni considerazione sul tenore della lettera a questi inviata dal Presidente della F. successivamente alla celebrazione della prima udienza ed anteriormente alla deposizione del teste (lettera acquisita agli atti), non ha potuto riferire nulla in ordine al periodo successivo al luglio 1998 (il teste ha cessato dal proprio incarico di Presidente nel 1997), pertanto le dichiarazioni rese non appaiono rilevanti ai fini della decisione e comunque contengono valutazioni (ne’ con subordinazione) che non possono formare oggetto di deposizione e pertanto non sono utilizzabili, così come non sono utilizzabili le valutazioni, comunque generiche, espresse dal teste L. Nessuna conferma, infine, e’ stata fornita all’asserito svolgimento di attività lavorativa, nel periodo in esame, per altri soggetti, mentre gli incarichi ricoperti in alcuni organismi internazionali non serve ad escludere la natura propria del rapporto. Così come non puo’ assumere rilievo escludente la mancata consegna di certificati medici a giustificazione delle assenze per malattia stante anche il disposto dell’art. 25 cnlg [5]. Dall’esperita istruttoria emerge in modo inequivoco che il C. e’ stato pienamente e stabilmente inserito nell’organizzazione della federazione, svolgendo con costanza e continuità attività legate all’ufficio stampa, mettendo le sue energie lavorative e la sua professionalità a disposizione delle esigenze anche variabili della convenuta connesse alla comunicazione esterna ed all’organizzazione delle proprie manifestazioni; il C. ha operato a diretto contatto con il Presidente e sulle indicazioni di questi, percependo un compenso fisso svincolato dal numero ed entità delle prestazioni rese, senza l’assunzione di alcun rischio. Dello stesso tenore dei contratti formalmente definiti di collaborazione emerge che il C. ha curato con continuità l’intero settore informativo delle F. e tale circostanza, considerati i gia’ richiamati principi giurisprudenziali in materia di lavoro giornalistico, consente di qualificare come subordinato il
rapporto di lavoro a prescindere dalla presenza quotidiana o meno della sede di lavoro, che comunque e’ risultata assolutamente costante – quasi quotidiana – anche considerate le prestazioni fuori sede, atteso che l’elemento determinante e’ lo svolgimento di un’attività non occasionale, bensì continuativa e diretta ad assicurare l’informazione in uno specifico settore, sempre a disposizione delle esigenze del datore di lavoro, così come risulta provato nella fattispecie. In conclusione va dichiarata la natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso tra le parti. Per quanto attiene alle pretese economiche avanzate dal C. , va innanzitutto rilevato che il richiamo al CNLG operato in ricorso e’ effettuato quale parametro valutativo ex art. 36 Cost., perdendo così di rilievo le contestazioni mosse dalla convenuta e tale contrattazione collettiva si appalesa, in assenza di diversa disciplina nello specifico settore, quale unica normativa contrattuale di riferimento ai predetti fini stante anche l’inapplicabilità ai giornalisti del ccnl Coni per come detto e non contestato. Va, altresì, evidenziato che per costante giurisprudenza di legittimità una volta che sia accertata in giudizio l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato in contrasto con la qualificazione del rapporto come autonomo operata dalle parti, ai fini della determinazione del trattamento economico dovuto si deve considerare nel suo complesso quanto in concreto sia stato gia’ corrisposto al lavoratore e porlo a raffronto con il trattamento minimo dipendente dalla corretta qualificazione del rapporto, con la conseguenza che, ove quest’ultimo sia stato gia’ integralmente corrisposto, non possono essere liquidate mensilità aggiuntive commisurate ai compensi periodicamente erogati. Questo principio dell’assorbimento, tuttavia, non puo’ trovare applicazione per le indennità di fine rapporto che, prima e dopo l’entrata in vigore della legge n. 297 del 1982, maturano al momento della cessazione del rapporto (Cass. 10824/97), così come matura alla cessazione del rapporto l’indennità’ sostitutiva del preavviso, che pertanto non puo’ essere assorbita in quanto gia’ percepito dal ricorrente. Condiviso il richiamato principio interpretativo, appare di tutta evidenza la non correttezza del conteggio allegato al ricorso con cui viene rivendicata la somma complessiva di € 608.052,33 non essendo condivisibile il metodo di computo adottato, che talaltro utilizza quale parametro di riferimento la retribuzione del capo servizio, qualifica che puo’ essere riconosciuta a favore del ricorrente. A quest’ultimo riguardo va osservato che la declaratoria contrattuale qualifica capo servizio il redattore al quale sia stata attribuita la responsabilità di un determinato servizio redazionale a carattere continuativo ed abbia alle proprie dipendenze due o piu’ redattori e/o collaboratori fissi con il compito di coordinarne e rivederne il lavoro fornendo le opportune direttive ovvero il redattore al quale sia stata riconosciuta per iscritto tale qualifica, ma nella specie non ricorre nessuno dei detti presupposti atteso che non vi e’ riconoscimento scritto ne’ il C. era chiamato a coordinare il lavoro di redattori a lui sottoposti. Corretto, invece, appare ricondurre astrattamente la valutazione ex art. 36 Cost. le mansioni svolte dal ricorrente nella figura del redattore. Non possono essere riconosciute somme a titolo di indennità per lavoro straordinario, domenicale e mancata fruizione della settimana corta atteso le risultanze istruttorie hanno fornito riscontri puntuali. Ed invero, l’orario di lavoro dedotto in ricorso non ha trovato diretta conferma; per quanto attiene il lavoro domenicale sebbene i testi abbiano genericamente confermato che il ricorrente lavorasse anche in occasione delle manifestazioni domenicali, manca un puntuale riscontro del numero delle giornate in cui effettivamente e’ stata resa la prestazione (quanto dedotto in ricorso non e’ stato confermato) e non sono stati neppure forniti elementi utili per procedere ad un’eventuale valutazione equitativa atteso che nessuna indicazione numerica, neppure approssimativa, e’ stata fornita nel corso delle deposizioni; per quanto attiene alla mancata fruizione della settimana corta il ricorso difetta di specifiche allegazioni sul punto, ne’ di ausilio appaiono le testimonianze assunte. Dagli ultimi conteggi depositati dal ricorrente in data 31.5.2004, su richiesta di questo giudice ed in applicazione dei principi interpretativi sopra richiamati e delle risultanze istruttorie, nessuna somma e’ dovuta a titolo di differenze retributive, essendo le somme percepite nel corso del rapporto ben superiori ai minimi tabellari. Per quanto attiene alle ulteriori voci indicate e ribadite negli ultimi conteggi allegati – rateo ferie, rateo indennità redazionale ed indennità aggiunta riferiti all’anno 2001 – va osservato che le stesse, maturando nel corso e non alla cessazione del rapporto, devono ritenersi assorbite, in base ai principi sopra richiamati, nei maggiori importi percepiti dal C. a titolo di compenso nel corso del rapporto (1.7.98-31.12.2001) per un importo complessivo pari ad € 90.379,76, nel quale ben rientrano le somme indicate ai predetti titoli. Devono, invece, essere liquidate a favore del ricorrente le somme maturate a titolo di tfr ed indennità di mancato preavviso (entrambe voci di fonte legale), per come quantificate nelle note contabili del 31.5.2004 pari rispettivamente ad € 9.318,43 ed € 21.058,17, per complessivi € 30.376,60 oltre rivalutazione monetaria ed interessi dal 31.12.2001 al saldo, al cui pagamento la F. va condannata. Vanno disattese le generiche censure mosse dalla convenuta nelle note di replica (che avrebbero dovuto investire solo i profili contabili come da espresse ordinanze), rilevandosi che il predetto conteggio e’ stato effettuato in applicazione dei minimi tabellari previsti dalla contrattazione collettiva ed utilizzati quale parametro ex art. 36 Cost. e che l’invocato principio di assorbimento, per come gia’ evidenziato con il richiamo alla succitata pronuncia della S.C., non opera con riferimento al tfr ed
all’indennità’ di mancato preavviso. Acclarata la natura subordinata del rapporto, il recesso operato dalla F. con la comunicazione del 27.9.2001 e’ illegittimo perche’ non supportato ne’ da giusta causa ne’ da
giustificato motivo. In assenza di allegazione e prova del requisito dimensionale, il cui onere gravava sul ricorrente, deve trovare applicazione la tutela obbligatoria e conseguente la F. va condannata a riassumere il ricorrente nel termine di tre giorni o in mancanza a corrispondere al medesimo un’indennità, che valutati i criteri di cui all’art. 8 legge n.604/1966 [6], si stima equo quantificare in quattro mensilità dell’ultima retribuzione dovuta, oltre rivalutazione monetaria ed interessi. Deve, invece, essere respinta la domanda risarcitoria per asserito demansionamento atteso che l’esperita istruttoria non ha fornito alcun riscontro alle allegazioni convenute in ricorso relative ad una privazione di alcuni incarichi a decorrere dal marzo 2001 ed i testi nulla hanno riferito in merito, anzi emerge complessivamente dalle deposizioni assunte che il ricorrente, come gia’ evidenziato, ha svolto le sue mansioni con continuità ed in modo invariato per tutta la durata del rapporto. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo anche in considerazione del parziale accoglimento delle molteplici – e di particolare entità economica – pretese avanzate.
P.Q.M.
Dichiara il difetto di giurisdizione per il periodo anteriore al 30.6.1998; dichiara che tra le parti a decorre dall’1.7.1998 al 31.12.2001 e’ intercorso un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato; conseguentemente condanna la F. a corrispondere a C.A. la somma di € 30.376,60 oltre rivalutazione monetaria e interessi; dichiara l’illegittimità del licenziamento intimato al ricorrente e conseguentemente condanna la F. a riassumere il C. nel termine di tre giorni o in mancanza a corrispondere al medesimo un’indennità risarcitoria pari a quattro mensilità dell’ultima retribuzione dovuta, maggiorata di rivalutazione monetaria ed interessi, respingendo ogni altra pretesa; condanna la resistente a rifondere al ricorrente le spese di lite liquidate in € 2.800,00 oltre iva e cpa.
Così deciso in Roma l’8.6.2004 Il Giudice Dott.ssa Vittoria Di Sario
[1] Ecco l'’art. 36 della Cost. "Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a se’ e alla famiglia una esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa e’ stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non puo’ rinunziarvi".
[2] Ai sensi dell’art. 69/7° comma del Decreto Legislativo n. 165/01 "Sono attribuite al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, le controversie di cui all'articolo 63 del presente decreto, relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro successivo al 30 giugno 1998. Le controversie relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro anteriore a tale data restano attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo solo qualora siano state proposte, a pena di decadenza, entro il 15 settembre 2000".
[3] L'’art. 45, comma diciassettesimo, dello stesso Decreto Legislativo n. 80 del 1998 "Sono attribuite al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, le controversie di cui all'articolo 68 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, come modificato dal presente decreto, relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro successivo al 30 giugno 1998. Le controversie relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro anteriore a tale data restano attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e debbono essere proposte, a pena di decadenza, entro il 15 settembre 2000".
[4] Ai sensi all’art. 14, terzo comma, della legge 23 marzo 1981, n. 91 "Per l'espletamento delle attività di amministrazione da parte degli uffici centrali, le federazioni sportive nazionali si avvalgono di personale del CONI, il cui rapporto di lavoro e` regolato dalla legge 20 marzo 1975, n. 70".
[5] L'’art. 25 del CNLG "In caso di infortunio o malattia riconosciuta, al direttore, condirettore, vice direttore, capo redattore, titolare o capo dell'ufficio di corrispondenza dalla capitale, vice capo redattore, capo servizio, vice capo servizio, redattore con oltre 18 mesi di anzianità professionale, redattore con oltre 30 mesi di anzianità professionale, redattore di prima nomina (lett. a) art. 11), ai collaboratori di cui all'art. 2, ai corrispondenti di cui all'art. 12, non in prova, sarà conservato il posto sino alla raggiunta idoneità al lavoro con corresponsione della retribuzione intera per i primi 9 mesi di assenza e di metà di essa per i successivi 9 mesi. Il trattamento economico di cui sopra cesserà qualora il giornalista con piu’ periodi di malattia raggiunga in complesso durante 24 mesi consecutivi un periodo di assenza di 18 mesi. L'assenza per malattia o infortunio deve essere comunicata immediatamente salvo casi di giustificato impedimento. A richiesta dell'azienda il giornalista e` tenuto ad esibire il certificato medico. L'azienda ha diritto di far controllare, ai sensi dell'art. 5 della Legge 25 maggio 1970, n. 300, la idoneità al lavoro del giornalista da parte di enti pubblici o istituti specializzati di diritto pubblico. In caso di permanente inidoneità fisica al lavoro del giornalista constatata dagli enti ed istituti di cui sopra, l'azienda puo’ risolvere il rapporto di lavoro corrispondendo al giornalista il trattamento di liquidazione stabilito dal presente contratto (trattamento di fine rapporto ed indennità sostitutiva del preavviso). Il periodo di malattia e` computato nella determinazione della anzianità a tutti gli effetti. caso di malattia o infortunio per causa di lavoro sarà conservata la retribuzione per il periodo di un anno".
[6] Ai sensi dell’art. 8 della legge n. 604/1966 "Quando risulti accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, il datore di lavoro e’ tenuto a riassumere il prestatore di lavoro entro il termine di tre giorni o, in mancanza, a risarcire il danno versandogli un’indennità’ di importo compreso fra un minimo di 2,5 ed un massimo di 6 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo al numero dei dipendenti occupati, alle dimensioni dell’impresa, all’anzianità di servizio del prestatore di lavoro, al comportamento e alle condizioni delle parti. La misura massima della predetta indennità puo’ essere maggiorata fino a 10 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore a dieci anni e fino a 14 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore a ai venti anni, se dipendenti da datore di lavoro che occupi piu’ di quindici prestatori di lavoro".