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Tribunale Milano Sezione Lavoro

Sentenza del 10 novembre 2005

 

Lavoro autonomo e lavoro subordinato - D.Lgs. 276/2003, artt. 61 e 62 - Contratto di lavoro a progetto - Requisiti formali - Necessità di indicazione del nomen - Insussistenza - Progetto - Nozione - Trasformazione del contratto - Presupposti – Tipo di attività - Irrilevanza - Subordinazione - Onere della prova

 

REPUBBLICA ITALIANA

TRIBUNALE DI MILANO

SEZIONE LAVORO

 

Il Giudice di Milano d.ssa Eleonora Porcelli ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

Nella causa n. 4825 R.G. 2005 promossa da

Ma. Lu. Ta., col proc. dom. avv. Al. Pi. e Ne. Fa., via ..., in Milano

- ricorrente -

contro

Va. In. Ch. e Fa. s.p.a., col proc. dom. avv. Ma. Gi., An. Ne. e Ar. Co., via ... in Milano

- convenuta -

 

Oggetto: conversione contratto a progetto e impugnazione licenziamento

 

Svolgimento del processo

 

Con ricorso al Tribunale di Milano, sezione lavoro, Ma. Lu. Ta. ha convenuto in giudizio la Va. In. Ch. e Fa. s.p.a. per sentire riconoscere e dichiarare che tra le parti è intercorso un rapporto di lavoro subordinato, nonché per sentir riconoscere e dichiarare la nullità della risoluzione del rapporto e la instaurazione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato dal 10 maggio 2004, con inquadramento nel VII livello del C.C.N.L. chimici-farmaceutici; la ricorrente ha, quindi, chiesto la condanna della convenuta al pagamento delle retribuzioni maturate e non corrisposte dal 1° gennaio 2005 e fino alla ripresa funzionale del rapporto, sulla base di euro 2.324,00 o sulla base della retribuzione prevista dal C.C.N.L., la condanna della convenuta al pagamento dei ratei di tredicesima e quattordicesima e ferie per il 2004 ed il 2005, e la condanna della convenuta al pagamento delle assicurazioni sociali sulle somme debende, nonché alla ricostruzione contributiva sulla base del riconoscimento del lavoro subordinato.

In alternativa, per l'ipotesi di ritenuta applicabilità dell'art. 18 S.L., la ricorrente ha chiesto il riconoscimento e la declaratoria della illegittimità del licenziamento intimatole, con conseguente condanna della convenuta alla reintegrazione e al pagamento della retribuzione mensile più favorevole, tra quella di fatto e quella di diritto, alla scadenza legale e/o contrattuale.

La ricorrente ha esposto di aver seguito, dal 10 maggio 2004, un corso di istruzione presso la convenuta, durante il quale le era stata imposta la sottoscrizione di un contratto di lavoro, e di aver iniziato in data 6 giugno 2004 a svolgere mansioni di informatore medico scientifico a favore della società convenuta, recandosi dai medici per illustrare i prodotti commercializzati da quest'ultima. La ricorrente ha aggiunto di aver svolto tale attività fino al 15 dicembre 2004, data in cui era stata convocata in sede per tentare di estorcerle una lettera di dimissioni; successivamente, in data 16 dicembre 2004 le erano state notificate due lettere di recesso, nelle quali si anticipava la risoluzione del rapporto con decorrenza dal 1° gennaio 2005.

In punto di diritto la ricorrente ha dedotto la nullità ed illegittimità del contratto sottoscritto tra le parti, in primo luogo in quanto sottoscritto quindici giorni dopo l'inizio effettivo del rapporto, e comunque per carenza di individuazione delle norme surrettizie alla stipula stessa e per inesistenza o non corretta formulazione dell'esistenza del progetto e per sussistenza di una simulazione totale.

Costituendosi ritualmente in giudizio, la convenuta ha contestato la fondatezza delle pretese avversarie, di cui ha chiesto il rigetto.

Esperito infruttuosamente il tentativo di conciliazione, il Giudice ha invitato i procuratori delle parti alla discussione orale e ha pronunciato sentenza, dando lettura del dispositivo in udienza.

 

Motivi della decisione.

 

Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

In ricorso viene affermata la nullità ed illegittimità del contratto di lavoro sottoscritto dalle parti in primo luogo in relazione al "momento genetico" della sottoscrizione, che sarebbe avvenuta in data 25-26 maggio 2004, vale a dire quindici giorni dopo l'inizio di un corso organizzato e retribuito dalla convenuta alla stregua del rapporto in fieri: si sostiene, in pericolare, che qualsiasi contratto di lavoro atipico presuppone che la formalizzazione scritta avvenga prima dell'inizio della prestazione.

La società convenuta contesta che la sottoscrizione del contratto sia avvenuta alla data indicata in ricorso, ma a prescindere da ogni indagine circa la effettiva data di sottoscrizione, è pacifico che la sottoscrizione medesima sia avvenuta durante il corso di istruzione che ha preceduto l'inizio dello svolgimento delle prestazione richiestale da parte della ricorrente, e tale corso non può essere in alcun modo assimilato ad un rapporto di lavoro.

Del resto la ricorrente non ha dedotto alcunché circa il contenuto o le modalità di espletamento del corso di formazione, non indicando, in particolare, alcun elemento da cui far discendere una funzione di fatto diversa da quella di mero addestramento tipica di tali corsi.

La sottoscrizione del contratto di lavoro non può, quindi, ritenersi intervenuta in data successiva all'effettivo inizio dell'attività lavorativa. La ricorrente sostiene, inoltre, che il contratto in esame le sia stato fatto sottoscrivere senza consentirle alcuna analisi, "con la conseguenza che la sottoscrizione è stata estorta con vizio del consenso".

L'allegazione appare destituita di ogni fondamento, sia in punto di fatto sia in punto di diritto.

Infatti in primo luogo non appare configurabile alcuna "estorsione": la ricorrente si limita ad affermare genericamente che la sottoscrizione le è stata imposta, senza ulteriori specificazioni circa il contenuto e la portata della pretesa imposizione.

Inoltre in ricorso non viene neppure specificato di quale vizio del consenso si tratti e soprattutto, non vengono precisate le conseguenze dell'eventuale accertamento di un vizio del consenso.

Proseguendo nell'esame delle allegazioni contenute in ricorso, si afferma la nullità del contratto in esame per "carenza di individuazione delle norme surrettizie alla stipula", in quanto si sostiene che sarebbe stato doveroso intestare fatto con la dicitura "contratto a progetto esteso ai sensi del D.L. 10 settembre 2003 n. 276", in relazione al diritto di informazione di cui è titolare ogni lavoratore. Ancora una volta, peraltro, nessuna norma impone l'indicazione della tipologia contrattuale nell'intestazione del contratto, e tanto meno a pena di nullità.

Infine in ricorso viene dedotta la nullità del contratto in relazione alla causa, "stante da un lato l'inesistenza, avvero la non corretta formulazione dell'esistenza del progetto, e dall'altro per la sussistenza di una simulazione totale", in quanto la convenuta voleva in realtà solo degli informatori medici scientifici e le ricorrente di fatto è stata utilizzata come lavoratrice dipendente.

In particolare la ricorrente invoca, e riporta integralmente, il 2° comma dell'art. 69 del D.Lgs. n. 276/2003, norma che prevede la trasformazione del rapporto instaurato con contratto a progetto in un rapporto di lavoro subordinato, qualora il Giudice accerti che il rapporto sia stato eseguito con le modalità tipiche della subordinazione.

A sostegno della propria tesi, la ricorrente richiama la documentazione prodotta ed il C.C.N.L. di settore, che prevede la tipizzazione dell'informatore medico scientifico come lavoratore subordinato, sostenendo di essere stata sottoposta alla subordinazione e non al coordinamento previsto dalla lettera d) dell'art. 62 del D.Lgs. n. 276/2003.

Si ritiene che la ricorrente non abbia offerto adeguata prova della sussistenza della subordinazione, prova essenziale ai fini della richiesta riqualificazione del rapporto.

Infatti la subordinazione viene, in ricorso, fatta derivare semplicemente dalla descrizione delle attività che la ricorrente afferma di aver svolto a favore della convenuta, e dalla riconducibilità di tale attività nella figura dell'informatore medico scientifico. In ricorso non si rinviene, peraltro, l'indicazione specifica dell'esistenza degli indici individuati dalla giurisprudenza quali rivelatori dell'esistenza della subordinazione.

È noto che, come afferma ormai la giurisprudenza unanime della S.C., ogni attività umana, di per sé considerato, può formare oggetto di un rapporto di natura sia autonoma sia subordinata: ai fini della qualificazione del rapporto è necessario, invece, indagare quali siano state le concrete modalità di espletamento del rapporto medesimo.

Anche l'attività di informatore medico scientifico può, quindi, svolgersi nell'ambito sia di un rapporto di lavoro autonomo sia di un rapporto di lavoro subordinato, e la espressa previsione dell'informatore medico scientifico nel C.C.N.L. tra le figure di lavoratori subordinati non può assumere alcun rilievo, essendo comunque necessario, al di là delle astratte declaratorie contrattuali, accertare in concreto l'esistenza del vincolo della subordinazione.

Nel caso di specie non è, in particolare, stata offerta e raggiunta adeguata prova della sussistenza dell'essenziale requisito della subordinazione, intesa come assoggettamento del prestatore di lavoro al potere direttivo, di controllo a disciplinare del datore di lavoro, requisito che si atteggia diversamente a seconda dei tipi di prestazione ma che è sempre presente.

I capitoli di prova indicati in ricorso devono ritenersi del tutto insufficienti ed inadeguati, in quanto sono tesi semplicemente a dimostrare l'espletamento di attività di informatore medico scientifico, mentre trascurano fattori essenziali quale il potere gerarchico e disciplinare. In particolare, oltre alla descrizione delle mansioni svolte, viene dedotto semplicemente che alla ricorrente sono stati consegnati un attestato e dei biglietti da visita sui quali si legge la qualifica di informatore medico scientifico, e che l'attività svolta dalla ricorrete era identica a quella svolta da informatori medici scientifici dipendenti di altre case farmaceutiche.

Nessun accenno si rinviene, invece, circa l'esistenza o il contenuto di eventuali direttive aziendali o circa l'esistenza di indicazioni circa le modalità di svolgimento dell'attività lavorativa (quali per esempio l'imposizione di un numero minimo di medici da visitare giornalmente o settimanalmente, l'imposizione di un "giro" predeterminato dall'azienda, l'obbligo di relazionare periodicamente o di partecipare a riunioni periodiche e simili).

Nella parte in fatto del ricorso si legge, anzi, che la ricorrente è stata invitata dal suo capo area "a darsi da fare da sola", e che la stessa ha predisposto un nuovo schedario aggiornato dei medici della zona di sua pertinenza: ciò conferma, semmai, che l'organizzazione dell'attività lavorativa era rimessa totalmente alla discrezionalità ed autonomia della ricorrente.

La presente controversia deve, pertanto, essere risolta, sul punto, in base ai principi generali in materia di ripartizione dell'onere della prova.

Si è già detto che in ricorso viene espressamente invocato solo il 2° comma dell'art. 69 del D.Lgs. n. 276/2003. Peraltro, anche ove si volesse interpretare l'accenno - generico e non sviluppato - alla inesistenza o non corretta formulazione dell'esistenza del progetto, contenuto in ricorso, quale richiamo al 1° comma della norma citata, non sussisterebbero comunque gli estremi per una trasformazione del rapporto di lavoro oggetto di causa in rapporto di lavoro subordinato.

Infatti il contratto a progetto stipulato tra le parti deve ritenersi valido: in particolare il progetto deve ritenersi adeguatamente descritto e delimitato ai punti b) e c) delle premesse del contratto, nei quali viene individuato l'obbiettivo della società di verificare la conoscenza, la diffusione ed il posizionamento sul mercato dei propri farmaci, con conseguente necessità di realizzare uno studio che comporti la rilevazione, l'analisi e l'elaborazione dei dati relativi alle specialità farmaceutiche sul territorio nazionale; il punto 2, del contratto, descrive inoltre con precisione le attività funzionali al progetto.

Se poi la laconica affermazione della inesistenza del progetto si deve intendere nel senso che la ricorrente sia stata adibita ad attività diverse rispetto e quelle oggetto del progetto, la circostanza è smentita dalle stesse circostanze descritte in ricorso.

Infatti la visita dei medici per illustrare i prodotti commercializzati dalla convenuta, la redazione di uno schedario aggiornato e la relazione al capo area sul risultato delle informazioni ottenute, con trasmissione via e-mail dello scarico dei saggi e di tutte le notizie utili relative ai sanitari - attività tutte descritte in ricorso - rientrano pienamente nell'incarico attribuito al collaboratore nel contratto sottoscritto dalla ricorrente punto 2.i).

In particolare il contatto con i medici e l'illustrazione delle caratteristiche dei prodotti è attività collaterale e connessa a quella principale, di indagine circa la diffusione, conoscenza e posizionamento sul mercato dei prodotti medesimi.

Il mancato accoglimento della domanda di accertamento della natura subordinata del rapporto travolge le ulteriori domande relative alla risoluzione del rapporto, alle pretese economiche e al pagamento delle assicurazioni sociali.

Si ritiene sussistano eque ragioni per un'integrale compensazione tra le parti delle spese di lite.

 

P.Q.M.

 

Definitivamente pronunciando, rigetta le domande proposte in via principale; dichiara l'incompetenza territoriale dal giudice adito in relazione alle domande proposte in via subordinata/alternativa, assegnando alle parti termine perentorio di trenta giorni dalla comunicazione del deposito della sentenza per la riassunzione del giudizio, per questa parte avanti al tribunale di Varese;  compensa integralmente tra le parti le spese di lite