Sentenza Tribunale Ivrea del 18/4/2007
Il periodo di svolgimento dell'attività lavorativa deve essere provato dal lavoratore? Secondo il tribunale di Ivrea le testimonianze senza riscontri non bastano.
Il tribunale risponde affermativamente. Un lavoratore ha fatto causa al suo ex datore di lavoro, titolare di una ditta individuale.
Il lavoratore ha fatto presente che il rapporto di lavoro è stato regolarizzato in epoca successiva al suo effettivo inizio, risalente a qualche mese precedente la regolarizzazione. Il lavoratore ha riferito di avere lavorato fin dall'inizio come manovale, svolgendo altresì ore di lavoro straordinario ogni settimana. Inoltre il lavoratore ha evidenziato di avere lavorato in cantieri siti in comuni diversi da quello di assunzione e di avere ricevuto come compenso per il lavoro ordinario e straordinario svolto una somma inferiore a quanto spettante secondo la contrattazione collettiva di lavoro, mentre non aveva ricevuto niente per il salario accessorio e quindi per tfr, diaria e trasporto, contributi cassa edile.
A questo punto il lavoratore ha chiesto al giudice la condanna dell'ex datore di lavoro a pagare quando ancora dovuto a titolo di retribuzione ordinaria e straordinaria, nonché di pagare l'intero ammontare di tfr, diaria e trasporto, cassa edile.
Il datore di lavoro si è difeso sostenendo che l'attività del lavoratore era iniziata al momento della formale assunzione, e non già in un momento precedente. Inoltre il datore di lavoro ha sostenuto che il lavoratore aveva poi lavorato solo per una trentina di giorni, e cioè fino all'inizio del mese di agosto e che in settembre il lavoratore non si era ripresentato al lavoro.
Inoltre secondo il datore di lavoro nessuno straordinario era stato svolto e nulla era dovuto per diaria e trasporto, atteso che il trasporto presso i cantieri era effettuato dalla sede della ditta con mezzi della ditta e a spese della stessa, e il trasferimento era compreso nell'orario di lavoro e come tale retribuito. E ancora che anche il pranzo era fornito dalla ditta.
Il titolare della ditta ha anche contestato l'importo delle retribuzioni corrisposte. In sostanza il datore di lavoro ha negato di dovere somme per retribuzione ordinaria e straordinaria, mentre riconosceva invece di essere debitore del pagamento di tfr, ratei tredicesima mensilità e ratei ferie.
Tuttavia chiedeva di compensare la somma dovuta a tali titoli con l'indennità spettante al datore di lavoro a seguito dell'allontanamento del lavoratore senza preavviso. Proprio il mancato rientro al lavoro avrebbe consentito al datore di lavoro il licenziamento per giusta causa o quanto meno per giustificato motivi, con il conseguente diritto di richiedere al dipendente un indennizzo per il mancato preavviso.
Durante il giudizio il lavoratore non è riuscito a provare lo svolgimento di attività di lavoro superiore a quella risultante dalla documentazione agli atti, e anche di avere lavorato in un periodo antecedente a quello della regolarizzazione, e di avere svolto quattro ore di lavoro straordinario settimanale. In particolare la circostanza dell'effettuazione di tre mesi di lavoro in nero è stata confermata da un testimone, che però l'ha appresa dal lavoratore, e quindi non poteva risultare provata.
Pertanto il tribunale non ha riconosciuto nulla al lavoratore, quanto alla richiesta di pagamento del lavoro ordinario e straordinario e nulla è risultato dovuto con riferimento a diaria e trasporto. Tali poste non siano dovute in quanto la ditta ha sempre provveduto sia al trasporto, sia al vitto dei dipendenti.
Al tribunale è rimasta da esaminare, quindi, solo la domanda del lavoratore relativa al pagamento del tfr, dei ratei di tredicesima mensilità e dei ratei ferie, non contestato dalla ditta, che si è limitata a invocare la compensazione di quanto dovuto con l'indennizzo da mancato preavviso. Il giudice non ha accolto la domanda di compensazione, in quanto non è stato provato un atto di licenziamento. Di conseguenza nessuna indennità eventualmente connessa al licenziamento può essere riconosciuta al datore di lavoro.
GLI EFFETTI PRATICI
Il lavoratore deve dare prova del periodo di svolgimento dell'attività lavorativa, dell'orario straordinario e di ogni altro elemento che comporti il pagamento somme a carico del datore di lavoro.
A questo proposito non è sufficiente che un testimone confermi di avere saputo del periodo di lavoro effettuato in nero dal lavoratore stesso. In mancanza di elementi di riscontro queste testimonianze non provano nulla e non costituiscono nemmeno indizi.
Nel giudizio avente a oggetto la domanda di condanna del datore di lavoro al pagamento del compenso è onere del lavoratore dimostrare l'effettivo svolgimento di lavoro, senza che a tale difetto di prova possa supplire la valutazione equitativa del giudice.
In sostanza in base al principio generale, desumibile dall'articolo 2697 codice civile, il lavoratore deve fornire la prova del fatto costitutivo della pretesa azionata in giudizio, e quindi la durata e il livello retributivo, mentre grava sul datore di lavoro l'onere di provare di aver adempiuto alle proprie obbligazioni oppure che è intervenuta una causa esonerativa delle stesse totale o parziale (per esempio perché la prestazione fornita dal lavoratore è stata inferiore rispetto ai parametri cui la retribuzione contrattuale è commisurata, per orario inferiore o per assenze, o perché vi è stata una causa sospensiva della prestazione senza obbligo retributivo corrispettivo).
Tratto da “Italia Oggi”