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Sentenza n.4609 del 27.3.2000

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Giudice del Tribunale di Bari dott. Luigi Claudio, in funzione di Giudice del Lavoro, all'udienza del 21.3.2000 tenuta in Bari, ha emesso la seguente

SENTENZA

nella controversia individuale di lavoro

TRA

Giuseppe Scannicchio

rappresentato e difeso dall'Avv. M. R. Greco

E

Pizzeria da Donato di Basile Leonardo

rappresentato e difeso dall'Avv. M. Fiore e C. Acquafredda De Michele

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato in Cancelleria in data 2.3.95, il ricorrente traeva in giudizio innanzi a questo Giudice la Pizzeria da Donato di Basile Leonardo per sentirlo condannare al pagamento della complessiva somma oltre rivalutazione monetaria secondo gli indici Istat ed interessi legali, di lire 31.285.171 (il tutto come analiticamente specificato negli allegati conteggi a titolo di differenza retributiva, indennità ferie non godute, indennità sostitutiva festività,13^ e 14^ mensilità, lavoro straordinario ed indennità di preavviso). Il ricorrente chiedeva inoltre che venisse dichiarata la nullità, illegittimità ed inefficacia del licenziamento intimato verbalmente il 29.8.1994 con conseguente condanna alla reintegrazione nel posto di lavoro o al risarcimento del danno. Deduceva il ricorrente che la propria pretesa derivava dall'attività di lavoro dipendente svolta dal 1.5.93 al 29.8.94 in qualità di commis di cucina. Integrato il contraddittorio si costituiva in giudizio Basile Leonardo, quale titolare della Pizzeria Miramare da Donato, contestando la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato o di qualsiasi altra natura fra le parti, instando per il rigetto della domanda e proponendo domanda riconvenzionale per lite temeraria ex art.96 c.p.c.. All'odierna udienza la causa, sulle conclusioni di cui al verbale di udienza, è stata decisa come da dispositivo.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Ai sensi dell'art.2094 c.c. è "prestatore di lavoro subordinato colui che si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell'impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore". Ricorre, invece, una fattispecie di lavoro autonomo ai sensi dell'art.2222 c.c. "quando una persona si obbliga a compiere un'opera o un servizio con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente". Accanto alle figure tipiche disegnate dal legislatore vi è poi la zona grigia della parasubordinazione che presenta punti di contatto con entrambe le fattispecie.

Di qui la necessità di puntualizzare, al di là della nozione espressa dal codice civile, il fulcro della subordinazione al fine del ritenere applicabile o meno la normativa in materia di lavoro subordinato.

La giurisprudenza ha assunto quali indici di sussistenza della subordinazione, a volta considerati congiuntamente ed a volte disgiuntamente, l’inserimento del lavoratore nell'organizzazione predisposta dal datore di lavoro, la sottoposizione alle direttive tecniche, al controllo ed al potere disciplinare dell'imprenditore, l’esclusività della dipendenza da un solo datore di lavoro, la commisurazione della retribuzione ad unità di tempo e senza riguardo al risultato, il vincolo dell'orario di lavoro.

L'uso combinato o disgiunto di tali criteri ha, tuttavia, portato a pronunciamenti contrastanti con la conseguenza che da ultimo la giurisprudenza si è evoluta nel senso di un valore sussidiario e secondario di detti elementi, anche ove tutti sussistenti, in quanto il vincolo della subordinazione non può prescindere dalla volontà delle parti che, ove espressa, è essa stessa a qualificare il rapporto come subordinato o autonomo purché la concreta articolazione del rapporto non sia univocamente in contrasto con la volontà dichiarata. In conclusione un rapporto di lavoro qualificato dalle parti come autonomo dovrà essere considerato tale salvo che il lavoratore non fornisca univocamente la prova della incompatibilità delle concrete modalità di svolgimento del rapporto, con il suo carattere autonomo il che può ritenersi in presenza dell'accertamento di un potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro. In particolare è da ritenersi che esclude il rapporto di lavoro subordinato la mancanza di un potere disciplinare

("Ai fini della distinzione fra rapporti di lavoro autonomo e rapporto di lavoro subordinato - per la quale ha rilevanza prioritaria il nomen iuris concordato dalle parti, ove la qualificazione negoziale non sia contrastata univocamente da elementi probatori correlati alle concrete modalità di svolgimento dal rapporto stesso - il fondamentale requisito della subordinazione si configura come vincolo di soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, il quale deve estrinsecarsi nell'emanazione di ordini specifici, oltre che nell'esercizio di un'assidua attività di vigilanza e controllo nell'esecuzione delle prestazioni lavorative, e deve essere concretamente apprezzato con riguardo alla specificità dell'incarico conferito al lavoratore e al modo della sua attuazione". - Cass., sez. lav. 9718/1994;

"Carattere distintivo essenziale del rapporto di lavoro subordinato è la subordinazione, intesa come vincolo personale di soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro; la sussistenza di tale elemento deve essere esclusa quando, in base alla volontà delle parti, la prestazione lavorativa possa essere non effettuata secondo l'apprezzamento del soggetto che deve renderla, senza alcuna conseguenza diversa dalla mancata corresponsione del compenso previsto per la singola prestazione (nella specie, la decisione dei giudici di merito, confermata dalla suprema corte, ha escluso la natura subordinata del rapporto di lavoro di addetti al trasporto urbano di plichi per conto terzi, i quali erano liberi di non accettare l'incarico di recapito trasmesso via radio dalla sede aziendale" -Cass., sez. lav. 811/1993).

Nella fattispecie, a fronte delle contestazioni del resistente, non può ritenersi provato che fra le parti sia intercorso un rapporto di lavoro subordinato ed in particolare che il ricorrente abbia svolto le mansioni di commis di cucina presso la ditta resistente. I testi Tangaro, De Benedictis e Gramuglia hanno escluso che il ricorrente facesse il cameriere riferendo che faceva il posteggiatore e che dava una mano a scaricare i bidoni dell'immondizia. La deposizione in senso contrario del teste Magaletti secondo il quale il ricorrente faceva il cameriere non è attendibile in quanto alcune circostanze riferite dal Magaletti contrastano con quanto riferito dallo stesso ricorrente (il teste ha riferito che l'attività lavorativa di cameriere è stata preceduta da un incontro fra il ricorrente e il Basile mentre il ricorrente ha escluso di aver mai visto il Basile prima di iniziare l'attività lavorativa). Anche le testimonianze dei testi Grandolfo e Di Gregorio non sono sufficienti per poter ritenere provata la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato. In vero i testi hanno confermato che il ricorrente faceva il cameriere ma, prescindendo dalla insussistenza di elementi per privilegiare dette deposizioni in rispetto alle altre, ritiene il giudicante che pur ipotizzando che le prestazioni lavorative siano state quelle indicate dagli anzidetti testi esse non sarebbero di per sé incompatibili con la sussistenza di un rapporto di lavoro autonomo posto che dall'istruttoria non è emerso alcun elemento per potere ritenere la sussistenza di quel potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro sulla cui base poter ritenere la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato. Alla luce di quanto sopra, il giudicante ritiene non siano emersi dall'istruttoria elementi univoci sulla cui base poter ritenere la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato. Conseguentemente vanno rigettate sia la domanda di nullità del licenziamento che quella relativa al pagamento delle somme richieste. Quanto alla domanda proposta in via riconvenzionale si rileva che non è stata fornita la prova della sussistenza di un danno risarcibile con la conseguenza che la stessa va rigettata. La reciproca soccombenza costituisce giustificato motivo per una integrale compensazione delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta le domande proposte dal ricorrente nonché la domanda riconvenzionale. Dichiara integralmente compensate le spese processuali.

Bari, 21.3.2000

Il Giudice del lavoro

(F.to: dott. Luigi Claudio)

Depositato in Cancelleria

oggi, 27 marzo 2000