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Sentenza n.3749 del 20.3.2000

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale del lavoro di Bari, in composizione monocratica, nella persona del giudice Beatrice Notarnicola, nell'udienza del 22.2.2000 ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

Nella controversia individuale del lavoro iscritta al numero 3565 del Ruolo Generale a. c. del 1998 ex Pretura del Lavoro

TRA

Pellicani Nicola, rappresentato e difeso dagli avv.ti Luisa Amoruso e Giovanni Di Cagno, domiciliatari, giusta mandato a margine del ricorso, ricorrente;

E

Nuovo Pignone s.p.a., in persona del rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Benedetto di Pantaleo, domiciliatario, giusta mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta, resistente;

CONCLUSIONI

Conclusioni: come da scritti difensivi e deduzioni nei verbali

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 26.2.1998 il sig. Pellicani Nicola conveniva in giudizio la società Nuovo Pignone s.p.a., in persona del rappresentante pro-tempore, davanti al Pretore del lavoro di Bari per vederla condannare al pagamento della somma di £.8.577.031, a titolo di risarcimento dei danni derivanti dal mancato versamento dei contributi previdenziali-assicurativi, oltre interessi legali dal 13.10.1997, il tutto con vittoria di spese.

Deduceva il ricorrente:

- di aver lavorato alle dipendenze del Nuovo Pignone s.p.a., già Pignone sud s.p.a., con sede in Bari, dal 13.2.62 al 31.05.97;

- a seguito di domanda per il riconoscimento della pensione INPS aveva appreso che non risultavano versati in proprio favore i contributi previdenziali ed assicurativi per il periodo dal 13.02.1962 al 01.08.62.

- a causa di ciò il ricorrente, con domanda del 30.05.97, aveva chiesto all'INPS di conoscere l'onerosità della costituzione di una rendita vitalizia a mezzo di versamenti volontari.

- a seguito di ciò l'INPS aveva quantificato in £. 8.577.031 l'importo dei versamenti necessari per sanare le omissioni contributive, somma che il ricorrente aveva versato all'istituto previdenziale in data 13.10.1997.

Instaurato il contraddittorio si costituiva la Nuovo Pignone s.p.a. che preliminarmente eccepiva l'inammissibilità e/o l'improponibilità. del ricorso atteso che il ricorrente aveva rinunciato ad ogni ragione creditoria o risarcitoria nei confronti della resistente in virtù dell'atto transattivo sottoscritto in data 11.7.97 davanti all'UPLMO di Bari.

In secondo luogo eccepiva l'intervenuta prescrizione del diritto del ricorrente in quanto, in caso di mancato versamento dei contributi all'INPS, il diritto al risarcimento si prescrive dopo 10 anni dal momento in cui è maturata la prescrizione dei contributi medesimi.

Per i motivi di cui sopra chiedeva il rigetto della domanda avversa con vittoria di spese legali.

La causa, senza necessità di attività istruttoria, all’udienza di discussione del 22.2.2000, sentiti i procuratori delle parti, veniva decisa con la lettura del dispositivo.

MOTIVI DELLA DECISIONE

In limine, deve rilevarsi che, sebbene introdotta dinanzi al Pretore, la causa, ritenuta in decisione successivamente alla data di entrata in vigore del d. lgs. n.51/1998 (2 giugno 99), va definita con pronuncia del Tribunale, in composizione monocratica (art.50 ter c.p.c.), ai sensi della disposizione transitoria dell'art.132 d.lgs. cit..

Il ricorso è inammissibile e va rigettato.

Il diritto fatto valere in questa causa non è azionabile atteso che la transazione della controversia, con processo verbale di conciliazione, del 11.7.1997, n. rep. 635/97, effettuato di fronte alla Commissione Provinciale di Conciliazione istituita presso la Direzione Provinciale del lavoro di Bari, ha fatto venir meno l'interesse ad agire del ricorrente ed ha determinato, conseguentemente, l'inammissibilità del ricorso.

Il ricorrente, infatti, ha agito per ottenere il risarcimento del danno derivante dall'omesso versamento da parte del datore di lavoro dei contributi previdenziali e non, invece, per ottenere la condanna del datore al pagamento dei contributi medesimi. Occorre evidenziare che, a fronte del mancato od insufficiente versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali, di cui al comb. disp. degli artt.2114 e 2115 c.c., al lavoratore spettano, nel confronti del datore di lavoro, due distinte azioni, che si differenziano sia per i presupposti che per gli oggetti. La prima azione, difatti, è diretta ad ottenere - ed è il caso di specie - il risarcimento del danno, in forza della responsabilità contrattuale configurata dall'art.2116 co. 2 c.c., qualora dall'inadempimento contributivo sia derivata la perdita, anche solo parziale, del diritto alla prestazione. La seconda azione, invece, anch'essa di natura contrattuale, è diretta ad ottenere la condanna del datore, ove sia possibile, al versamento dei contributi dovuti.

Il ricorrente, nel caso specifico, in virtù dell'atto di conciliazione sottoscritto dinanzi all'U.P.L.M.O., ha dichiarato di essere stato completamento "tacitato", nelle proprie ragioni di credito verso la Nuovo Pignone s.p.a., mercé la corresponsione della somma di £.10.020.000*, e di rinunciare, per tali motivi, ad "... ogni altra eventuale ragione di credito che possa vantare verso la società ..." ed in particolare anche a quanto eventualmente dovuto per "... risarcimento danni a qualsiasi titolo (ex art.2116 c.c., biologico, ecc.) ...".

La transazione è valida ed efficace atteso che essa non ricade nel divieto di cui all'art.2115 co. 3 c.c., che sancisce la nullità di quei patti che siano diretti ad eludere gli obblighi relativi alla previdenza o all'assistenza.

La giurisprudenza, tanto di legittimità, quanto di merito, ha chiarito che il disposto dell'art.2115 comma 3 c.c., non è applicabile qualora le parti abbiano inteso transigere non già su eventuali obblighi del datore di lavoro di corrispondere all’INPS i contributi assicurativi, bensì sul danno subito dal lavoratore per l'irregolare versamento dei contributi stessi. (Cass. civ., sez. lav., 21 novembre 1984 n. 5977; Cass. civ. sez. lav., 13 febbraio 1981 n. 895; Pretura Cosenza 3 aprile 1986).

Non si può, dunque, ritenere quale patto diretto ad escludere gli obblighi relativi alla previdenza o all'assistenza e, pertanto, non si può ritenere affetto da nullità ex art.2115 c.c., l'accordo avvenuto tra datore di lavoro e lavoratore, dopo la cessazione del rapporto ed avente ad oggetto la quantificazione della misura del risarcimento del danno spettante a quest’ultimo ex art.2116 comma 2 c.c. per l'omissione contributiva del primo (cfr. Cass. civ. sez. lav., 5 dicembre 1985 n. 6111).

Nel caso specifico l'atto transattivo non ha avuto ad oggetto quei diritti, attinenti al trattamento pensionistico e connessi alle forme di previdenza obbligatoria, che hanno carattere di indisponibilità ed d'irrinunciabilità ed ai quali si riferisce l'ultimo comma dell'art.2115 c.c., bensì soltanto il diritto al risarcimento del danno contrattuale, lamentato dal ricorrente per l'irregolare contribuzione, diritto che deve considerarsi sicuramente transigibile.

La sanzione di nullità per i patti diretti ad eludere gli obblighi relativi alla previdenza è da ricollegarsi alla necessità di assicurare l'effettività della contribuzione atteso che le prestazioni previdenziali ed assicurative sono dovute, dagli enti erogatori, anche nel caso in cui l'imprenditore non abbia versato regolarmente i contributi (art.2116 co. 1 c.c.). Il rapporto previdenziale si configura, infatti, come un rapporto plurisoggettivo complesso, anche se sostanzialmente unitario, in cui la relazione di sinallagmaticità lega da un lato l'obbligazione contributiva e, dall'altro, quella di erogare le prestazioni. Dunque il lavoratore non può porre in essere con il datore di lavoro pattuizioni che vengano a disporre di un rapporto, quello previdenziale, di cui essi non sono gli unici soggetti.

Viceversa l'obbligo risarcitorio, che sorge per effetto del mancato adempimento da parte del datore di lavoro degli obblighi contributivi (laddove l'ente previdenziale non sia tenuto, per effetto di disposizioni speciali di legge, ex art.2116 c.c co. 2, a corrispondere le prestazioni), sussiste esclusivamente tra il datore di lavoro ed il lavoratore, il quale, trattandosi di un diritto patrimoniale, può sicuramente disporne attraverso un atto di rinuncia o di transazione. Nessun rilievo può avere, peraltro, la circostanza che il danno emergente sia stato quantificato dal ricorrente in una somma pari a quella necessaria per sanare le irregolarità contributive del datore di lavoro, atteso che ciò non muta l'oggetto della domanda (petitum sostanziale).

Riguardo alle spese non vi sono motivi per derogare al principio della soccombenza; esse, pertanto, vanno poste interamente a carico del ricorrente, nella misura determinata d'ufficio, in mancanza della nota specifica di parte resistente.

P.Q.M.

Il Tribunale di Bari, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da Pellicani Nicola, con ricorso depositato in data 26.2.1998, nei confronti di Nuovo Pignone s.p.a. così provvede:

dichiara inammissibile la domanda; condanna il ricorrente a rifondere le spese di lite alla controparte, liquidate in £. 1.000.000, oltre IVA e CAP come per legge.

Così deciso in Bari

Il Giudice del Lavoro

(F.to: Dott.ssa Beatrice Notarnicola)

Motivazione della sentenza redatta con la collaborazione dell'uditore giudiziario dott. Stefano Latorre

Depositato nella Cancelleria

Oggi, 20 marzo 2000