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Sentenza n.1400 del 12.12.97

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Trani - Sezione per le controversie in materia di lavoro e previdenza - composto dai Magistrati:

1) Dott. Sebastiano L. Gentile Presidente

2) Dott. Adriana Doronzo Giudice rel.

3) Dott. Pietro Mastrorilli Giudice

ha emesso la seguente

SENTENZA

nella causa in materia di lavoro - previdenza - assistenza in grado di appello iscritta sul ruolo generale al n.1341 R.G. 1995.

TRA

PORCELLA Michele, rappresentato e difeso dall'Avv. Luigi Carpagnano, giusta procura a margine del ricorso in appello, ed elettivamente domiciliato in Trani presso lo studio dell'Avv. Angelo Mascolo; -Appellante-

E

LAPORTA Antonio, rappresentato e difeso dall'Avv. Gennaro Cefola, in virtù di procura a margine della comparsa di costituzione e risposta, ed elettivamente domiciliato in Trani presso lo studio dell'Avv. E. Bovio; -Appellato-

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Laporta Antonio, con ricorso al Pretore di Barletta, in funzione di giudice del lavoro, depositato in data 27.11.1990, esponeva: di aver prestato attività lavorativa alle dipendenze di Porcella Michele in qualità di giardiniere, presso la sua villa in Barletta, alla via Trani Km.750,115, dal 7.6.1986 al 7.6.1990; di aver lavorato tutti i giorni della settimana, dal lunedì al Venerdì dalle ore 7,30 alle ore 12,30-13,00 e dalle ore 15,00 alle ore 18,00, ed il sabato dalle ore 7,00 alle ore 12,00; di aver lavorato nel periodo estivo, negli anni dal 1986 al 1988, anche la domenica, dalle ore 6,00 alle ore 9,30, provvedendo alla sola manutenzione della piscina, mentre per gli anni successivi, le ore lavorate di domenica venivano recuperate in un pomeriggio della settimana; di aver percepito durante il rapporto di lavoro una retribuzione di gran lunga inferiore a quella prevista dal C.C.N.L. e, in ogni caso, insufficiente ai sensi dell'art.36 Cost.; di non aver mai percepito il compenso per il lavoro straordinario, le mensilità aggiuntive, i ratei del ferie no godute e delle festività soppresse, nonché il trattamento di fine rapporto; di aver ricevuto comunque somme inferiori a quelle di sua spettanza. Tanto premesso, il ricorrente chiedeva la condanna del Porcella al pagamento in suo favore della complessiva somma di £.18.251.023 per le causali analiticamente risultanti dai conteggi allegati al ricorso, oltre interessi e svalutazione monetaria.Il Porcella, ritualmente costituitosi, eccepiva in primo luogo l'insussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato, dal momento che le prestazioni rese dal ricorrente si svolgevano in piena autonomia e senza vincoli di orario; l'inapplicabilità della contrattazione collettiva di settore per non essere iscritto alle associazioni sindacali stipulanti; la genericità e l'erroneità dei conteggi e, nel merito, l'infondatezza della domanda, della quale chiedeva il rigetto con vittoria di spese e competenze processuali. Istruita la causa (attraverso l'assunzione della prova testimoniale richiesta dalle parti), l'adito Pretore con sentenza emessa il 3.2.1995 accoglieva la domanda ex art. 36 Cost. e, per l'effetto, condannava Porcella Michele a pagare al ricorrente la complessiva somma di £.18.251.023=, oltre al danno da svalutazione monetaria secondo gli indici ISTAT, agli interessi legali ed al rimborso delle spese processuali. Avverso tale sentenza ha proposto appello innanzi a questo Tribunale, con ricorso depositato in data 17.3.1995 il Porcella chiedendo, per i motivi di seguito indicati, la riforma della sentenza impugnata con vittoria delle spese del doppio grado del giudizio.

Ricostituitosi il contraddittorio, l'appellato ha contestato la fondatezza del gravame, del quale ha chiesto il rigetto con la condanna dell'appellante alla rifusione delle spese di questo grado del giudizio. Con ordinanza del 6.6.1996 il Tribunale ha disposto una consulenza tecnica d'ufficio diretta a quantificare le spettanze dovute al lavoratore sulla base di una serie di parametri ed alla stregua del contratto collettivo di categoria. All'esito, all'odierna udienza l'appello è stato discusso dai procuratori delle parti e deciso dal Tribunale come da separato dispositivo, reso pubblico mediante lettura nella stessa udienza.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di gravame l'appellante ha censurato la decisione pretorile nella parte in cui ha riconosciuto l'esistenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato. I testimoni escussi hanno tutti confermato con univocità e precisione che il Laporta arrivava tutti i giorni con la sua autovettura presso la villa del Porcella verso le ore 7,15 ed andava via verso le ore 12,15-12,30; faceva ritorno il pomeriggio verso le 15,30 e andava via alle 18,30; assolveva ai lavori di giardinaggio, innaffiava e potava le piante (testi Piazzolla Damiano; Brescia Donato; Scommegna Ruggiero).

Le deposizioni testimoniali trovano conferma nella condotta processuale del convenuto, il quale non si è presentato a rendere l'interrogatorio formale deferito, così rendendo i fatti come ammessi ai sensi dell'art.232 c.p.c.: dalle stesse si desume anche la natura subordinata del rapporto. Invero, costituisce ius receptum, nella giurisprudenza della Suprema Corte, il principio secondo cui spetta al lavoratore l'onere di fornire la prova rigorosa della sussistenza e delle modalità in cui si è svolto il rapporto di lavoro (cfr. Cass.24.6.1972, n.2147).

Con riguardo alla natura del rapporto, il carattere distintivo essenziale del rapporto di lavoro subordinato è costituito dalla sussistenza di un vincolo di soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro: vincolo che deve estrinsecarsi nell'emanazione di ordini specifici oltre che nell'esercizio di un'assidua attività di vigilanza e controllo nell'esecuzione delle prestazioni lavorative.

Ai fini della distinzione fra rapporto di lavoro autonomo e rapporto di lavoro subordinato, sono altresì rilevanti le concrete modalità di svolgimento del rapporto stesso e la natura delle mansioni, considerando che, mentre la subordinazione implica inserimento del lavoratore nella organizzazione imprenditoriale del datore di lavoro mediante la messa a disposizione in suo favore delle proprie energie lavorative ("operae") ed il contestuale assoggettamento al potere direttivo di costui, con conseguente vincolo di natura personale, limitativo della libertà, nel lavoro autonomo l'oggetto della prestazione è costituito dal risultato dell'attività lavorativa ("opus"); nelle ipotesi in cui, per le caratteristiche del rapporto sia poco agevole l'apprezzamento dell'esistenza della subordinazione e dell'autonomia, possono essere peraltro utilizzati altri criteri distintivi di carattere sussidiario, quali la valutazione dell'esistenza, in capo al lavoratore, di un'organizzazione imprenditoriale anche in termini minimi che nel lavoro autonomo non può mancare, ovvero l'incidenza del rischio economico attinente all'esercizio dell'attività lavorativa, che nel lavoro autonomo grava sullo stesso lavoratore. (Cass.17.12.94, n. 10829; Cass.18.12.1996, n.11329).

Nel caso di specie, non vi è dubbio che per la loro stessa natura, le mansioni svolte dal Laporta si sostanziano in operazioni materiali di una certa semplicità; non richiedono un'assidua sorveglianza, né l'emanazione costante di direttive da parte del datore di lavoro: peraltro, trattandosi di lavoro svolto al di fuori di una struttura aziendale, per soddisfare un bisogno personale, o meglio familiare, del datore di lavoro e non già finalizzato alla sua attività professionale a fine di lucro, non si apprezza l'elemento dell'inserimento in un'organizzazione di impresa, né il potere disciplinare del datore di lavoro.

Sovvengono dunque gli elementi sussidiari su indicati, e cioè l'osservanza dell'orario di lavoro, la retribuzione commisurata al mese e non già all'attività di fatto espletata, l'inserimento del lavoratore nel luogo di abitazione del Porcella, del quale possedeva le chiavi (il che implica un rapporto di natura fiduciaria difficilmente compatibile con il lavoro autonomo), la mancanza di un'organizzazione di mezzi da parte del lavoratore (che non appare contraddetta dal fatto che alle volte il Laporta tirava fuori dalla sua autovettura attrezzi da giardinaggio, dal momento che i testi hanno precisato che per innaffiare si serviva di un sistema interno di pompaggio) e l'assenza di rischio d'impresa: essi tutti costituiscono indici presuntivi della sua subordinazione, in funzione non già di un risultato unitario (l'opera) bensì di una messa a disposizione con carattere di continuità delle proprie energie lavorative.

In ordine alla durata del rapporto le dichiarazioni rese dai testimoni e l'assenza di specifiche contestazioni sul punto mosse dalla difesa del convenuto danno consistenza agli assunti dell'attore. Questi peraltro non ha provato in modo rigoroso di aver prestato lavoro in giorni festivi o di notte, né di non aver goduto delle ferie.Dal canto suo il convenuto nessun elemento di prova contraria ha offerto: l'assunto secondo cui per attendere alle operazioni di giardinaggio nella sua villa sono sufficienti un paio di ore è irrilevante, giacché non esclude che egli abbia utilizzato le energie del lavoratore per altri compiti, quali quello di custodia, di accensione delle luci e manutenzione della piscina.

Sulla base di questi elementi, il c.t.u. nominato in questo grado ha determinato in £.56.317.255 le spettanze del lavoratore a titolo di differenze retributive, in £.1.139.106 e in £.3.973.150 la somme residue dovute, rispettivamente, a titolo di tredicesima mensilità e trattamento di fine rapporto.Tenendo conto di quanto lo stesso Laporta ha dichiarato di aver ricevuto a titolo di retribuzione dal Porcella -pari a £.900.000 mensili, e dunque a complessive £.39.600.000 (£.900.000x44 mensilità)- di tredicesima mensilità (£.1.425.000 nel 1986, £.1.800.000 negli anni 1987-1989 e £.1.350.00 nel 1990) e di t.f.r., per un totale di £.47.775.000, la somma che spetta al lavoratore ascende a £.13.654.511, di cui £.8.542.255 per differenze retributive, £.1.139.106 per tredicesime mensilità e £.3.973.150 per t.f.r.Nulla va invece riconosciuto al lavoratore a titolo di straordinario, festività soppresse e di altri emolumenti, siccome non provati.Anche l'ultimo motivo di gravame concernente la sufficienza e l'adeguatezza della retribuzione è infondato.

Non v'è dubbio che nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado Laporta Antonio si sia limitato a dedurre l'inferiorità del trattamento economico percepito rispetto a quello previsto dalla contrattazione collettiva di categoria e a chiedere la conseguente condanna del datore di lavoro al pagamento delle differenze retributive.Senonché pare anzitutto al Tribunale superfluo disquisire - come fa l'appellante - sulla differenza tra i concetti di inferiorità e di insufficienza del compenso, posto che l'elemento parametrico di raffronto della insufficienza retributiva è costituito, per costante giurisprudenza, dai minimi salariali stabiliti dalla contrattazione collettiva del settore per la qualifica corrispondente alle mansioni svolte, sicché l'eventuale trattamento inferiore a tale parametro deve, per ciò stesso, considerarsi inadeguato ex art. 36 Cost..

Quanto alla censura relativa all'erronea applicazione da parte del Pretore della disciplina collettiva, ai fini dell'adeguamento ex art. 36 Cost, per non aver previamente verificato l'effettiva insufficienza della retribuzione percepita dal Laporta in rapporto alla quantità e qualità del lavoro prestato, osserva il Tribunale che il rilievo non ha alcun pregio alla luce delle considerazioni precedentemente svolte circa l'elemento parametrico di raffronto generalmente adottato dalla giurisprudenza, anche di questo Ufficio, ai fini della verifica giudiziale, ex art. 36 Cost., dell'adeguatezza delle retribuzioni pagate rispetto al c.d. corrispettivo costituzionale.

Detto parametro (costituito dai minimi salariali fissati dalla contrattazione collettiva) costituisce non solo il risultato di un equilibrio oggettivo derivante dalla situazione del mercato del lavoro o dalla congiuntura economica produttiva del momento, ma deve ritenersi anche presuntivamente corrispondente ai criteri dettati dall'art. 36 Cost. Infine, deve ritenersi che la consulenza tecnica di ufficio svolta in questo grado sia immune da ogni censura sotto il profilo logico giuridico e pertanto le conclusioni ivi formulate meritano di essere integralmente accolte, salva la correzione su riportata in ordine all'ammontare delle somme già percepita dal lavoratore, e determinate in £.47.775.000 e non già nella minor somma indicata dal c.t.u. per un evidente errore di calcolo.

Va solo rammentato che il calcolo delle voci retributive spettanti al lavoratore è al lordo degli oneri fiscali e contributivi, i quali all'atto della percezione delle somme graveranno sul ricorrente. Prive di consistenza sono dunque le eccezioni relative alla erroneità della consulenza tecnica d'ufficio, in considerazione della genericità della censura: in ordine all'assunto della eterogeneità (e dunque inesattezza) del calcolo delle voci fatto dal c.t.u., che avrebbe determinato al lordo quelle da corrispondere al lavoratore e al netto quelle invece già corrisposte, rileva il tribunale che, secondo quanto dedotto dal lavoratore e non contraddetto dal datore di lavoro (sul quale gravava il relativo onere probatorio), quest'ultimo non ha mai corrisposto i contributi sociali nè operato altre ritenute previdenziali o fiscali per conto del lavoratore, sicché non si comprende quale detrazione il c.t.u. avrebbe dovuto operare.

Pertanto, a parziale modifica della sentenza del pretore, l'importo spettante al lavoratore è di £.13.654.511, oltre alla rivalutazione monetaria e agli interessi legali decorrenti sugli importi via via rivalutati a far tempo dalla maturazione del credito.In ordine al regime delle spese, si stima equo in considerazione del parziale accoglimento dell'appello e avuto riguardo all'esito complessivo della lite, domanda, compensare per intero le spese processuali.

P.Q.M.

Il Tribunale di Trani, Sezione Lavoro, definitivamente pronunciando sull'appello proposto, con ricorso depositato in data 17.3.1995, da Porcella Michele avverso la sentenza resa dal Pretore del lavoro di Barletta tra Laporta Antonio e l'appellante, così provvede: accoglie l'appello per quanto di ragione e, per l'effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, condanna Porcella Michele al pagamento in favore del Laporta della somma di £.13.654.511, oltre alla svalutazione monetaria e agli interessi legali sulla soma rivalutata, a far tempo dalla maturazione del diritto al saldo;conferma nel resto l'impugnata sentenza;compensa integralmente tra le parti le spese di questo grado del giudizio.Trani, addì 16.10.1997 Il Presidente

(F.to: dott. Sebastiano L. Gentile)

Il giudice estensore

(Fto: dott. Adriana Doronzo)

Depositato oggi in Cancelleria

Trani, 12 dicembre 1997