Sentenza Tribunale di Bari n° 1095 del 13 febbraio 2001
TRIBUNALE DI BARI
SEZ. LAVORO
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
II Giudice, alla pubblica udienza del 19.10.2000, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Tra
Nascente Rosa elettivamente domiciliata presso lo studio del Prof. Avv. D. Garofalo che la rappresenta e difende come da procura in atti
E
Società FABRICE S.n.c. in persona del rappresentante legale assistito e difeso dall'Avv. V. Diocesano
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato in data 12.2.93 la ricorrente di cui in epigrafe chiedeva al Giudice del Lavoro di condannare la ditta convenuta al pagamento, in proprio favore, della complessiva somma di lire 38.457.852 oltre interessi e rivalutazione monetaria, a titolo di pretese differenze retributive.
Premetteva di aver lavorato alle dipendenze della ditta citata dal 20.11.90 svolgendo le mansioni di commessa inquadrabili nel 4° livello del CCNL Commercio ed osservando il seguente orario di lavoro: dalle 9.00 alle 13.00 e dalle ore 16.00 alle ore 20.00 o 20.30; aggiungeva di non aver goduto delle ferie né dell'indennità sostitutiva delle stesse; di non aver percepito la 13° mensilità per l'anno '90 e '92 né, per gli anni '90, '91 e'92, la 14^ mensilità; aggiungeva di aver subito, il 3.2.92, un'aggressione nel mentre attendeva nel negozio alle sue mansioni ed in seguito alla quale le era stata diagnosticata una sindrome ansioso depressiva che le aveva impedito di riprendere la propria attività; assumendo dunque di non essere stata retribuita conformemente alla contrattazione collettiva del settore, e comunque a quanto previsto dall'art.36 Cost., allegando i dovuti conteggi, concludeva rivendicando nei confronti della società convenuta le indicate pretese differenze retributive e chiedendo ammettersi prova per testi sui fatti di causa.
Ritualmente citata, la ditta convenuta contestava il merito della domanda escludendo che mai fosse intercorso un rapporto di natura subordinata con la ricorrente, sostenendo al contrario, che la predetta aveva frequentato il negozio così come la abitazione stessa della signora Manzari in quanto divenuta amica inseparabile della stessa ed, al tempo, fidanzata con un amico di famiglia della Manzari; precisava però che non si era mai concretizzato alcun rapporto di lavoro tra le stesse, infatti, assumeva la difesa della società, la gestione del negozio era sempre stata effettuata personalmente dalla Manzari coadiuvata dalla madre sig.ra Costanza Santorsola anche in considerazione delle piccole dimensioni del negozio che, come tale, non poneva problemi di gestione; aggiungeva che la ricorrente ottenne un prestito di lire 5.000.000 in occasione e nel corso della loro amicizia e di cui, spiegando domanda riconvenzionale, chiedeva la restituzione.
Tanto premesso concludeva per il rigetto della domanda e per l'accoglimento della riconvenzionale offrendo prova per testi sui fatti dedotti.
Si costituiva la ricorrente contestando quanto ritenuto e richiesto in riconvenzionale e chiedendo il rigetto della pretesa avanzata.
Assunta la prova per testi e previa discussione, alla odierna udienza la causa è stata decisa come da separato dispositivo.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La domanda non può essere accolta in quanto, a parere di questo Ufficio, non adeguatamente provata.
La ricorrente ha invocato l'intervento del giudice onde sentir riconoscere la natura subordinata del rapporto di lavoro in tesi intercorso con la società FABRICE nel periodo indicato in premessa, assumendo di essere stata retribuita in misura inferiore a quella dovuta alla stregua del CCNL per il Commercio, così rivendicando la somma in atti portata.
Ebbene, è noto che la natura subordinata del rapporto di lavoro richiede che l'inserimento nell'altrui organizzazione produttiva, si realizzi con l'assoggettamento del prestatore ai poteri direttivo, gerarchico e disciplinare che caratterizzano la posizione, del datore di lavoro nei suoi confronti
(ex plurimis: Cass. 17.4.90 n.3170; Cass. 2.7.92 n.8120). E dubbio non v'è che detti caratteri debbano essere adeguatamente provati da parte del lavoratore.Ma, con riferimento alle risultanze probatorie, va rilevato che nessuno dei testi escussi ha potuto confermare l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra la ricorrente e la ditta convenuta; infatti non è stata dimostrata l'esistenza di quelli che sono gli elementi caratterizzanti la sussistenza di un rapporto di lavoro di carattere subordinato: la subordinazione intesa quale soggezione del dipendente al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro, la continuità della prestazione lavorativa, l'obbligatorietà della stessa sotto il profilo dell'osservanza degli orari di lavoro.
Quanto poi alla documentazione allegata, con particolare riferimento al libretto di lavoro, va detto innanzitutto che esso da solo non può valere quale prova certa dell'esistenza o del contenuto del rapporto di lavoro subordinato, potendo essere utilizzato quale elemento presuntivo solo ove concorrano ulteriori validi elementi che convincano il giudicante della esistenza del rapporto (Cass. 1992/2468). E nella fattispecie il libretto di lavoro allegato al fascicolo attoreo contiene solo delle timbrature che non consentono di concludere come ritiene la istante in merito all'asserito rapporto; ciò che invece emerge con certezza è che la ricorrente durante il periodo che assume aver impiegato presso il negozio FABRICE, ha invece percepito il regolare trattamento di disoccupazione.
Venendo all'esame specifico delle risultanze probatorie va detto che le dichiarazioni testimoniali non hanno convinto questo giudicante della tesi attorea. II teste sig. Tedeschi ha ammesso la circostanza del rapporto di amicizia tra la Nascente, la Manzari ed il marito di quest'ultima; ha inoltre offerto solo un troppo generico riferimento ad una commessa (peraltro non identificata) che per un certo periodo (anch'esso non precisato) avrebbe lavorato contemporaneamente alla ricorrente per essere da questa istruita; ma questa circostanza, che avrebbe potuto confortare, ove più precisa e circostanziata, la tesi attorea, è rimasta priva di riferimenti obiettivi e verificabili.
Quanto poi alla dichiarazione del teste Donato Carra, essa appare in realtà poco rilevante atteso che si limita a riferire di un'unica occasione in cui si sarebbe recato nel negozio ed avrebbe ivi trovato la Nascente che svolgeva le mansioni di commessa e che gli avrebbe mostrato dei gioielli. Al limite confermerebbe solo la circostanza che la ricorrente frequentava il negozio ma non è idonea tale circostanza a confermare la tesi del rapporto. Coerente con tale interpretazione della dichiarazione del predetto teste è quella del teste Cosimo Rabino che ha dichiarato di essersi più volte recato presso il negozio FABRICE ma di avervi visto solo una volte la ricorrente. Circostanza questa che di fatto assume un valore neutrale alla luce delle contrapposte tesi sostenute dalle parti, atteso che il rapporto di amicizia che incontestabilmente sussisteva tra le parti, spiegherebbe la presenza della ricorrente presso il negozio.
Sul punto appaiono coerenti le dichiarazioni dei testi Riccardo Stefanelli, vicino di negozio, Carla Negri frequentatrice del negozio FABRICE e Maria Cristina Mangipinto, cliente abituale di FABRICE, Vito Bozzetti, rappresentante di orologi che per tale ragione visitava spesso la ditta i quali hanno concordemente riferito di non aver mai visto lavorare nel negozio altri se non la ricorrente, il marito e la madre di questa.
Va invece considerata irrilevante la dichiarazione del teste Saliani atteso che ha riferito solo circostanze apprese "de relato".
V'è peraltro da rilevare che le restanti dichiarazioni testimoniali rivestono carattere troppo generico per essere considerate ai fini della decisione.
Quanto poi all'incidente occorso alla ricorrente nel mentre si trovava all'interno del negozio, alla luce delle testimonianze in merito raccolte, non rileva certo quale indice della sussistenza del rapporto di lavoro, atteso che chiunque si fosse trovato a qualsiasi titolo nel negozio in quel momento avrebbe di fatto subito l'aggressione dei due individui; rileva poi la circostanza che non risulta che il danno fisico subito dalla ricorrente in quella circostanza sia stato contratto a causa o in occasione di lavoro: la istante infatti non ha provveduto ad esperire le opportune azioni presso i competenti Istituti.
Gli unici elementi certi emersi nel corso della esperita istruttoria concernono, come peraltro, già evidenziato, che tra le parti esisteva un rapporto di amicizia che viveva di assidue e reciproche frequentazioni (cfr. teste Santorsola Costanza, Maurizio Baldarelli e Luigi De Marinis).
Alla luce dunque di tale quadro istruttorio appare difficile sostenere la tesi del rapporto di lavoro subordinato, con la conseguenza che la relativa richiesta deve essere respinta. E' doveroso inoltre osservare che nessun teste ha riferito alcunché in ordine all'aspetto retributivo dell'asserito rapporto.
Alla medesima conclusione deve pervenirsi con riferimento alla riconvenzionale spiegata dalla Beatrice Manzari atteso che l'asserito prestito che la Manzari avrebbe fatto alla ricorrente non ha trovato, a parere di questo giudice, l'adeguato riscontro probatorio.
P.Q.M.
II Giudice, definitivamente pronunciando sulla domanda avanzata da Nascente Rosa nei confronti della società FABRICE di Manzari Beatrice, nel contraddittorio delle parti, così provvede:
- rigetta la domanda principale;
- rigetta la domanda riconvenzionale;
Bari, 19.10.2000
Il Giudice del Lavoro
(F.to: dr. S. Rubino)
Depositata nella Cancelleria
oggi 13 febbraio 2001