Sentenza della Pretura di Modena del 28 gennaio 1999
autonomo e subordinato - criteri distintivi - subordinazione - accertamento giudiziale - criteri
Chi in apparente contrasto con la realtà deduce l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato è onerato della relativa prova, avente per oggetto lo svolgimento di una prestazione di facere in regime di subordinazione, da intendersi quest'ultima nella sua generale accezione giuslavoristica di soggezione del prestatore al potere determinativo del datore circa il quando e il quomodo della prestazione ed al correlativo potere disciplinare ed avendo i c.d. indici residuali valore al massimo indiziario e da solo non bastevole, in assenza della prova della subordinazione
.Conseguentemente,
se alla qualificazione direttamente operata dalle parti occorre attribuire particolare valenza, occorre altresì valutare la fase di svolgimento del rapporto, al fine di verificare se la iniziale qualificazione tacita o espressa sia o meno congrua con il dato normativo, non avendo le parti un potere dispositivo circa tale qualificazione e dovendo, viceversa, la stessa essere operata sulla base del diritto oggettivo, ancorché la volontà espressamente o tacitamente manifestata possa rilevare in sede interpretativa, senza però in punto di qualificazione avere un valore decisivo.L'aver la lavoratrice fornito la propria prestazione di facere in modo continuativo ed alla luce dell'ordinaria inserzione nell'organizzazione del lavoro facente capo al datore di lavoro, ingenera una presunzione di inerenza del rapporto al paradigma di cui
all'art. 2094 c.c., presunzione vincibile soltanto attraverso la prova della riconducibilità del predetto rapporto ad una diversa tipologia contrattuale.NOTA
Nell'annotata decisione il Pretore di Modena, ha ritenuto qualificabile come rapporto di lavoro subordinato, nonostante la differente qualificazione iniziale del rapporto operata da parte datoriale, la prestazione di lavoro svolta dalla ricorrente come responsabile e coordinatrice di agenzia.
Secondo la giurisprudenza maggioritaria (Cass. civ. sez. lav. 20 gennaio 1995 n. 649)
in costanza di una differente qualificazione del rapporto operata dalle parti, non è possibile per le stesse, nei casi dubbi, rivendicarne la natura subordinata, a meno di non riuscire a dimostrare che nello svolgimento del rapporto questa si sia di fatto concretizzata.Nel caso di specie la lavoratrice ha dimostrato di essere stata obbligata ad osservare un rigido e predeterminato orario di lavoro ed era retribuita con un fisso mensile, oltre ad una percentuale sul fatturato. Conseguentemente il pretore, facendo discendere da tali indici una presunzione di subordinazione, ha condannato il datore di lavoro al pagamento delle differenze retributive dovute esclusivamente in virtù di tale qualificazione, nonché alla regolarizzazione della posizione contributiva della lavoratrice.
La decisione fa dunque proprio l'orientamento maggioritario della Suprema Corte, secondo la quale
è esclusivamente la sussistenza dell'elemento della subordinazione a permettere di ricondurre una fattispecie concreta alla fattispecie normativa dell'art. 2094 c.c..Tale elemento deve essere inteso quale stabile inserimento del lavoratore nell'organizzazione di lavoro facente capo al datore di lavoro per il raggiungimento del fine della stessa
. Secondo la più autorevole dottrina l'essenza della subordinazione consiste nella "collaborazione nell'impresa", da intendersi come inserimento organico - ovvero stabile e continuativo - dell'attività del prestatore di lavoro nell'organigramma aziendale.D'altra parte anche la prestazione del lavoratore autonomo è coordinata con l'attività del committente dal punto di vista funzionale, concorrendo l'una alla realizzazione dell'altra; al lavoratore autonomo, ad esempio, potrebbe essere dunque richiesto che l'esecuzione venga effettuata entro determinati limiti spazio-temporali, ma la subordinazione comporta però un quid pluris, ovvero è necessario che la prestazione lavorativa venga coordinata non solo sotto il profilo funzionale, ma anche strutturale
.Pertanto l'attività del lavoratore subordinato deve integrarsi stabilmente con quella di altri soggetti facenti parte dell'organizzazione lavorativa in maniera volta al raggiungimento del fine produttivo.
A cura di Roberto De Robertis
Avvocato in Modena