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Messaggio INPS n. 15451 del 12 giugno 2007

 

Oggetto: Rapporti di lavoro domestico tra parenti, affini, coniugi

 


Sono pervenute a queste Direzioni richieste di chiarimento sulla possibilità che si instauri un rapporto di lavoro domestico tra parenti e sull’opportunità del comportamento, adottato da alcune sedi, volto a respingere l’iscrizione all’Istituto di tali rapporti, soprattutto se tra stranieri.
Si ritiene quindi necessario rammentare che ai sensi dell’art 1, 3° comma, della legge n° 1403 del 31 dicembre 1971, che disciplina l’obbligo assicurativo nel lavoro domestico, e della conseguente circolare INPS n° 1255 del 19 giugno 1972 , parte 1°, paragrafo 3, l’esistenza di vincoli di parentela o affinità tra le parti di un contratto di lavoro domestico non esclude il rapporto di lavoro ed il conseguente obbligo assicurativo, purché il rapporto di lavoro sia provato. Non è invece ammesso, salvo l’eccezione specificata dalla norma, il rapporto di lavoro domestico tra coniugi.
Pertanto respingere a priori la richiesta d’iscrizione di tali rapporti di lavoro, oltre ad essere illegittimo, è anche contrario alle finalità dell’Istituto, volte a garantire al lavoratore la copertura previdenziale e a vigilare sull’ obbligo contributivo a carico del datore di lavoro.
In particolare, nei casi di lavoratore straniero, al momento della richiesta di iscrizione all’Inps, la legittimità del rapporto di lavoro da instaurarsi deve essere stata già valutata dallo Sportello Unico per l’immigrazione – in cui è rappresentata la Direzione Provinciale del Lavoro - come presupposto per l’autorizzazione all’ingresso regolare in Italia, dando luogo alla concessione del nulla osta al lavoro ed alla sottoscrizione del contratto di soggiorno per lavoro. In tali casi, rifiutare l’iscrizione all’Inps avrebbe come conseguenza, quasi certamente, sospingere il lavoratore immigrato – a questo punto già presente in Italia – verso il lavoro nero.
Resta comunque a carico dell’Istituto l’accertamento della effettiva sussistenza del rapporto di lavoro.
La norma non chiarisce, ovviamente, quali possano essere i mezzi di prova per l’accertamento della sussistenza del rapporto di lavoro, che - a fronte di un’evidente difficoltà nell’accertamento preventivo dei requisiti (prova della reale esistenza del rapporto di lavoro e della relativa retribuzione) quando il rapporto non si è ancora instaurato - sono necessariamente individuabili solo dopo la costituzione del rapporto medesimo.

Dando quindi per scontata la possibile verifica solo a posteriori, si ritiene comunque che nei casi di rapporti intercorrenti tra parenti o affini, possa essere ritenuta indicativa dell’effettività del rapporto di lavoro la lettera di assunzione, redatta ai sensi del CCNL entrato in vigore dal 1 marzo 2007, corredata dalla busta paga.
Fanno evidentemente eccezione i casi in cui circostanze varie inducano a poter ritenere che non ci sia effettivamente rapporto di lavoro ( per esempio assunzione contestuale di più parenti, assunzione reiterata di parenti, ecc…). In tali casi – ove si tratti di rapporto di lavoro tra stranieri - appare opportuna la segnalazione allo Sportello Unico per l’Immigrazione.
E’ importante sottolineare che per l’Istituto assume particolare rilevanza come l‘indicatore di regolarità la correntezza contributiva, da verificare a cadenza prestabilita .
Tale verifica di regolarità è particolarmente importante per i rapporti riguardanti lavoratori immigrati, per i quali è purtroppo frequente il caso di sospensione del pagamento dei contributi senza che sia stata comunicata la cessazione del rapporto di lavoro, salvo poi riprendere il pagamento in prossimità della scadenza del permesso di soggiorno.
Si ricorda inoltre che si prescinde dall’onere della prova, ai sensi del citato comma, in quei casi, tassativamente elencati, in cui pur essendovi un rapporto di parentela, di affinità o addirittura di coniugio, il datore di lavoro abbia delle menomazioni tali che lo rendano non autosufficiente (invalidi di guerra civili e militari, mutilati, invalidi per servizio, ciechi civili ecc…) o rivesta un determinato status (sacerdoti secolari, componente di comunità religiosa).
Con riserva di una prossima esaustiva circolare, si richiama inoltre sulla specifica materia quanto già esposto nelle circolari n° 89 del 6 maggio 1989 e n° 19 del 8 febbraio 2006.