LEGGE n. 12 del 11 gennaio 1979
NORME PER L’ORDINAMENTO DELLA PROFESSIONE DI
CONSULENTE DEL LAVORO
TITOLO I
DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 1.
Tutti gli adempimenti in materia di lavoro, previdenza ed assistenza sociale dei lavoratori dipendenti, quando non sono curati dal datore di lavoro, direttamente od a mezzo di propri dipendenti, non possono essere assunti se non da coloro che siano iscritti nell’albo dei consulenti del lavoro a norma dell’articolo 9 della presente legge, salvo il disposto del successivo articolo 40, nonché da coloro che siano iscritti negli albi degli avvocati e procuratori legali dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali, i quali in tal caso sono tenuti a darne comunicazione agli ispettorati del lavoro delle province nel cui ambito territoriale intendono svolgere gli adempimenti di cui sopra.
I dipendenti del Ministero del lavoro e della previdenza sociale che abbiano prestato servizio, almeno per 15 anni, con mansioni di ispettori del lavoro presso gli ispettorati del lavoro, sono esonerati dagli esami per l’iscrizione all’albo dei consulenti del lavoro e dal tirocinio per esercitare tale attività, il personale di cui al presente comma non potrà essere iscritto all’albo della provincia dove ha prestato servizio, se non dopo 4 anni dalla cessazione del servizio stesso.
Il titolo di consulente del lavoro spetta alle persone che, munite dell’apposita abilitazione professionale, sono iscritte nell’albo di cui all’articolo 8 della presente legge.
Le imprese considerate artigiane ai sensi della legge 25 luglio 1956, n. 860, nonché le altre piccole imprese, anche in forma cooperativa, possono affidare l'esecuzione degli adempimenti di cui al primo comma a servizi o a centri di assistenza fiscale istituiti dalle rispettive associazioni di categoria. Tali servizi possono essere organizzati a mezzo dei consulenti del lavoro, anche se dipendenti dalle predette associazioni.
Per lo svolgimento delle operazioni di calcolo e stampa relative agli adempimenti di cui al primo comma, nonché per l'esecuzione delle attività strumentali ed accessorie, le imprese di cui al quarto comma possono avvalersi anche di centri di elaborazione dati costituiti e composti esclusivamente da soggetti iscritti agli albi di cui alla presente legge con versamento, da parte degli stessi, della contribuzione integrativa alle casse di previdenza sul volume di affari ai fini IVA, ovvero costituiti o promossi dalle rispettive associazioni di categoria alle condizioni definite al citato quarto comma. I criteri di attuazione della presente disposizione sono stabiliti dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale sentiti i rappresentanti delle associazioni di categoria e degli ordini e collegi professionali interessati. Le imprese con oltre 250 addetti che non si avvalgono, per le operazioni suddette, di proprie strutture interne possono demandarle a centri di elaborazione dati, di diretta costituzione od esterni, i quali devono essere in ogni caso assistiti da uno o più soggetti di cui al primo comma.
Presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale è istituito un comitato di monitoraggio, composto dalle associazioni di categoria, dai rappresentanti degli ordini e collegi di cui alla presente legge e delle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, allo scopo di esaminare i problemi connessi all'evoluzione professionale ed occupazionale del settore.
Art. 2.
Oggetto dell’attività
I consulenti del lavoro, con le eccezioni di cui al quarto comma dell’articolo 1, svolgono per conto di qualsiasi datore di lavoro tutti gli adempimenti previsti da norme vigenti per l’amministrazione del personale dipendente.
Essi inoltre, su delega e in rappresentanza degli interessati, sono competenti in ordine allo svolgimento di ogni altra funzione che sia affine, connessa e conseguente a quanto previsto dal comma precedente.
Ferma restando la responsabilità personale del consulente, questi può avvalersi esclusivamente dell’opera di propri dipendenti per l’effettuazione dei compiti esecutivi inerenti all’attività professionale.
Art. 3.
Esame di abilitazione all’esercizio della professione di consulente del lavoro
Il certificato di abilitazione all’esercizio della professione di consulente del lavoro è rilasciato dall’ispettorato regionale del lavoro competente per territorio previo superamento di un esame di Stato che deve essere svolto davanti ad apposite commissioni regionali composte, per ciascuna sessione:
a) dal capo dell’ispettorato regionale del lavoro competente per territorio, o da altro funzionario da questi delegato, in qualità di presidente;
b) da un professore ordinario di materie giuridiche designato dal Ministero della pubblica istruzione;
c) da un direttore di una sede provinciale dell’INPS e da uno dell’INAIL della regione interessata;
d) da tre consulenti del lavoro designati dal Consiglio nazionale, di cui al successivo articolo 20, fra i membri dei consigli provinciali competenti per territorio, sulla base delle designazioni degli stessi consigli provinciali.
Possono essere ammesse all’esame di Stato le persone in possesso dei seguenti requisiti:
a) siano cittadini italiani o italiani appartenenti a territori non uniti politicamente all’Italia ovvero cittadini di Stati membri della Comunità economica europea ovvero cittadini di Stati esteri nei cui confronti vige un particolare regime di reciprocità;
b) abbiano conseguito il diploma di maturità di scuola secondaria superiore secondo indirizzi riconducibili all’area delle scienze sociali o di laurea in giurisprudenza, in scienze economiche e commerciali o in scienze politiche;
e) abbiano compiuto presso lo studio di un consulente del lavoro iscritto nell’albo o di uno dei professionisti di cui al primo comma dell’articolo 1 almeno due anni di praticantato secondo modalità fissate con decreto del Ministro del lavoro e della preyidenza sociale, da emanarsi entro tre mesi dall’entrata in vigore della presente legge su proposta del Consiglio nazionale di cui all’articolo 20.
Le sessioni di esame sono annuali e si svolgono in ogni regione secondo modalità e programmi stabiliti con decreto del Ministro del lavoro e del la previdenza sociale, di concerto con i Ministri di grazia e giustizia e della pubblica istruzione, da emanarsi entro il 31 gennaio di ogni anno, il decreto di cui al presente comma dovrà anche indicare particolareggiatamente i titoli di studio previsti al punto d) del secondo comma del presente articolo. Gli esami devono comunque prevedere una prova scritta ed una orale in materia di diritto del lavoro, legislazione sociale ed elementi di diritto tributario.
Art. 4.
Incompatibilità
L’iscrizione nell’albo dei consulenti del lavoro non è consentita in permanenza del rapporto di lavoro agli impiegati dello Stato, delle regioni, delle province, dei comuni e degli altri enti pubblici, ai dipendenti degli istituti di patronato o delle associazioni sindacali dei lavoratori, agli esattori di tributi, ai notai e ai giornalisti professionisti.
Art. 5.
Tenuta di libri e documenti di lavoro
Per lo svolgimento dell’attività di cui all’articolo 2 della presente legge i documenti dei datori di lavoro possono essere tenuti presso lo studio dei consulenti del lavoro. In tal caso devono essere tenuti sul luogo di lavoro, a disposizione degli incaricati alla vigilanza, una copia del libro di matricola ed un registro sul quale effettuare le scritturazioni previste dall’articolo 20, primo comma, n. 2), del testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124.
Le norme del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, concernenti il libro di paga e di matricola, si applicano anche alla copia del libro di matricola ed al registro di cui al comma precedente.
I datori di lavoro che intendono avvalersi della facoltà di cui al primo comma devono comunicare preventivamente al competente ispettorato del lavoro le generalità del professionista al quale è stato affidato l’incarico, nonché il recapito dello studio ove sono reperibili i documenti.
Il consulente del lavoro ed i professionisti di cui all’articolo 1 che, senza giustificato motivo, non ottemperino entro 15 giorni alla richiesta dell’ispettorato del lavoro, o di altro organo ispettivo a ciò abilitato dalla legge, di esibire la documentazione in loro possesso, sono puniti con la sanzione amministrativa da L. 50.000 a L. 200.000.
In caso di recidiva, la misura della sanzione varia da L. 100.000 a L. 400.000.
Art. 6.
Obbligo del segreto professionale
Il consulente del lavoro ha l’obbligo del segreto professionale. Nei suoi confronti si applica l’articolo 351 del codice di procedura penale.
Art. 7.
Responsabilità del datore di lavoro
L’affidamento ai consulenti del lavoro delle attività di cui all’articolo 2 non esime i datori di lavoro, per conto dei quali le attività sono svolte, dagli obblighi ad essi imposti dalle leggi vigenti in materia di lavoro, previdenza ed assistenza sociale.
TITOLO II
ALBI PROVINCIALI DEI CONSULENTI DEL LAVORO E CONDIZIONE PER L’ISCRIZIONE
Art. 8.
Albo dei consulenti del lavoro
E’ istituito in ogni provincia l’albo dei consulenti del lavoro.
Il consulente del lavoro iscritto in un albo provinciale può esercitare l’attività professionale in tutto il territorio dello Stato. Non è consentita la contemporanea iscrizione in più albi provinciali.
L’albo deve contenere il cognome, il nome, il luogo e la data di nascita, il titolo di studio, la residenza e l’eventuale domicilio degli iscritti, la data di iscrizione e gli estremi del diploma di abilitazione di cui è in possesso l’iscritto.
L’albo è compilato secondo l’ordine cronologico delle iscrizioni; la data di iscrizione nell’albo stabilisce l’anzianità.
Art. 9.
Condizioni per l’iscrizione nell’albo
L’iscrizione nell’albo si ottiene a seguito di istanza, redatta in carta legale e rivolta al consiglio provinciale di cui al successivo articolo 11, corredata dei seguenti documenti:
a) certificato di cittadinanza italiana o documento attestante che l’interessato ha la cittadinanza di uno degli Stati membri della Comunità economica europea, ovvero documento attestante che l’interessato è italiano appartenente a territori non uniti politicamente all’Italia, oppure che è cittadino di uno degli Stati esteri nei cui confronti vige un particolare regime di reciprocità;
b) certificato autentico o autenticato di abilitazione all’esercizio della professione rilasciato dall’ispettorato regionale del lavoro competente per territorio;
c) certificato autentico o autenticato attestante il titolo di studio posseduto;
d) certificato del casellario giudiziario;
e) certificato di buona condotta morale e civile;
f) certificato di godimento dei diritti civili;
g) ricevuta attestante il versamento del contributo di iscrizione;
h) due fotografie, di cui una autenticata, per il rilascio della tessera di riconoscimento;
i) certificato di residenza.
Gli ex dipendenti del Ministero del lavoro e della previdenza sociale di cui all’articolo 1, secondo comma, per i quali non è richiesto l’esame di Stato, ai fini dell’iscrizione all’albo professionale, dovranno presentare, in luogo del certificato indicato al punto b) del presente articolo, l’attestazione rilasciata dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale comprovante che gli stessi hanno svolto mansioni di ispettori del lavoro presso gli ispettorati del lavoro.
Non possono ottenere l’iscrizione coloro che hanno riportato condanna penale che, a norma della presente legge, comporta la radiazione dall’Albo, salvo quanto stabilito dall’articolo 38.
Il consiglio provinciale, su relazione di un suo membro delibera in ordine all’iscrizione, con decisione motivata, nel termine di tre mesi dalla data di presentazione della domanda.
Il rigetto della domanda per motivi di incompatibilità o di condotta può essere pronunciato solo dopo che l’interessato è stato invitato a comparire davanti al consiglio provinciale.
Avverso il provvedimento di reiezione della domanda l’interessato, entro trenta giorni dalla notifica del provvedimento stesso, ha facoltà di ricorrere al Consiglio nazionale.
Qualora il consiglio provinciale non provveda entro il termine stabilito dal precedente terzo comma, l’interessato, entro trenta giorni, può ricorrere al Consiglio nazionale.
Il Consiglio nazionale decide in via definitiva sui ricorsi ad esso presentati entro trenta giorni dalla data di presentazione degli stessi.
Art. 10.
Cancellazione dall’albo
Il consiglio provinciale dispone la cancellazione dall’albo dell’iscritto, d’ufficio o su richiesta del procuratore della Repubblica presso il tribunale della provincia, nei seguenti casi:
a) quando sia venuto meno uno dei requisiti di cui all’articolo 3, secondo comma, lettera a), ovvero quando si verifichi la perdita dei diritti civili;
b) quando ricorra una delle cause di incompatibilità di cui all’articolo 4.
Per i provvedimenti di cancellazione dall’albo si osservano, in quanto applicabili, le norme previste per il procedimento disciplinare.
Il consulente del lavoro può chiedere la reiscrizione nell’albo quando sono cessate le ragioni che avevano determinato la cancellazione. Il consulente che viene reiscritto conserva la precedente anzianità, dedotto il periodo di interruzione.
TITOLO III
CONSIGLI PROVINCIALI E CONSIGLIO NAZIONALE DEI CONSULENTI DEL LAVORO
Art. 11.
Composizione del consiglio provinciale
L’Albo provinciale dei consulenti del lavoro è tenuto da un consiglio composto da cinque a nove membri effettivi eletti dagli iscritti nell’albo a norma del successivo articolo 15.
Il consiglio è composto di cinque membri effettivi se gli iscritti nell’albo non superano i cento, di sette membri effettivi se superano i cento ma non i trecento, di nove membri effettivi se superano i trecento.
Sono eleggibili gli iscritti nell’albo che abbiano almeno tre anni di anzianità di iscrizione.
I componenti del consiglio durano in carica tre anni; i membri eletti sono rieleggibili.
Art. 12.
Cariche del consiglio provinciale
Il consiglio elegge tra i propri membri il presidente, il segretario e il tesoriere.
Art. 13.
Attribuzioni del presidente del consiglio provinciale
Il presidente ha la rappresentanza del consiglio, esercita le attribuzioni a lui conferite dalla presente legge, adotta, in casi di urgenza, i provvedimenti necessari, salva ratifica del consiglio, e rilascia, a richiesta, i certificati e le attestazioni relativi agli iscritti.
Art. 14
Attribuzioni del consiglio provinciale
Il consiglio provinciale:
a) cura la tenuta dell’albo dei consulenti della provincia, provvede tempestivamente agli adempimenti relativi alle iscrizioni, alle sospensioni ed alle cancellazioni da eseguire nell’albo, dandone comunicazione all’ispettorato del lavoro della provincia, al Consiglio nazionale e al Ministero del lavoro e della previdenza sociale;
b) vigila per la tutela del titolo professionale di consulente del lavoro;
c) interviene, su concorde richiesta delle parti, per comporre le contestazioni che sorgano fra gli iscritti nell’albo in dipendenza dell’esercizio della professione;
d) esprime parere al Consiglio nazionale sulla misura delle spettanze dovute ai consulenti del lavoro per le prestazioni inerenti all’esercizio della professione e in materia di liquidazione delle medesime;
e) adotta i provvedimenti disciplinari;
f) designa i rappresentanti dei consulenti della provincia presso commissioni od organizzazioni di carattere locale operanti nel territorio provinciale;
g) delibera la convocazione dell’assemblea;
h) propone al consiglio nazionale le misure del contributo per l’iscrizione all’albo e di quello da corrispondersi annualmente dagli iscritti, nonché la misura di eventuali contributi per il rilascio di certificati o attestazioni;
i) cura il miglioramento e il perfezionamento degli iscritti nello svolgimento dell’attività professionale.
Art. 15.
Elezione del consiglio provinciale
Il consiglio provinciale è eletto dagli iscritti nell’albo, esclusi i sospesi dall’esercizio della professione, con voto segreto e personale, con il sistema delle liste concorrenti e con voto limitato a non più dei due terzi dei consiglieri da eleggere, anche se scelti fra i candidati nelle diverse liste.
Sono eletti i candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti.
A sostituire i componenti che sono venuti a mancare per qualsiasi causa sono chiamati dal consiglio provinciale i candidati, compresi nella graduatoria, che dopo quelli eletti, hanno ottenuto il maggior numero di voti nell’ambito delle rispettive liste.
Art. 16.
Riunioni consiliari. Decadenza dalla carica di consigliere
Il consiglio provinciale è convocato dal presidente quando lo ritiene opportuno, ed in ogni caso almeno una volta ogni sei mesi, ovvero quando ne sia fatta richiesta dalla maggioranza dei componenti. Le deliberazioni del consiglio sono prese a maggioranza dei presenti. In prima convocazione per la validità della riunione è necessaria la maggioranza dei componenti del consiglio; in seconda convocazione è sufficiente la presenza di almeno un terzo di essi.
I consiglieri eletti che, senza giustificati motivi, non intervengono per tre volte consecutive alle riunioni del consiglio decadono dalla carica.
Art. 17.
Scioglimento o mancata costituzione del Consiglio provinciale
Il consiglio provinciale può essere sciolto se non sia in grado di funzionare, o in caso di constatate gravi irregolarità.
In caso di scioglimento o di mancata costituzione del consiglio, le sue funzioni sono affidate ad un commissario straordinario che provvede, entro novanta giorni, alla convocazione dell’assemblea per l’elezione del consiglio.
Lo scioglimento del consiglio e la nomina del commissario sono disposti con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale d’intesa con il Ministro di grazia e giustizia, sentito il parere del Consiglio nazionale dei consulenti.
Art. 18.
Assemblea degli iscritti
L’assemblea degli iscritti nell’albo della provincia elegge il consiglio provinciale e i membri del collegio dei revisori dei conti; approva il conto preventivo e quello consuntivo.
L’assemblea deve essere convocata almeno una volta all’anno per l’approvazione dei conti.
Art. 19.
Collegio dei revisori dei conti
Presso ogni consiglio provinciale è istituito un collegio dei revisori dei conti composto da tre membri eletti dall’assemblea degli iscritti, che nominano al loro interno un presidente.
I revisori dei conti durano in carica tre anni; essi sono rieleggibili.
Il collegio dei revisori dei conti controlla la gestione dei fondi e accerta la regolarità del bilancio consuntivo, riferendone all’assemblea.
Art. 20.
Sede e composizione del Consiglio nazionale
Il Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro ha sede in Roma ed è composto da quindici membri. Tali membri sono eletti dai consigli provinciali tra coloro che abbiano un’anzianità di almeno otto anni di iscrizione nell’albo, con voto segreto e personale, con il sistema delle liste concorrenti e con voto limitato a non più di due terzi dei consiglieri da eleggere, anche se scelti fra i candidati nelle diverse liste. Sono eletti i candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti.
A sostituire i componenti che sono venuti a mancare per qualsiasi causa sono chiamati dal Consiglio nazionale i candidati, compresi nella graduatoria, che, dopo quelli eletti, hanno ottenuto il maggior numero di voti nell’ambito delle rispettive liste.
Ogni consiglio provinciale può eleggere un solo candidato alla carica di consigliere nazionale.
A ciascun consiglio provinciale spetta un delegato per ogni cinquanta iscritti, o frazione di cinquanta, fino a duecento iscritti nell’albo, ed un delegato per ogni cento iscritti o frazione di cento iscritti oltre i duecento. La qualità di candidato è incompatibile con quella di delegato.
I membri del Consiglio nazionale durano in carica tre anni e sono rieleggibili.
Non si può far parte contemporaneamente di un consiglio provinciale e del Consiglio nazionale, di un collegio dei revisori dei conti provinciale e del collegio dei revisori dei conti nazionale.
Art. 21.
Cariche del Consiglio nazionale
Il Consiglio nazionale elegge tra i propri membri il presidente, il vice presidente, il segretario e il tesoriere.
Art. 22.
Collegio dei revisori dei conti del Consiglio nazionale
Presso il Consiglio nazionale è istituito un collegio dei revisori dei conti composto di tre membri, i quali eleggono al loro interno un presidente, eletti dai consigli provinciali tra i consulenti del lavoro che non siano consiglieri provinciali o nazionali, con voto segreto e personale e con il sistema delle liste concorrenti, con voto limitato a non più di due terzi dei membri da eleggere, anche se scelti fra i candidati nelle diverse liste.
I revisori dei conti durano in carica tre anni e sono rieleggibili.
Il collegio dei revisori dei conti controlla la gestione dei fondi e accerta la regolarità del bilancio consuntivo, riferendone al Consiglio nazionale.
Art. 23.
Attribuzioni del Consiglio nazionale
Il Consiglio nazionale:
a) vigila sul regolare funzionamento dei consigli provinciali
b) propone al Ministro di grazia e giustizia, su parere dei consigli provinciali, la misura delle spettanze di cui alla lettera d) dell’articolo 14;
c) determina, su proposta dei consigli provinciali, entro i limiti strettamente necessari a coprire le spese, la misura dei contributi di cui alla lettera h) dell’articolo 14, nonché la quota necessaria per il funzionamento del Consiglio nazionale;
d) decide sui ricorsi relativi alle elezioni dei consigli provinciali e su quelli presentati dagli interessati avverso l’operato, anche di carattere disciplinare, di tali consigli;
e) coordina e promuove le attività dei consigli provinciali per favorire le iniziative intese al miglioramento ed al perfezionamento degli iscritti nello svolgimento della professione;
f) studia e promuove ogni opportuna iniziativa per l’attuazione di forme di previdenza ed assistenza a favore degli iscritti;
g) designa i rappresentanti dei consulenti del lavoro presso commissioni ed organizzazioni di carattere nazionale.
La misura delle spettanze di cui alla lettera b) del presente articolo è stabilita con decreto del Ministro di grazia e giustizia.
Art. 24.
Riunioni consiliari. Decadenza dalla carica di consigliere nazionale
Il Consiglio nazionale è convocato dal presidente ogni qualvolta lo ritenga opportuno e in ogni caso almeno ogni sei mesi, ovvero quando ne facciano richiesta almeno cinque dei suoi membri.
I consiglieri eletti che, senza giustificati motivi, non intervengono per tre volte consecutive alle riunioni del Consiglio, decadono dalla carica.
Art. 25.
Vigilanza sul Consiglio nazionale
La vigilanza sul Consiglio nazionale è esercitata dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale d’intesa con il Ministro di grazia e giustizia.
Il Consiglio nazionale può essere sciolto se non sia in grado di funzionare o in caso di constatate gravi irregolarità.
In caso di scioglimento del Consiglio nazionale le relative funzioni sono affidate a un commissario straordinario, che provvede entro novanta giorni ad indire le elezioni del Consiglio.
Lo scioglimento del Consiglio e la nomina del commissario sono disposti con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale di concerto con il Ministro di grazia e giustizia.
TITOLO IV
SANZIONI DISCIPLINARI
Art. 26.
Responsabilità disciplinare dei consulente del lavoro- Azione disciplinare
Il consulente del lavoro che si rende colpevole di abusi o mancanze nell’esercizio della professione o comunque di fatti non conformi alla dignità e al decoro professionale, è sottoposto a procedimento disciplinare.
Salvi i casi di sospensione di diritto di cui all’articolo 29, primo comma, il consiglio provinciale che custodisce l’albo in cui l’incolpato trovasi iscritto inizia il procedimento disciplinare d’ufficio o su richiesta del pubblico ministero presso il tribunale ovvero su richiesta dell’interessato.
La competenza a procedere disciplinarmente nei confronti di un membro del consiglio provinciale spetta al consiglio provinciale della sede di corte d’appello, ovvero, se egli appartiene a quest’ultimo, al consiglio della sede di corte d’appello vicina determinata dal Consiglio nazionale.
Art. 27.
Pene disciplinari
Le pene disciplinari, che il consiglio provinciale può applicare, sono:
1) la censura;
2) la sospensione dall’esercizio della professione per un tempo non superiore ai due anni;
3) la radiazione.
Art. 28.
Censura
La censura consiste nel biasimo formale per la trasgressione commessa ed è inflitta nei casi di abusi o mancanze di non lieve entità, che tuttavia non ledano il decoro e la dignità professionale.
Art. 29.
Casi di sospensione
Oltre i casi di sospensione dall’esercizio professionale previsti nel codice penale, importano di diritto la sospensione dall’esercizio della professione:
a) l’interdizione dai pubblici uffici per una durata non superiore a tre anni;
b) il ricovero in un manicomio giudiziario, il ricovero in casa di cura e di custodia, l’applicazione di una tra le misure di sicurezza non detentive previste dall’art. 215, terzo comma, numero 1), 2) e 3) del codice penale;
c) l’emissione di un mandato o di un ordine di cattura;
d) la morosità per oltre dodici mesi del pagamento dei contributi previsti dagli articoli 14, lettera h) e 23, lettera c), della presente legge.
La sospensione è dichiarata dal consiglio provinciale, sentito l’interessato qualora ne faccia richiesta.
Il consiglio provinciale può pronunciare, sentito il professionista, la sospensione nei casi di abusi o mancanze gravi che ledano il decoro e la dignità professionale.
Nei casi previsti dalle lettere a), b), c) e d) del presente articolo, la durata della sospensione non è soggetta a limiti di tempo. Il consulente può tuttavia chiedere al consiglio provinciale la cessazione della sospensione ove ne siano venuti meno i presupposti.
Il consulente del lavoro a cui sia stata applicata la censura è punito con la sospensione non inferiore ad un mese se incorre in una nuova trasgressione.
Art. 30.
Casi di radiazione
La radiazione è pronunciata contro il consulente del lavoro che abbia, con la sua condotta, compromesso gravemente la propria reputazione e la dignità della professione.
Art. 31.
Radiazione di diritto
La condanna per delitto contro la pubblica amministrazione, contro l’amministrazione della giustizia, contro la fede pubblica, contro l’economia pubblica, l’industria e il commercio, contro il patrimonio oppure per ogni altro delitto non colposo, per il quale la legge commini la pena della reclusione non inferiore nel minimo a due anni o nel massimo a cinque anni, importa la radiazione di diritto dall’albo.
Importano parimenti la radiazione di diritto:
1) l’interdizione dai pubblici uffici, perpetua o di durata superiore a tre anni, o l’interdizione dall’esercizio della professione per una uguale durata;
2) il ricovero in manicomio giudiziario nei casi indicati dall’articolo 222, comma secondo, del codice penale, e l’assegnazione ad una colonia agricola o ad una casa di lavoro.
La radiazione nei casi previsti dal presente articolo è dichiarata dal consiglio provinciale, sentito l’interessato qualora ne faccia richiesta.
Art. 32.
Rapporti tra il procedimento disciplinare ed il giudizio penale
Il consulente del lavoro che sia stato sottoposto a procedimento penale è sottoposto anche a procedimento disciplinare per il fatto che ha formato oggetto dell’imputazione, tranne il caso che sia intervenuta sentenza di proscioglimento perché il fatto non sussiste o perché l’imputato non l’ha commesso.
Art. 33.
Istruttoria nel procedimento disciplinare
Fermo il disposto dell’articolo 29, secondo comma, e quello dell’articolo 31, ultimo comma, nessuna pena disciplinare può essere inflitta senza che l’incolpato, previa contestazione degli addebiti, sia stato invitato a comparire dinanzi al consiglio provinciale con l’assegnazione di un termine non inferiore a giorni dieci, per essere sentito nelle sue discolpe.
L’incolpato può farsi assistere da un difensore.
Art. 34.
Svolgimento del procedimento disciplinare
Il presidente nomina, tra i membri del consiglio provinciale, un relatore, il quale, nel giorno fissato per il procedimento, espone al consiglio i fatti per cui si procede.
Il consiglio, udito l’interessato ed esaminati le eventuali memorie o documenti, delibera a maggioranza assoluta dei propri componenti; in caso di parità di voti prevale la decisione più favorevole all’incolpato.
Se l’interessato non si presenta non fa pervenire alcuna memoria difensiva né dimostra un legittimo impedimento, si procede in sua assenza.
La deliberazione deve contenere l’indicazione dei fatti, i motivi della decisione e la decisione del consiglio. Il proscioglimento è pronunciato con la formula “non essere luogo a provvedimento disciplinare”.
Art. 35.
Ricusazione e astensione
I membri del consiglio provinciale devono astenersi quando ricorrono motivi, in quanto applicabili, indicati dall’articolo 51 del codice di procedura civile e possono essere ricusati per gli stessi motivi.
Sull’astensione e sulla ricusazione decide il consiglio provinciale.
Se non è disponibile il numero dei componenti del consiglio che è prescritto per deliberare, gli atti sono rimessi senza indugio al consiglio provinciale costituito nella sede della corte d’appello viciniore. Se i componenti che hanno chiesto l’astensione o sono stati ricusati fanno parte di quest’ultimo consiglio, gli atti sono rimessi al consiglio nazionale per la designazione del consiglio costituito in altra sede della corte d’appello più vicina.
Il consiglio competente a termini del comma precedente, se autorizza l’astensione o riconosce legittima la ricusazione, si costituisce al consiglio provinciale cui appartengono i componenti che hanno chiesto di astenersi o che sono stati ricusati; altrimenti restituisce gli atti per la prosecuzione del procedimento.
Art. 36.
Notificazione delle deliberazioni
Le deliberazioni disciplinari sono notificate entro trenta giorni all’interessato ed al pubblico Ministero presso il tribunale nel cui circondario l’incolpato risiede nonché al procuratore generale presso la corte d’appello e ai Ministri di grazia e giustizia e del lavoro e della previdenza sociale.
Art. 37.
Ricorso al Consiglio nazionale
Nel termine perentorio di trenta giorni dalla notificazione l’interessato ed il pubblico ministero possono proporre ricorso al Consiglio nazionale.
Il Consiglio nazionale può sospendere l’efficacia del provvedimento, riesamina integralmente i fatti e può anche infliggere al professionista una pena disciplinare più grave.
Gli effetti del ricorso sono limitati a coloro che l’hanno proposto.
Art. 38.
Riammissione dei radiati
Il consulente del lavoro radiato dall’albo può esservi riammesso purché siano trascorsi almeno sei anni dal provvedimento di radiazione e se questo derivò da condanna penale, sia intervenuta la riabilitazione. In ogni caso deve risultare che il radiato ha tenuto, dopo la radiazione, irreprensibile condotta.
Si applicano le disposizioni dell’articolo 9.
Art. 39.
Prescrizione dell’azione disciplinare
L’azione disciplinare si prescrive in cinque anni.
TITOLO V
DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI
Art. 40.
Consulenti già iscritti nell’albo
I consulenti del lavoro già iscritti nell’albo al momento dell’entrata in vigore della presente legge acquisiscono il diritto di permanervi o reiscriversi in deroga al requisito del titolo di studio e del certificato di abilitazione all’esercizio della professione.
Resta fermo l’espletamento dell’esame già regolarmente fissato o in corso di svolgimento presso gli ispettorati provinciali del lavoro alla data di entrata in vigore della presente legge, ai fini del conseguimento dell’abilitazione da parte dei candidati che avranno superato le prove di esame.
Art. 41.
Abrogazioni
Gli articoli 4 e 5 della legge 23 novembre 1939, n. 1815, il decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1959, n. 921, la legge 12 ottobre 1964, n. 1081 e tutte e altre norme incompatibili con la presente legge sono abrogate.
La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti della Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge di Stato.