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DPR n° 917 del 22 dicembre 1986

Approvazione del Testo unico delle imposte sui redditi

IMPOSTA SUL REDDITO DELLE PERSONE FISICHE

 

Capo I

 

DISPOSIZIONI GENERALI

 

Art. 1 (1)

Presupposto dell'imposta

 

1. Presupposto dell'imposta sul reddito delle persone fisiche è il possesso di redditi in denaro o in natura rientranti nelle categorie indicate nell'art. 6.

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(1) Le persone fisiche sono soggetti di diritto dalla nascita. L’art. 1, comma 1, c.c., recita testualmente: "La capacità giuridica si acquista dal momento della nascita.".

 

Art. 2

Soggetti passivi

 

1. Soggetti passivi dell'imposta sono le persone fisiche, residenti e non residenti nel territorio dello Stato.

2. Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo di imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile (1).

2-bis. Si considerano altresì residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente ed emigrati in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato, individuati con decreto del Ministro delle finanze da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale (2).

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(1) Al riguardo si rimanda:

- al D.P.R. 30 maggio 1989, n. 223 (regolamento anagrafico della popolazione residente);

- all’art. 43, c.c. (domicilio agli effetti civili);

- agli artt. 58 e 59, D.P.R. n. 600/73 (domicilio agli effetti fiscali).

(2) Comma aggiunto dall'art. 10, comma 1, L. 23 dicembre 1998, n. 448, con effetto dal 1° gennaio 1999.

 

Art. 3

Base imponibile

 

1. L'imposta si applica sul reddito complessivo del soggetto, formato per i residenti da tutti i redditi posseduti e per i non residenti soltanto da quelli prodotti nel territorio dello Stato, al netto degli oneri deducibili indicati nell'art. 10.

2. In deroga al comma 1 l'imposta si applica separatamente sui redditi elencati nell'art. 16, salvo quanto stabilito nei commi 2 e 3 dello stesso articolo.

3. Sono in ogni caso esclusi dalla base imponibile:

a) i redditi esenti dall'imposta e quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva;

b) gli assegni periodici destinati al mantenimento dei figli spettanti al coniuge in conseguenza di separazione legale ed effettiva o di annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, nella misura in cui risultano da provvedimenti dell'autorità giudiziaria (1);

c) i redditi derivanti da lavoro dipendente prestato all'estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto (2);

d) gli assegni familiari e l'assegno per il nucleo familiare, nonché, con gli stessi limiti e alle medesime condizioni, gli emolumenti per carichi di famiglia comunque denominati, erogati nei casi consentiti dalla legge (3);

d-bis) la maggiorazione sociale dei trattamenti pensionistici prevista dall'art. 1 della L. 29 dicembre 1988, n. 544 (4).

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(1) Al riguardo si rimanda all’art. 3, D.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42, inerente le disposizioni di attuazione per gli assegni periodici destinati al mantenimento dei figli.

(2) Lettera abrogata, dal D.Lgs. n. 314 del 2 settembre 1997, art. 5, comma 1, lett. a), n. 1, con decorrenza dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data del 31 dicembre 2000. Fino a tale data la disposizione in esame va intesa nel senso che l'esclusione dalla base imponibile opera anche per i redditi di lavoro prestato nelle zone di frontiera ed in altri Paesi limitrofi da soggetti residenti nel territorio dello Stato. I percettori dei suddetti redditi non possono in alcun caso essere considerati fiscalmente a carico e se richiedono prestazioni sociali agevolate alla pubblica amministrazione sono comunque tenuti a dichiararli all'ufficio erogatore della prestazione, ai fini della valutazione della propria situazione economica (art. 38, comma 3, L. 8 maggio 1998, n. 146).

(3) Lettera così sostituita dal D.Lgs. n. 314 del 2 settembre 1997, art. 5, comma 1, lett. a), n. 2, a decorrere dal 1° gennaio 1998. Il testo, nella versione precedente, era il seguente "d) gli assegni familiari, le quote di aggiunta di famiglia e le maggiorazioni di pensione sostitutive degli assegni familiari".

(4) Lettera aggiunta dall'art. 3, comma 1, lett. a), L. 23 dicembre 1998, n. 449, con effetto dal 1° gennaio 1999.

 

Art. 4

Coniugi e figli minori

 

1. Ai fini della determinazione del reddito complessivo o della tassazione separata:

a) i redditi dei beni che formano oggetto della comunione legale di cui agli artt. 177 e seguenti del codice civile sono imputati a ciascuno dei coniugi per metà del loro ammontare netto o per la diversa quota stabilita ai sensi dell'art. 210 dello stesso codice. I proventi dell'attività separata di ciascun coniuge sono a lui imputati in ogni caso per l'intero ammontare (1);

b) i redditi dei beni che formano oggetto del fondo patrimoniale di cui agli artt. 167 e seguenti del Codice civile sono imputati per metà del loro ammontare netto a ciascuno dei coniugi. Nelle ipotesi previste nell'art. 171 del detto codice i redditi dei beni che rimangano destinati al fondo sono imputati per l'intero ammontare al coniuge superstite o al coniuge cui sia stata esclusivamente attribuita l'amministrazione del fondo;

c) i redditi dei beni dei figli minori soggetti all'usufrutto legale dei genitori sono imputati per metà del loro ammontare netto a ciascun genitore. Se vi è un solo genitore o se l'usufrutto legale spetta a un solo genitore i redditi gli sono imputati per l'intero ammontare.

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(1) L'ultimo periodo è stato aggiunto dall'art. 26, comma 1, D.L. 2 marzo 1989, n. 69, conv. L. n. 154/89, con effetto 1° gennaio 1988 (v.d. art. 38, comma 1-bis).

 

Art. 5

Redditi prodotti in forma associata

 

1. I redditi delle società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice residenti nel territorio dello Stato sono imputati a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili.

2. Le quote di partecipazione agli utili si presumono proporzionate al valore dei conferimenti dei soci se non risultano determinate diversamente dall'atto pubblico o dalla scrittura privata autenticata di costituzione o da altro atto pubblico o scrittura autenticata di data anteriore all'inizio del periodo di imposta; se il valore dei conferimenti non risulta determinato, le quote si presumono uguali (1).

3. Ai fini delle imposte sui redditi:

a) le società di armamento sono equiparate alle società in nome collettivo o alle società in accomandita semplice secondo che siano state costituite all'unanimità o a maggioranza;

b) le società di fatto sono equiparate alle società in nome collettivo o alle società semplici secondo che abbiano o non abbiano per oggetto l'esercizio di attività commerciali;

c) le associazioni senza personalità giuridica costituite fra persone fisiche per l'esercizio in forma associata di arti e professioni sono equiparate alle società semplici, ma l'atto o la scrittura di cui al comma 2 può essere redatto fino alla presentazione della dichiarazione dei redditi dell'associazione;

d) si considerano residenti le società e le associazioni che per la maggior parte del periodo di imposta hanno la sede legale o la sede della amministrazione o l'oggetto principale nel territorio dello Stato. L'oggetto principale è determinato in base all'atto costitutivo, se esistente in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata, e, in mancanza, in base all'attività effettivamente esercitata.

4. I redditi delle imprese familiari di cui all'art. 230-bis del codice civile, limitatamente al 49 per cento dell'ammontare risultante dalla dichiarazione dei redditi dell'imprenditore, sono imputati a ciascun familiare, che abbia prestato in modo continuativo e prevalente la sua attività di lavoro nell'impresa, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili. La presente disposizione si applica a condizione:

a) che i familiari partecipanti all'impresa risultino nominativamente, con l'indicazione del rapporto di parentela o di affinità con l'imprenditore, da atto pubblico o da scrittura privata autenticata anteriore all'inizio del periodo d'imposta, recante la sottoscrizione dell'imprenditore e dei familiari partecipanti;

b) che la dichiarazione dei redditi dell'imprenditore rechi l'indicazione delle quote di partecipazione agli utili spettanti ai familiari e l'attestazione che le quote stesse sono proporzionate alla qualità e quantità del lavoro effettivamente prestato nell'impresa, in modo continuativo e prevalente, nel periodo d'imposta;

c) che ciascun familiare attesti, nella propria dichiarazione dei redditi, di avere prestato la sua attività di lavoro nell'impresa in modo continuativo e prevalente.

5. Si intendono per familiari, ai fini delle imposte sui redditi, il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado.

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(1) Comma così sostituito dall'art. 2, comma 1, L. 25 marzo 1991, n. 102, con effetto a partire dalle dichiarazioni dei redditi da presentarsi nell'anno 1991

 

Art. 6

Classificazione dei redditi

 

1. I singoli redditi sono classificati nelle seguenti categorie (1):

a) redditi fondiari;

b) redditi di capitale;

c) redditi di lavoro dipendente;

d) redditi di lavoro autonomo;

e) redditi d'impresa;

f) redditi diversi.

2. I proventi conseguiti in sostituzione di redditi, anche per effetto di cessione dei relativi crediti, e le indennità conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi, esclusi quelli dipendenti da invalidità permanente o da morte, costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti. Gli interessi moratori e gli interessi per dilazione di pagamento costituiscono redditi della stessa categoria di quelli da cui derivano i crediti su cui tali interessi sono maturati (2).

3. I redditi delle società in nome collettivo e in accomandita semplice, da qualsiasi fonte provengano e quale che sia l'oggetto sociale, sono considerati redditi d'impresa e sono determinati unitariamente secondo le norme relative a tali redditi.

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(1) L'art. 14, comma 4, L. 24 dicembre 1993, n. 537, ricomprende nella classificazione anche i proventi derivanti da fatti, atti od attività qualificabili come illeciti.

(2) L'ultimo periodo è stato aggiunto dall'art. 1, comma 1, lett. a), D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, conv. L. 26 febbraio 1994, n. 133, con applicazione, anche ai fini delle ritenute alla fonte, per gli interessi percepiti dal 30 dicembre 1993.

 

Art. 7

Periodo d'imposta

 

1. L'imposta è dovuta per anni solari, a ciascuno dei quali corrisponde un'obbligazione tributaria autonoma, salvo quanto stabilito nel comma 3 dell'art. 8 e nel secondo periodo del comma 3 dell'art. 11.

2. L'imputazione dei redditi al periodo d'imposta è regolata dalle norme relative alla categoria nella quale rientrano.

3. In caso di morte dell'avente diritto i redditi che secondo le disposizioni relative alla categoria di appartenenza sono imputabili al periodo d'imposta in cui sono percepiti, determinati a norma delle disposizioni stesse, sono tassati separatamente a norma degli articoli 17 e 18, salvo il disposto del comma 3 dell'art. 16, anche se non rientrano tra i redditi indicati nello stesso art. 16, nei confronti degli eredi e dei legatari che li hanno percepiti.

 

Art. 8

Determinazione del reddito complessivo

 

1. Il reddito complessivo si determina sommando i redditi di ogni categoria che concorrono a formarlo e sottraendo le perdite derivanti dall'esercizio di imprese commerciali di cui all'articolo 79 e quelle derivanti dall'esercizio di arti e professioni (1).

2. Le perdite delle società in nome collettivo ed in accomandita semplice di cui all'art. 5, nonché quelle delle società semplici e delle associazioni di cui allo stesso articolo derivanti dall'esercizio di arti e professioni, si sottraggono per ciascun socio o associato nella proporzione stabilita dall'art. 5. Per le perdite della società in accomandita semplice che eccedono l'ammontare del capitale sociale la presente disposizione si applica nei soli confronti dei soci accomandatari.

3. Le perdite derivanti dall'esercizio di imprese commerciali e quelle derivanti dalla partecipazione in società in nome collettivo e in accomandita semplice sono computate in diminuzione dai relativi redditi conseguiti nei periodi di imposta e per la differenza nei successivi, ma non oltre il quinto, per l'intero importo che trova capienza in essi. La presente disposizione non si applica per le perdite determinate a norma dell'articolo 79. Si applicano le disposizioni del comma 1-bis dell'articolo 102 e, limitatamente alle società in nome collettivo ed in accomandita semplice, quelle di cui al comma 1-ter del citato articolo 102 (1) (2).

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(1) Comma così sostituito dall'art. 29, comma 1, D.L. 23 febbraio 1995, n. 41, conv. L. n. 85/1995, con effetto dal periodo di imposta in corso al 24 febbraio 1995, anche per perdite dichiarate in precedenti periodi di imposta (v.d. comma 2).

(2) L'ultimo periodo è così modificato dall’art. 8, comma 1, lett. a), D.Lgs. 8 ottobre 1997 n. 358; si applica alle imprese ubicate nei territori interessati dagli eventi sismici di cui all'art. 3, comma 5-ter, D.L. 27/10/1997, n. 364, con effetto dal 20 dicembre 1997.

 

Art. 9

Determinazione dei redditi e delle perdite

 

1. I redditi e le perdite che concorrono a formare il reddito complessivo sono determinati distintamente per ciascuna categoria, secondo le disposizioni dei successivi capi, in base al risultato complessivo netto di tutti i cespiti che rientrano nella stessa categoria.

2. Per la determinazione dei redditi e delle perdite i corrispettivi, i proventi, le spese e gli oneri in valuta estera sono valutati secondo il cambio del giorno in cui sono stati percepiti o sostenuti o del giorno antecedente più prossimo e, in mancanza, secondo il cambio del mese in cui sono stati percepiti o sostenuti; quelli in natura sono valutati in base al valore normale dei beni e dei servizi da cui sono costituiti. In caso di conferimento in società o in altri enti si considera corrispettivo conseguito il valore normale delle azioni e dei titoli ricevuti se negoziati in mercati italiani o esteri (1).

3. Per valore normale, salvo quanto stabilito nel comma 4 per i beni ivi considerati, si intende il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi. Per la determinazione del valore normale si fa riferimento, in quanto possibile, ai listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle mercuriali e ai listini delle camere di commercio e alle tariffe professionali, tenendo conto degli sconti d'uso. Per i beni e i servizi soggetti a disciplina dei prezzi si fa riferimento ai provvedimenti in vigore.

4. Il valore normale è determinato:

a) per le azioni, obbligazioni e altri titoli quotati in mercati regolamentati italiani o esteri, in base alla media aritmetica dei prezzi rilevati nell'ultimo mese (2);

b) per le altre azioni, per le quote di società non azionarie e per i titoli o quote di partecipazione al capitale di enti diversi dalle società, in proporzione al valore del patrimonio netto della società o ente ovvero, per le società o enti di nuova costituzione, all'ammontare complessivo dei conferimenti;

c) per le obbligazioni e gli altri titoli diversi da quelli indicati alle lettere a) e b), comparativamente al valore normale dei titoli aventi analoghe caratteristiche negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri, e, in mancanza, in base ad altri elementi determinabili in modo obiettivo (3).

5. Ai fini delle imposte sui redditi le disposizioni relative alle cessioni a titolo oneroso valgono anche per gli atti a titolo oneroso che importano costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento e per i conferimenti in società (4).

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(1) L'ultimo periodo è stato così sostituito dall'art. 1, comma 1, lett. Oa), D.L. 29 giugno 1994, n. 416, conv. L. n. 503/1994, con applicazione a decorrere dal periodo di imposta in corso al 30 dicembre 1993.

(2) Lettera così sostituita dall'art. 1, comma 1, lett. a), D.L. 29 giugno 1994, n. 416, conv. L. n. 503/1994, a decorrere dal periodo di imposta in corso al 30 dicembre 1993.

(3) Lettera così sostituita dall'art. 1, comma 1, lett. b), D.L. 29 giugno 1994, n. 416, conv. L. n. 503/1994, a decorrere dal periodo di  imposta in corso al 30 dicembre 1993.

(4) L'art. 1, D.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42, ha qui trasferito il comma 4 dell'art. 16 (a decorrere dal 1° gennaio 1988).

 

Art. 10 (1)

Oneri deducibili

 

1. Dal reddito complessivo si deducono, se non sono deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formarlo, i seguenti oneri sostenuti dal contribuente:

a) i canoni, livelli, censi ed altri oneri gravanti sui redditi degli immobili che concorrono a formare il reddito complessivo, compresi i contributi ai consorzi obbligatori per legge o in dipendenza di provvedimenti della pubblica amministrazione; sono in ogni caso esclusi i contributi agricoli unificati;

b) le spese mediche e quelle di assistenza specifica necessarie nei casi di grave e permanente invalidità o menomazione, sostenute dai soggetti indicati nell'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (2). Si considerano rimaste a carico del contribuente anche le spese rimborsate per effetto di contributi o di premi di assicurazione da lui versati e per i quali non spetta la detrazione d'imposta o che non sono deducibili dal suo reddito complessivo né dai redditi che concorrono a formarlo; si considerano, altresì, rimaste a carico del contribuente le spese rimborsate per effetto di contributi o premi che, pur essendo versati da altri, concorrono a formare il suo reddito;

c) gli assegni periodici corrisposti al coniuge, ad esclusione di quelli destinati al mantenimento dei figli, in conseguenza di separazione legale ed effettiva, di scioglimento o annullamento del matrimonio o di cessazione dei suoi effetti civili, nella misura in cui risultano da provvedimenti dell'autorità giudiziaria;

d) gli assegni periodici corrisposti in forza di testamento o di donazione modale e, nella misura in cui risultano da provvedimenti dell'autorità giudiziaria, gli assegni alimentari corrisposti a persone indicate nell'articolo 433 del c.c.;

d-bis) le somme restituite al soggetto erogatore, se hanno concorso a formare il reddito in anni precedenti (3);

e) i contributi previdenziali e assistenziali versati in ottemperanza a disposizioni di legge, nonché quelli versati facoltativamente alla gestione della forma pensionistica obbligatoria di appartenenza, ivi compresi quelli per la ricongiunzione di periodi assicurativi. Sono altresì deducibili i contributi versati al fondo di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 565 (4). I contributi di cui all'articolo 30, comma 2, della legge 8 marzo 1989, n. 101, sono deducibili alle condizioni e nei limiti ivi stabiliti;

e-bis) i contributi versati alle forme pensionistiche complementari e i contributi e premi versati alle forme pensionistiche individuali, previste dal decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, per un importo complessivamente non superiore al 12 per cento del reddito complessivo e comunque non superiore a lire 10 milioni. Se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi di lavoro dipendente, relativamente a tali redditi la deduzione compete per un importo complessivamente non superiore al doppio della quota di TFR destinata alle forme pensionistiche collettive istituite ai sensi del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, e, comunque, entro i predetti limiti del 12 per cento del reddito complessivo e di 10 milioni di lire. La disposizione contenuta nel precedente periodo non si applica nel caso in cui la fonte istitutiva sia costituita unicamente da accordi tra lavoratori, nonché ai soggetti iscritti entro il 28 aprile 1993 alle forme pensionistiche complementari che risultano istituite alla data di entrata in vigore della legge 23 ottobre 1992, n. 421 e se le forme pensionistiche collettive istituite non siano operanti dopo due anni. Ai fini del computo del predetto limite di lire 10 milioni si tiene conto: delle quote accantonate dal datore di lavoro ai fondi di previdenza di cui all’articolo 70, comma 1; dei contributi versati ai sensi dell’articolo 2 della legge 8 agosto 1995, n. 335, eccedenti il massimale contributivo stabilito dal decreto legislativo 14 dicembre 1995, n. 579. Per le persone che sono fiscalmente a carico di altri soggetti non si tiene conto del predetto limite percentuale, nonché, nei riguardi del soggetto di cui sono a carico, della condizione di destinazione delle quote di TFR alle forme pensionistiche complementari (5);

e-ter) i contributi versati ai fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale istituiti o adeguati ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, per un importo complessivo non superiore a lire 2.000.000 per gli anni 2001 e 2002. Per gli anni 2003 e 2004 il suddetto importo è fissato in lire 3 milioni, aumentato a lire 3.500.000 per gli anni 2005 e 2006 e a lire 4.000.000 a decorrere dal 2007. Per i contributi versati nell'interesse delle persone indicate nell'articolo 12, che si trovino nelle condizioni ivi previste, la deduzione spetta per l'ammontare non dedotto dalle persone stesse, fermo restando l'importo complessivamente stabilito (6);

f) le somme corrisposte ai dipendenti, chiamati ad adempiere funzioni presso gli uffici elettorali, in ottemperanza alle disposizioni dell'articolo 119 del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e dell'articolo 1 della legge 30 aprile 1981, n. 178;

g) i contributi, le donazioni e le oblazioni erogati in favore delle organizzazioni non governative idonee ai sensi dell'articolo 28 della legge 26 febbraio 1987, n. 49, per un importo non superiore al 2 per cento del reddito complessivo dichiarato;

h) le indennità per perdita dell'avviamento corrisposte per disposizione di legge al conduttore in caso di cessazione della locazione di immobili urbani adibiti ad usi diversi da quello di abitazione;

i) le erogazioni liberali in denaro, fino all'importo di 2 milioni di lire, a favore dell'Istituto centrale per il sostentamento del clero della Chiesa cattolica italiana;

l) le erogazioni liberali in denaro di cui all'articolo 29, comma 2, della legge 22 novembre 1988, n. 516, all'articolo 21, comma 1, della legge 22 novembre 1988, n. 517, e all'articolo 3, comma 2, della legge 5 ottobre 1993, n. 409, nei limiti e alle condizioni ivi previsti;

l-bis) il cinquanta per cento delle spese sostenute dai genitori adottivi per l'espletamento della procedura di adozione disciplinata dalle disposizioni contenute nel Capo I del Titolo III della L. 4 maggio 1983, n. 184 (7).

l-ter) le erogazioni liberali in denaro per il pagamento degli oneri difensivi dei soggetti ammessi al patrocinio a spese dello Stato, anche quando siano eseguite da persone fisiche (8).

2. Le spese di cui alla lettera b) del comma 1 sono deducibili anche se sono state sostenute per le persone indicate nell’articolo 433 del codice civile. Tale disposizione si applica altresì per gli oneri di cui alla lettera e) del comma 1 relativamente alle persone indicate nel medesimo articolo 433 del codice civile se fiscalmente a carico. Sono altresì deducibili, fino all’importo di lire 3.000.000, i medesimi oneri versati per gli addetti ai servizi domestici e all’assistenza personale o familiare. Per gli oneri di cui alla lettera e-bis) del comma 1, sostenuti nell’interesse delle persone indicate nell’articolo 12 che si trovino nelle condizioni ivi previste, spetta la deduzione per l’ammontare non dedotto dalle persone stesse, fermo restando l’importo complessivamente stabilito (9).

3. Gli oneri di cui alle lettere f), g), ed h) del comma 1 sostenuti dalle società semplici di cui all'articolo 5 si deducono dal reddito complessivo dei singoli soci nella stessa proporzione prevista nel medesimo articolo 5 ai fini della imputazione del reddito. Nella stessa proporzione è deducibile, per quote costanti nel periodo d'imposta in cui avviene il pagamento e nei quattro successivi, l'imposta di cui all'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 643, corrisposta dalle società stesse (10).

3-bis. Se alla formazione del reddito complessivo concorrono il reddito dell'unità immobiliare adibita ad abitazione principale e quello delle relative pertinenze, si deduce un importo fino all’ammontare della rendita catastale dell’unità immobiliare stessa e delle relative pertinenze, rapportato al periodo dell'anno durante il quale sussiste tale destinazione ed in proporzione alla quota di possesso di detta unità immobiliare. Sono pertinenze le cose immobili di cui all'articolo 817 del codice civile, classificate o classificabili in categorie diverse da quelle ad uso abitativo, destinate ed effettivamente utilizzate in modo durevole a servizio delle unità immobiliari adibite ad abitazione principale delle persone fisiche. Per abitazione principale si intende quella nella quale la persona fisica, che la possiede a titolo di proprietà o altro diritto reale, o i suoi familiari dimorano abitualmente. Non si tiene conto della variazione della dimora abituale se dipendente da ricovero permanente in istituti di ricovero o sanitari, a condizione che l’unità immobiliare non risulti locata (11).

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(1) Articolo così sostituito dall'art. 2, comma 1, lett. a), D.L. 31 maggio 1994, n. 330, conv. L. n. 473/1994, con effetto dal periodo di imposta in corso all’8 dicembre 1993.

(2) Il periodo così modificato dall’art. 3, comma 2, lett. a), L. 23 dicembre 1996, n. 662, con effetto dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 1996; la modifica ha comportato l'eliminazione delle parole in chiusura del periodo: "per la parte che eccede L. 500.000".

(3) Lettera aggiunta dal D.Lgs. 2 settembre 1997, n. 314, art. 5, comma 1, lett. b), con decorrenza dal 1° gennaio 1998.

(4) Periodo così modificato dall’art. 13, comma  1, lett. a), D.Lgs. 18 febbraio 2000, n. 47, con effetto per i contratti stipulati dal 1° gennaio 2001.

(5) Lettera aggiunta dall'art. 13, comma 4, D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124 (come sostituito dall'art. 11, L. 8 agosto 1995, n. 335), con effetto dal 17 agosto 1995 e successivamente sostituita dall’art. 1, comma 1, D.Lgs. 18 febbraio 2000, n. 47, con effetto dal 1° gennaio 2001. L'art. 1, comma 1 del D.Lgs. 12 aprile 2001, n. 168 ha così modificato la lettera in oggetto, con decorrenza dal 1° gennaio 2001 (Art. 13, comma 2, D.Lgs. n. 168/2001).

(6) Lettera aggiunta dall’art. 1, comma 1, lett. a), D.Lgs. 18 febbraio 2000, n. 41.

(7) Lettera inserita dall'art. 4, comma 1, L. 31 dicembre 1998, n. 476, con effetto dal 27 gennaio 1999.

(8) Lettera aggiunta dall'art. 19, comma 1, lett. a), L. 29 marzo 2001, n. 134.

(9) Comma così sostituito dall'art. 30, comma 1, L. 21 novembre 2000, n. 342. La disposizione di cui al terzo periodo del comma in esame, concernente gli oneri deducibili, si applica a partire dai contributi versati nel periodo d’imposta 2000 (art. 30, comma 2, L. 21 novembre 2000, n. 342).

(10) Periodo così sostituito dall'art. 1, comma 6, D.L. 1° ottobre 1991, n. 307, con effetto dal periodo d’imposta in corso al 3 ottobre 1991.

(11) Comma aggiunto dall’art. 6, comma 1, lett. a), L. 23 dicembre 1999, n. 488. Il primo periodo del presente comma è stato così modificato dall'art. 2, comma 1, lett. a), L. 23 dicembre 2000, n. 388, a decorrere dal periodo d'imposta 2000.

L'ultimo periodo del presente comma è stato così sostituito dall'art. 2, comma 1, lett. b), L. 23 dicembre 2000, n. 388, a decorrere dal periodo d'imposta 2001.

 

Art. 11

Determinazione dell'imposta

 

1. L'imposta lorda è determinata applicando al reddito complessivo, al netto degli oneri deducibili indicati nell'art. 10, le seguenti aliquote per scaglioni di reddito (1):

a) fino a lire 20.000.000: 18% (3);

b) oltre lire 20.000.000 fino a lire 30.000.000:

24%, per l'anno 2001,

23%, per l'anno 2002,

e 22%, a decorrere dall'anno 2003 (3);

c) oltre lire 30.000.000 fino a lire 60.000.000: 32% a decorrere dall'anno 2001(3);

d) oltre lire 60.000.000 fino a lire 135.000.000:

39%, per l'anno 2001,

38,5%, per l'anno 2002,

e 38%, a decorrere dall'anno 2003 (3);

e) oltre lire 135.000.000:

45%, per l'anno 2001,

44,5%, per l'anno 2002,

e 44%, a decorrere dall'anno 2003 (3).

2. L'imposta netta è determinata operando sull'imposta lorda, fino alla concorrenza del suo ammontare, le detrazioni previste negli articoli 12, 13 e 13-bis (4).

3. Dall'imposta netta si detrae l'ammontare dei crediti di imposta spettanti al contribuente a norma degli articoli 14 e 15. Salvo quanto disposto nel comma 3-bis, se l'ammontare dei crediti di imposta è superiore a quello dell'imposta netta il contribuente ha diritto, a sua scelta, di computare l'eccedenza in diminuzione dell'imposta relativa al periodo di imposta successivo o di chiederne il rimborso in sede di dichiarazione dei redditi (5).

3-bis. Il credito di imposta spettante a norma dell'articolo 14, per la parte che trova copertura nell'ammontare delle imposte di cui alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 105, è riconosciuto come credito limitato ed è escluso dall'applicazione dell'ultimo periodo del comma 3. Il credito limitato si considera utilizzato prima degli altri crediti di imposta ed è portato in detrazione fino a concorrenza della quota dell'imposta netta relativa agli utili per i quali è attribuito, determinata in base al rapporto tra l'ammontare di detti utili comprensivo del credito limitato e l'ammontare del reddito complessivo comprensivo del credito stesso e al netto delle perdite di precedenti periodi di imposta ammesse in diminuzione (6).

3-ter. Relativamente al credito di imposta limitato di cui al comma 3-bis, il contribuente ha facoltà di avvalersi delle disposizioni dei commi 4 e 5 dell'articolo 14 (7).

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(1) Comma così sostituito dal dall'art. 46, comma 1, D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, con effetto dal 1° gennaio 1998. L’aliquota di cui alla lett. b) del presente comma, relativa al secondo scaglione, fissata in precedenza al 26, 5% è stata così sostituita dall’art. 6, comma 1, lett. b), L. 23 dicembre 1999, n. 488, con effetto dal 1° gennaio 2000 (art. 6, comma 4, legge citata).

Ai sensi dell’art. 3, comma 2, D.Lgs. 18 febbraio 2000, n. 56, a decorrere dal 2001, le aliquote dell'IRPEF previste dal presente comma 1, sono ridotte di 0,4 punti percentuali.

(2) Importo così modificato dall'art. 1, comma 1, D.L. 30 settembre 2000, n. 268, conv. L. 23 novembre 2000, n. 354, con effetto dal periodo d'imposta 2000. In precedenza era di L. 15.000.0000.

(3) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 1, lett. c), L. 23 dicembre 2000, n. 388, a decorrere dal periodo d'imposta 2001.

(4) Comma così modificato dall'art. 3, comma 1, lett. a), D.L. 31 maggio 1994, n. 330, conv. L. 27 luglio 1994, n. 473, con effetto dal periodo di imposta in corso all'8 dicembre 1993.

(5) Comma così modificato dall'art. 2, comma 1, n. 1) del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 467.

(6) Comma aggiunto dall'art. 2, comma 1, n. 2) del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 467, con decorrenza dal 1° gennaio 1998 e successivamente così modificato dall’art. 11, D.Lgs. 23 dicembre 1999, n. 505 con applicazione a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data del 31 dicembre 1999.

(7) Comma aggiunto dall'art. 2, comma 1, n. 2) del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 467 con decorrenza dal secondo periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 1996 (art. 3 comma 1).

 

Art. 12 (1)

Detrazioni per carichi di famiglia

 

1. Dall'imposta lorda si detraggono per carichi di famiglia:

a) detrazione per il coniuge a carico:

lire 1.057.552, se il reddito complessivo non supera lire 30.000.000;

lire 961.552, se il reddito complessivo è superiore a lire 30.000.000, ma non a lire 60.000.000;

lire 889.552, se il reddito complessivo è superiore a lire 60.000.000, ma non a lire 100.000.000;

lire 817.552, se il reddito complessivo è superiore a lire 100.000.000;

b) per ciascun figlio, compresi i figli naturali riconosciuti, i figli adottivi e gli affidati o affiliati, nonché per ogni altra persona indicata nell'articolo 433 del codice civile che conviva con il contribuente o percepisca assegni alimentari non risultanti da provvedimenti dell'autorità giudiziaria, complessivamente lire 408.000 per l’anno, 2000, lire 516.000 per l'anno 2001 e lire 552.000 a decorrere dal 1° gennaio 2002 da ripartire tra coloro che hanno diritto alla detrazione in proporzione all'effettivo onere sostenuto da ciascuno; il suddetto importo è aumentato di lire 240.000 per ciascun figlio di età inferiore a tre anni. L’importo di lire 516.000 per l’anno 2001 e di lire 552.000 a decorrere dal 1º gennaio 2002 è aumentato, rispettivamente, a lire 552.000 per l’anno 2001 e a lire 588.000 a decorrere dal 1º gennaio 2002, a condizione che il reddito complessivo non superi lire 100.000.000. I predetti importi sono aumentati a lire 616.000 per l’anno 2001 e a lire 652.000 a decorrere dal 1º gennaio 2002, quando la detrazione sia relativa ai figli successivi al primo, sempre che il reddito complessivo non superi lire 100.000.000 (2).

2. Se l'altro genitore manca o non ha riconosciuto i figli naturali e il contribuente non è coniugato o se coniugato, si è successivamente ed effettivamente separato, ovvero se vi sono figli adottivi, affidati o affiliati del solo contribuente e questi non è coniugato o se coniugato, si è successivamente ed effettivamente separato, la detrazione prevista dalla lettera a) del comma 1 si applica per il primo figlio e per gli altri figli si applica la detrazione prevista dalla lettera b).

3. Le detrazioni per carichi di famiglia spettano a condizione che le persone alle quali si riferiscono possiedano un reddito complessivo, computando anche le retribuzioni corrisposte da enti e organismi internazionali, rappresentanze diplomatiche e consolari e missioni, nonché quelle corrisposte dalla Santa Sede, dagli enti gestiti direttamente da essa e dagli enti centrali della Chiesa cattolica, non superiore a lire 5.500.000, al lordo degli oneri deducibili.

4. Le detrazioni per carichi di famiglia sono rapportate a mese e competono dal mese in cui si sono verificate a quello in cui sono cessate le condizioni richieste.

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(1) Articolo così sostituito dall’art. 47, comma 1, del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, con effetto dai periodi di imposta che hanno inizio dopo il 31 dicembre 1997.

(2) Lettera così modificata dall’art. 6, comma 1, lett. c), L. 23 dicembre 1999, n. 488. Gli ultimi due periodi sono stati aggiunti dall'art. 2, comma 1, lett. d), L. 23 dicembre 2000, n. 388, a decorrere dal periodo d'imposta 2001.

 

Art. 13 (1)

Altre detrazioni

 

1. Se alla formazione del reddito complessivo concorrono uno o più redditi di lavoro dipendente spetta una detrazione dall’imposta lorda, rapportata al periodo di lavoro o di pensione nell’anno, anche a fronte delle spese inerenti alla produzione del reddito, secondo i seguenti importi:

a) lire 2.220.000 se l’ammontare complessivo dei redditi di lavoro dipendente non supera lire 12.000.000;

b) lire 2.100.000 se l’ammontare complessivo dei redditi di lavoro dipendente è superiore a lire 12.000.000 ma non a lire 12.300.000;

c) lire 2.000.000 se l’ammontare complessivo dei redditi di lavoro dipendente è superiore a lire 12.300.000 ma non a lire 12.600.000;

d) lire 1.900.000 se l’ammontare complessivo dei redditi di lavoro dipendente è superiore a lire 12.600.000 ma non a lire 15.000.000;

e) lire 1.750.000 se l’ammontare complessivo dei redditi di lavoro dipendente è superiore a lire 15.000.000 ma non a lire 15.300.000;

f) lire 1.600.000 se l’ammontare complessivo dei redditi di lavoro dipendente è superiore a lire 15.300.000 ma non a lire 15.600.000;

g) lire 1.450.000 se l’ammontare complessivo dei redditi di lavoro dipendente è superiore a lire 15.600.000 ma non a lire 15.900.000;

h) lire 1.330.000 se l’ammontare complessivo dei redditi di lavoro dipendente è superiore a lire 15.900.000 ma non a lire 16.000.000;

i) lire 1.260.000 se l’ammontare complessivo dei redditi di lavoro dipendente è superiore a lire 16.000.000 ma non a lire 17.000.000;

l) lire 1.190.000 se l’ammontare complessivo dei redditi di lavoro dipendente è superiore a lire 17.000.000 ma non a lire 18.000.000;

m) lire 1.120.000 se l’ammontare complessivo dei redditi di lavoro dipendente è superiore a lire 18.000.000 ma non a lire 19.000.000;

n) lire 1.050.000 se l’ammontare complessivo dei redditi di lavoro dipendente è superiore a lire 19.000.000 ma non a lire 30.000.000;

o) lire 950.000 se l’ammontare complessivo dei redditi di lavoro dipendente è superiore a lire 30.000.000 ma non a lire 40.000.000;

p) lire 850.000 se l’ammontare complessivo dei redditi di lavoro dipendente è superiore a lire 40.000.000 ma non a lire 50.000.000;

q) lire 750.000 se l’ammontare complessivo dei redditi di lavoro dipendente è superiore a lire 50.000.000 ma non a lire 60.000.000;

r) lire 650.000 se l’ammontare complessivo dei redditi di lavoro dipendente è superiore a lire 60.000.000 ma non a lire 60.300.000;

s) lire 550.000 se l’ammontare complessivo dei redditi di lavoro dipendente è superiore a lire 60.300.000 ma non a lire 70.000.000;

t) lire 450.000 se l’ammontare complessivo dei redditi di lavoro dipendente è superiore a lire 70.000.000 ma non a lire 80.000.000;

u) lire 350.000 se l’ammontare complessivo dei redditi di lavoro dipendente è superiore a lire 80.000.000 ma non a lire 90.000.000;

v) lire 250.000 se l’ammontare complessivo dei redditi di lavoro dipendente è superiore a lire 90.000.000 ma non a lire 90.400.000;

z) lire 150.000 se l’ammontare complessivo dei redditi di lavoro dipendente è superiore a lire 90.400.000 ma non a lire 100.000.000;

aa) lire 100.000 se l’ammontare complessivo dei redditi di lavoro dipendente è superiore a lire 100.000.000 (2).

2. Se alla formazione del reddito complessivo concorrono soltanto redditi di pensione, redditi di terreni per un importo non superiore a lire 360.000 e quello dell'unità immobiliare adibita ad abitazione principale e delle relative pertinenze, spetta una ulteriore detrazione, rapportata al periodo di pensione nell'anno, così determinata (3):

a) lire 190.000, per i soggetti di età inferiore a 75 anni, se l'ammontare complessivo dei redditi di pensione non supera lire 9.400.000;

b) lire 120.000, per i soggetti di età inferiore a 75 anni, se l'ammontare complessivo dei redditi di pensione supera lire 9.400.000 ma non lire 18.000.000;

c) lire 430.000, per i soggetti di età non inferiore a 75 anni, se l'ammontare complessivo dei redditi di pensione non supera lire 9.400.000;

d) lire 360.000, per i soggetti di età non inferiore a 75 anni, se l'ammontare, complessivo dei redditi di pensione supera lire 9.400.000 ma non lire 18.000.000;

e) lire 180.000, per i soggetti di età non inferiore a 75 anni, se l'ammontare complessivo dei redditi di pensione supera lire 18.000.000 ma non lire 18.500.000;

f) lire 90.000 per i soggetti di età non inferiore a 75 anni, se l'ammontare complessivo dei redditi di pensione supera lire 18.500.000 ma non lire 19.000.000 (4).

2-bis. La detrazione di cui alle lettere c), d), e) ed f) del comma 2 compete a decorrere dal periodo d'imposta nel quale è compiuto il settantacinquesimo, anno di età (4).

2-ter. Se alla formazione del reddito complessivo concorrono soltanto il reddito, non superiore alla deduzione prevista dall'articolo 10, comma 3-bis, dell'unità immobiliare adibita ad abitazione principale e delle relative pertinenze, il reddito derivante da rapporti di lavoro dipendente con contratti a tempo indeterminato di durata inferiore all'anno, spetta una detrazione secondo i seguenti importi:

a) lire 300.000, se l'ammontare del reddito complessivo non supera lire 9.100.000;

b) lire 200.000, se l'ammontare del reddito complessivo supera lire 9.100.000 ma non lire 9.300.000;

c) lire 100.000, se l'ammontare del reddito complessivo supera lire 9.300.000 ma non lire 9.600.000 (5).

2-quater. Se alla formazione del reddito complessivo concorrono soltanto il reddito, non superiore alla deduzione prevista dall’articolo 10, comma 3-bis, dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e delle relative pertinenze, il reddito derivante dai rapporti di lavoro dipendente con contratto a tempo determinato di durata inferiore all’anno e il reddito derivante dagli assegni periodici percepiti in conseguenza di separazione legale ed effettiva, di scioglimento o annullamento del matrimonio o di cessazione dei suoi effetti civili, spetta una detrazione secondo i seguenti importi:

a) lire 400.000, se l’ammontare del reddito complessivo non supera lire 9.100.000;

b) lire 300.000, se l’ammontare del reddito complessivo supera lire 9.100.000 ma non lire 10.000.000;

c) lire 200.000 se l’ammontare del reddito complessivo supera lire 10.000.000 ma non lire 11.000.000;

d) lire 100.000 se l’ammontare del reddito complessivo supera lire 11.000.000 ma non lire 12.000.000 (6).

3. Se alla formazione del reddito complessivo concorrono uno o più redditi di lavoro autonomo di cui al comma 1 dell’articolo 49 o d’impresa di cui all’articolo 79, spetta una detrazione dall’imposta lorda, non cumulabile con quella prevista dal comma 1, pari a:

a) lire 1.110.000 se l’ammontare complessivo dei redditi di lavoro autonomo e di impresa non supera lire 9.100.000;

b) lire 1.000.000 se l’ammontare complessivo dei redditi di lavoro autonomo e di impresa è superiore a lire 9.100.000 ma non a lire 9.300.000;

c) lire 900.000 se l’ammontare complessivo dei redditi di lavoro autonomo e di impresa è superiore a lire 9.300.000 ma non a lire 9.600.000;

d) lire 800.000 se l’ammontare complessivo dei redditi di lavoro autonomo e di impresa è superiore a lire 9.600.000 ma non a lire 9.900.000;

e) lire 700.000 se l’ammontare complessivo dei redditi di lavoro autonomo e di impresa è superiore a lire 9.900.000 ma non a lire 15.000.000;

f) lire 600.000 se l’ammontare complessivo dei redditi di lavoro autonomo e di impresa è superiore a lire 15.000.000 ma non a lire 15.300.000;

g) lire 480.000 se l’ammontare complessivo dei redditi di lavoro autonomo e di impresa è superiore a lire 15.300.000 ma non a lire 16.000.000;

h) lire 410.000 se l’ammontare complessivo dei redditi di lavoro autonomo e di impresa è superiore a lire 16.000.000 ma non a lire 17.000.000;

i) lire 340.000 se l’ammontare complessivo dei redditi di lavoro autonomo e di impresa è superiore a lire 17.000.000 ma non a lire 18.000.000;

l) lire 270.000 se l’ammontare complessivo dei redditi di lavoro autonomo e di impresa è superiore a lire 18.000.000 ma non a lire 19.000.000;

m) lire 200.000 se l’ammontare complessivo dei redditi di lavoro autonomo e di impresa è superiore a lire 19.000.000 ma non a lire 30.000.000;

n) lire 100.000 se l’ammontare complessivo dei redditi di lavoro autonomo e di impresa è superiore a lire 30.000.000 ma non a lire 60.000.000 (7).

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(1) Articolo sostituito dall’art. 48, comma 1, D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, con decorrenza dai periodi di imposta che hanno inizio dopo il 31 dicembre 1997.

(2) Comma così sostituito dall'art. 2, comma 1, lett. e), L. 23 dicembre 2000, n. 388, a decorrere dal periodo d'imposta 2001.

(3) Alinea così modificata dall'art. 2, comma 1, lett. e), L. 23 dicembre 2000, n. 388, a decorrere dal periodo d'imposta 2000.

(4) I presenti commi 2 e 2-bis così sostituiscono l’originario comma 2, ai sensi dell’art. 6, comma 1, lett. d), n. 2), L. 23 gennaio 1999, n. 488, con applicazione a decorrere dal periodo d’imposta 2000 (art. 6, comma 4).

(5) Comma aggiunto dall’art. 6, comma 1, lett. d), n. 3), L. 23 dicembre 1999, n. 488 e successivamente modificato:

- dall'art. 34, comma 1, lett. c), L. 21 novembre 2000, n. 342, con effetto dal 1° gennaio 2001;

- dall'art. 2, comma 1, lett. e), L. 23 dicembre 2000, n. 388, a decorrere dal periodo d'imposta 2001.

(6) Comma aggiunto dall'art. 2, comma 1, lett. e), L. 23 dicembre 2000, n. 388, a decorrere dal periodo d'imposta 2001.

(7) Comma così sostituito dall'art. 2, comma 1, lett. e), L. 23 dicembre 2000, n. 388, a decorrere dal periodo d'imposta 2001.

 

Art. 13-bis (1)

Detrazioni per oneri

 

1. Dall'imposta lorda si detrae un importo pari al 19 per cento (2) dei seguenti oneri sostenuti dal contribuente, se non deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formare il reddito complessivo:

a) gli interessi passivi e relativi oneri accessori, nonché le quote di rivalutazione dipendenti da clausole di indicizzazione, pagati a soggetti residenti nel territorio dello Stato o di uno Stato membro della Comunità europea ovvero a stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti in dipendenza di prestiti o mutui agrari di ogni specie, nei limiti dei redditi dei terreni dichiarati;

b) gli interessi passivi, e relativi oneri accessori, nonché le quote di rivalutazione dipendenti da clausole di indicizzazione pagati a soggetti residenti nel territorio dello Stato o di uno Stato membro della Comunità europea ovvero a stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti in dipendenza di mutui garantiti da ipoteca su immobili contratti per l'acquisto dell'unità immobiliare da adibire ad abitazione principale entro un anno dall'acquisto stesso, per un importo non superiore a 7 milioni di lire. L'acquisto della unità immobiliare deve essere effettuato nell'anno precedente o successivo alla data della stipulazione del contratto di mutuo. Non si tiene conto del suddetto periodo nel caso in cui l'originario contratto è estinto e ne viene stipulato uno nuovo di importo non superiore alla residua quota di capitale da rimborsare, maggiorata delle spese e degli oneri correlati. In caso di acquisto di unità immobiliare locata, la detrazione spetta a condizione che entro tre mesi dall’acquisto sia stato notificato al locatario l’atto di intimazione di licenza o di sfratto per finita locazione e che entro un anno dal rilascio l’unità immobiliare sia adibita ad abitazione principale. Per abitazione principale si intende quella nella quale il contribuente o i suoi familiari dimorano abitualmente. La detrazione spetta non oltre il periodo d'imposta nel corso del quale è variata la dimora abituale; non si tiene conto delle variazioni dipendenti dai trasferimenti per motivi di lavoro. Non si tiene conto, altresì, delle variazioni dipendenti da ricoveri permanenti in istituti di ricovero o sanitari, a condizione che l’unità immobiliare non risulti locata. Nel caso l’immobile acquistato sia oggetto di lavori di ristrutturazione edilizia, comprovata dalla relativa concessione edilizia o atto equivalente, la detrazione spetta a decorrere dalla data in cui l’unità immobiliare è adibita a dimora abituale, e comunque entro due anni dall’acquisto. In caso di contitolarità del contratto di mutuo o di più contratti di mutuo il limite di 7 milioni di lire è riferito all'ammontare complessivo degli interessi, oneri accessori e quote di rivalutazione sostenuti. La detrazione spetta, nello stesso limite complessivo e alle stesse condizioni, anche con riferimento alle somme corrisposte dagli assegnatari di alloggi di cooperative e dagli acquirenti di unità immobiliari di nuova costruzione, alla cooperativa o all'impresa costruttrice a titolo di rimborso degli interessi passivi, oneri accessori e quote di rivalutazione relativi ai mutui ipotecari contratti dalla stessa e ancora indivisi. Se il mutuo è intestato ad entrambi i coniugi, ciascuno di essi può fruire della detrazione unicamente per la propria quota di interessi; in caso di coniuge fiscalmente a carico dell’altro la detrazione spetta a quest’ultimo per entrambe le quote (3);

c) le spese sanitarie, per la parte che eccedere lire 250 mila (4). Dette spese sono costituite esclusivamente dalle spese mediche e di assistenza specifica diverse da quelle indicate nell'articolo 10, comma 1, lettera b), e dalle spese chirurgiche, per prestazioni specialistiche e per protesi dentarie e sanitarie in genere (4). Le spese riguardanti i mezzi necessari all'accompagnamento, alla deambulazione, alla locomozione e al sollevamento, per sussidi tecnici e informatici rivolti a facilitare l'autosufficienza e le possibilità di integrazione dei soggetti di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, si assumono integralmente (5). Tra i mezzi necessari per la locomozione dei soggetti indicati nel precedente periodo, con ridotte o impedite capacità motorie permanenti, si comprendono i motoveicoli e gli autoveicoli di cui, rispettivamente, agli articoli 53, comma 1, lettere b), c) ed f), e 54, comma 1, lettere a), c), f) ed m), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, anche se prodotti in serie e adattati in funzione delle suddette limitazioni permanenti delle capacità motorie (6). Tra i veicoli adattati alla guida sono compresi anche quelli dotati di solo cambio automatico, purché prescritto dalla commissione medica locale di cui all'articolo 119 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (6). Tra i mezzi necessari per la locomozione dei non vedenti sono compresi i cani guida e gli autoveicoli rispondenti alle caratteristiche da stabilire con decreto del Ministro delle finanze (7). Tra i mezzi necessari per la locomozione dei sordomuti sono compresi gli autoveicoli rispondenti alle caratteristiche da stabilire con decreto del Ministro delle finanze (7). La detrazione spetta una sola volta in un periodo di quattro anni, salvo i casi in cui dal Pubblico registro automobilistico, risulti che il suddetto veicolo sia stato cancellato da detto registro, e con riferimento ad un solo veicolo, nei limiti della spesa di lire trentacinque milioni o, nei casi in cui risultasse che detto veicolo sia stato rubato e non ritrovato, nei limiti della spesa massima di lire trentacinque milioni da cui va detratto l'eventuale rimborso assicurativo (6). È consentito, alternativamente, di ripartire la predetta detrazione in quattro quote annuali costanti e di pari importo (6). La medesima ripartizione della detrazione in quattro quote annuali di pari importo è consentita, con riferimento alle altre spese di cui alla presente lettera, nel caso in cui queste ultime eccedano, complessivamente, il limite di lire 30 milioni annue (8). Si considerano rimaste a carico del contribuente anche le spese rimborsate per effetto di contributi o premi di assicurazione da lui versati e per i quali non spetta la detrazione d'imposta o che non sono deducibili dal suo reddito complessivo né dai redditi che concorrono a formarlo. Si considerano, altresì, rimaste a carico del contribuente le spese rimborsate per effetto di contributi o premi che, pur essendo versati da altri, concorrono a formare il suo reddito, salvo che il datore di lavoro ne abbia riconosciuto la detrazione in sede di ritenuta;

c-bis) le spese veterinarie, fino all’importo di lire 750.000, limitatamente alla parte che eccede lire 250.000. Con decreto del Ministero delle finanze sono individuate le tipologie di animali per le quali spetta la detraibilità delle predette spese (9);

d) le spese funebri sostenute in dipendenza della morte di persone indicate nell'articolo 433 del codice civile e di affidati o affiliati, per importo non superiore a 3 milione (10) di lire per ciascuna di esse;

e) le spese per frequenza di corsi di istruzione secondaria e universitaria, in misura non superiore a quella stabilita per le tasse e i contributi degli istituti statali;

f) i premi per assicurazioni aventi per oggetto il rischio di morte o di invalidità permanente non inferiore al 5 per cento da qualsiasi causa derivante, ovvero di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana, se l'impresa di assicurazione non ha facoltà di recesso dal contratto, per un importo complessivamente non superiore a lire 2 milioni e 500 mila. Con decreto del Ministero delle finanze, sentito l'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private (ISVAP), sono stabilite le caratteristiche alle quali devono rispondere i contratti che assicurano il rischio di non autosufficienza. Per i percettori di redditi di lavoro dipendente e assimilato, si tiene conto, ai fini del predetto limite, anche dei premi di assicurazione in relazione ai quali il datore di lavoro ha effettuato la detrazione in sede di ritenuta (11);

g) le spese sostenute dai soggetti obbligati alla manutenzione, protezione o restauro delle cose vincolate ai sensi della legge 1° giugno 1939, n. 1089, e del decreto del Presidente della Repubblica 30 settembre 1963, n. 1409, nella misura effettivamente rimasta a carico. La necessità delle spese, quando non siano obbligatorie per legge, deve risultare da apposita certificazione rilasciata dalla competente soprintendenza del Ministero per i beni culturali e ambientali, previo accertamento della loro congruità effettuato d'intesa con il competente ufficio del territorio del Ministero delle finanze. La detrazione non spetta in caso di mutamento di destinazione dei beni senza la preventiva autorizzazione dell'Amministrazione per i beni culturali e ambientali, di mancato assolvimento degli obblighi di legge per consentire l'esercizio del diritto di prelazione dello Stato sui beni immobili e mobili vincolati e di tentata esportazione non autorizzata di questi ultimi. L'Amministrazione per i beni culturali ed ambientali dà immediata comunicazione al competente ufficio delle entrate del Ministero delle finanze delle violazioni che comportano la perdita del diritto alla detrazione; dalla data di ricevimento della comunicazione inizia a decorrere il termine per la rettifica della dichiarazione dei redditi;

h) le erogazioni liberali in denaro a favore dello Stato, delle regioni, degli enti locali territoriali, di enti o istituzioni pubbliche, di comitati organizzatori appositamente istituiti con decreto del Ministro per i beni culturali e ambientali, di fondazioni e associazioni legalmente riconosciute senza scopo di lucro, che svolgono o promuovono attività di studio, di ricerca e di documentazione di rilevante valore culturale e artistico o che organizzano e realizzano attività culturali, effettuate in base ad apposita convenzione, per l'acquisto, la manutenzione, la protezione o il restauro delle cose indicate nell'articolo 1 della legge 1° giugno 1939, n. 1089, e nel decreto del Presidente della Repubblica 30 settembre 1963, n. 1409, ivi comprese le erogazioni effettuate per l'organizzazione in Italia e all'estero di mostre e di esposizioni di rilevante interesse scientifico-culturale delle cose anzidette, e per gli studi e le ricerche eventualmente a tal fine necessari, nonché per ogni altra manifestazione di rilevante interesse scientifico-culturale anche ai fini didattico-promozionali, ivi compresi gli studi, le ricerche, la documentazione e la catalogazione, e le pubblicazioni relative ai beni culturali. Le iniziative culturali devono essere autorizzate, previo parere del competente comitato di settore del Consiglio nazionale per i beni culturali e ambientali, dal Ministero per i beni culturali e ambientali, che deve approvare la previsione di spesa ed il conto consuntivo. Il Ministero per i beni culturali e ambientali stabilisce i tempi necessari affinché le erogazioni liberali fatte a favore delle associazioni legalmente riconosciute, delle istituzioni e delle fondazioni siano utilizzate per gli scopi indicati nella presente lettera e controlla l'impiego delle erogazioni stesse. Detti termini possono, per causa non imputabile al donatario, essere prorogati una sola volta. Le erogazioni liberali non integralmente utilizzate nei termini assegnati affluiscono all'entrata del bilancio dello Stato, o delle regioni e degli enti locali territoriali, nel caso di attività o manifestazioni in cui essi siano direttamente coinvolti, e sono destinate ad un fondo da utilizzare per le attività culturali previste per l'anno successivo. Il Ministero per i beni culturali e ambientali comunica, entro il 31 marzo di ciascun anno, al centro informativo del Dipartimento delle entrate del Ministero delle finanze l'elenco nominativo dei soggetti erogatori, nonché l'ammontare delle erogazioni effettuate entro il 31 dicembre dell'anno precedente (12);

h-bis) Il costo specifico o, in mancanza, il valore normale dei beni ceduti gratuitamente, in base ad apposita convenzione, ai soggetti e per le attività di cui alla lettera h) (13);

i) le erogazioni liberali in denaro, per importo non superiore al 2 per cento del reddito complessivo dichiarato, a favore di enti o istituzioni pubbliche, fondazioni e associazioni legalmente riconosciute che senza scopo di lucro svolgono esclusivamente attività nello spettacolo, effettuate per la realizzazione di nuove strutture, per il restauro ed il potenziamento delle strutture esistenti, nonché per la produzione nei vari settori dello spettacolo. Le erogazioni non utilizzate per tali finalità dal percipiente entro il termine di due anni dalla data del ricevimento affluiscono, nella loro totalità, all'entrata dello Stato;

i-bis) le erogazioni liberali in denaro, per un importo non superiore a quattro milioni di lire, a favore delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), nonché i contributi associativi, per importo non superiore a 2 milioni e 500 mila lire, versati dai soci alle società di mutuo soccorso che operano esclusivamente nei settori di cui all'articolo 1 della legge 15 aprile 1886, n. 3818, al fine di assicurare ai soci un sussidio nei casi di malattia, di impotenza al lavoro o di vecchiaia, ovvero, in caso di decesso, un aiuto alle loro famiglie. La detrazione è consentita a condizione che il versamento di tali erogazioni e contributi sia eseguito tramite banca o ufficio postale ovvero mediante gli altri sistemi di pagamento previsti dall'articolo 23 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e secondo ulteriori modalità idonee a consentire all'Amministrazione finanziaria lo svolgimento di efficaci controlli, che possono essere stabilite con decreto del Ministro delle finanze da emanarsi ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (14);

i-ter) le erogazioni liberali in denaro, per un importo complessivo in ciascun periodo di imposta non superiore a due milioni di lire, in favore delle società sportive dilettantistiche, a condizione che il versamento di tali erogazioni sia eseguito tramite banca o ufficio postale, ovvero secondo altre modalità stabilite con decreto del Ministro delle finanze da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (15);

i-quater) le erogazioni liberali in denaro, per importo non superiore a 4 milioni di lire, a favore delle associazioni di promozione sociale iscritte nei registri previsti dalle vigenti disposizioni di legge. Si applica l'ultimo periodo della lettera i-bis) (16).

1-bis. Dall'imposta lorda si detrae un importo pari al 19 (2) per cento per le erogazioni liberali in denaro in favore dei partiti e movimenti politici per importi compresi tra 100.000 e 200 milioni di lire effettuate mediante versamento bancario o postale (17).

1-ter. Ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, si detrae dall'imposta lorda, e fino alla concorrenza del suo ammontare, un importo pari al 19 per cento dell'ammontare complessivo non superiore a 5 milioni di lire degli interessi passivi e relativi oneri accessori, nonché delle quote di rivalutazione dipendenti da clausole di indicizzazione pagati a soggetti residenti nel territorio dello Stato o di uno Stato membro delle Comunità europee, ovvero a stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti, in dipendenza di mutui contratti, a partire dal 1° gennaio 1998 e da ipoteca, per la costruzione dell'unità immobiliare da adibire ad abitazione principale. Con decreto del Ministero delle finanze sono stabilite le modalità e le condizioni alle quali è subordinata la detrazione di cui al presente comma (18).

1-quater. Dall'imposta lorda si detrae, nella misura forfetaria di lire un milione, la spesa sostenuta dai non vedenti per il mantenimento dei cani guida (19).

2. Per gli oneri indicati alle lettere c), e) e f) del comma 1 la detrazione spetta anche se sono stati sostenuti nell'interesse delle persone indicate nell'articolo 12 che si trovino nelle condizioni ivi previste, fermo restando, per gli oneri di cui alla lettera f), il limite complessivo ivi stabilito. Per gli oneri di cui alla lettera c) del medesimo comma 1 sostenuti nell’interesse delle persone indicate nell’articolo 12 che non si trovino nelle condizioni previste dal comma 3 del medesimo articolo, affette da patologie che danno diritto all’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria, la detrazione spetta per la parte che non trova capienza nell’imposta da esse dovuta, relativamente alle sole spese sanitarie riguardanti tali patologie, ed entro il limite annuo di lire 12.000.000 (20).

3. Per gli oneri di cui alle lettere a), g), h), h-bis, i), i-bis) e 1-quater) del comma 1 sostenuti dalle società semplici di cui all'articolo 5 la detrazione spetta ai singoli soci nella stessa proporzione prevista nel menzionato articolo 5 ai fini della imputazione del reddito (21).

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(1) Articolo aggiunto dall'art. 3, comma 1, lett. e), D.L. 31 maggio 1994, n. 330, conv. L. n. 27 luglio 1994, n. 473, con effetto a partire dal periodo di imposta in corso all’8 dicembre 1993.

(2) Aliquota ridotta dal 22% al 19% con l'art. 49, comma 1, D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, con effetto dal periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 1998. In precedenza l'aliquota era stata ridotta dal 27% al 22% con l'art. 18, comma 1, D.L. 23 febbraio 1995, n. 41, con., con modificazioni, in L. 22 marzo 1995, n. 85, con effetto dal periodo d'imposta in corso al 24 febbraio 1995.

(3) Lettera così modificata prima dall’art. 7, comma 3, L. 23 dicembre 1998, n. 448 e successivamente dall'art. 2, comma 1, lett. f), L. 23 dicembre 2000, n. 388, a decorrere dal periodo d'imposta 2001.

(4) Periodo così sostituto dall'art. 3, comma 2, lett. b) della L. 23 dicembre 1996, n. 662, con effetto dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 1996. Le parola "e di assistenza specifica" sono state aggiunte dall'art. 31, comma 1, L. 21 novembre 2000, n. 342, a decorrere dagli oneri sostenuti a partire dal periodo di imposta 2000.

(5) Periodo così sostituto dall'art. 3, comma 2, lett. b) della L. 23 dicembre 1996, n. 662, con effetto dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 1996 e successivamente modificato dall'art. 1, comma 1, lett. a), D.L. 31 dicembre 1996, n. 669, conv., con modificazioni, in L. 28 febbraio 1997, n. 30, con effetto dalle spese sostenute dal 1° gennaio 1997 (art. 1, comma 2, D.L. n. 669, citato). L'art. 8, comma 1, L. 27 dicembre 1997, n. 449, ha nuovamente sostituito il periodo in esame, con effetto dal 1° gennaio 1998.

(6) Periodo così sostituito  dall'art. 8, comma 1, L. 27 dicembre 1997, n. 449 e successivamente così modificato dall'art. 81, comma 3, L. 23 dicembre 2000, n. 388, con effetto dal 1° gennaio 2001.

(7) Periodo aggiunto dall’art. 6, comma 1, lett. e), L. 23 dicembre 1999, n. 488, a decorrere dal periodo d’imposta 2000.

(8) Periodo aggiunto dall'art. 2, comma 1, lett. g), L. 23 dicembre 2000, n. 388, a decorrere dal periodo d'imposta 2001.

(9) Lettera aggiunta dall'art. 32, comma 1, L. 21 novembre 2000, n. 342, a decorrere dal periodo d’imposta 2000.

(10) Importo così elevato dall'art. 6, comma 1, lett. f),  L. 23 dicembre 1999, n. 488, con effetto dal periodo d'imposta 1999. In precedenza l'importo era di 1 milione di lire.

(11) Lettera così sostituita dall’art. 13, comma 1, lett. b), num. 1), D.Lgs. 18 febbraio 2000, n. 47, con effetto per i contratti stipulati a decorrere dal 1°  gennaio 2001; successivamente così modificata dall'art. 10, comma 1, D.Lgs. 12 aprile 2001, n. 168, con decorrenza dal 1° gennaio 2001 (Art. 13, comma 2, D.Lgs. n. 168/2001).

(12) Lettera così sostituita dall'art. 2, comma 10, lett. a) della L. 8 ottobre 1997, n. 352, con effetto dal periodo di imposta successivo a quello in corso alla data del 1° novembre 1997.

(13) Lettera aggiunta dall’art. 2, comma 10, lett. b), della L. 8 ottobre 1997, n. 352, con effetto dal periodo di imposta successivo a quello in corso alla data del 1° novembre 1997.

(14) Lettera aggiunta dall'art. 13, comma 1, lett. a), L. 4 dicembre 1997, n. 460, a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data del 31 dicembre 1997.

(15) Lettera aggiunta dall'art. 25, comma 5, L. 13 maggio 1999, n. 133 e successivamente sostituita dall'art. 37, comma 1, lett. a), L. 21 novembre 2000, n. 342, a decorrere dal 1º gennaio 2000. Restano salvi tutti gli atti adottati anteriormente alla predetta data e non si fa luogo a recuperi, a rimborsi d’imposta o applicazione di sanzioni nei confronti dei soggetti che anteriormente a tale data hanno assunto comportamenti, ovvero hanno corrisposto o percepito le indennità, i rimborsi o i compensi, conformemente alle disposizioni di cui all’articolo 25 della L. 13 maggio 1999, n. 133, recante disposizioni tributarie in materia di associazioni sportive dilettantistiche, e a quelle del decreto del Ministro delle finanze 26 novembre 1999, n. 473.

(16) Lettera aggiunta dall'art. 22, comma 1, lett. a), L. 7 dicembre 2000, n. 383.

(17) Comma aggiunto dall'art. 5, comma 1, L. 2 gennaio 1997, n. 2, con effetto dalle erogazioni liberali effettuate a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data del 23 gennaio 1997. Ai sensi dell’art. 4, comma 1, L. 3 giugno 1999, n. 157, gli importi di lire 100.000 e 200 milioni hanno sostituito, rispettivamente, quelli di lire 500.000 e 50 milioni, con effetto dal 5 giugno 1999.

(18) Comma aggiunto dall’art. 3, comma 1, L. legge 27 dicembre 1997, n. 449, con effetto dal 1° gennaio 1998.

(19) Comma aggiunto dall’art. 6, comma 1, lett. g), L. 23 dicembre 1999, n. 488, con effetto dal periodo d’imposta 2000.

(20) Periodo aggiunto dall'art. 31, comma 2, L. 21 novembre 2000, n. 342, a decorrere dagli oneri sostenuti a partire dal periodo di imposta 2000.

(21) Comma così modificato dall'art. 22, comma 1, lett. a), L. 7 dicembre 2000, n. 383.

 

Art. 13-ter (1)

Detrazioni per canoni di locazione

 

1. Ai soggetti titolari di contratti di locazione di unità immobiliari adibite ad abitazione principale degli stessi, stipulati o rinnovati a norma degli articoli 2, comma 3, e 4, commi 2 e 3, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, spetta una detrazione, rapportata al periodo dell'anno durante il quale sussiste tale destinazione, nei seguenti importi:

a) lire 960.000 (2), se il reddito complessivo non supera lire 30.000.000;

b) lire 480.000 (3), se il reddito complessivo supera lire 30.000.000 ma non lire 60.000.000

1-bis. A favore dei lavoratori dipendenti che hanno trasferito o trasferiscono la propria residenza nel comune di lavoro o in uno di quelli limitrofi nei tre anni antecedenti quello di richiesta della detrazione, e siano titolari di qualunque tipo di contratto di locazione di unità immobiliari adibite ad abitazione principale degli stessi e situate nel nuovo comune di residenza, a non meno di 100 chilometri di distanza dal precedente e comunque al di fuori della propria regione, spetta una detrazione, per i primi tre anni, rapportata al periodo dell’anno durante il quale sussiste tale destinazione, nei seguenti importi:

a) lire 1.920.000, se il reddito complessivo non supera lire 30 milioni;

b) lire 960.000, se il reddito complessivo supera lire 30 milioni ma non lire 60 milioni (4).

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(1) Articolo aggiunto dall’art. 6, comma 1, lett. h), L. 23 dicembre 1999, n. 488, con applicazione a decorrere dal periodo d’imposta 1999.

(2) Importo così modificato dall'art. 2, comma 1, lett. h), L. 23 dicembre 2000, n. 388, a decorrere dal periodo d'imposta 2000. In precedenza era di L. 640.000.

(3) Importo così modificato dall'art. 2, comma 1, lett. h), L. 23 dicembre 2000, n. 388, a decorrere dal periodo d'imposta 2000. In precedenza era di L. 320.000.

(4) Comma aggiunto dall'art. 2, comma 1, lett. h), L. 23 dicembre 2000, n. 388, a decorrere dal periodo d'imposta 2001.

 

Art. 14

Credito d'imposta per gli utili distribuiti da società ed enti

 

1. Se alla formazione del reddito complessivo concorrono utili distribuiti in qualsiasi forma e sotto qualsiasi denominazione dalle società o dagli enti indicati alle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 87, al contribuente è attribuito un credito di imposta pari al 56,25 per cento, per le distribuzioni deliberate a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 1º gennaio 2001, e al 53,85 per cento, per le distribuzioni deliberate a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 1º gennaio 2003, dell'ammontare degli utili stessi nei limiti in cui esso trova copertura nell'ammontare delle imposte di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 105 (1).

1-bis. Il credito di imposta di cui al comma 1, relativo ai dividendi percepiti dai comuni distribuiti dalle ex aziende municipalizzate trasformate in società ai sensi della legge 8 giugno 1990, n. 142, e successive modificazioni, può essere utilizzato per la compensazione dei debiti ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni (2).

2. Nel caso di distribuzione di utili in natura il credito d'imposta è determinato in relazione al valore normale degli stessi alla data in cui gli utili sono stati posti in pagamento.

3. Relativamente agli utili percepiti dalle società, associazioni e imprese indicate nell'articolo 5, il credito di imposta spetta ai singoli soci, associati o partecipanti nella proporzione ivi stabilita.

4. Ai soli fini dell'applicazione dell'imposta l'ammontare del credito d'imposta è computato in aumento del reddito complessivo (3).

5. La detrazione del credito d'imposta deve essere richiesta, a pena di decadenza, nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta in cui gli utili sono stati percepiti e non spetta in caso di omessa presentazione della dichiarazione o di omessa indicazione degli utili nella dichiarazione presentata. Se nella dichiarazione è stato omesso soltanto il computo del credito d'imposta in aumento del reddito complessivo, l'ufficio delle imposte può procedere alla correzione anche in sede di liquidazione dell'imposta dovuta in base alla dichiarazione dei redditi.

6. Il credito d'imposta spetta anche quando gli utili percepiti sono tassati separatamente ai sensi dell'articolo 16; in questo caso il suo ammontare è computato in aumento degli utili e si detrae dalla relativa imposta determinata a norma dell'articolo 18.

6-bis. Il credito d'imposta di cui ai commi precedenti non spetta, limitatamente agli utili, la cui distribuzione è stata deliberata anteriormente alla data di acquisto, ai soggetti che acquistano dai fondi comuni d'investimento di cui alla legge 23 marzo 1983, n. 77, e successive modificazioni, o dalle società di investimento a capitale variabile (SICAV), di cui al decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 84, azioni o quote di partecipazione nelle società o enti indicati alle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 87 del presente testo unico (4).

7. Le disposizioni del presente articolo non si applicano per le partecipazioni agli utili spettanti ai promotori, ai soci fondatori, agli amministratori e ai dipendenti della società o dell'ente e per quelle spettanti in base ai contratti di associazione in partecipazione e ai contratti indicati nel primo comma dell'art. 2554 del codice civile, né per i compensi per prestazioni di lavoro corrisposti sotto forma di partecipazione agli utili e per gli utili di cui alla lettera g) del comma 1 dell'articolo 41.

7-bis. Le disposizioni del presente articolo non si applicano per gli utili percepiti dall'usufruttuario allorché la costituzione o la cessione del diritto di usufrutto sono state poste in essere da soggetti non residenti, privi nel territorio dello Stato di una stabile organizzazione (5).

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(1) Comma così sostituito dall'art. 2, comma 1, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 467 e successivamente così modificato dall'art. 3, comma 1, lett. a), L. 23 dicembre 2000, n. 388, con effetto dal 1° gennaio 2001.

(2) Comma aggiunto dall'art. 29, L. 21 novembre 2000, n. 342, con effetto dal 10 dicembre 2000.

(3) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 1, lett. c), D.L. 27 aprile 1990, n. 90, conv. L. n. 165/1990, con effetto dalla dichiarazione dei redditi da presentare nel maggio 1990.

(4) Comma aggiunto dall'art. 7-bis, comma 1, lett. a), D.L. 9 settembre 1992, n. 372, conv. L. n. 429/1992, con effetto dal 10 novembre 1992.

(5) Comma aggiunto dall'art. 7-bis, comma 1, lett. b), D.L. 9 settembre 1992, n. 372, conv. con L. n. 429/1992, con effetto dal 10 novembre 1992.

 

Art. 15

Credito d'imposta per i redditi prodotti all'estero

 

1. Se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi prodotti all'estero, le imposte ivi pagate a titolo definitivo su tali redditi sono ammesse in detrazione dall'imposta netta fino alla concorrenza della quota di imposta italiana corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all'estero e il reddito complessivo al lordo delle perdite di precedenti periodi d'imposta ammesse in diminuzione (1).

2. Se concorrono redditi prodotti in più Stati esteri la detrazione si applica separatamente per ciascuno Stato.

3. La detrazione deve essere richiesta, a pena di decadenza, nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta in cui le imposte estere sono state pagate a titolo definitivo. Se l'imposta dovuta in Italia per il periodo d'imposta nel quale il reddito estero ha concorso a formare la base imponibile è stata già liquidata, si procede a nuova liquidazione tenendo conto anche dell'eventuale maggior reddito estero e la detrazione si opera dall'imposta dovuta per il periodo d'imposta cui si riferisce la dichiarazione nella quale è stata richiesta. Se è già decorso il termine per l'accertamento la detrazione è limitata alla quota dell'imposta estera proporzionale all'ammontare del reddito prodotto all'estero acquisito a tassazione in Italia.

4. La detrazione non spetta in caso di omessa presentazione della dichiarazione o di omessa indicazione dei redditi prodotti all'estero nella dichiarazione presentata.

5. Per le imposte pagate all'estero dalle società, associazioni e imprese indicate nell'articolo 5 la detrazione spetta ai singoli soci, associati o partecipanti nella proporzione ivi stabilita.

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(1) Al riguardo l’art. 5, D.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42 stabilisce che la quota, fino a concorrenza della quale, a norma del presente comma, sono ammesse in detrazione le imposte pagate all'estero, è determinata con riferimento all'imposta italiana corrispondente al reddito complessivo netto, senza tenere conto delle perdite di precedenti esercizi, alla cui formazione hanno concorso i redditi prodotto all'estero.

Per i fondi comuni d'investimento mobiliare collocati all'estero si rimanda all’art. 10-ter, comma 5, L. 23 marzo 1983, n. 77; per i redditi di capitali prodotti all'estero non assoggettati a tassazione separata si veda l’art. 8, comma 1, D.L. 28 giugno 1990, n. 167, conv. L. 4 agosto 1990, n. 227; per i redditi prodotti all'estero dal GEIE (Gruppo europeo di interesse economico) vedasi l’art. 11, comma 6, D.Lgs. 23 luglio 1991, n. 240.

 

Art. 16

Tassazione separata

 

1. L'imposta si applica separatamente sui seguenti redditi:

a) trattamento di fine rapporto di cui all'articolo 2120 del codice civile e indennità equipollenti, comunque denominate, commisurate alla durata dei rapporti di lavoro dipendente, compresi quelli contemplati alle lettere a), d) e g) del comma 1 dell'articolo 47, anche nelle ipotesi di cui all'articolo 2122 del codice civile; altre indennità e somme percepite una volta tanto in dipendenza della cessazione dei predetti rapporti, comprese l'indennità di preavviso, le somme risultanti dalla capitalizzazione di pensioni e quelle attribuite a fronte dell'obbligo di non concorrenza ai sensi dell'articolo 2125 del codice civile nonché le somme e i valori comunque percepiti, al netto delle spese legali sostenute, anche se a titolo risarcitorio o nel contesto di procedure esecutive, a seguito di provvedimenti dell'autorità giudiziaria o di transazioni relativi alla risoluzione del rapporto di lavoro (1);

a-bis) le prestazioni pensionistiche di cui alla lettera h-bis) del comma 1 dell'articolo 47, erogate in forma di capitale, ad esclusione del riscatto della posizione individuale ai sensi dell'articolo 10, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, diverso da quello esercitato a seguito di pensionamento o di cessazione del rapporto di lavoro per mobilità o per altre cause non dipendenti dalla volontà delle parti (2);

b) emolumenti arretrati per prestazioni di lavoro dipendente riferibili ad anni precedenti, percepiti per effetto di leggi, di contratti collettivi, di sentenze o di atti amministrativi sopravvenuti o per altre cause non dipendenti dalla volontà delle parti, compresi i compensi e le indennità di cui al comma 1 dell'articolo 47 e al comma 2 dell'articolo 46 (3);

c) indennità percepite per la cessazione dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, di cui al comma 2 dell'articolo 49, se il diritto all'indennità risulti da atto di data certa anteriore all'inizio del rapporto nonché in ogni caso, le somme e i valori comunque percepiti, al netto delle spese legali sostenute, anche se a titolo risarcitorio o nel contesto di procedure esecutive, a seguito di provvedimenti dell'autorità giudiziaria o di transazioni relativi alla risoluzione dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (1);

c-bis) indennità di mobilità di cui all'articolo 7, comma 5, della legge 23 luglio 1991, n. 223, e trattamento di integrazione salariale di cui all'articolo 1-bis, del decreto-legge 10 giugno 1994, n. 357, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1994, n. 489, corrisposti anticipatamente (4);

d) indennità per la cessazione di rapporti di agenzia delle persone fisiche e delle società di persone (5);

e) indennità percepite per la cessazione da funzioni notarili;

f) indennità percepite da sportivi professionisti al termine dell'attività sportiva ai sensi del settimo comma dell'articolo 4 della legge 23 marzo 1981, n. 91, se non rientranti tra le indennità indicate alla lettera a);

g) plusvalenze, compreso il valore di avviamento, realizzate mediante cessione a titolo oneroso di aziende possedute da più di cinque anni e redditi conseguiti in dipendenza di liquidazione, anche concorsuale, di imprese commerciali esercitate da più di cinque anni;

g-bis) plusvalenze di cui alla lettera b) del comma 1 dell'art. 81 realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione (6);

h) indennità per perdita dell'avviamento spettanti al conduttore in caso di cessazione della locazione di immobili urbani adibiti ad usi diversi da quello di abitazione e indennità di avviamento delle farmacie spettanti al precedente titolare;

i) indennità spettanti a titolo di risarcimento, anche in forma assicurativa, dei danni consistenti nella perdita di redditi relativi a più anni;

l) redditi compresi nelle somme attribuite o nel valore normale dei beni assegnati ai soci delle società indicate nell'articolo 5 nei casi di recesso, esclusione e riduzione del capitale o agli eredi in caso di morte del socio, e redditi imputati ai soci in dipendenza di liquidazione, anche concorsuale, delle società stesse, se il periodo di tempo intercorso tra la costituzione della società e la comunicazione del recesso o dell'esclusione, la deliberazione di riduzione del capitale, la morte del socio o l'inizio della liquidazione superiore a cinque anni;

m) redditi compresi nelle somme attribuite o nel valore normale dei beni assegnati ai soci di società soggette all'imposta sul reddito delle persone giuridiche nei casi di recesso, riduzione del capitale e liquidazione, anche concorsuale, se il periodo di tempo intercorso tra la costituzione della società e la comunicazione del recesso, la deliberazione di riduzione del capitale o l'inizio della liquidazione è superiore a cinque anni;

n) redditi compresi nelle somme o nel valore normale dei beni attribuiti alla scadenza dei contratti e dei titoli di cui alle lettere a), b), f) e g) del comma 1 dell'articolo 41, quando non sono soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta o ad imposta sostitutiva, se il periodo di durata del contratto o del titolo è superiore a cinque anni.

n-bis) somme conseguite a titolo di rimborso di imposte o di oneri dedotti dal reddito complessivo o per i quali si è fruito della detrazione in periodi di imposta precedenti. La presente disposizione non si applica alle spese rimborsate di cui all'articolo 13-bis, comma 1, lettera c), quinto e sesto periodo (7).

2. I redditi indicati alle lettere da g) a n) del comma 1 sono esclusi dalla tassazione separata se conseguiti da società in nome collettivo o in accomandita semplice; se conseguiti da persone fisiche nell'esercizio di imprese commerciali, sono tassati separatamente a condizione che ne sia fatta richiesta nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta al quale sarebbero imputabili come componenti del reddito d'impresa.

3. Per i redditi indicati alle lettere da d) a f) del comma 1 e per quelli indicati alle lettere da g) ad n-bis) non conseguiti nell'esercizio di imprese commerciali il contribuente ha facoltà di non avvalersi della tassazione separata facendolo constare espressamente nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta in cui è avvenuta o ha avuto inizio la percezione. Per i redditi indicati alle lettere a), b), c) e c-bis) del comma 1 gli uffici provvedono a iscrivere a ruolo le maggiori imposte dovute con le modalità stabilite negli articoli 17 e 18 ovvero facendo concorrere i redditi stessi alla formazione del reddito complessivo dell'anno in cui sono percepiti, se ciò risulta più favorevole per il contribuente (8).

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(1) Lettera così modificata dall'art. 32, comma 1, D.L. 23 febbraio 1995, n. 41, conv. L. 22 marzo 1995, n. 85, con effetto dal 24 febbraio 1995.

(2) Lettera aggiunta dall’art. 10, comma 1, D.Lgs. 18 febbraio 2000, n. 47, con effetto dal 1°  gennaio 2001 e successivamente così modificata dall'art. 7, comma 1, D.Lgs. 12 aprile 2001, n. 168, con decorrenza dal 1° gennaio 2001 (Art. 13, comma 2, D.Lgs. n. 168/2001).

(3) Lettera così sostituita dal D.Lgs. 2 settembre 1997, n. 314, art. 5, lett. c) (a decorrere dal 1° gennaio 1998).

(4) Lettera aggiunta dall'art. 3, comma 82, L. 28 dicembre 1995, n. 549, con effetto dal periodo di imposta in corso al 1° gennaio 1996.

(5) Lettera così modificata dall'art. 6, comma 1, L. 23 dicembre 2000, n. 388, con effetto dal 1° gennaio 2001.

(6) Lettera aggiunta dall'art. 11, comma 1, lett. c), L. 30 dicembre 1991, n. 413, con dal 1° gennaio 1992.

(7) Lettera così sostituita dalla L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 3, comma 2 (con effetto dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 1996).

(8) Comma così modificato dall’art. 3, comma 82, L. 28 dicembre 1995, n. 549, con effetto dal 1° gennaio 1996.

 

Art. 16-bis (1)

Imposizione sostitutiva per i redditi di capitale di fonte estera

 

1. I redditi di capitale corrisposti da soggetti non residenti a soggetti residenti nei cui confronti in Italia si applica la ritenuta a titolo di imposta o l'imposta sostitutiva di cui all'articolo 2, commi 1-bis e 1-ter, del decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239, sono soggetti ad imposizione sostitutiva delle imposte sui redditi con la stessa aliquota della ritenuta a titolo di imposta. Il contribuente ha la facoltà di non avvalersi del regime di imposizione sostitutiva ed in tal caso compete il credito d'imposta per i redditi prodotti all'estero. Si considerano corrisposti da soggetti non residenti anche gli interessi ed altri proventi delle obbligazioni e degli altri titoli di cui all'articolo 31 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, nonché di quelli con regime fiscale equiparato, emessi all'estero a decorrere dal 10 settembre 1992 (2).

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(1) Articolo inserito dall’art. 21, comma 1, della L. 27 dicembre 1997, n. 449, con effetto dai redditi di capitale percepiti nel periodo d'imposta in corso alla data del 31 dicembre 1997.

(2) Comma così modificato dall’art. 1, D.Lgs. 23 dicembre 1999, n. 505.

 

Art. 17

Indennità di fine rapporto

 

1. Il trattamento di fine rapporto costituisce reddito per un importo che si determina riducendo il suo ammontare delle rivalutazioni già assoggettate ad imposta sostitutiva. L'imposta è applicata con l'aliquota determinata con riferimento all'anno in cui è maturato il diritto alla percezione, corrispondente all'importo che risulta dividendo il suo ammontare, aumentato delle somme destinate alle forme pensionistiche di cui al decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124 e al netto delle rivalutazioni già assoggettate ad imposta sostitutiva, per il numero degli anni e frazione di anno preso a base di commisurazione, e moltiplicando il risultato per dodici. Gli uffici finanziari provvedono a riliquidare l'imposta in base all'aliquota media di tassazione dei cinque anni precedenti a quello in cui è maturato il diritto alla percezione, iscrivendo a ruolo o rimborsando le maggiori o le minori imposte entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione del sostituto d'imposta (1).

1-bis. Se in uno o più degli anni indicati al comma 1 non vi è stato reddito imponibile, l'aliquota media si calcola con riferimento agli anni in cui vi è stato reddito imponibile; se non vi è stato reddito imponibile in alcuno di tali anni, si applica l'aliquota stabilita dall'articolo 11 per il primo scaglione di reddito (2).

1-ter. Qualora il trattamento di fine rapporto sia relativo a rapporti di lavoro a tempo determinato, di durata effettiva non superiore a due anni, l'imposta determinata ai sensi del comma 1 è diminuita di un importo pari a lire 120 mila per ciascun anno; per i periodi inferiori ad un anno, tale importo è rapportato a mese. Se il rapporto si svolge per un numero di ore inferiore a quello ordinario previsto dai contratti collettivi nazionali di lavoro, la somma è proporzionalmente ridotta (2).

2. Le altre indennità e somme indicate alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 16, anche se commisurate alla durata del rapporto di lavoro e anche se corrisposte da soggetti diversi dal datore di lavoro, sono imponibili per il loro ammontare complessivo, al netto dei contributi obbligatori dovuti per legge, con l'aliquota determinata agli effetti del comma 1. Tali indennità e somme, se corrisposte a titolo definitivo e in relazione ad un presupposto non connesso alla cessazione del rapporto di lavoro che ha generato il trattamento di fine rapporto, sono imponibili per il loro ammontare netto con l'aliquota determinata con i criteri di cui al comma 1 (1).

2-bis. Le indennità equipollenti, comunque denominate, commisurate alla durata dei rapporti di lavoro dipendente di cui alla lettera a), del comma 1, dell'articolo 16, sono imponibili per un importo che si determina riducendo il loro ammontare netto di una somma pari a L. 600.000 per ciascun anno preso a base di commisurazione, con esclusione dei periodi di anzianità convenzionale; per i periodi inferiori all'anno la riduzione è rapportata a mese. Se il rapporto si svolge per un numero di ore inferiore a quello ordinario previsto dai contratti collettivi nazionali di lavoro, la somma è proporzionalmente ridotta. L'imposta è applicata con l'aliquota determinata con riferimento all'anno in cui è maturato il diritto alla percezione, corrispondente all'importo che risulta dividendo il suo ammontare netto, aumentato delle somme destinate alle forme pensionistiche di cui al decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, per il numero degli anni e frazione di anno preso a base di commisurazione, e moltiplicando il risultato per dodici. L’ammontare netto delle indennità, alla cui formazione concorrono contributi previdenziali posti a carico dei lavoratori dipendenti e assimilati, è computato previa detrazione di una somma pari alla percentuale di tali indennità corrispondente al rapporto, alla data del collocamento a riposo o alla data in cui è maturato il diritto alla percezione, fra l'aliquota del contributo previdenziale posto a carico dei lavoratori dipendenti e assimilati e l'aliquota complessiva del contributo stesso versato all'ente, cassa o fondo di previdenza (2).

3. Se per il lavoro prestato anteriormente alla data di entrata in vigore della legge 29 maggio 1982, n. 297, il trattamento di fine rapporto risulta calcolato in misura superiore ad una mensilità della retribuzione annua per ogni anno preso a base di commisurazione, ai fini della determinazione dell'aliquota ai sensi del comma 1 non si tiene conto dell'eccedenza.

4. Salvo conguaglio all'atto della liquidazione definitiva, sulle anticipazioni e sugli acconti relativi al trattamento di fine rapporto e alle indennità equipollenti, nonché sulle anticipazioni relative alle altre indennità e somme, si applica l'aliquota determinata, rispettivamente, a norma dei commi 1, 2 e 2-bis, considerando l'importo accantonato, aumentato dalle anticipazioni e degli acconti complessivamente erogati e al netto delle rivalutazioni già assoggettate ad imposta sostitutiva. Non si considerano anticipazioni le somme e i valori destinati alle forme pensionistiche di cui al decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124 (3).

4-bis) Per le somme corrisposte in occasione della cessazione del rapporto al fine di incentivare l'esodo dei lavoratori che abbiano superato l'età di 50 anni se donne e di 55 anni se uomini, di cui all'articolo 16, comma 1, lettera a), l'imposta si applica con l'aliquota pari alla metà di quella applicata per la tassazione del trattamento di fine rapporto e delle altre indennità e somme indicate alla richiamata lettera a) del comma 1 dell'articolo 16 (4).

5. Nell'ipotesi di cui all'articolo 2122 del codice civile e nell'ipotesi di cui al comma 3 dell'articolo 7 l'imposta, determinata a norma del presente articolo, è dovuta dagli aventi diritto proporzionalmente all'ammontare percepito da ciascuno; nella seconda ipotesi la quota dell'imposta sulle successioni proporzionale al credito indicato nella relativa dichiarazione è ammessa in deduzione dall'ammontare imponibile di cui ai precedenti commi.

6. Con decreti del Ministro delle finanze sono stabiliti i criteri e le modalità per lo scambio delle informazioni occorrenti ai fini dell'applicazione del comma 2 tra i soggetti tenuti alla corresponsione delle indennità e delle altre somme in dipendenza della cessazione del medesimo rapporto di lavoro.

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(1) Comma così sostituito dall’art. 11, comma 1, D.Lgs. 18 febbraio 2000, n. 47, con effetto dal 1°  gennaio 2001 e successivamente modificato dall'art. 8, comma 1, lett. a), D. Lgs. 12 aprile 2001, n. 168, con decorrenza dal 1° gennaio 2001 (Art. 13, comma 2, D.Lgs. n. 168/2001).

(2) Comma aggiunto dall’art. 11, comma 1, D.Lgs. 18 febbraio 2000, n. 47, con effetto dal 1°  gennaio 2001 e successivamente modificato dall'art. 8, comma 1, lett. b), D. Lgs. 12 aprile 2001, n. 168, con decorrenza dal 1° gennaio 2001 (Art. 13, comma 2, D.Lgs. n. 168/2001).

(3) Comma così sostituito dall’art. 11, comma 1, D.Lgs. 18 febbraio 2000, n. 47, con effetto dal 1°  gennaio 2001.

(4) Comma aggiunto dall’art. 5, comma 1, lett. d),  n. 1) del D.Lgs. 2 settembre 1997, n. 314, con effetto dal 1° gennaio 1998.

 

Art. 17-bis (1)

 

1. Le prestazioni di cui alla lettera a-bis) del comma 1, dell'articolo 16 sono soggette ad imposta mediante l'applicazione dell'aliquota determinata con i criteri previsti al comma 1, dell'articolo 17, assumendo il numero degli anni e frazione di anno di effettiva contribuzione e l'importo imponibile della prestazione maturata, al netto dei redditi già assoggettati da imposta. Gli uffici finanziari provvedono a riliquidare l'imposta in base all'aliquota media di tassazione dei cinque anni precedenti a quello in cui è maturato il diritto di percezione. Si applicano le disposizioni previste dall'articolo 17, comma 1-bis, iscrivendo a ruolo o rimborsando le maggiori o le minori imposte entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione del sostituto d'imposta (2).

2. Se la prestazione è non superiore a un terzo dell'importo complessivamente maturato alla data di accesso alla prestazione stessa, l'imposta si applica sull'importo al netto dei redditi già assoggettati ad imposta. Tale disposizione si applica altresì nei casi previsti dall'articolo 10, commi 3-ter e 3-quater, del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, nonché in caso di riscatto della posizione individuale ai sensi dell'articolo 10, comma 1, lettera c), del medesimo decreto legislativo, esercitato a seguito di pensionamento o di cessazione del rapporto di lavoro per mobilità o per altre cause non dipendenti dalla volontà delle parti, e comunque quando l'importo annuo della prestazione pensionistica spettante in forma periodica è inferiore al 50 per cento dell'assegno sociale di cui all'articolo 3, commi 6 e 7, della legge 8 agosto 1995, n. 335 (3).

3. Salvo conguaglio all'atto della liquidazione definitiva della prestazione, le prestazioni pensionistiche erogate in caso di riscatto parziale di cui all'articolo 10, comma 1-bis, del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, o a titolo di anticipazione, sono soggette ad imposta con l'aliquota determinata ai sensi del comma 1, primo periodo, per il loro intero importo.

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(1) Articolo aggiunto dall’art. 10, comma 1, D.Lgs. 18 febbraio 2000, n. 47, con effetto dal 1° gennaio 2001.

(2) Comma così modificato dall'art. 7, comma 2, lett. a) e b), D.Lgs. 12 aprile 2001, n. 168, con decorrenza dal 1° gennaio 2001 (Art. 13, comma 2, D.Lgs. n. 168/2001).

(3) Comma così modificato dall'art. 7, comma 2, lett. c), D.Lgs. 12 aprile 2001, n. 168, con decorrenza dal 1° gennaio 2001 (Art. 13, comma 2, D.Lgs. n. 168/2001).

 

Art. 18

Determinazione dell'imposta per gli altri redditi tassati separatamente

 

1. Per gli altri redditi tassati separatamente, ad esclusione di quelli di cui alla lettera g) del comma 1 dell'articolo 16, e di quelli imputati ai soci in dipendenza di liquidazione, anche concorsuale, di cui alla lettera l) del medesimo comma 1 dell'articolo 16, l'imposta è determinata applicando all'ammontare percepito l'aliquota corrispondente alla metà del reddito complessivo netto del contribuente nel biennio anteriore all'anno in cui è sorto il diritto alla percezione ovvero, per i redditi e le somme indicati, rispettivamente, nelle lettere b), c-bis) e n-bis) del comma 1 dell'articolo 16, all'anno in cui sono percepiti. Per i redditi di cui alla lettera g) del comma 1 dell'articolo 16 e per quelli imputati ai soci in dipendenza di liquidazione, anche concorsuale, di cui alla lettera l) del medesimo comma 1 dell'articolo 16, l'imposta è determinata applicando all'ammontare conseguito o imputato l'aliquota corrispondente alla metà del reddito complessivo netto del contribuente nel biennio anteriore all'anno in cui i redditi sono stati rispettivamente conseguiti o imputati. Per i redditi di cui alla lettera m) del comma 1 dell'articolo 16 conseguiti in sede di liquidazione il diritto alla percezione si considera sorto nell'anno in cui ha avuto inizio la liquidazione. Se per le somme conseguite a titolo di rimborso di cui alla lettera n-bis) del comma 1 dell'articolo 16 è stata riconosciuta la detrazione, l'imposta è determinata applicando un'aliquota non superiore al 27 per cento (1).

2. Nell'ipotesi di cui al comma 3 dell'articolo 7 si procede alla tassazione separata nei confronti degli eredi e dei legatari; l'imposta dovuta da ciascuno di essi è determinata applicando all'ammontare percepito, diminuito della quota dell'imposta sulle successioni proporzionale al credito indicato nella relativa dichiarazione, l'aliquota corrispondente alla metà del suo reddito complessivo netto nel biennio anteriore all'anno in cui si è aperta la successione.

3. Se in uno dei due anni anteriori non vi è stato reddito imponibile si applica l'aliquota corrispondente alla metà del reddito complessivo netto dell'altro anno; se non vi è stato reddito imponibile in alcuno dei due anni si applica l'aliquota stabilita all'articolo 11 per il primo scaglione di reddito.

4. Per gli emolumenti arretrati di cui alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 16 l'imposta determinata ai sensi dei precedenti commi è ridotta di un importo pari a quello delle detrazioni previste nell'articolo 12 e nei commi 1 e 2 dell'articolo 13 se e nella misura in cui non siano state fruite per ciascuno degli anni in cui gli arretrati si riferiscono. Gli aventi diritto agli arretrati devono dichiarare al soggetto che li corrisponde l'ammontare delle detrazioni fruite per ciascuno degli anni cui si riferiscono.

5. Per i redditi indicati alle lettere c), d), e) ed f) del comma 1 dell'articolo 16 l'imposta si applica anche sulle eventuali anticipazioni salvo conguaglio.

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(1) Comma così modificato dall'art. 1, comma 2, lett. c), D.L. 31 maggio 1994, n. 330, conv. L. 27 luglio 1994, n. 473, con effetto sulle somme conseguite a partire dal periodo di imposta in corso al 8.12.1993. Al riguardo si precisa che tale percentuale dovrebbe ritenersi tacitamente adeguata alla misura della detrazione d'imposta di cui l'art. 13-bis, pari al 19%.

 

Art. 19

Scomputo degli acconti

 

1. Dall'imposta determinata a norma dei precedenti articoli si scomputano:

a) i versamenti eseguiti dal contribuente in acconto dell'imposta;

b) le ritenute alla fonte a titolo di acconto operate, anteriormente alla presentazione della dichiarazione dei redditi, sui redditi che concorrono a formare il reddito complessivo e su quelli tassati separatamente. Le ritenute operate dopo la presentazione della dichiarazione dei redditi si scomputano dall'imposta relativa al periodo di imposta nel quale sono state operate. Le ritenute operate sui redditi delle società, associazioni e imprese indicate nell'articolo 5 si scomputano, nella proporzione ivi stabilita, dalle imposte dovute dai singoli soci, associati o partecipanti (1).

2. Se l'ammontare dei versamenti e delle ritenute, da soli o in concorso con i crediti d'imposta di cui agli articoli 14 e 15, è superiore a quello dell'imposta netta sul reddito complessivo, si applica la disposizione del secondo periodo del comma 3 dell'articolo 11. Per i redditi tassati separatamente, se l'ammontare delle ritenute e dei crediti di imposta è superiore a quello dell'imposta netta di cui agli articoli 17 e 18, il contribuente ha diritto al rimborso dell'eccedenza (2).

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(1) L'art. 11, comma 5, D.Lgs. 23 luglio 1991, n. 240, stabilisce che le ritenute subite dal GEIE sono a titolo di acconto e si scomputano dall'imposta personale di ciascun membro.

(2) L'art. 4, comma 3, D.L. 2 marzo 1989, n. 69, conv. L. 27 aprile 1989, n. 154, prevede la possibilità di computare in diminuzione dalla dichiarazione dei redditi, distintamente per ciascuna imposta, le eccedenze d'imposta, con effetto dal periodo di imposta in corso al 1989. Il comma 3-bis pone la stessa disposizione non riportando la limitazione relativa alla distinzione delle imposte, con effetto dalle dichiarazioni da presentare nel 1991 (prorogato al 1992 dal D.L. n. 62/1991, non convertito). Il comma 3-bis è stato in seguito abrogato dall'art. 78, comma 36, L. 30 dicembre 1991, n. 413. La possibilità di effettuare la compensazione delle imposte è stata però prevista dall'art. 2, comma 1, D.L. 30 dicembre 1991, n. 417, conv. L. 6 febbraio 1991, n. 66.

 

Art. 20

Applicazione dell'imposta ai non residenti

 

1. Ai fini dell'applicazione dell'imposta nei confronti dei non residenti si considerano prodotti nel territorio dello Stato:

a) i redditi fondiari;

b) i redditi di capitale corrisposti dallo Stato, da soggetti residenti nel territorio dello Stato o da stabili organizzazioni nel territorio stesso di soggetti non residenti, con esclusione degli interessi e altri proventi derivanti da depositi e conti correnti bancari e postali (1);

c) i redditi di lavoro dipendente prestato nel territorio dello Stato, compresi i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell'art. 47;

d) i redditi di lavoro autonomo derivanti da attività esercitate nel territorio dello Stato;

e) i redditi d'impresa derivanti da attività esercitate nel territorio dello Stato mediante stabili organizzazioni (2);

f) i redditi diversi derivanti da attività svolte nel territorio dello Stato e da beni che si trovano nel territorio stesso, nonché le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni in società residenti, con esclusione:

1) delle plusvalenze di cui alla lettera c-bis) del comma 1, dell'articolo 81, derivanti da cessione a titolo oneroso di partecipazioni in società residenti negoziate in mercati regolamentati, ovunque detenute;

2) delle plusvalenze di cui alla lettera c-ter) del medesimo articolo derivanti da cessione a titolo oneroso ovvero da rimborso di titoli non rappresentativi di merci e di certificati di massa negoziati in mercati regolamentati, nonché da cessione o da prelievo di valute estere rivenienti da depositi e conti correnti;

3) dei redditi di cui alle lettere c-quater) e c-quinquies) del medesimo articolo derivanti da contratti conclusi, anche attraverso l'intervento d'intermediari, in mercati regolamentati (3);

g) i redditi di cui all'art. 5 imputabili a soci, associati o partecipanti non residenti.

2. Indipendentemente dalle condizioni di cui alle lettere c), d), e) e f) del comma 1 si considerano prodotti nel territorio dello Stato, se corrisposti dallo Stato, da soggetti residenti nel territorio dello Stato o da stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti:

a) le pensioni, gli assegni ad esse assimilati e le indennità di fine rapporto di cui alle lettere a), c), d), e) e f) del comma 1 dell'art. 16;

b) i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente di cui alle lettere c), c-bis), f), h), h-bis), i) e l) del comma 1 dell’articolo 47 (4);

c) i compensi per l'utilizzazione di opere dell'ingegno, di brevetti industriali e di marchi di impresa nonché di processi, formule e informazioni relativi ad esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico;

d) i compensi conseguiti da imprese, società o enti non residenti per prestazioni artistiche o professionali effettuate per loro conto nel territorio dello Stato (5).

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(1) Lettera così modificata dall’art. 2, comma 1, lett. a), n. 1), D.Lgs. 21 luglio 1999, n. 259, a decorrere dal 1° gennaio 1999.

(2) Per l'applicazione dell'imposta sul patrimonio netto delle imprese a stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti si rimanda al D.L. 30 settembre 1992, n. 394, conv. L. 26 novembre 1992, n. 461 e D.M. 7 gennaio 1993; si veda il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 544, per fusioni, scissioni e scambi di azioni fra società di Stati membri diversi.

(3) Lettera così sostituita dall’art. 2, comma 1, lett. a), n. 2), D.Lgs. 21 luglio 1999, n. 259, a decorrere dal 1° gennaio 1999.

(4) Lettera così sostituita dall'art. 34, comma 1, lett. a), L. 21 novembre 2000, n. 342, con effetto dal 1° gennaio 2001.

(5) Lettera così modificata dall'art. 1, comma 1, D.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42, con effetto 1.1.1988.

 

Art. 20-bis (1)

Trasferimento di sede o di residenza all'estero

 

1. Il trasferimento all'estero della residenza o della sede dei soggetti che esercitano imprese commerciali, che comporti la perdita della residenza ai fini delle imposte sui redditi, costituisce realizzo, al valore normale, dei componenti dell'azienda o del complesso aziendale, salvo che non siano confluiti in una stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato. La stessa disposizione si applica se successivamente i componenti confluiti nella stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato ne vengano distolti. Si considerano in ogni caso realizzate, al valore normale, le plusvalenze relative alle stabili organizzazioni all'estero. Per le imprese individuali si applica l'articolo 16, comma 1, lettera g).

2. I fondi in sospensione d'imposta, inclusi quelli tassabili in caso di distribuzione, iscritti nell'ultimo bilancio prima del trasferimento della residenza o della sede, sono assoggettati a tassazione nella misura in cui non siano stati ricostituiti nel patrimonio contabile della predetta stabile organizzazione.

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(1) Articolo aggiunto dall'art. 30, D.L. 23 febbraio 1995, n. 41, conv. L. 22.3.1995, n. 85, con effetto dal 24.2.1995.

La rubrica dell'articolo è opera della redazione.

 

Art. 21

Determinazione dell'imposta dovuta dai non residenti

 

1. Nei confronti dei non residenti l'imposta si applica sul reddito complessivo e sui redditi tassati separatamente a norma dei precedenti articoli, salvo il disposto dei commi 2 e 3.

2. Dal reddito complessivo sono deducibili soltanto gli oneri di cui alle lettere a), g), h), i) e l) del comma 1 dell'articolo 10 (1).

3. Le detrazioni di cui all'articolo 13-bis spettano soltanto per gli oneri indicati alle lettere a), b), g), h), h-bis) ed i) dello stesso articolo. Le detrazioni per carichi di famiglia non competono (2).

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(1) Comma così sostituito dall'art. 2, comma 1, lett. b), D.L. 31 maggio 1994, n. 330, conv. L. 27 luglio 1994, n. 473, con effetto dal periodo di imposta in corso al 8.12.1993.

(2) Comma così sostituito dall'art. 3, comma 1, lett. f), D.L. 31 maggio 1994, n. 330, conv. L. 27 luglio 1994, n. 473, con effetto dal periodo di imposta in corso al 8.12.1993.

 

Capo II

REDDITI FONDIARI

 

Art. 22

Redditi fondiari

 

1. Sono redditi fondiari quelli inerenti ai terreni e ai fabbricati situati nel territorio dello Stato che sono o devono essere iscritti, con attribuzione di rendita, nel catasto dei terreni o nel catasto edilizio urbano (1).

2. I redditi fondiari si distinguono in redditi dominicali dei terreni, redditi agrari e redditi dei fabbricati.

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(1) Al riguardo si rimanda alle norme relative al catasto dei terreni:

- R.D. 8 ottobre 1931, n. 1572, approvazione del T.U. sulle leggi del nuovo catasto terreni;

- R.D. 12 ottobre 1933, n. 1539, regolamento per l'esecuzione del T.U. n. 1572/1931;

- R.D. 8 dicembre 1938, n. 2153, approvazione del regolamento per la conservazione del nuovo catasto dei terreni;

- R.D.L. 4 aprile 1939, n. 589, revisione degli estimi dei terreni;

- L. 1 ottobre 1969, n. 679, semplificazioni delle procedure catastali;

- D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 650, perfezionamento e revisione del sistema catastale.

Vedasi, inoltre, le norme relative al catasto edilizio urbano:

- R.D.L. 13 aprile 1939, n. 652, nuovo catasto edilizio urbano;

- D.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142, regolamento per la formazione del nuovo catasto edilizio urbano;

- L. 1 ottobre 1969, n. 679, semplificazioni delle procedure catastali;

- D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 650, perfezionamento e revisione del sistema catastale.

 

Art. 23

Imputazione dei redditi fondiari

 

1. I redditi fondiari concorrono, indipendentemente dalla percezione, a formare il reddito complessivo dei soggetti che possiedono gli immobili a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale, salvo quanto stabilito dall'art. 30, per il periodo di imposta in cui si è verificato il possesso. I redditi derivanti da contratti di locazione di immobili ad uso abitativo, se non percepiti, non concorrono a formare il reddito dal momento della conclusione del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità del conduttore (1). Per le imposte versate sui canoni venuti a scadenza e non percepiti come da accertamento avvenuto nell'ambito del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità è riconosciuto un credito d'imposta di pari ammontare (1).

2. Nei casi di contitolarità della proprietà o altro diritto reale sull'immobile o di coesistenza di più diritti reali su di esso il reddito fondiario concorre a formare il reddito complessivo di ciascun soggetto per la parte corrispondente al suo diritto (2).

3. Se il possesso dell'immobile è stato trasferito, in tutto o in parte, nel corso del periodo di imposta, il reddito fondiario concorre a formare il reddito complessivo di ciascun soggetto proporzionalmente alla durata del suo possesso (2).

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(1) Periodo aggiunto dall'art. 8, comma 5, L. 9 dicembre 1998, n. 431, con effetto dal 30 dicembre 1998.

(2) Comma così modificato dal D.L. 31 maggio 1994, n. 330, conv. L. 27 luglio 1994, n. 473, con effetto dal periodo in corso alla data dell’8 dicembre 1993.

 

Art. 24

Reddito dominicale dei terreni

 

1. Il reddito dominicale è costituito dalla parte dominicale del reddito medio ordinario ritraibile dal terreno attraverso l'esercizio delle attività agricole di cui all'art. 29.

2. Non si considerano produttivi di reddito dominicale i terreni che costituiscono pertinenze di fabbricati urbani, quelli dati in affitto per usi non agricoli, nonché quelli produttivi di reddito di impresa di cui alla lett. c) del comma 2 dell'articolo 51(1).

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(1) Comma così modificato dall'art. 23, c. 1, lett. a), L. 30 dicembre 1991, n. 413, con effetto dal periodo di imposta successivo al 31 dicembre 1991. Ai sensi dell'art. 817, c.c. sono pertinenze le cose destinate in modo durevole a servizio o ad ornamento di un'altra cosa.

 

Art. 25

Determinazione del reddito dominicale

 

1. Il reddito dominicale è determinato mediante l'applicazione di tariffe d'estimo stabilite, secondo le norme della legge catastale, per ciascuna qualità e classe di terreno (1).

2. Le tariffe d'estimo sono sottoposte a revisione quando se ne manifesti l'esigenza per sopravvenute variazioni nelle quantità e nei prezzi dei prodotti e dei mezzi di produzione o nell'organizzazione e strutturazione aziendale, e comunque ogni dieci anni.

3. La revisione è disposta con decreto del Ministro delle finanze, previo parere della Commissione censuaria centrale e può essere effettuata, d'ufficio o su richiesta dei comuni interessati, anche per singole zone censuarie e per singole qualità e classi di terreni. Prima di procedervi gli uffici tecnici erariali devono sentire i comuni interessati.

4. Le modificazioni derivanti dalla revisione hanno effetto dall'anno successivo a quello di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del nuovo prospetto delle tariffe d'estimo.

4-bis. Il reddito dominicale delle superfici adibite alle colture prodotte in serra o alla funghicoltura, in mancanza della corrispondente qualità nel quadro di qualificazione catastale, è determinato mediante l'applicazione della tariffa d'estimo più alta in vigore nella provincia (2).

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(1) Al riguardo si rimanda:

- al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 604, per la revisione degli estimi del catasto dei terreni, il quale richiama il R.D. 8.10.1931, n. 1572, il R.D. 12.10.1933, n. 1539 e il R.D.L. 4.4.1939, n. 589;

- D.M. 11 novembre 1980 per la determinazione di nuove deduzioni fuori tariffa;

- D.L. 4 agosto 1987, n. 326 per le modificazioni derivanti da revisione delle tariffe dominicali.

Ai sensi dell'art. 2, c. 1, D.L. 23.1.1993, n. 16, conv. L. n. 75/93, fino al 31 dicembre 1993 continuano ad applicarsi le tariffe d'estimo e le rendite determinate in esecuzione del D.M. 20 gennaio 1990. I redditi dominicali sono rivalutati:

- dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 1994, del 37 per cento;

- dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 1995, del 55 per cento (art. 31, commi 1 e 2, L. 23 dicembre 1994, n. 724);

- successivamente e fino all'entrata in vigore dei nuovi estimi è stato previsto un ulteriore aumento dell'80 per cento (art. 3, commi 50 e 52, L. 23 dicembre 1996, n. 662).

(2) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 1, lett. d), D.L. 27 aprile 1990, n. 90, convertito con L. 26 giugno 1990, n. 165, con effetto a partire dalla dichiarazione dei redditi da presentare dal 1° maggio 1990 (art. 14, comma 3, D.L. n. 90/90, conv. con L. n. 165/90).

 

Art. 26

Variazioni del reddito dominicale

 

1. Dà luogo a variazioni del reddito dominicale in aumento la sostituzione della qualità di coltura allibrata in catasto con altra di maggiore reddito (1).

2. Danno luogo a variazioni del reddito dominicale in diminuzione:

a) la sostituzione della qualità di coltura allibrata in catasto con altra di minore reddito;

b) la diminuzione della capacità produttiva del terreno per naturale esaurimento o per altra causa di forza maggiore, anche se non vi è stato cambiamento di coltura, ovvero per eventi fitopatologici o entomologici interessanti le piantagioni.

3. Non si tiene conto delle variazioni dipendenti da deterioramenti intenzionali o da circostanze transitorie.

4. Le variazioni indicate nei commi 1 e 2 danno luogo a revisione del classamento dei terreni cui si riferiscono. Se a tali terreni non si possono attribuire qualità o classi già esistenti nel comune o nella sezione censuaria, si applicano le tariffe più prossime per ammontare fra quelle attribuite a terreni della stessa qualità di coltura ubicati in altri comuni o sezioni censuarie, purché in condizioni agrologicamente equiparabili. Tuttavia se detti terreni risultano di rilevante estensione o se la loro redditività diverge sensibilmente dalle tariffe applicate nel comune o nella sezione censuaria, si istituiscono per essi apposite qualità e classi, secondo le norme della legge catastale.

5. Quando si verificano variazioni a carattere permanente nello stato delle colture e in determinati comuni o sezioni censuarie, può essere in ogni tempo disposta con decreto del Ministro delle finanze, su richiesta della Commissione censuaria distrettuale o d'ufficio e in ogni caso previo parere della Commissione censuaria centrale, l'istituzione di nuove qualità e classi in sostituzione di quelle esistenti.

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(1) Al riguardo si rimanda all’art. 11-bis, comma 1, D.L. 14 marzo 1988, n. 70, conv. L. 13 maggio 1988, n. 154, il quale prevede il caso di mancanza di corrispondenza tra le colture praticate e quelle iscritte al catasto, e all’art. 1, comma 3, D.L. 27 aprile 1990, n. 90, conv. L. 26 giugno 1990, n. 165, il quale dispone l'allegazione alla dichiarazione dei redditi di copia della denuncia di variazione.

 

Art. 27

Denuncia e decorrenza delle variazioni

 

1. Le variazioni del reddito dominicale contemplate dai commi 1 e 2 dell'articolo 26 devono essere denunciate dal contribuente all'ufficio tecnico erariale (1). Nella denuncia devono essere indicate la partita catastale e le particelle cui le variazioni si riferiscono; se queste riguardano porzioni di particelle deve essere unita la dimostrazione grafica del frazionamento.

2. Le variazioni in aumento devono essere denunciate entro il 31 gennaio dell'anno successivo a quello in cui si sono verificati i fatti indicati nel comma 1 dell'articolo 26 e hanno effetto da tale anno (2).

3. Le variazioni in diminuzione hanno effetto dall'anno in cui si sono verificati i fatti indicati nel comma 2 dell'articolo 26 se la denuncia è stata presentata entro il 31 gennaio dell'anno successivo; se la denuncia è stata presentata dopo, dall'anno in cui è stata presentata (2).

4. Le variazioni del reddito dominicale contemplate dal comma 5 dell'articolo 26 hanno effetto dall'anno successivo a quello di pubblicazione del decreto nella Gazzetta Ufficiale.

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(1) L'art. 1, comma 2, dei DD.LL. 28 marzo 1989, n. 112, 29 maggio 1989, n. 200, 28 luglio 1989, n. 266 e 25 settembre 1989, n. 330, non convertiti in legge, prevedevano l'allegazione di un prospetto indicante gli estremi della denuncia alla dichiarazione dei redditi, con effetto dalle variazioni verificatesi dal periodo di imposta che inizia dopo il 31 dicembre 1988. L'art. 1, comma 3, del D.L. 27 aprile 1990, n. 90, conv. L. 26 giugno 1990, n. 165, prevede l'allegazione alla dichiarazione dei redditi di copia della denuncia delle variazioni. La stessa norma dispone la denuncia di variazioni verificatesi per periodi di imposta fino al 31 dicembre 1988.

(2) L'art. 1, comma 4, del D.L. n. 90/90, contiene la proroga del termine al 31 maggio 1990 per gli anni 1989 e 1990. La stessa disposizione era contenuta nei DD.LL. n. 383/89 e n. 40/90, non convertiti in legge.

 

Art. 28

Perdite per mancata coltivazione e per eventi naturali

 

1. Se un fondo rustico costituito per almeno due terzi da terreni qualificati come coltivabili a prodotti annuali non sia stato coltivato, neppure in parte, per un'intera annata agraria e per cause non dipendenti dalla tecnica agraria, il reddito dominicale, per l'anno in cui si è chiusa l'annata agraria, si considera pari al 30 per cento di quello determinato a norma dei precedenti articoli.

2. In caso di perdita, per eventi naturali, di almeno il 30 per cento del prodotto ordinario del fondo rustico preso a base per la formazione delle tariffe d'estimo, il reddito dominicale, per l'anno in cui si è verificata la perdita, si considera inesistente. L'evento dannoso deve essere denunciato dal possessore danneggiato entro tre mesi dalla data in cui si è verificato ovvero, se la data non sia esattamente determinabile, almeno quindici giorni prima dell'inizio del raccolto. La denuncia deve essere presentata all'ufficio tecnico erariale, che provvede all'accertamento della diminuzione del prodotto, sentito l'ispettorato provinciale della agricoltura, e la trasmette all'ufficio delle imposte.

3. Se l'evento dannoso interessa una pluralità di fondi rustici gli uffici tecnici erariali, su richiesta dei sindaci dei comuni interessati o di altri soggetti nell'interesse dei possessori danneggiati, sentiti gli ispettorati provinciali dell'agricoltura, provvedono alla delimitazione delle zone danneggiate e all'accertamento della diminuzione dei prodotti e trasmettono agli uffici delle imposte nel cui distretto sono situati i fondi le corografie relative alle zone delimitate, indicando le ditte catastali comprese in detta zona e il reddito dominicale relativo a ciascuna di esse.

4. Ai fini del presente articolo il fondo rustico deve essere costituito da particelle catastali riportate in una stessa partita e contigue l'una all'altra in modo da formare un unico appezzamento. La contiguità non si considera interrotta da strade, ferrovie e corsi d'acqua naturali o artificiali eventualmente interposti.

 

Art. 29

Reddito agrario

 

1. Il reddito agrario è costituito dalla parte del reddito medio ordinario dei terreni imputabile al capitale d'esercizio e al lavoro di organizzazione impiegati, nei limiti della potenzialità del terreno, nell'esercizio di attività agricole su di esso.

2. Sono considerate attività agricole (1):

a) le attività dirette alla coltivazione del terreno, alla silvicoltura (2);

b) l'allevamento di animali con mangimi ottenibili per almeno un quarto dal terreno e le attività dirette alla produzione di vegetali tramite l'utilizzo di strutture fisse o mobili, anche provvisorie, se la superficie adibita alla produzione non eccede il doppio di quella del terreno su cui la produzione stessa insiste (3);

c) le attività dirette alla manipolazione, trasformazione e alienazione di prodotti agricoli e zootecnici, ancorché non svolte sul terreno, che rientrino nell'esercizio normale dell'agricoltura secondo la tecnica che lo governa e che abbiano per oggetto prodotti ottenuti per almeno la metà dal terreno e dagli animali allevati su di esso.

3. Con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro dell'agricoltura e delle foreste, è stabilito per ciascuna specie animale il numero dei capi che rientra nei limiti di cui alla lettera b) del comma 2, tenuto conto della potenzialità produttiva dei terreni e delle unità foraggiere occorrenti a seconda della specie allevata (4).

4. Non si considerano produttivi di reddito agrario i terreni indicati nel comma 2 dell'articolo 24.

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(1) Si veda l’art. 2135 C.C., per la nozione di imprenditore agricolo, L. 5 dicembre 1985, n. 730, per la disciplina dell'agriturismo e L. 5 febbraio 1992, n. 102, per l'attività di acquacoltura.

(2) Lettera così modificata dall'art. 3, comma 4, lett. a), L. 23 dicembre 1996, n. 662, con effetto dal periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 1996.

(3) Lettera così sostituita dall'art. 3, comma 4, lett. a), L. 23 dicembre 1996, n. 662, con effetto dal periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 1996. Qualora si superi il limite indicato nella presente lettera, il reddito eccedente ricade nel reddito di impresa ai sensi dell'art. 78, comma 1.

(4) Al riguardo si rimanda al:

- D.M. 31 dicembre 1988 (anni 1988-1989);

- D.M. 21 dicembre 1990 (anni 1990-1991);

- D.M. 26 gennaio 1993 (anni 1992-1993);

- D.M. 14 febbraio 1995 (anni 1994-1995),

- D.M. 11 febbraio 1997 (anno 1996);

- D.M. 18 marzo 1998 (anni 1997-1998);

- D.M. 6 marzo 2000 (anni 1999-2000).

 

Art. 30

Imputazione del reddito agrario

 

1. Se il terreno è dato in affitto per uso agricolo, il reddito agrario concorre a formare il reddito complessivo dell'affittuario, anziché quello del possessore, a partire dalla data in cui ha effetto il contratto.

2. Nei casi di conduzione associata, salvo il disposto dell'articolo 5, il reddito agrario concorre a formare il reddito complessivo di ciascun associato per la quota di sua spettanza. Il possessore del terreno o l'affittuario deve allegare alla dichiarazione dei redditi un atto sottoscritto da tutti gli associati dal quale risultino la quota del reddito agrario spettante a ciascuno e la decorrenza del contratto. Mancando la sottoscrizione anche di un solo associato o l'indicazione della ripartizione del reddito si presume che questo sia ripartito in parti uguali.

 

Art. 31

Determinazione del reddito agrario

 

1. Il reddito agrario è determinato mediante l'applicazione di tariffe d'estimo stabilite per ciascuna qualità e classe secondo le norme della legge catastale (1).

2. Le tariffe d'estimo sono sottoposte a revisione secondo le disposizioni dell'art. 25. Alle revisioni si procede contemporaneamente a quelle previste nel detto articolo agli effetti del reddito dominicale.

3. Le revisioni del classamento disposte ai sensi degli artt. 26 e 27 valgono anche per i redditi agrari. Per i terreni condotti in affitto o in forma associata le denunce di cui all'art. 27 possono essere presentate anche dall'affittuario o da uno degli associati.

4. Per la determinazione del reddito agrario delle superfici adibite alle colture prodotte in serra o alla funghicoltura si applica la disposizione del comma 4-bis dell'articolo 25 (2).

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(1) Al riguardo si rimanda al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 604, per la revisione degli estimi del catasto dei terreni, il quale richiama il R.D. 8.10.1931, n. 1572, il R.D. 12.10.1933, n. 1539 e il R.D.L. 4.4.1939, n. 589. Vedasi, inoltre, il D.M. 11 novembre 1980 per la determinazione di nuove deduzioni fuori tariffa e il D.L. 4 agosto 1987, n. 326, conv. L. 3.10.1987, n. 403 per le modificazioni derivanti da revisione delle tariffe dominicali. Ai sensi dell'art. 2, c. 1, D.L. 23.1.1993, n. 16, conv. L. n. 75/93, fino al 31 dicembre 1993 continuavano ad applicarsi le tariffe d'estimo e le rendite determinate in esecuzione del D.M. 20 gennaio 1990. Per il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 1994, i redditi sono rivalutati del 32 per cento; per il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 1995, del 45 per cento (art. 31, commi 1 e 2, L. 23 ottobre 1994, n. 724) e fino all'entrata in vigore delle nuove tariffe, i redditi sono ulteriormente rivalutati del 70 per cento (art. 3, commi 50 e 52, L. 23 dicembre 1996, n. 662).

(2) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 1, lett. d), D.L. 27 aprile 1990, n. 90, convertito con L. 26 giugno 1990, n. 165, con effetto a partire dalla dichiarazione dei redditi da presentare dal 1° maggio 1990 (art. 14, comma 3, D.L. n. 90/90, conv. con L. n. 165/90).

 

Art. 32

Perdite per mancata coltivazione e per eventi naturali

 

1. Nelle ipotesi previste dall'articolo 28 il reddito agrario si considera inesistente.

 

Art. 33

Reddito dei fabbricati

 

1. Il reddito dei fabbricati è costituito dal reddito medio ordinario ritraibile da ciascuna unità immobiliare urbana.

2. Per unità immobiliari urbane si intendono i fabbricati e le altre costruzioni stabili o le loro porzioni suscettibili di reddito autonomo. Le aree occupate dalle costruzioni e quelle che ne costituiscono pertinenze si considerano parti integranti delle unità immobiliari (1).

3. Non si considerano produttive di reddito, se non sono oggetto di locazione, le unità immobiliari destinate esclusivamente all'esercizio del culto, compresi i monasteri di clausura purché compatibile con le disposizioni degli articoli 8 e 19 della Costituzione e le loro pertinenze (2). Non si considerano, altresì, produttive di reddito le unità immobiliari per le quali sono state rilasciate licenze, concessioni o autorizzazioni per restauro, risanamento conservativo o ristrutturazione edilizia, limitatamente al periodo di validità del provvedimento durante il quale l'unità immobiliare non è comunque utilizzata (3).

3-bis. Il reddito imputabile a ciascun condomino derivante dagli immobili di cui all'articolo 1117, n. 2, del codice civile oggetto di proprietà comune, cui è attribuita o attribuibile un'autonoma rendita catastale, non concorre a formare il reddito del contribuente se  d'importo non superiore a lire 50 mila (4).

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(1) Ai sensi dell'art. 817, C.C., sono pertinenze le cose destinate in modo durevole a servizio o ad ornamento di un'altra cosa.

(2) Periodo così modificato dall'art. 6, comma 1, L. 18 febbraio 1999, n. 28, con effetto dal 9 marzo 1999.

(3) Periodo aggiunto dall'art. 4, comma 1, lett. b), n. 1), D.L. 31 maggio 1994, n. 330, conv. L. 27 luglio 1994, n. 473, con effetto dal periodo di imposta in corso al 8.12.1993.

(4) Comma aggiunto dall'art. 4, comma 1, lett. b), n. 2), D.L. 31 maggio 1994, n. 330, conv. L. 27 luglio 1994, n. 473, con effetto dal periodo di imposta in corso al 8.12.1993.

 

Art. 34 (1)

Determinazione del reddito dei fabbricati

 

1. Il reddito medio ordinario delle unità immobiliari è determinato mediante l'applicazione delle tariffe d'estimo, stabilite secondo le norme della legge catastale per ciascuna categoria e classe, ovvero, per i fabbricati a destinazione speciale o particolare, mediante stima diretta (2).

2. Le tariffe d'estimo e i redditi dei fabbricati a destinazione speciale o particolare sono sottoposti a revisione quando se ne manifesti l'esigenza per sopravvenute variazioni di carattere permanente nella capacità di reddito delle unità immobiliari e comunque ogni dieci anni (3). La revisione è disposta con decreto del Ministro delle finanze previo parere della Commissione censuaria centrale e può essere effettuata per singole zone censuarie. Prima di procedervi gli uffici tecnici erariali devono sentire i comuni interessati.

3. Le modificazioni derivanti dalla revisione hanno effetto dall'anno di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del nuovo prospetto delle tariffe, ovvero, nel caso di stima diretta, dall'anno in cui è stato notificato il nuovo reddito al possessore iscritto in catasto. Se la pubblicazione o notificazione avviene oltre il mese precedente quello stabilito per il versamento dell'acconto di imposta, le modificazioni hanno effetto dall'anno successivo.

4. Il reddito delle unità immobiliari non ancora iscritte in catasto è determinato comparativamente a quello delle unità similari già iscritte.

4-bis. Qualora il canone risultante dal contratto di locazione, ridotto forfetariamente del 15 per cento, sia superiore al reddito medio ordinario di cui al comma 1, il reddito è determinato in misura pari a quello del canone di locazione al netto di tale deduzione. Per i fabbricati siti nella città di Venezia centro e nelle isole della Giudecca, di Murano e di Burano, la riduzione è elevata al 25 per cento (4).

4-ter. Se l'ammontare delle spese effettivamente sostenute in un anno e comprovate da idonea documentazione è superiore al 15 per cento del canone relativo all'anno medesimo, l'eccedenza può essere computata, sempre in misura tale da non superare complessivamente per ciascun periodo d'imposta il predetto limite percentuale, in diminuzione dei canoni di periodi di imposta successivi, ma non oltre il secondo (5).

4-quater. Dall'ammontare complessivo del reddito dell'unità immobiliare adibita ad abitazione principale delle persone fisiche e di quello delle sue pertinenze si deduce, fino a concorrenza dell'ammontare stesso, l'importo di unmilionecentomila lire rapportato al periodo dell'anno durante il quale sussiste tale destinazione ed in proporzione alla quota di possesso. Sono ricomprese tra le pertinenze le unità immobiliari classificate o classificabili nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, destinate ed effettivamente utilizzate in modo durevole a servizio delle unità immobiliari adibite ad abitazione principale delle persone fisiche. Per abitazione principale si intende quella nella quale la persona fisica che la possiede a titolo di proprietà, usufrutto o altro diritto reale e i suoi familiari dimorano abitualmente (6).

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(1) Le rendite catastali urbane sono rivalutate del 5 per cento (art. 3, comma 46, L. 23 dicembre 1996, n. 662).

(2) Al riguardo si rimanda:

- al D.M. 27 settembre 1991, per la determinazione delle tariffe d'estimo dei fabbricati per l'intero territorio nazionale;

- all’art. 2, comma 1, D.L. 23 gennaio 1993, n. 16, conv. L. 24 marzo 1993, n. 75, per l'applicazione delle tariffe d'estimo fino al 31 dicembre 1993;

- all’art. 11, comma 2, L. 30 dicembre 1991, n. 413, per la determinazione del reddito degli immobili di interesse storico o artistico;

- all’art. 8, comma 1, L. 9 dicembre 1998, n. 431, di seguito riportato: <<1. Nei comuni di cui all'articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1988, n. 551, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 1989, n. 61, e successive modificazioni, il reddito imponibile derivante al proprietario dai contratti stipulati o rinnovati ai sensi del comma 3 dell'articolo 2 a seguito di accordo definito in sede locale e nel rispetto dei criteri indicati dal decreto di cui al comma 2 dell'articolo 4, ovvero nel rispetto delle condizioni fissate dal decreto di cui al comma 3 del medesimo articolo 4, determinato ai sensi dell'articolo 34 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, è ulteriormente ridotto del 30 per cento. Per i suddetti contratti il corrispettivo annuo ai fini della determinazione della base imponibile per l'applicazione dell'imposta proporzionale di registro è assunto nella misura minima del 70 per cento.>>.

(3) Al riguardo si rimanda:

- al D.M. 20 gennaio 1990, per la revisione generale del catasto edilizio urbano;

- all’art. 4, comma 4, L. 29 dicembre 1990, n. 405, per gli effetti della revisione disposta con D.M. 20 gennaio 1990;

- al D.M. 18 marzo 1991, per la revisione della qualificazione, della classificazione e del classamento delle unità immobiliari urbane; art. 2, D.L. 23 gennaio 1993, n. 16, conv. L. 24 marzo 1993, n. 75, per la revisione generale delle unità immobiliari urbane.

(4) Comma aggiunto dalla L. 30 dicembre 1991, n. 413, art. 1 (con effetto dal 1° gennaio 1992) e successivamente sostituito dall'art. 4, comma 1, lett. c), D.L. 31 maggio 1994, n. 330, conv. L. 27 luglio 1994, n. 473 (con effetto dal periodo di imposta in corso al 8.12.1993).

(5) Comma aggiunto dalla L. 30 dicembre 1991, n. 413, art. 1 (con effetto dal 1° gennaio 1992) e successivamente abrogato dall'art. 4, comma 3, D.L. 31 maggio 1994, n. 330, conv. L. 27 luglio 1994, n. 473 (con effetto dal periodo di imposta in corso al 8.12.1993).

(6) Comma aggiunto dalla L. 24 dicembre 1993, n. 537, art. 15, comma 1 (con effetto dal periodo d’imposta in corso alla data 31 dicembre 1993) e successivamente abrogato dall'art. 18, comma 4, L. 13 maggio 1999, n. 133 (con effetto dal 18 maggio 1999).

 

Art. 35

Variazioni del reddito dei fabbricati

 

1. Se per un triennio il reddito lordo effettivo di una unità immobiliare differisce dalla rendita catastale per almeno il 50 per cento di questa, l'ufficio tecnico erariale, su segnalazione dell'ufficio delle imposte o del comune o su domanda del contribuente, procede a verifica ai fini del diverso classamento dell'unità immobiliare, ovvero, per i fabbricati a destinazione speciale o particolare, della nuova determinazione della rendita. Il reddito lordo effettivo è costituito dai canoni di locazione risultanti dai relativi contratti; in mancanza di questi, è determinato comparativamente ai canoni di locazione di unità immobiliari aventi caratteristiche similari e ubicate nello stesso fabbricato o in fabbricati viciniori.

2. Se la verifica interessa un numero elevato di unità immobiliari di una zona censuaria, il Ministro delle finanze, previo parere della Commissione censuaria centrale, dispone per l'intera zona la revisione del classamento e la stima diretta dei redditi dei fabbricati a destinazione speciale o particolare.

 

Art. 36

Decorrenza delle variazioni

 

1. Le variazioni del reddito risultanti dalle revisioni effettuate a norma dell'articolo 35 hanno effetto dal 1° gennaio dell'anno successivo al triennio in cui si sono verificati i presupposti per la revisione.

 

Art. 37

Fabbricati di nuova costruzione

 

1. Il reddito dei fabbricati di nuova costruzione concorre a formare il reddito complessivo dalla data in cui il fabbricato è divenuto atto all'uso cui è destinato o è stato comunque utilizzato dal possessore.

 

Art. 38 (1)

Unità immobiliari non locate

 

1. Se le unità immobiliari ad uso di abitazione, possedute in aggiunta a quelle adibite ad abitazione principale del possessore o dei suoi familiari o all'esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali da parte degli stessi, sono utilizzate direttamente, anche come residenze secondarie, dal possessore o dai suoi familiari o sono comunque tenute a propria disposizione, il reddito è aumentato di un terzo.

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(1) Articolo così sostituito dall'art. 4, co. 1, lett. d), D.L. 31 maggio 1994, n. 330, conv. L. 27 luglio 1994, n. 473, con effetto dal periodo di imposta in corso al 8.12.1993.

 

Art. 39

Costruzioni rurali

 

1. Non si considerano produttive di reddito di fabbricati le costruzioni o porzioni di costruzioni rurali, e relative pertinenze, appartenenti al possessore o all'affittuario dei terreni cui servono e destinate (1):

a) all'abitazione delle persone addette alla coltivazione della terra, alla custodia dei fondi, del bestiame e degli edifici rurali e alla vigilanza dei lavoratori agricoli, nonché dei familiari conviventi a loro carico, sempreché le caratteristiche dell'immobile siano rispondenti alle esigenze delle attività esercitate (2);

b) al ricovero degli animali di cui alla lettera b) del comma 2 dell'art. 29 e di quelli occorrenti per la coltivazione;

c) alla custodia delle macchine, degli attrezzi e delle scorte occorrenti per la coltivazione;

d) alla protezione delle piante, alla conservazione dei prodotti agricoli e alle attività di manipolazione e trasformazione di cui alla lettera c) del comma 2 dell'articolo 29.

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(1) Ai sensi dell'art. 817 c.c., sono pertinenze le cose destinate in modo durevole a servizio o ad ornamento di un'altra cosa.

(2) Lettera così sostituita dall'art. 1, comma 1, lett. f), D.L. 27 aprile 1990, n. 90, conv. L. 26 giugno 1990, n. 165, con effetto dal periodo d'imposta in corso al 1° maggio 1990 (art. 14, c. 1, D.L. n. 90/90, conv. con L. n. 165/90).

Ai sensi dell'art. 1, comma 5, D.L. 27 aprile 1990, n. 90, conv. L. 26 giugno 1990, n. 165 (sostituito dall'art. 70, comma 4, L. 30 dicembre 1991, n. 413), le costruzioni o porzioni di costruzioni iscritte al catasto terreni come rurali, destinate invece ad abitazioni di persone devono essere iscritte al catasto edilizio urbano entro il 31 dicembre 1993. Il D.M. 11 gennaio 1991 ha determinato le caratteristiche che debbono avere le costruzioni rurali.

 

Art. 40

Immobili non produttivi di reddito fondiario

 

1. Non si considerano produttivi di reddito fondiario gli immobili relativi ad imprese commerciali e quelli che costituiscono beni strumentali per l'esercizio di arti e professioni.

2. Ai fini delle imposte sui redditi si considerano strumentali gli immobili utilizzati esclusivamente per l'esercizio dell'arte o professione o dell'impresa commerciale da parte del possessore. Gli immobili relativi ad imprese commerciali che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni si considerano strumentali anche se non utilizzati o anche se dati in locazione o comodato salvo quanto disposto nell'articolo 77, comma 1. Si considerano, altresì, strumentali gli immobili di cui all’ultimo periodo del comma 1-bis dell’articolo 62 per il medesimo periodo temporale ivi indicato (1).

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(1) Comma così modificato dall'art. 2, comma 1, D.L. 27 aprile 1990, n. 90, conv. L. 26 giugno 1990, n. 165, con effetto a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data del 31 dicembre 1987 (art. 2, comma 2, D.L. n. 90/90, conv. con L. n. 165/90). L'ultimo periodo è stato aggiunto dall'art. 145, comma 99, L. 23 dicembre 2000, n. 388, con effetto dal 1° gennaio 2001.

L'art. 58, commi 2 e 3-bis, L. 30 dicembre 1991, n. 413 prevede, per l'imprenditore individuale e per gli enti pubblici e privati diversi dalle società che esercitano attività assistenziale, didattica, sanitaria e culturale, l'opzione per l'esclusione dei beni dall'impresa; l'art. 3, comma 7, D.L. 23 gennaio 1993, n. 16, conv. L. 24 marzo 1993, n. 75, ha prorogato, per l'imprenditore individuale, la presentazione della dichiarazione d'opzione al 20 giugno 1993, mentre per l'art. 1, comma 1, D.M. 29 settembre 1993, gli altri soggetti possono esercitare l'opzione fino al 18 dicembre 1993.

 

Capo III

 

REDDITI DI CAPITALE

 

Art. 41

Redditi di capitale

 

1. Sono redditi di capitale (1):

a) gli interessi e altri proventi derivanti da mutui, depositi e conti correnti;

b) gli interessi e gli altri proventi delle obbligazioni e titoli similari, degli altri titoli diversi azioni e titoli similari, nonché dei certificati di massa;

c) le rendite perpetue e le prestazioni annue perpetue di cui agli articoli 1861 e 1869 del codice civile;

d) i compensi per prestazioni di fideiussione di altra garanzia;

e) gli utili derivanti dalla partecipazione società ed enti soggetti all'imposta sul reddito persone giuridiche, salvo il disposto della lettera d) comma 2 dell'articolo 49;

f) gli utili derivanti da associazioni in partecipazione e dai contratti indicati nel primo comma l'articolo 2554 del codice civile, salvo il disposto della lettera c) del comma 2 dell'articolo 49;

g) i proventi derivanti dalla gestione, nell'interesse collettivo di pluralità di soggetti, di masse patrimoniali costituite con somme di denaro e beni affidati da terzi o provenienti dai relativi investimenti;

g-bis) i proventi derivanti da riporti e pronti contro termine su titoli e valute;

g-ter) i proventi derivanti dal mutuo di titoli garantito;

g-quater) i redditi compresi nei capitali corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione;

g-quinquies) i redditi derivanti dai rendimenti delle prestazioni pensionistiche di cui alla lettera h-bis) del comma 1, dell'articolo 47 erogate in forma periodica e delle rendite vitalizie aventi funzione previdenziale (2);

h) gli interessi e gli altri proventi derivanti da altri rapporti aventi per oggetto l'impiego del capitale, esclusi i rapporti attraverso cui possono essere realizzati differenziali positivi e negativi in dipendenza di un evento incerto.

2. Ai fini delle imposte sui redditi si considerano similari alle azioni i titoli di partecipazione al capitale di enti, diversi dalle società, soggetti all'imposta sul reddito delle persone giuridiche; si considerano similari alle obbligazioni:

a) i buoni fruttiferi e i certificati di deposito con scadenza non inferiore a diciotto mesi emessi da istituti o aziende di credito (3);

b) i buoni fruttiferi emessi da società esercenti la vendita a rate di autoveicoli, autorizzate ai sensi dell'articolo 29 del regio-decreto legge 15 marzo 1927, n. 436, convertito dalla legge 19 febbraio 1928, n. 510;

c) i titoli di massa che contengono l'obbligazione incondizionata di pagare alla scadenza una somma non inferiore a quella in essi indicata, con o senza la corresponsione di proventi periodici, e che non attribuiscono ai possessori alcun diritto di partecipazione diretta o indiretta alla gestione dell'impresa emittente o dell'affare in relazione al quale siano stati emessi, né di controllo sulla gestione stessa (4).

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(1) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 3, del D.Lgs. 21 novembre 1997, n. 461, a decorrere dal 1° luglio 1998.

(2) Lettera aggiunta dall’art. 10, comma 1, D.Lgs. 18 febbraio 2000, n. 47, con effetto dal 1° gennaio 2001.

(3) Lettera soppressa dall'art. 7, comma 1, D.L. 30 giugno 1996, n. 323, conv. L. 8 agosto 1996, n. 425, con effetto dal 20 giugno 1996.

(4) Lettera così sostituita dall'art. 1, comma 4, del D.Lgs. 21 novembre 1997, n. 461, a decorrere dal 1° luglio 1998.

 

Art. 42

Determinazione del reddito di capitale

 

1. Il reddito di capitale è costituito dall'ammontare degli interessi, utili o altri proventi percepiti nel periodo d'imposta, senza alcuna deduzione. Nei redditi di cui alle lettere a), b), f), e g) del comma 1 dell'articolo 41 è compresa anche la differenza tra la somma percepita o il valore normale dei beni ricevuti alla scadenza e il prezzo di emissione o la somma impiegata, apportata o affidata in gestione, ovvero il valore normale dei beni impiegati, apportati od affidati in gestione. I proventi di cui alla lettera g) del comma 1 dell'articolo 41 sono determinati valutando le somme impiegate, apportate o affidate in gestione nonché le somme percepite o il valore normale dei beni ricevuti, rispettivamente, secondo il cambio del giorno in cui le somme o i valori sono impiegati o incassati. Qualora la differenza tra la somma percepita od il valore normale dei beni ricevuti alla scadenza e il prezzo di emissione dei titoli o certificati indicati nella lettera b) del comma 1 dell'articolo 41 sia determinabile in tutto od in parte in funzione di eventi o di parametri non ancora certi o determinati alla data di emissione dei titoli o certificati, la parte di detto importo, proporzionalmente riferibile al periodo di tempo intercorrente fra la data di emissione e quella in cui l'evento od il parametro assumono rilevanza ai fini della determinazione della differenza, si considera interamente maturata in capo al possessore a tale ultima data. I proventi di cui alla lettera g-bis) del comma 1 dell'articolo 41 sono costituiti dalla differenza positiva tra i corrispettivi globali di trasferimento dei titoli e delle valute. Da tale differenza si scomputano gli interessi e gli altri proventi dei titoli, non rappresentativi di partecipazioni, maturati nel periodo di durata del rapporto, con esclusione dei redditi esenti dalle imposte sui redditi. I corrispettivi a pronti e a termine espressi in valuta estera sono valutati, rispettivamente, secondo il cambio del giorno in cui sono pagati o incassati. Nei proventi di cui alla lettera g-ter) si comprende, oltre al compenso per il mutuo, anche il controvalore degli interessi e degli altri proventi dei titoli, non rappresentativi di partecipazioni, maturati nel periodo di durata del rapporto (1).

2. Per i capitali dati a mutuo gli interessi, salvo prova contraria, si presumono percepiti alle scadenze e nella misura pattuite per iscritto. Se le scadenze non sono stabilite per iscritto gli interessi si presumono percepiti nell'ammontare maturato nel periodo di imposta. Se la misura non è determinata per iscritto gli interessi si computano al saggio legale.

3. Per i contratti di conto corrente e per le operazioni bancarie regolate in conto corrente si considerano percepiti anche gli interessi compensati a norma di legge o di contratto.

4. I capitali corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione costituiscono reddito per la parte corrispondente alla differenza tra l'ammontare percepito e quello dei premi pagati. Si considera corrisposto anche il capitale convertito in rendita a seguito di opzione .La predetta disposizione non si applica in ogni caso alle prestazioni erogate in forma di capitale ai sensi del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, e successive modificazioni ed integrazioni (2).

4-bis. Le somme od il valore normale dei beni distribuiti, anche in sede di riscatto o di liquidazione, dagli organismi d'investimento collettivo mobiliari, soggetti ad imposta sostitutiva sul risultato di gestione, nonché le somme od il valore normale dei beni percepiti in sede di cessione delle partecipazioni ai predetti organismi costituiscono proventi per un importo corrispondente alla differenza positiva tra l'incremento di valore delle azioni o quote rilevato alla data della distribuzione, riscatto, liquidazione o cessione e l'incremento di valore delle azioni o quote rilevato alla data di sottoscrizione od acquisto. L'incremento di valore delle azioni o quote è rilevato dall'ultimo prospetto predisposto dalla società di gestione (3).

4-ter. I redditi di cui alla lettera g-quinquies) del comma 1 dell'articolo 41 sono costituiti dalla differenza tra l'importo di ciascuna rata di rendita o di prestazione pensionistica erogata e quello della corrispondente rata calcolata senza tener conto dei rendimenti finanziari (4).

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(1) Comma così modificato dall’art. 9, D.Lgs. 23 dicembre 1999, n. 505, con applicazione a decorrere dai redditi di capitale divenuti esigibili a decorrere dal 1° luglio 2000.

(2) Comma così modificato prima dall’art. 13, comma 1, D.Lgs. 18 febbraio 2000, n. 47, con effetto dal 1° gennaio 2001 e successivamente dall'art. 10, comma 2), D.Lgs. 12 aprile 2001, n. 168, con decorrenza dal 1° gennaio 2001 (Art. 13, comma 2, D.Lgs. n. 168/2001).

(3) Comma aggiunto dall'art. 2, comma 1, lett. b) del D.Lgs. 21 novembre 1997, n. 461 (con decorrenza dal 1° luglio 1998) e successivamente modificato dall'art. 1, comma 1 del D.Lgs.16 giugno 1998, n. 201 (con decorrenza dal 1° luglio 1998).

(4) Comma aggiunto dall’art. 10, comma 1, D.Lgs. 18 febbraio 2000, n. 47, con effetto dal 1° gennaio 2001 e successivamente così sostituito dall'art. 7, comma 4, D.Lgs. 12 aprile 2001, n. 168, con decorrenza dal 1° gennaio 2001 (Art. 13, comma 2, D.Lgs. n. 168/2001).

 

Art. 43

Versamenti dei soci

 

1. Le somme versate alle società in nome collettivo e in accomandita semplice dai loro soci si considerano date a mutuo se dai bilanci allegati alle dichiarazioni dei redditi della società non risulta che il versamento è stato fatto ad altro titolo.

2. La disposizione del comma 1 vale anche per le somme versate alle associazioni e ai consorzi dai loro associati o partecipanti.

 

Art. 44

Utili da partecipazione in società ed enti

 

1. Non costituiscono utili le somme e i beni ricevuti dai soci delle società soggette all'imposta sul reddito delle persone giuridiche a titolo di ripartizione di riserve o altri fondi costituiti con sopraprezzi di emissione delle azioni o quote, con interessi di conguaglio versati dai sottoscrittori di nuove azioni o quote, con versamenti fatti dai soci a fondo perduto o in conto capitale e con saldi di rivalutazione monetaria esenti da imposta; tuttavia le somme o il valore normale dei beni ricevuti riducono il costo fiscalmente riconosciuto delle azioni o quote possedute (1).

2. In caso di aumento del capitale sociale mediante passaggio di riserve o altri fondi a capitale le azioni gratuite di nuova emissione e l'aumento gratuito del valore nominale delle azioni o quote già emesse non costituiscono utili per i soci. Tuttavia se e nella misura in cui l'aumento è avvenuto mediante passaggio a capitale di riserve o fondi diversi da quelli indicati nel comma 1, la riduzione del capitale esuberante successivamente deliberata è considerata distribuzione di utili; la riduzione si imputa con precedenza alla parte dell'aumento complessivo di capitale derivante dai passaggi a capitale di riserve o fondi diversi da quelli indicati nel comma 1, a partire dal meno recente, ferme restando le norme delle leggi in materia di rivalutazione monetaria che dispongono diversamente.

3. Le somme o il valore normale dei beni ricevuti dai soci in caso di recesso, di riduzione del capitale esuberante o di liquidazione anche concorsuale delle società ed enti costituiscono utile per la parte che eccede il prezzo pagato per l'acquisto o la sottoscrizione delle azioni o quote annullate. Il credito di imposta di cui all'articolo 14 spetta limitatamente alla parte dell'utile proporzionalmente corrispondente alle riserve, diverse da quelle indicate nel comma 1, anche se imputate a capitale. Resta ferma l'applicazione delle ritenute alla fonte sulle riserve, anche se imputate a capitale, diverse da quelle indicate nel comma 1, attribuite ai soci in dipendenza delle predette operazioni (2).

4. Le disposizioni del presente articolo valgono, in quanto applicabili, anche per gli utili derivanti dalla partecipazione in enti, diversi dalle società, soggetti all'imposta sul reddito delle persone giuridiche.

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(1) Comma così modificato dall'art. 1, comma 1, lett. d), D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, conv. L. 26 febbraio 1994, n. 133, con effetto dal periodo di imposta in corso al 30.12.1993.

(2) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 1, lett. e), D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, conv. L. 26 febbraio 1994, n. 133, con effetto dal periodo di imposta in corso al 30.12.1993.

 

Art. 45

Redditi imponibili ad altro titolo

 

1. Non costituiscono redditi di capitale gli interessi, gli utili e gli altri proventi di cui ai precedenti articoli conseguiti nell'esercizio di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice.

2. I proventi di cui al comma 1, quando non sono soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva, concorrono a formare il reddito complessivo come componenti del reddito d'impresa.

 

Capo IV

 

REDDITI DI LAVORO DIPENDENTE

 

Art. 46

Redditi di lavoro dipendente

 

1. Sono redditi di lavoro dipendente quelli che derivano da rapporti aventi per oggetto la prestazione di lavoro, con qualsiasi qualifica, alle dipendenze e sotto la direzione di altri, compreso il lavoro a domicilio quando è considerato lavoro dipendente secondo le norme della legislazione sul lavoro.

2. Costituiscono, altresì, redditi di lavoro dipendente:

a) le pensioni di ogni genere e gli assegni ad esse equiparati;

b) le somme di cui all'art. 429, ultimo comma, del codice di procedura civile (1).

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(1) Comma così sostituito dal D.Lgs. n. 314 del 2 settembre 1997, a decorrere dal 1° gennaio 1998.

 

Art. 47

Redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente

 

1. Sono assimilati ai redditi di lavoro dipendente:

a) i compensi percepiti, entro i limiti dei salari correnti maggiorati del venti per cento, dai lavoratori soci delle cooperative di produzione e lavoro, delle cooperative di servizi, delle cooperative agricole e di prima trasformazione dei prodotti agricoli e delle cooperative della piccola pesca;

b) le indennità e i compensi percepiti a carico di terzi dai prestatori di lavoro dipendente per incarichi svolti in relazione a tale qualità, ad esclusione di quelli che per clausola contrattuale devono essere riversati al datore di lavoro e di quelli che per legge devono essere riversati allo Stato;

c) le somme da chiunque corrisposte a titolo di borsa di studio o di assegno, premio o sussidio per fini di studio o di addestramento professionale, se il beneficiario non è legato da rapporti di lavoro dipendente nei confronti del soggetto erogante;

c-bis) le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione agli uffici di amministratore, sindaco o revisore di società, associazioni e altri enti con o senza personalità giuridica, alla collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili, alla partecipazione a collegi e commissioni, nonché quelli percepiti in relazione ad altri rapporti di collaborazione aventi per oggetto la prestazione di attività svolte senza vincolo di subordinazione a favore di un determinato soggetto nel quadro di un rapporto unitario e continuativo senza impiego di mezzi organizzati e con retribuzione periodica prestabilita, sempreché gli uffici o le collaborazioni non rientrino nei compiti istituzionali compresi nell’attività di lavoro dipendente di cui all’articolo 46, comma 1, concernente redditi di lavoro dipendente, o nell’oggetto dell’arte o professione di cui all’articolo 49, comma 1, concernente redditi di lavoro autonomo, esercitate dal contribuente (1);

d) le remunerazioni dei sacerdoti, di cui agli articoli 24, 33, lettera a), e 34 della legge 20 maggio 1985, n. 222, nonché le congrue e i supplementi di congrua di cui all'art. 33, comma 1, della legge 26 luglio 1974, n. 343;

e) i compensi per l'attività libero professionale intramuraria del personale dipendente del Servizio sanitario nazionale, del personale di cui all'articolo 102 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382 e del personale di cui all'articolo 6, comma 5, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni, nei limiti e alle condizioni di cui all'articolo 1, comma 7, della legge 23 dicembre 1996 n. 662 (2);

f) le indennità, i gettoni di presenza e gli altri compensi corrisposti dallo Stato, dalle regioni, dalle province e dai comuni per l'esercizio di pubbliche funzioni, nonché i compensi corrisposti ai membri delle commissioni tributarie, ai giudici di pace e agli esperti del tribunale di sorveglianza, ad esclusione di quelli che, per legge, debbono essere riversati allo Stato (3);

g) le indennità di cui all'art. 1 della legge 31 ottobre 1965, n. 1261, e all'art. 1 della legge 13 agosto 1979, n. 384, percepite dai membri del Parlamento nazionale e del Parlamento europeo e le indennità, comunque denominate, percepite per le cariche elettive e per le funzioni di cui agli artt. 114 e 135 della Costituzione e alla legge 27 dicembre 1985, n. 816, nonché i conseguenti assegni vitalizi percepiti in dipendenza dalla cessazione delle suddette cariche elettive e funzioni e l'assegno del Presidente della Repubblica (3);

h) le rendite vitalizie e le rendite a tempo determinato, costituite à titolo oneroso, diverse da quelle aventi funzione previdenziale. Le rendite aventi funzione previdenziale sono quelle derivanti da contratti di assicurazione sulla vita stipulati con imprese autorizzate dall'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private (ISVAP) ad operare nel territorio dello Stato, o quivi operanti in regime di stabilimento o di prestazioni di servizi, che non consentano il riscatto della rendita successivamente all'inizio dell'erogazione (4);

h-bis) le prestazioni pensionistiche di cui al decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, comunque erogate (5);

i) gli altri assegni periodici comunque denominati, alla cui produzione non concorrono attualmente né capitale né lavoro, compresi quelli indicati alle lettere c) e d) del comma 1 dell'art. 10 tra gli oneri deducibili ed esclusi quelli indicati alla lettera c) del comma 1 dell'art. 41 (6);

l) i compensi percepiti dai soggetti impegnati in lavori socialmente utili in conformità a specifiche disposizioni normative (7).

2. I redditi di cui alla lettera a) del comma 1 sono assimilati ai redditi di lavoro dipendente a condizione che la cooperativa sia iscritta nel registro prefettizio o nello schedario generale della cooperazione, che nel suo statuto siano inderogabilmente indicati i principi della mutualità stabiliti dalla legge e che tali principi siano effettivamente osservati.

3. Per i redditi indicati alle lettere e), f), g), h) e i) del comma 1 l'assimilazione ai redditi di lavoro dipendente non comporta le detrazioni previste dall'art. 13 (8).

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(1) Lettera aggiunta dall'art. 34, comma 1, lett. b), L. 21 novembre 2000, n. 342, con effetto dal 1° gennaio 2001.

(2) Lettera così modificata dal D.L. 1 ottobre 1996, n. 510, conv. L. n. 608/1996, art. 9, comma 20 (con effetto dal 17 ottobre 1996) e successivamente sostituita dal D.Lgs. 2 settembre 1997, n. 314, art. 1, comma 1 (con effetto dal 1° gennaio 1998).

(3) Lettera così modificata dal D.Lgs. 2 settembre 1997, n. 314, art. 2, comma 1, a decorrere dal 1° gennaio 1998.

(4) Lettera così modificata dall’art. 13, comma 1, D.Lgs. 18 febbraio 2000, n. 47, con effetto dal 1° gennaio 2001.

(5) Lettera aggiunta dall'art. 13, comma 7, D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, come modificato dalla L. 8.8.1995, n. 335, con effetto 17.8.1995 e successivamente sostituita dall’art. 10, comma 1, D.Lgs. 18 febbraio 2000, n. 47, con effetto dal 1° gennaio 2001.

(6) Lettera così modificata dall’art. 13, D.Lgs. 23 dicembre 1999, n. 505 con applicazione a decorrere dal 1° gennaio 2000.

(7) Lettera così sostituita dal D.Lgs. n. 314 del 2 settembre 1998, art. 2, comma 1, lett. a), a decorrere dal 1° gennaio 1998.

(8) Comma così modificato dal D.Lgs. n. 314 del 2 settembre, art. 2, comma 1, lett. b), con effetto dal 1° gennaio 1998.

 

Art. 48 (1)

Determinazione del reddito di lavoro dipendente

 

1. Il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d'imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro. Si considerano percepiti nel periodo d'imposta anche le somme e i valori in genere, corrisposti dai datori di lavoro entro il giorno 12 del mese di gennaio del periodo d'imposta successivo a quello cui si riferiscono.

2. Non concorrono a formare il reddito:

a) i contributi previdenziali e assistenziali versati dal datore di lavoro o dal lavoratore in ottemperanza a disposizioni di legge: i contributi di assistenza sanitaria versati dal datore di lavoro o dal lavoratore ad enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale per un importo non superiore complessivamente a lire 7.000.000 fino all'anno 2002 e a lire 6.000.000 per l'anno 2003, diminuite negli anni successivi in ragione di lire 500.000 annue fino a lire 3.500.000. Fermi restando i suddetti limiti, a decorrere dal 1° gennaio 2003 il suddetto importo è determinato dalla differenza tra lire 6.500.000 e l'importo dei contributi versati, entro i valori fissati dalla lett. e-ter) del comma 1 dell'articolo 10, ai Fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale istituiti o adeguati ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni (2);

b) le erogazioni liberali concesse in occasione di festività o ricorrenze alla generalità o a categorie di dipendenti non superiori nel periodo d'imposta a lire 500.000, nonché i sussidi occasionali concessi in occasione di rilevanti esigenze personali o familiari del dipendente e quelli corrisposti a dipendenti vittime dell'usura ai sensi della legge 7 marzo 1996, n. 108, o ammessi a fruire delle erogazioni pecuniarie a ristoro dei danni conseguenti a rifiuto opposto a richieste estorsive ai sensi del decreto-legge 31 dicembre 1991, n. 419, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 1992, n. 172;

c) le somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro, nonché quelle in mense organizzate direttamente dal datore di lavoro o gestite da terzi, o, fino all'importo complessivo giornaliero di lire 10.240, le prestazioni e le indennità sostitutive corrisposte agli addetti ai cantieri edili, ad altre strutture lavorativo a carattere temporaneo o ad unità produttive ubicate in zone dove manchino strutture o servizi di ristorazione (3);

d) le prestazioni di servizi di trasporto collettivo alla generalità o a categorie di dipendenti; anche se affidate a terzi ivi compresi gli esercenti servizi pubblici;

e) i compensi reversibili di cui alle lettere b) ed f) del comma 1 dell'articolo 47;

f) l'utilizzazione delle opere e dei servizi di cui al comma 1 dell'articolo 65 da parte dei dipendenti e dei soggetti indicati nell'articolo 12 (4);

f-bis) le somme erogate dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per frequenza di asili nido e di colonie climatiche da parte dei familiari indicati nell'articolo 12, nonché per borse di studio a favore dei medesimi familiari (4);

g) il valore delle azioni offerte alla generalità dei dipendenti per un importo non superiore complessivamente nel periodo d'imposta a lire 4 milioni, a condizione che non siano riacquistate dalla società emittente o dal datore di lavoro o comunque cedute prima che siano trascorsi almeno tre anni dalla percezione; qualora le azioni siano cedute prima del predetto termine, l'importo che non ha concorso a formare il reddito al momento dell'acquisto è assoggettato a tassazione nel periodo d'imposta in cui avviene la cessione (5);

g-bis) la differenza tra il valore delle azioni al momento dell'assegnazione e l'ammontare corrisposto dal dipendente, a condizione che il predetto ammontare sia almeno pari al valore delle azioni stesse alla data dell'offerta; se le partecipazioni, i titoli o i diritti posseduti dal dipendente rappresentano una percentuale di diritti di voto esercitabili nell'assemblea ordinaria o di partecipazione al capitale o al patrimonio superiore al 50 per cento, la predetta differenza concorre in ogni caso interamente a formare il reddito (5);

h) le somme trattenute al dipendente per oneri di cui all'articolo 10 e alle condizioni ivi previste. nonché le erogazioni effettuate dal datore di lavoro in conformità a contratti collettivi o ad accordi e regolamenti aziendali a fronte delle spese sanitarie di cui allo stesso articolo 10, comma 1, lettera b). Gli importi delle predette somme ed erogazioni devono essere attestate dal datore di lavoro;

i) le mance percepite dagli impiegati tecnici delle case da gioco (croupiers) direttamente o per effetto del riparto a cura di appositi organismi costituiti all'interno dell'impresa nella misura del 25 per cento dell'ammontare percepito nel periodo d'imposta.

2-bis. Le disposizioni di cui alle lettere g) e g-bis) del comma 2 si applicano esclusivamente alle azioni emesse dall'impresa con la quale il contribuente intrattiene il rapporto di lavoro, nonché a quelle emesse da società che direttamente o indirettamente, controllano la medesima impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l'impresa (6).

3. Ai fini della determinazione in denaro dei valori di cui al comma 1, compresi quelli dei beni ceduti e dei servizi prestati al coniuge del dipendente o a familiari indicati nell'articolo 12, o il diritto di ottenerli da terzi si applicano le disposizioni relative alla determinazione del valore normale dei beni e dei servizi contenute nell'articolo 9. Il valore normale dei generi in natura prodotti dall'azienda e ceduti ai dipendenti e determinato in misura pari al prezzo mediamente praticato della stessa azienda nelle cessioni al grossista. Non concorre a formare il reddito il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati se complessivamente di importo non superiore nel periodo d'imposta a lire 500.000; se il predetto valore è superiore al citato limite, lo stesso concorre interamente a formare il reddito.

4. Ai fini dell'applicazione del comma 3:

a) per gli autoveicoli indicati nell'articolo 54 comma 1, lettere a), c) e m), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, i motocicli e i ciclomotori concessi in uso promiscuo, si assume il 30 per cento dell'importo corrispondente ad una percorrenza convenzionale di 15 mila chilometri calcolato sulla base del costo chilometrico di esercizio desumibile dalle tabelle nazionali che l'Automobile club d'Italia deve elaborare entro il 30 novembre di ciascun anno e comunicare al Ministero delle finanze che provvede alla pubblicazione entro il 31 dicembre, con effetto dal periodo d'imposta successivo, al netto degli ammontari eventualmente trattenuti al dipendente;

b) in caso di concessione di prestiti si assume il 50 per cento della differenza tra l'importo degli interessi calcolato al tasso ufficiale di sconto vigente al termine di ciascun anno e l'importo degli interessi calcolato al tasso applicato sugli stessi. Tale disposizione non si applica per i prestiti stipulati anteriormente al 1° gennaio 1997, per quelli di durata inferiore ai dodici mesi concessi, a seguito di accordi aziendali, dal datore di lavoro ai dipendenti in contratto di solidarietà o in cassa integrazione guadagni o a dipendenti vittime dell'usura ai sensi della legge 7 marzo 1996, n. 108, o ammessi a fruire delle erogazioni pecuniarie a ristoro dei danni conseguenti a rifiuto opposto a richieste estorsive ai sensi del decreto-legge 31 dicembre 1991, n. 419, convertito con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 1992, n. 172 (7);

c) per i fabbricati concessi in locazione, in uso o in comodato, si assume la differenza tra la rendita catastale del fabbricato aumentata di tutte le spese inerenti il fabbricato stesso, comprese le utenze non a carico dell'utilizzatore e quanto corrisposto per il godimento del fabbricato stesso. Per i fabbricati concessi in connessione all'obbligo di dimorare nell'alloggio stesso, si assume il 30 per cento della predetta differenza. Per i fabbricati che non devono essere iscritti nel catasto si assume la differenza tra il valore del canone di locazione determinato in regime vincolistico o, in mancanza, quello determinato in regime di libero mercato, e quanto corrisposto per il godimento del fabbricato.

5. Le indennità percepite per le trasferte o le missioni fuori del territorio comunale concorrono a formare il reddito per la parte eccedente lire 90.000 al giorno, elevate a lire 150.000 per le trasferte all'estero, al netto delle spese di viaggio e di trasporto, in caso di rimborso delle spese di alloggio, ovvero di quelle di vitto, o di alloggio o vitto fornito gratuitamente il limite è ridotto di un terzo. Il limite è ridotto di due terzi in caso di rimborso sia delle spese di alloggio che di quelle di vitto. In caso di rimborso analitico delle spese per trasferte o missioni fuori del territorio comunale non concorrono a formare il reddito i rimborsi di spese documentate relative al vitto, all'alloggio, al viaggio e al trasporto, nonché i rimborsi di altre spese anche non documentabili, eventualmente sostenute dai dipendente, sempre in occasione di dette trasferte o missioni, fino all'importo massimo giornaliero di lire 30.000. elevate a lire 50.000 per le trasferte all'estero. Le indennità o i rimborsi di spese per le trasferte nell'ambito del territorio comunale, tranne i rimborsi di spese di trasporto comprovate da documenti provenienti dal vettore, concorrono a formare il reddito.

6. Le indennità e le maggiorazioni di retribuzione spettanti ai lavoratori tenuti per contratto all'espletamento delle attività lavorative in luoghi sempre variabili e diversi, anche se corrisposte con carattere di continuità, le indennità di navigazione e di volo previste dalla legge o dal contratto collettivo, nonché le indennità di cui all'articolo 133 del decreto del Presidente della Repubblica 15 dicembre 1959, n. 1229 concorrono a formare il reddito nella misura del 50 per cento del loro ammontare. Con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, possono essere individuate categorie di lavoratori e condizioni di applicabilità della presente disposizione (8).

7. Le indennità di trasferimento, quelle di prima sistemazione e quelle equipollenti, non concorrono a formare il reddito nella misura del 50 per cento del loro ammontare per un importo complessivo annuo non superiore a lire 3 milioni per i trasferimenti all'interno del territorio nazionale e 9 milioni per quelli fuori dal territorio nazionale o a destinazione in quest'ultimo. Se le indennità in questione, con riferimento allo stesso trasferimento, sono corrisposte per più anni, la presente disposizione si applica solo per le indennità corrisposte per il primo anno. Le spese di viaggio, ivi comprese quelle dei familiari fiscalmente a carico ai sensi dell'articolo 12, e di trasporto delle cose, nonché le spese e gli oneri sostenuti dal dipendente in qualità di conduttore, per recesso dal contratto di locazione in dipendenza dell'avvenuto trasferimento della sede di lavoro, se rimborsate dal datore di lavoro e analiticamente documentate, non concorrono a formare il reddito anche se in caso di contemporanea erogazione delle suddette indennità.

8. Gli assegni di sede e le altre indennità percepite per servizi prestati all'estero costituiscono reddito nella misura del 50 per cento. Se per i servizi prestati all'estero dai dipendenti delle amministrazioni statali la legge prevede la corresponsione di una indennità base e di maggiorazioni ad esse collegate concorre a formare il reddito la sola indennità base nella misura dei 50 per cento. Qualora l'indennità per servizi prestati all'estero comprenda emolumenti spettanti anche con riferimento all'attività prestata nel territorio nazionale la riduzione compete solo sulla parte eccedente gli emolumenti predetti. L'applicazione di questa disposizione esclude l'applicabilità di quella di cui al comma 5.

8-bis. In deroga alle disposizioni dei commi da 1 a 8, il reddito di lavoro dipendente, prestato all’estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto da dipendenti che nell’arco di dodici mesi soggiornano nello Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni, è determinato sulla base delle retribuzioni convenzionali definite annualmente con il decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale di cui all’articolo 4, comma 1, del decreto-legge 31 luglio 1987, n. 317, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 ottobre 1987, n. 398 (9).

9. Gli ammontari degli importi che ai sensi del presente articolo non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente possono essere rivalutati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, quando la variazione percentuale del valore medio dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati relativo al periodo di dodici mesi terminante al 31 agosto supera il 2 per cento rispetto al valore medio del medesimo indice rilevato con riferimento allo stesso periodo dell'anno 1998. A tal fine, entro il 30 settembre, si provvede alla ricognizione della predetta percentuale di variazione. Nella legge finanziaria relativa all'anno per il quale ha effetto il suddetto decreto si farà fronte all'onere derivante dall'applicazione del medesimo decreto.

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(1) Articolo così sostituito dal D.Lgs. n. 314 del 2 settembre 1997, art. 3, a decorrere dal 1° gennaio 1998.

(2) Lettera così modificata prima dall’art. 1, comma 1, lett. b), D.Lgs. 18 febbraio 2000, n. 41 e successivamente dall’art. 1, comma 1, D.Lgs. 18 febbraio 2000, art. 47, con effetto dal 1° gennaio 2001.

(3) Lettera così modificata ex art. 4, comma 1, D.Lgs. 23 marzo 1998, n. 56, con effetto dal 1° gennaio 1998.

(4) Le presenti lettere f) e f-bis) così sostituiscono la precedente lettera f) ai sensi dell’art. 13, D.Lgs. 23 dicembre 1999, n. 505 con applicazione a decorrere dal 1° gennaio 2000.

(5) Le presenti lettere g) e g-bis) così sostituiscono la precedente lettera f) ai sensi dell’art. 13, D.Lgs. 23 dicembre 1999, n. 505 con applicazione a decorrere dal 1° gennaio 2000. Le disposizioni di cui alle presenti lettere non si applicano alle assegnazioni di titoli effettuate anteriormente alla predetta data, nonché a quelle derivanti dall'esercizio di opzioni attribuite dal 1° gennaio 1998 fino al 15 gennaio 2000.

(6) Comma aggiunto dall’art. 13, D.Lgs. 23 dicembre 1999, n. 505 con applicazione a decorrere dal 1° gennaio 2000. Le disposizioni di cui alle presenti lettere non si applicano alle assegnazioni di titoli effettuate anteriormente alla predetta data, nonché a quelle derivanti dall'esercizio di opzioni attribuite dal 1° gennaio 1998 fino al 15 gennaio 2000.

(7) Lettera così modificata dall’art. 13, D.Lgs. 23 dicembre 1999, n. 505 con applicazione a decorrere dal 1° gennaio 2000.

(8) La modifica apportata al presente comma dall'art. 1, comma 1, D.L. 22 giugno 2000, n. 167 è venuta meno in sede di conversione del decreto citato (cfr. L. 10 agosto 2000, n. 229).

(9) Comma aggiunto dall'art. 36, comma 1, L. 21 novembre 2000, n. 342, con effetto dal 10 dicembre 2000. Tale comma deve interpretarsi nel senso che per i lavoratori marittimi italiani imbarcati su navi battenti bandiera estera, per i quali, ai sensi dell'articolo 4, comma 1, e dell'articolo 5, comma 3, del decreto-legge 31 luglio 1987, n. 317, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 ottobre 1987, n. 398, non è applicabile il calcolo sulla base della retribuzione convenzionale, continua ad essere escluso dalla base imponibile fiscale il reddito derivante dall'attività prestata su tali navi per un periodo superiore a 183 giorni nell'arco di dodici mesi. I lavoratori marittimi percettori del suddetto reddito non possono in alcun caso essere considerati fiscalmente a carico e, se richiedono prestazioni sociali agevolate alla pubblica amministrazione, sono comunque tenuti a dichiararlo all'ufficio erogatore della prestazione, ai fini della valutazione della propria situazione economica (art. 5, comma 5, L. 16 marzo 2001, n. 88).

 

Art. 48-bis (1)

Determinazione dei redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente

 

1. Ai fini della determinazione dei redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente si applicano le disposizioni dell'articolo 48 salvo quanto di seguito specificato:

a) ai fini della determinazione del reddito di cui alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 47, i contributi versati alle forme pensionistiche complementari previste dal decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124 dai lavoratori soci o dalle cooperative di produzione e lavoro non concorrono a formare il reddito fino ad un importo non superiore al 6 per cento, e comunque a 5 milioni di lire, dell'imponibile rilevante ai fini della contribuzione previdenziale obbligatoria (2);

a-bis) ai fini della determinazione del reddito di cui alla lettera e) del comma 1 dell'articolo 47, i compensi percepiti dal personale dipendente del Servizio sanitario nazionale per l'attività libero-professionale intramuraria, esercitata presso studi professionali privati a seguito di autorizzazione del direttore generale dell'azienda sanitaria, costituiscono reddito nella misura del 75 per cento (3);

b) ai fini della determinazione delle indennità di cui alla lettera g) del comma 1 dell'articolo 47, non concorrono, altresì, a formare il reddito le somme erogate ai titolari di cariche elettive pubbliche, nonché a coloro che esercitano le funzioni di cui agli articoli 114 e 135 della Costituzione, a titolo di rimborso di spese purché l'erogazione di tali somme e i relativi criteri siano disposti dagli organi competenti a determinare i trattamenti dei soggetti stessi. Gli assegni vitalizi di cui alla predetta lettera g) del comma 1 dell'articolo 47, sono assoggettati a tassazione per la quota parte che non deriva da fonti riferibili a trattenute effettuate al percettore già assoggettate a ritenute fiscali. Detta quota parte è determinata, per ciascun periodo d'imposta, in misura corrispondente al rapporto complessivo delle trattenute effettuate, assoggettate a ritenute fiscali, e la spesa complessiva per assegni vitalizi. Il rapporto va effettuato separatamente dai distinti soggetti erogatori degli assegni stessi, prendendo a base ciascuno i propri elementi;

c) per le rendite e gli assegni indicati alle lettere h) e i) del comma 1 dell'articolo 47 non si applicano le disposizioni del predetto articolo 48. Le predette rendite e assegni si presumono percepiti, salvo prova contraria nella misura e alle scadenze risultanti dai relativi titoli. Le rendite costituiscono reddito per il 60 per cento dell'ammontare lordo percepito nel periodo d'imposta (4);

d) per le prestazioni pensionistiche di cui alla lettera h-bis) del comma 1, dell'articolo 47, erogate in forma periodica non si applicano le disposizioni del richiamato articolo 48. Le stesse si assumono al netto della parte corrispondente ai redditi già assoggettati ad imposta e di quelli di cui alla lettera g-quinquies) del comma 1, dell'articolo 41, se determinabili (5);

d-bis) i compensi di cui alla lettera l) del comma 1 dell'articolo 47, percepiti dai soggetti che hanno raggiunto l'età prevista dalla vigente legislazione per la pensione di vecchiaia e che possiedono un reddito complessivo di importo non superiore a lire 18 milioni al netto della deduzione prevista dall'articolo 10, comma 3-bis per l'unità immobiliare adibita ad abitazione principale e per le relative pertinenze, costituiscono reddito per la parte che eccede complessivamente nel periodo d'imposta lire sei milioni (6);

d-ter) per le prestazioni pensionistiche di cui alla lettera h-bis) del comma 1, dell'articolo 47, erogate in forma capitale a seguito di riscatto della posizione individuale ai sensi dell'articolo 10, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, diverso da quello esercitato a seguito di pensionamento o di cessazione del rapporto di lavoro per mobilità o per altre cause non dipendenti dalla volontà delle parti, non si applicano le disposizioni del richiamato articolo 48. Le stesse assumono al netto dei redditi già assoggettati ad imposta, se determinabili (7);

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(1) Articolo aggiunto dall’art. 3, comma 1 del D.Lgs. 2 settembre 1997, n. 314, con effetto dal 1° gennaio 1998.

(2) Lettera soppressa dall’art. 1, comma 1, D.Lgs. 18 febbraio 2000, n. 47, con effetto dal 1° gennaio 2001.

(3) Lettera aggiunta dall’art. 6, comma 1, lett. i), L. 23 dicembre 1999, n. 488. La percentuale contenuta nel presente comma è stata così modificata dall'art. 2, comma 1, lett. i), L. 23 dicembre 2000, n. 388, a decorrere dal periodo d'imposta 2001. In precedenza era del 90%.

(4) Periodo abrogato dall’art. 13, comma 1, D.Lgs. 18 febbraio 2000, n. 47, con effetto dal 1° gennaio 2001.

(5) Lettera così sostituita dall’art. 10, comma 1, D.Lgs. 18 febbraio 2000, n. 47, con effetto dal 1° gennaio 2001.

(6) Lettera aggiunta dall’art. 13, D.Lgs. 23 dicembre 1999, n. 505, con applicazione a decorrere dal 1° gennaio 2000.

(7) Lettera aggiunta dall’art. 10, comma 1, D.Lgs. 18 febbraio 2000, n. 47, con effetto dal 1° gennaio 2001 e successivamente così modificata dall'art. 7, comma 3, D.Lgs. 12 aprile 2001, n. 168, con decorrenza dal 1° gennaio 2001 (Art. 13, comma 2, D.Lgs. n. 168/2001).

 

Capo V

 

REDDITI DI LAVORO AUTONOMO

 

Art. 49

Redditi di lavoro autonomo

 

1. Sono redditi di lavoro autonomo quelli che derivano dall'esercizio di arti e professioni. Per esercizio di arti e professioni si intende l'esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di attività di lavoro autonomo diverse da quelle considerate nel capo VI, compreso l'esercizio in forma associata di cui alla lettera c) del comma 3 dell'art. 5.

2. Sono inoltre redditi di lavoro autonomo:

a) i redditi derivanti dagli uffici di amministratore, sindaco o revisore di società, associazioni e altri enti con o senza personalità giuridica, dalla collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili, dalla partecipazione a collegi e commissioni e da altri rapporti di collaborazione coordinata e continuativa. Si considerano tali i rapporti aventi per oggetto la prestazione di attività, non rientranti nell'oggetto dell'arte o professione esercitata dal contribuente ai sensi del comma 1, che pur avendo contenuto intrinsecamente artistico o professionale sono svolte senza vincolo di subordinazione a favore di un determinato soggetto nel quadro di un rapporto unitario e continuativo senza impiego di mezzi organizzati e con retribuzione periodica prestabilita (1);

b) i redditi derivanti dalla utilizzazione economica, da parte dell'autore o inventore, di opere dell'ingegno, di brevetti industriali e di processi, formule o informazioni relativi ad esperienze acquisite in campo industriale, commerciale, o scientifico, se non sono conseguiti nell'esercizio di imprese commerciali;

c) le partecipazioni agli utili di cui alla lettera f) del comma 1 dell'articolo 41 quando l'apporto è costituito esclusivamente dalla prestazione di lavoro;

d) le partecipazioni agli utili spettanti ai promotori e ai soci fondatori di società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata;

e) le indennità per la cessazione di rapporti di agenzia;

f) i redditi derivanti dall'attività di levata dei protesti esercitata dai segretari comunali ai sensi della legge 12 giugno 1973, n. 349 (2).

3. Per i redditi derivanti dalle prestazioni sportive oggetto di contratto di lavoro autonomo, di cui alla legge 23 marzo 1981, n. 91, si applicano le disposizioni relative ai redditi indicati alla lettera a) del comma 2.

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(1) Lettera abrogata dall'art. 34, comma 1, lett. d), L. 21 novembre 2000, n. 342, con effetto dal 1° gennaio 2001.

(2) Lettera aggiunta dall'art. 4, comma 1, lett. a), D.L. 14 marzo 1988, n. 70, conv. L. n. 154/88, in vigore dal periodo di imposta iniziato successivamente al 31.12.1987.

 

Art. 50

Determinazione del reddito di lavoro autonomo

 

1. Il reddito derivante dall'esercizio di arti e professioni è costituito dalla differenza tra l'ammontare dei compensi in denaro o in natura percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di partecipazione agli utili, e quello delle spese sostenute nel periodo stesso nell'esercizio dell'arte o della professione, salvo quanto stabilito nei successivi commi. I compensi sono computati al netto dei contributi previdenziali e assistenziali stabiliti dalla legge a carico del soggetto che li corrisponde.

2. Per i beni strumentali per l'esercizio dell'arte o professione esclusi gli immobili e gli oggetti d'arte, di antiquariato o da collezione di cui al comma 5 sono ammesse in deduzione quote annuali di ammortamento non superiori a quelle risultanti dall'applicazione al costo dei beni dei coefficienti stabiliti, per categorie di beni omogenei, con decreto del Ministro delle finanze (1). È tuttavia consentita la deduzione integrale, nel periodo di imposta in cui sono state sostenute, delle spese di acquisizione di beni strumentali il cui costo unitario non sia superiore a 1 milione di lire. La deduzione dei canoni di locazione finanziaria di beni mobili è ammessa a condizione che la durata del contratto non sia inferiore alla metà del periodo di ammortamento, corrispondente al coefficiente stabilito nel predetto decreto. Per gli immobili strumentali per l'esercizio dell'arte o professione utilizzati in base a contratto di locazione finanziaria è ammesso in deduzione un importo pari alla rendita catastale. I canoni di locazione finanziaria di beni mobili sono deducibili nel periodo di imposta in cui maturano. Le spese relative all'ammodernamento, alla ristrutturazione e alla manutenzione straordinaria di immobili utilizzati nell'esercizio di arti e professioni sono deducibili in quote costanti nel periodo d'imposta in cui sono sostenute e nei quattro successivi (2).

3. Le spese relative all'acquisto di beni mobili diversi da quelli indicati nel comma 4 adibiti promiscuamente all'esercizio dell'arte o professione e all'uso personale o familiare del contribuente sono ammortizzabili, o deducibili se il costo unitario non è superiore a 1 milione di lire, nella misura del 50 per cento; nella stessa misura sono deducibili i canoni di locazione anche finanziaria e di noleggio e le spese relativi all'impiego di tali beni (3). Per gli immobili utilizzati promiscuamente è deducibile una somma pari al 50 per cento della rendita catastale anche se utilizzati in base a contratto di locazione finanziaria, ovvero una somma pari al 50 per cento del canone di locazione a condizione che il contribuente non disponga nel medesimo comune di altro immobile adibito esclusivamente all'esercizio dell'arte o professione (4). Nella stessa misura sono deducibili le spese per i servizi relativi a tali immobili nonché quelle relative all'ammodernamento, ristrutturazione e manutenzione straordinaria degli immobili utilizzati (5).

3-bis. Le quote di ammortamento, i canoni di locazione finanziaria o di noleggio e le spese di impiego e manutenzione relativi ad apparecchiature terminali per il servizio radiomobile pubblico terrestre di comunicazione soggette alla tassa di cui al n. 131 della tariffa annessa al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 641, sono deducibili nella misura del 50 per cento (6).

4. Non sono deducibili le quote di ammortamento, i canoni di locazione anche finanziaria o di noleggio e le spese di impiego, custodia e manutenzione relativi agli aeromobili da turismo, alle navi o imbarcazioni da diporto, ai motocicli con motore di cilindrata superiore a 350 centimetri cubici e alle autovetture e autoveicoli indicati nell'articolo 54, comma 1, lettere a) e c) e m), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, con motore di cilindrata superiore a 2000 centimetri cubici o con motore diesel di cilindrata superiore a 2500 centimetri cubici. Per i ciclomotori, nonché per i motocicli, le autovetture o autoveicoli di cilindrata non superiore a quella indicata nel periodo precedente, la deduzione è ammessa nella misura del 50 per cento e limitatamente ad un solo automezzo o nel caso di esercizio dell'arte o professione in forma associata o da parte di società semplici, a un solo automezzo per ciascun associato o socio (7).

5. Le spese relative a prestazioni alberghiere e a somministrazioni di alimenti e bevande in pubblici esercizi sono deducibili per un importo complessivamente non superiore al 2 per cento dell'ammontare dei compensi percepiti nel periodo di imposta. Le spese di rappresentanza sono deducibili nei limiti dell'1 per cento dei compensi percepiti nel periodo d'imposta. Sono comprese nelle spese di rappresentanza anche quelle sostenute per l'acquisto o l'importazione di oggetti di arte, di antiquariato o da collezione, anche se utilizzati come beni strumentali per l'esercizio dell'arte o professione, nonché quelle sostenute per l'acquisto o l'importazione di beni destinati ad essere ceduti a titolo gratuito; le spese di partecipazione a convegni, congressi e simili o a corsi di aggiornamento professionale, incluse quelle di viaggio e soggiorno sono deducibili nella misura del 50 per cento del loro ammontare (8).

6. Tra le spese per prestazioni di lavoro deducibili si comprendono, salvo il disposto di cui al comma 6-bis, anche le quote di indennità di cui alle lettere a) e c) del comma 1 dell'articolo 16 maturate nel periodo di imposta. Le spese di vitto e alloggio sostenute per le trasferte effettuate fuori dal territorio comunale dai lavoratori dipendenti degli esercenti arti e professioni sono deducibili nelle misure previste dal comma 1-ter dell'articolo 62 (9).

6-bis. Non sono ammesse deduzioni per i compensi al coniuge, ai fini, affidati o affiliati, minori di età o permanentemente inabili al lavoro, nonché agli ascendenti dell'artista o professionista ovvero dei soci o associati per il lavoro prestato o l'opera svolta nei confronti dell'artista o professionista ovvero della società o associazione. I compensi non ammessi in deduzione non concorrono a formare il reddito complessivo dei percipienti (10).

7. Se l'ammontare dei compensi percepiti nel periodo d'imposta precedente non è superiore a 18 milioni di lire, il reddito è determinato, in deroga alle disposizioni dei precedenti commi, applicando all'ammontare dei compensi il coefficiente di redditività dell'82 per cento. Se nel corso del periodo di imposta l'ammontare dei compensi percepiti supera i 18 milioni di lire, il reddito imponibile, determinato ai sensi dei commi da primo a sesto, non può essere, in ogni caso, inferiore all'82 per cento di 18 milioni. Il contribuente può non avvalersi della presente disposizione optando per la determinazione del reddito nei modi ordinari nella dichiarazione dell'imposta sul valore aggiunto relativa al periodo di imposta precedente e, per l'anno di inizio dell'attività, nella dichiarazione di inizio dell'attività relativa alla predetta imposta. L'opzione ha effetto dall'inizio del periodo d'imposta nel corso del quale è esercitata, fino a quando non è revocata e, in ogni caso, per almeno un triennio (11).

8. Il reddito derivante dai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui alla lettera a) del comma 2 dell'art. 49 è costituito dall'ammontare dei compensi in danaro o in natura percepiti nel periodo d'imposta, anche sotto forma di partecipazione agli utili, con esclusione delle somme documentate e rimborsate per spese di viaggio, alloggio e vitto relative alle prestazioni effettuate fuori del territorio comunale, ridotto del 5 per cento a titolo di deduzione forfetaria delle altre spese; la riduzione è pari al 6 per cento, se alla formazione del reddito complessivo concorrono soltanto redditi di collaborazione coordinata e continuativa di importo complessivo non superiore a lire quaranta milioni e il reddito, non superiore alla deduzione prevista dall'articolo 10, comma 3-bis, dell'unità immobiliare adibita ad abitazione principale e delle relative pertinenze; la riduzione non si applica alla parte dei compensi che supera l'ammontare di cento milioni di lire e alle indennità percepite per la cessazione del rapporto (12). I redditi indicati alla lettera b) del comma 2 dell'articolo 49 sono costituiti dall'ammontare dei proventi in denaro o in natura percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di partecipazione agli utili, ridotto del 25 per cento a titolo di deduzione forfetaria delle spese; le partecipazioni agli utili e le indennità di cui alle lettere c), d) ed e) costituiscono reddito per l'intero ammontare percepito nel periodo d'imposta. I redditi indicati alla lett. f) dello stesso comma sono costituiti dall'ammontare dei compensi in denaro od in natura percepiti nel periodo d'imposta, ridotto del 15 per cento a titolo di deduzione forfetaria delle spese (13).

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(1) Al riguardo si rimanda ai DD.MM. 29 ottobre 1974 e 31 dicembre 1988, relativi ai coefficienti di ammortamento dei beni strumentali.

(2) Comma così modificato dall'art. 31, comma 1, lett. a), D.L. 23 febbraio 1995, n. 41, conv. L. 22 marzo 1995, n. 85, con applicazione dalle spese sostenute e i beni indicati dal periodo di imposta in corso al 24.2.1995.

(3) Periodo così modificato dall'art. 26, comma 6, lett. a-bis), D.L. 2 marzo 1989, n. 69, conv. L. 27 aprile 1989, n. 154, con effetto dal periodo di imposta in corso al 2.3.1989.

(4) Periodo modificato dall'art. 1, comma 1, lett. h), D.L. 27 aprile 1990, n. 90, conv. L. 26.6.1990, n. 165.

(5) Periodo così modificato dall'art. 31, comma 1, lett. b), D.L. 23 febbraio 1995, n. 41, conv. L. 22 marzo 1995, n. 85, con effetto dal 24.2.1995.

(6) Comma aggiunto dall'art. 10, comma 1, lett. b), D.L. 13 maggio 1991, n. 151, conv. L. 12 luglio 1991, n. 202, con effetto dal 13.5.1991.

(7) Comma abrogato dall’art. 17, comma 2, lett. a), L. 27 dicembre 1997, n. 449, con effetto dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 1997.

(8) Periodo così sostituito dall'art. 31, comma 1, lett. c), D.L. 23 febbraio 1995, n. 41, conv. L. 22 marzo 1995, n. 85, con effetto per le spese sostenute e i beni indicati, acquistati dal periodo di imposta in corso al 24.2.1995.

(9) Comma così modificato dall'art. 3, comma 21, lett. b), L. 23 dicembre 1996, n. 662, con effetto dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 1996.

(10) Comma aggiunto dall'art. 3, comma 21, lett. c), L. 23 dicembre 1996, n. 662, con effetto dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 1996.

(11) Comma abrogato dall'art. 4, comma 4, L. 30 dicembre 1991, n. 413, con effetto 1.1.1992.

(12) Periodo abrogato dall'art. 34, comma 1, lett. e), L. 21 novembre 2000, n. 342, con effetto dal 1° gennaio 2001.

(13) Comma così modificato dall'art. 51, comma 3, L. 23 dicembre 1999, n. 488, a decorrere dal 1° gennaio 1999. L’aliquota del 6% di cui al presente comma è stata elevata al 7%, con effetto a decorrere dal 1° gennaio 2001.

Il presente comma è stato da ultimo così modificato dall'art. 34, comma 1, lett. f), L. 21 novembre 2000, n. 342, con effetto dal 1° gennaio 2001.

 

Capo VI

 

REDDITI DI IMPRESA

 

Art. 51

Redditi di impresa

 

1. Sono redditi di impresa quelli che derivano dall'esercizio di imprese commerciali. Per esercizio di imprese commerciali si intende l'esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, delle attività indicate nell'articolo 2195 del codice civile e delle attività indicate alle lettere b) e c) del comma 2 dell'articolo 29 che eccedono i limiti ivi stabiliti, anche se non organizzate in forma di impresa.

2. Sono inoltre considerati redditi d'impresa:

a) i redditi derivanti dall'esercizio di attività organizzate in forma di impresa dirette alla prestazione di servizi che non rientrano nell'articolo 2195 del codice civile (1);

b) i redditi derivanti dallo sfruttamento di miniere, cave, torbiere, saline, laghi, stagni e altre acque interne;

c) i redditi dei terreni, per la parte derivante dall'esercizio delle attività agricole di cui all'articolo 29, pur se nei limiti ivi stabiliti, ove spettino ai soggetti indicati nelle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 87, nonché alle società in nome collettivo e in accomandita semplice (2).

3. Le disposizioni in materia di imposte sui redditi che fanno riferimento alle attività commerciali si applicano, se non risulta diversamente, a tutte le attività indicate nel presente articolo.

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(1) Lettera così modificata dall'art. 9, comma 1, L. 29 dicembre 1990, n. 408, con effetto dal 1.1.1991. Fino alla data del 31.12.1988 è rimasta sospesa la disposizione riguardante i redditi derivanti dall'esercizio di attività organizzate prevalentemente col lavoro del contribuente e dei suoi familiari ai sensi dell'art. 7, comma 7, D.L. 14 marzo 1988, n. 70, conv. L. 13 maggio 1988, n. 154.

(2) Lettera aggiunta dall'art. 2, comma 1, lett. a), D.L. 27 aprile 1990, n. 90, conv. L. 26 giugno 1990, n. 165 (con effetto dal periodo d'imposta in corso alla data del 1° maggio 1990) e successivamente modificata dall'art. 3, comma 4, L. 23 dicembre 1996, n. 662 (con effetto dal periodo d'imposta in corso alla data del 31 dicembre 1996).

 

Art. 52

Determinazione del reddito di impresa

 

1. Il reddito di impresa, salvo quanto disposto nell'articolo 79, è determinato apportando all'utile o alla perdita risultante dal conto economico, relativo all'esercizio chiuso nel periodo d'imposta, le variazioni in aumento o in diminuzione conseguenti all'applicazione dei criteri stabiliti nelle successive disposizioni del presente testo unico (1).

2. Se dall'applicazione del comma 1 risulta una perdita, questa, al netto dei proventi esenti dall'imposta per la parte del loro ammontare che eccede i componenti negativi non dedotti ai sensi degli articoli 63 e 75, commi 5 e 5-bis, è computata in diminuzione del reddito complessivo a norma dell'articolo 8 (2).

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(1) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 1, lett. c), D.L. 29 giugno 1994, n. 416, conv. L. 8 agosto 1994, n. 503, con effetto dal 30.12.1993. Per la determinazione del reddito d'impresa degli esercenti di impianti di distribuzione di carburanti per il triennio 1998-2000, si veda il disposto dell'art. 21, commi 1 e 2, L. 23 dicembre 1998, n. 448.

(2) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 1, lett. f), D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, conv. L. 26 febbraio 1994, n. 133, con effetto a decorrere dal periodo di imposta in corso al 30.12.1993.

 

Art. 53

Ricavi

 

1. Sono considerati ricavi:

a) i corrispettivi delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa;

b) i corrispettivi delle cessioni di materie prime e sussidiarie, di semilavorati e di altri mobili, esclusi quelli strumentali, acquistati o prodotti per essere impiegati nella produzione;

c) i corrispettivi delle cessioni di azioni o quote di partecipazioni in società ed enti indicati nelle lettere a), b) e d) del comma 1 dell'articolo 87, comprese quelle non rappresentate da titoli, nonché di obbligazioni e di altri titoli in serie o di massa, che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie, anche se non rientrano tra i beni al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa (1);

d) le indennità conseguite a titolo di risarcimento, anche in forma assicurativa, per la perdita o il danneggiamento di beni di cui alle precedenti lettere;

e) i contributi in denaro, o il valore normale di quelli in natura, spettanti sotto qualsiasi denominazione in base a contratto;

f) i contributi spettanti esclusivamente in conto esercizio a norma di legge (2).

2. Si comprende inoltre tra i ricavi il valore normale dei beni di cui al comma 1 destinati al consumo personale o familiare dell'imprenditore, assegnati ai soci o destinati a finalità estranee all'esercizio dell'impresa (3).

2-bis. Ai fini delle imposte sui redditi i beni di cui alla lettera c) del comma 1 non costituiscono immobilizzazioni finanziarie se non sono iscritti come tali nel bilancio (4).

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(1) Lettera così sostituita dall'art. 1, comma 1, lett. d), D.L. 29 giugno 1994, n. 416, conv. L. 8 agosto 1994, n. 503, con effetto dal 30.12.1993.

(2) Lettera così sostituita dall'art. 3, comma 103, lett. a), L. 28 dicembre 1995, n. 549, con effetto dal periodo di imposta in corso al 1.1.1996.

(3) Comma così modificato dall'art. 1, comma 1, lett. l-ter), D.L. 27 aprile 1990, n. 90, conv. L. 26 giugno 1990, n. 165, con effetto dal periodo d'imposta in corso al 1° maggio 1990.

(4) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 1, lett. e), D.L. 29 giugno 1994, n. 416, conv. L. 8 agosto 1994, n. 503, con effetto dal 30.12.1993.

 

Art. 54

Plusvalenze patrimoniali

 

1. Le plusvalenze dei beni relativi all'impresa, diversi da quelli indicati nel comma 1 dell'articolo 53, concorrono a formare il reddito:

a) se sono realizzate mediante cessione a titolo oneroso;

b) se sono realizzate mediante il risarcimento, anche in forma assicurativa, per la perdita o il danneggiamento dei beni;

c) se sono iscritte nello stato patrimoniale (1);

d) se i beni vengono destinati al consumo personale o familiare dell'imprenditore, assegnati ai soci o destinati a finalità estranee all'esercizio dell'impresa (2);

2. Nelle ipotesi di cui alle lettere a) e b) del comma 1 la plusvalenza è costituita dalla differenza fra il corrispettivo o l'indennizzo conseguito, al netto degli oneri accessori di diretta imputazione, e il costo non ammortizzato. Se il corrispettivo della cessione è costituito da beni ammortizzabili e questi vengono iscritti in bilancio allo stesso valore al quale vi erano iscritti i beni ceduti si considera plusvalenza soltanto il conguaglio in denaro eventualmente pattuito.

2-bis. I maggiori valori delle immobilizzazioni finanziarie costituite da partecipazioni in imprese controllate o collegate, iscritte in bilancio a norma dell'articolo 2426, n. 4, del codice civile o di leggi speciali non concorrono alla formazione del reddito per la parte eccedente le minusvalenze già dedotte. Tali maggiori valori concorrono a formare il reddito nell'esercizio e nella misura in cui siano comunque realizzati (3).

3. Nell'ipotesi di cui alla lettera d) del comma 1 la plusvalenza è costituita dalla differenza fra il valore normale e il costo non ammortizzato dei beni.

4. Le plusvalenze realizzate, determinate a norma del comma 2, concorrono a formare il reddito per l'intero ammontare nell'esercizio in cui sono state realizzate ovvero, se i beni sono stati posseduti per un periodo non inferiore a tre anni, a scelta del contribuente, in quote costanti nell'esercizio stesso e nei successivi ma non oltre il quarto (4). Per i beni che costituiscono immobilizzazioni finanziarie, la disposizione del periodo precedente si applica per quelli iscritti come tali negli ultimi tre bilanci; si considerano ceduti per primi i beni acquistati in data più recente (5).

5. Concorrono alla formazione del reddito anche le plusvalenze delle aziende, compreso il valore di avviamento, realizzate unitariamente mediante cessione a titolo oneroso; le disposizioni del comma 4 non si applicano quando ne è richiesta la tassazione separata a norma del comma 2 dell'articolo 16. Il trasferimento di azienda per causa di morte o per atto gratuito a familiari non costituisce realizzo di plusvalenze dell'azienda stessa; l'azienda è assunta ai medesimi valori fiscalmente riconosciuti nei confronti del dante causa. I criteri di cui al periodo precedente si applicano anche qualora, a seguito dello scioglimento, entro cinque anni dall'apertura della successione, della società esistente tra gli eredi, la predetta azienda resti acquisita da uno solo di essi (6).

5-bis. Non concorrono a formare il reddito le plusvalenze relative ai beni di cui alle lettere a) e b), escluse le autovetture e gli autoveicoli con motore di cilindrata non superiore ai 2.000 centimetri cubici o con motore diesel di cilindrata non superiore a 2.500 centimetri cubici, del comma  8-bis dell'art. 67, nonché ai beni di cui alla lettera c) dello stesso comma (7).

6. La cessione dei beni ai creditori in sede di concordato preventivo non costituisce realizzo delle plusvalenze e minusvalenze dei beni, comprese quelle relative alle rimanenze, e il valore di avviamento (8).

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(1) Lettera abrogata dall'art. 21, comma 3, L. 27 dicembre 1997, n. 449, con effetto dal periodo d'imposta in corso alla data del 31 dicembre 1997.

(2) Lettera così modificata dall'art. 1, comma 1, lett. l-ter), D.L. 27 aprile 1990, n. 90, conv. L. 26 giugno 1990, n. 165, con effetto dal periodo d'imposta in corso alla data del 1.5.1990.

(3) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 1, lett. f), n. 2), D.L. 29 giugno 1994, n. 416, conv. L. 8 agosto 1994, n. 503, con effetto dal 30.12.1993.

(4) Periodo così sostituito dall'art. 14, comma 3, lett. c), L. 24 dicembre 1993, n. 537, con effetto per le plusvalenze realizzate dal periodo di imposta in corso al 31.12.1993. Al riguardo l’art. 8, D.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42, prevede che la scelta prevista nel presente comma deve risultare dalla dichiarazione dei redditi; se questa non è presentata la plusvalenza concorre per l'intero ammontare nell'esercizio in cui è realizzata. Per le plusvalenze realizzate dalle società in nome collettivo e in accomandita semplice residenti nel territorio dello Stato la scelta deve essere fatta, con effetto anche per i soci, nella dichiarazione dei redditi della società.

(5) Periodo aggiunto dall'art. 1, comma 1, lett. f), n. 3), D.L. 29 giugno 1994, n. 416, conv. L. 8 agosto 1994, n. 503, con effetto dal 30.12.1993. Per il periodo d'imposta in corso alla data del 30 dicembre 1993 e nei due successivi non si applica la disposizione in esame, relativamente alle partecipazioni non rappresentate da titoli la cui cessione dava luogo a plusvalenze patrimoniali in applicazione della disciplina vigente anteriormente al 30 dicembre 1993.

(6) Comma così modificato dall'art. 3, comma 25, lett. a), L. 23 dicembre 1996, n. 662, con effetto dal 1° gennaio 1997.

(7) Comma abrogato ex art. 17, comma 2, lett. a), della legge 27 dicembre 1997, n. 449, con effetto dal periodo d'imposta in corso alla data del 31 dicembre 1997.

(8) L'art. 1, D.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42, ha qui trasferito, come comma 6, la disposizione dell'art. 125, comma 5, con effetto dall’1.1.1988.

 

Art. 55

Sopravvenienze attive

 

1. Si considerano sopravvenienze attive i ricavi o altri proventi conseguiti a fronte di spese, perdite od oneri dedotti o di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi e i ricavi o altri proventi conseguiti per ammontare superiore a quello che ha concorso a formare il reddito in precedenti esercizi, nonché la sopravvenuta insussistenza di spese, perdite od oneri dedotti o di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi.

2. Se le indennità di cui alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 54 vengono conseguite per ammontare superiore a quello che ha concorso a formare il reddito in precedenti esercizi, l'eccedenza può essere accantonata ai sensi del comma 4 del detto articolo.

3. Sono inoltre considerati sopravvenienze attive:

a) le indennità conseguite a titolo di risarcimento, anche in forma assicurativa, di danni diversi da quelli considerati alla lettera d) del comma 1 dell'articolo 53 e alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 54;

b) i proventi in denaro o in natura conseguiti a titolo di contributo o di liberalità, esclusi i contributi di cui alle lettere e) ed f) del comma 1 dell'articolo 53 e quelli per l'acquisto dei beni ammortizzabili indipendentemente dal tipo di finanziamento adottato. Tali proventi concorrono a formare il reddito nell'esercizio in cui sono stati incassati o in quote costanti nell'esercizio in cui sono stati incassati e nei successivi ma non oltre il quarto. Sono fatte salve le agevolazioni connesse alla realizzazione di investimenti produttivi concesse nei territori montani di cui alla legge 31 gennaio 1994, n. 97, nonché quelle concesse ai sensi del testo unico delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1978, n. 218, per la decorrenza prevista al momento della concessione delle stesse. Non si considerano contributi o liberalità i finanziamenti erogati dallo Stato, dalle regioni e dalle province autonome per la costruzione, ristrutturazione e manutenzione straordinaria ed ordinaria di immobili di edilizia residenziale pubblica concessi agli Istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati (1).

4. Non si considerano sopravvenienze attive i versamenti in denaro o in natura fatti a fondo perduto o in conto capitale alle società in nome collettivo o in accomandita semplice dai propri soci e la rinuncia dei soci ai crediti, né la riduzione dei debiti dell'impresa in sede di concordato fallimentare o preventivo (2).

5. In caso di cessione del contratto di locazione finanziaria il valore normale del bene costituisce sopravvenienza attiva.

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(1) Lettera sostituita dall'art. 21, comma 4, lett. b), L. 27 dicembre 1997, n. 449 (con effetto dal periodo d'imposta in corso alla data del con 31 dicembre 1997) e successivamente così modificata dall'art. 9, comma 1, L. 18 febbraio 1999, n. 28 (con effetto dal 9 marzo 1999).

(2) Comma così modificato dall'art. 1, comma 1, lett. g), D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, conv. L. 26 febbraio 1994, n. 133, con effetto dal 30.12.1993.

 

Art. 56

Dividendi e interessi

 

1. Per gli utili derivanti dalla partecipazione in società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice residenti nel territorio dello Stato si applicano le disposizioni dell'articolo 5.

2. Gli utili derivanti dalla partecipazione in società ed enti soggetti all'imposta sul reddito delle persone giuridiche concorrono a formare il reddito dell'esercizio in cui sono percepiti. Si applicano le disposizioni degli articoli 14 e 44.

3. Gli interessi, anche se diversi da quelli indicati alle lettere a), b) e h) del comma 1 dell'articolo 41, concorrono a formare il reddito per l'ammontare maturato nell'esercizio. Se la misura non è determinata per iscritto gli interessi si computano al saggio legale (1).

3-bis. Gli interessi derivanti da prestiti fatti in qualsiasi forma e sotto qualsiasi denominazione, se la misura non è determinata o è inferiore, si computano in misura corrispondente al tasso ufficiale di sconto medio vigente nel periodo di imposta. Questa disposizione non si applica per gli interessi, compresi quelli per dilazione di pagamento, derivanti da prestiti ai dipendenti e alla clientela né per le anticipazioni ai soci che prestano la loro attività in società di persone (2).

3-ter. Gli interessi derivanti da titoli acquisiti in base a contratti "pronti contro termine" che prevedono l'obbligo di rivendita a termine dei titoli, concorrono a formare il reddito del cessionario per l'ammontare maturato nel periodo di durata del contratto. La differenza positiva o negativa tra il corrispettivo a pronti e quello a termine, al netto degli interessi maturati sulle attività oggetto dell'operazione nel periodo di durata del contratto, concorre a formare il reddito per la quota maturata nell'esercizio (3).

4. Per i contratti di conto corrente e per le operazioni bancarie regolate in conto corrente, compresi i conti correnti reciproci per servizi resi intrattenuti tra aziende e istituti di credito, si considerano maturati anche gli interessi compensati a norma di legge o di contratto.

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(1) Comma così modificato dall'art. 1, comma 1, lett. h), D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, conv. L. 26 febbraio 1994, n. 133, con effetto dal 30.12.1993.

(2) Comma aggiunto dall'art. 26, comma 8, D.L. 2 marzo 1989, n. 69, conv. L. 27 aprile 1989, n. 154 e successivamente abrogato dall'art. 2, D.L. 29 aprile 1994, n. 260, conv. L. 27 giugno 1994, n. 413, con effetto dal 31.12.1993.

(3) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 1, lett. h), D.L. 29 giugno 1994, n. 416, conv. L. 8 agosto 1994, n. 503, con effetto dal 30.12.1993. Si veda l'art. 2, comma 3 dello stesso decreto, per i criteri di contabilizzazione di operazioni "pronti contro termine" adottati nel periodo d'imposta in corso al 30 dicembre 1993.

 

Art. 57

Proventi immobiliari

 

1. I redditi degli immobili che non costituiscono beni strumentali per l'esercizio dell'impresa, né beni alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa, concorrono a formare il reddito nell'ammontare determinato secondo le disposizioni del capo II per gli immobili situati nel territorio dello Stato e a norma dell'articolo 84 per quelli situati all'estero.

2. Le spese e gli altri componenti negativi relativi ai beni immobili indicati nel comma 1 non sono ammessi in deduzione.

 

Art. 58

Proventi non computabili nella determinazione del reddito

 

1. Non concorrono alla formazione del reddito:

a) i proventi dei cespiti che fruiscono di esenzione dall'imposta;

b) i proventi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva;

c) le indennità per la cessazione di rapporto di agenzia delle persone fisiche (1);

d) le plusvalenze, le indennità e gli altri redditi indicati alle lettere da g) a n) del comma 1 dell'articolo 16, quando ne è richiesta la tassazione separata a norma del comma 2 dello stesso articolo.

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(1) Lettera così modificata dall'art. 1, D.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42, con effetto dall’1.1.1988.

 

Art. 59

Variazioni delle rimanenze (1)

 

1. Le variazioni delle rimanenze finali dei beni indicati alle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 53, rispetto alle esistenze iniziali, concorrono a formare il reddito dell'esercizio. A tal fine le rimanenze finali, la cui valutazione non sia effettuata a costi specifici o a norma dell'articolo 60, sono assunte per un valore non inferiore a quello che risulta raggruppando i beni in categorie omogenee per natura e per valore e attribuendo a ciascun gruppo un valore non inferiore a quello determinato a norma delle disposizioni che seguono (2).

2. Nel primo esercizio in cui si verificano, le rimanenze sono valutate attribuendo ad ogni unità il valore risultante dalla divisione del costo complessivo dei beni prodotti e acquistati nell'esercizio stesso per la loro quantità.

3. Negli esercizi successivi, se la quantità delle rimanenze è aumentata rispetto all'esercizio precedente, le maggiori quantità, valutate a norma del comma 2, costituiscono voci distinte per esercizi di formazione. Se la quantità è diminuita, la diminuzione si imputa agli incrementi formati nei precedenti esercizi, a partire dal più recente.

3-bis. Per le imprese che valutano in bilancio le rimanenze finali con il metodo della media ponderata o del "primo entrato, primo uscito" o con varianti di quello di cui al comma 3, le rimanenze finali sono assunte per il valore che risulta dall'applicazione del metodo adottato (3).

4. Se in un esercizio il valore unitario medio dei beni, determinato a norma dei commi 2, 3 e 3-bis, è superiore al valore normale medio di essi nell'ultimo mese dell'esercizio, il valore minimo di cui al comma 1 è determinato moltiplicando l'intera quantità dei beni, indipendentemente dall'esercizio di formazione, per il valore normale. Per le valute estere si assume come valore normale il valore secondo il cambio alla data di chiusura dell'esercizio. Il minor valore attribuito alle rimanenze in conformità alle disposizioni del presente comma vale anche per gli esercizi successivi sempre che le rimanenze non risultino iscritte nello stato patrimoniale per un valore superiore (4).

5. I prodotti in corso di lavorazione e i servizi in corso di esecuzione al termine dell'esercizio sono valutati in base alle spese sostenute nell'esercizio stesso, salvo quanto stabilito nell'articolo 60 per le opere, le forniture e i servizi di durata ultrannuale.

6. Le rimanenze finali di un esercizio nell'ammontare indicato dal contribuente costituiscono le esistenze iniziali dell'esercizio successivo.

7. Per gli esercenti attività di commercio al minuto che valutano le rimanenze delle merci con il metodo del prezzo al dettaglio si tiene conto del valore così determinato anche in deroga alla disposizione del comma 1, a condizione che nella dichiarazione dei redditi o in apposito allegato siano illustrati i criteri e le modalità di applicazione del detto metodo, con riferimento all'oggetto e alla struttura organizzativa dell'impresa.

8. Le plusvalenze risultanti da rivalutazioni delle rimanenze effettuate fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 1984 in applicazione dei criteri di valutazione previsti dall'articolo 12 della legge 19 marzo 1983, n. 72, concorrono a formare il reddito, in quote costanti, nell'esercizio in cui sono state apportate le variazioni e nei quattro esercizi successivi.

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(1) Rubrica così sostituita dall'art. 1, comma 1, lett. i), n. 1), D.L. 29 giugno 1994, n. 416, conv. L. 8 agosto 1994, n. 503, con effetto 30.12.1993. A norma dell’art. 24, D.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42, "il minor valore attribuito alle rimanenze in un esercizio chiuso anteriormente alla data di inizio del primo periodo d'imposta successivo al 31 dicembre 1987, in conformità alle disposizioni degli artt. 62, quarto comma, e 64, quinto comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, vale anche per gli esercizi successivi, sempreché le rimanenze non risultino iscritte in bilancio per un valore superiore.".

(2) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 1, lett. i), n. 2), D.L. 29 giugno 1994, n. 416, conv. L. 8 agosto 1994, n. 503, con effetto 30.12.1993.

(3) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 1, lett. i), n. 3), D.L. 29 giugno 1994, n. 416, conv. L. 8 agosto 1994, n. 503, con effetto 30.12.1993.

(4) Comma così modificato dall'art. 1, comma 1, lett. i), n. 4), D.L. 29 giugno 1994, n. 416, conv. L. 8 agosto 1994, n. 503, con effetto 30.12.1993.

 

Art. 60

Opere, forniture e servizi di durata ultrannuale

 

1. Le variazioni delle rimanenze finali delle opere, forniture e servizi pattuiti come oggetto unitario e con tempo di esecuzione ultrannuale, rispetto alle esistenze iniziali, concorrono a formare il reddito dell'esercizio. A tal fine le rimanenze finali, che costituiscono esistenze iniziali dell'esercizio successivo, sono assunte per il valore complessivo determinato a norma delle disposizioni che seguono per la parte eseguita fin dall'inizio dell'esecuzione del contratto, salvo il disposto del comma 4 (1).

2. La valutazione è fatta sulla base dei corrispettivi pattuiti. Delle maggiorazioni di prezzo richieste in applicazione di disposizioni di legge o di clausole contrattuali si tiene conto, finché non siano state definitivamente stabilite, in misura non inferiore al 50 per cento. Per la parte di opere, forniture e servizi coperta da stati di avanzamento la valutazione è fatta in base ai corrispettivi liquidati.

3. Il valore determinato a norma del comma 2 può essere ridotto per rischio contrattuale, a giudizio del contribuente, in misura non superiore al 2 per cento. Per le opere, le forniture ed i servizi eseguiti all'estero, se i corrispettivi sono dovuti da soggetti non residenti, la misura massima della riduzione è elevata al 4 per cento.

4. I corrispettivi liquidati a titolo definitivo dal committente si comprendono tra i ricavi e la valutazione tra le rimanenze, in caso di liquidazione parziale, è limitata alla parte non ancora liquidata. Ogni successiva variazione dei corrispettivi è imputata al reddito dell'esercizio in cui è stata definitivamente stabilita.

5. In deroga alle disposizioni dei commi da 1 a 4 le imprese che contabilizzano in bilancio le opere, forniture e servizi valutando le rimanenze al costo e imputando i corrispettivi all'esercizio nel quale sono consegnate le opere o ultimati i servizi e le forniture possono essere autorizzate dall'ufficio delle imposte ad applicare lo stesso metodo anche ai fini della determinazione del reddito; l'autorizzazione ha effetto a partire dall'esercizio in corso alla data in cui è rilasciata (2).

6. Alla dichiarazione dei redditi deve essere allegato, distintamente per ciascuna opera, fornitura o servizio, un prospetto recante l'indicazione degli estremi del contratto, delle generalità e della residenza del committente, della scadenza prevista, degli elementi tenuti a base per la valutazione e della collocazione di tali elementi nei conti dell'impresa.

7. Per i contratti di cui al presente articolo i corrispettivi pattuiti in valuta estera non ancora riscossi si considerano come crediti ai fini dell'articolo 72 ancorché non risultanti in bilancio (3).

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(1) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 1, lett. l), D.L. 29 giugno 1994, n. 416, conv. L. 8 agosto 1994, n. 503, con effetto dal 30.12.1993.

(2) A norma dell’art. 9, D.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42, "la richiesta dell'autorizzazione di cui al presente comma deve essere presentata o spedita mediante raccomandata all'ufficio delle imposte e s'intende accolta se l'ufficio non notifica avviso contrario entro tre mesi. L'autorizzazione ha effetto a condizione che il contribuente adotti il metodo contabile previsto nel detto comma per tutte le opere, forniture e servizi.".

(3) A norma dell’art. 10, D.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42, “la disposizione di cui al presente comma si applica con riferimento all'ammontare dei corrispettivi proporzionalmente corrispondenti al valore complessivo, di cui al comma 1 dello stesso articolo, al netto delle somme riscosse.".

 

Art. 61

Valutazione dei titoli

 

1. I titoli indicati nella lettera c) del comma 1 dell'articolo 53, esistenti al termine di un esercizio, sono valutati applicando le disposizioni dei commi 1, 2, 3, 3-bis, 4 e 6 dell'articolo 59, salvo quanto stabilito nei seguenti commi (1).

1-bis. Le cessioni di titoli, derivanti da contratti di riporto o di "pronti contro termine" che prevedono per il cessionario l'obbligo di rivendita a termine dei titoli, non determinano variazioni delle rimanenze dei titoli (2).

2. Ai fini del raggruppamento in categorie omogenee non si tiene conto del valore e si considerano della stessa natura i titoli emessi dallo stesso soggetto ed aventi uguali caratteristiche (3).

3. Ai fini dell'applicazione del comma 4 dell'articolo 59, il valore minimo è determinato:

a) per i titoli quotati in mercati regolamentati italiani o esteri, in base alla media aritmetica dei prezzi rilevati nell'ultimo mese;

b) per le azioni e titoli similari non quotati in mercati regolamentati italiani o esteri, riducendo il valore unitario determinato a norma dei commi 2, 3 e 3-bis dello stesso articolo in misura proporzionalmente corrispondente alle diminuzioni patrimoniali risultanti dal confronto fra l'ultimo bilancio regolarmente approvato dalle società o enti emittenti anteriormente alla data in cui le azioni vennero acquistate e l'ultimo bilancio o, se successive, le deliberazioni di riduzione del capitale per perdite;

c) per gli altri titoli, secondo le disposizioni della lettera c) del comma 4 dell'articolo 9 (4).

3-bis. Le riduzioni di valore di cui alla lettera b) del comma 3, relative ad azioni e titoli similari emessi da società ed enti residenti in Stati non appartenenti alla Comunità economica europea sono ammesse, sempre che siano in vigore accordi che consentano all'amministrazione finanziaria di acquisire le informazioni necessarie per l'accertamento delle condizioni ivi previste (5).

4. In caso di aumento del capitale della società emittente mediante passaggio di riserve a capitale il numero delle azioni ricevute gratuitamente si aggiunge al numero di quelle già possedute in proporzione alle quantità delle singole voci della corrispondente categoria e il valore unitario si determina, per ciascuna voce, dividendo il costo complessivo delle azioni già possedute per il numero complessivo delle azioni.

5. L'ammontare dei versamenti fatti a fondo perduto o in conto capitale alla società emittente o della rinuncia ai crediti derivanti da precedenti finanziamenti alla società stessa, si aggiunge al costo delle azioni in proporzione alla quantità delle singole voci della corrispondente categoria: tuttavia è consentita la deduzione dei versamenti e delle remissioni di debito effettuati a copertura di perdite per la parte che eccede il patrimonio netto della società emittente risultante dopo la copertura. Nella determinazione, a norma del comma 3, del valore minimo dei titoli non quotati in mercati regolamentati italiani o esteri non si tiene conto dei versamenti e delle remissioni di debito fatti a copertura di perdite della società emittente (6).

5-bis. Le disposizioni dei commi precedenti si applicano anche per la valutazione delle quote di partecipazione in società ed enti non rappresentate da titoli, indicate nella lettera c) del comma 1 dell'articolo 53 (7).

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(1) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 1, lett. m), n. 1), D.L. 29 giugno 1994, n. 416, conv. L. 8 agosto 1994, n. 503, con effetto 30.12.1993.

(2) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 1, lett. m), n. 2), D.L. 29 giugno 1994, n. 416, conv. L. 8 agosto 1994, n. 503, con effetto 30.12.1993. Si veda l'art. 2, comma 3, dello stesso decreto, per i criteri di contabilizzazione delle operazioni "pronti contro termine" adottati nel periodo di imposta in corso al 30.12.1993.

(3) Comma così modificato dall'art. 30, comma 8, L. 23 dicembre 1994, n. 724, con effetto 7.1.1995.

(4) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 1, lett. m), n. 3), D.L. 29 giugno 1994, n. 416, conv. L. 8 agosto 1994, n. 503, con effetto 30.12.1993.

(5) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 1, lett. m), n. 4), D.L. 29 giugno 1994, n. 416, conv. L. 8 agosto 1994, n. 503, con effetto 30.12.1993.

(6) Comma così modificato dall'art. 1, comma 1, D.L. 29 giugno 1994, n. 416, conv. L. 8 agosto 1994, n. 503, con effetto 30.12.1993.

(7) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 1, lett. m), n. 6), D.L. 29 giugno 1994, n. 416, conv. L. 8 agosto 1994, n. 503, con effetto 30.12.1993.

 

Art. 62

Spese per prestazioni di lavoro

 

1. Le spese per prestazioni di lavoro dipendente deducibili nella determinazione del reddito comprendono anche quelle sostenute in denaro o in natura a titolo di liberalità a favore dei lavoratori, salvo il disposto del comma 1 dell'articolo 65.

1-bis. Non sono deducibili i canoni di locazione anche finanziaria e le spese relative al funzionamento di strutture recettive, salvo quelle relative a servizi di mensa destinati alla generalità dei dipendenti o a servizi di alloggio destinati a dipendenti in trasferta temporanea. I canoni di locazione anche finanziaria e le spese di manutenzione dei fabbricati concessi in uso ai dipendenti sono deducibili per un importo non superiore a quello che costituisce reddito per i dipendenti stessi a norma dell'articolo 48, comma 4, lett. c). Qualora i fabbricati di cui al primo periodo siano concessi in uso a dipendenti che abbiano trasferito la loro residenza anagrafica per esigenze di lavoro nel comune in cui prestano l’attività, per il periodo d’imposta in cui si verifica il trasferimento e nei due periodi successivi, i predetti canoni e spese sono integralmente deducibili (1).

1-ter. Le spese di vitto e alloggio sostenute per le trasferte effettuate fuori dal territorio comunale dai lavoratori dipendenti e dai titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa sono ammesse in deduzione per un ammontare giornaliero non superiore a lire 350.000; il predetto limite è elevato a lire 500.000 per le trasferte all'estero. Se il dipendente o il titolare dei predetti rapporti sia stato autorizzato ad utilizzare un autoveicolo di sua proprietà ovvero noleggiato a fine di essere utilizzato per una specifica trasferta, la spesa deducibile è limitata, rispettivamente, al costo di percorrenza o alle tariffe di noleggio relative ad autoveicoli di potenza non superiore a 17 cavalli fiscali, ovvero 20 se con motore diesel (2).

1-quater. Le imprese autorizzate all'autotrasporto di merci, in luogo della deduzione, anche analitica delle spese sostenute in relazione alle trasferte effettuate dal proprio dipendente fuori del territorio comunale, possono dedurre un importo pari a L. 110.000 giorno, elevate a L. 180.000 per le trasferte all'estero, netto delle spese di viaggio e di trasporto (3).

2. Non sono ammesse deduzioni a titolo di compenso del lavoro prestato o dell'opera svolta dall'imprenditore, dal coniuge, dai figli, affidati o affiliati minori di età o permanentemente inabili al lavoro e dagli ascendenti, nonché dai familiari partecipanti all'impresa di cui al comma 4 dell'articolo 5. I compensi non ammessi in deduzione non concorrono a formare il reddito complessivo dei percipienti.

3. I compensi spettanti agli amministratori delle società in nome collettivo e in accomandita semplice sono deducibili nell'esercizio in cui sono corrisposti; quelli erogati sotto forma di partecipazione agli utili sono deducibili anche se non imputati al conto profitti e perdite (4).

4. Le partecipazioni agli utili spettanti ai lavoratori dipendenti e agli associati in partecipazione sono computate in diminuzione del reddito dell'esercizio di competenza, indipendentemente dalla imputazione al conto dei profitti e delle perdite (5).

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(1) Comma aggiunto dall'art. 26, comma 9, D.L. 2 marzo 1989, n. 69, conv. L. 27 aprile 1989, n. 154 (con effetto 2.3.1989) e successivamente modificato dall’art. 5, lett. e) del D.Lgs. 2 settembre 1997, n. 314 (con effetto dal 1° gennaio 1998). L'ultimo periodo è stato aggiunto dall'art. 145, comma 98, L. 23 dicembre 2000, n. 388, con effetto dal 1° gennaio 2001.

(2) Comma aggiunto dall'art. 33, comma 1, D.L. 23 febbraio 1995, n. 41, conv. L. 22 marzo 1995, n. 85, con effetto dal 24.2.1995.

(3) Comma aggiunto dall'art. 1, D.L. 22 giugno 2000, n. 167, conv., L. 10 agosto 2000, n. 229, con effetto dal periodo di imposta in corso alla data del 1° gennaio 2000.

La disposizione di cui al presente comma si applica ai fini della determinazione del reddito di cui all’articolo 47, comma 1, lettera a), se la società cooperativa autorizzata all’autotrasporto non fruisce della deduzione dell’importo ivi previsto, né della deduzione analitica delle spese sostenute, in relazione alle trasferte effettuate dai soci fuori del territorio comunale (art. 62, L. 21 novembre 2000, n. 342).

(4) Comma così sostituito dall'art. 14, comma 3, lett. e), L. 24 dicembre 1993, n. 537, con effetto dal periodo di imposta in corso al 31.12.1993.

(5) Comma così modificato dall'art. 14, comma 3, lett. f), L. 24 dicembre 1993, n. 537, con effetto dal periodo di imposta in corso al 31.12.1993.

 

Art. 63

Interessi passivi

 

1. Gli interessi passivi sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto tra l'ammontare dei ricavi e degli altri proventi che concorrono a formare il reddito e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi.

2. Ai fini del rapporto di cui al comma 1:

a) non si tiene conto delle sopravvenienze attive e degli interessi di mora accantonati a norma degli articoli 55 e 71, dei proventi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva e dei saldi di rivalutazione monetaria che per disposizione di legge speciale non concorrono a formare il reddito;

b) i ricavi derivanti da cessioni di titoli e di valute estere si computano per la sola parte che eccede i relativi costi e senza tenere conto delle rimanenze;

c) le plusvalenze realizzate si computano per l'ammontare che a norma dell'articolo 54 concorre a formare il reddito dell'esercizio;

d) i dividendi e gli interessi di provenienza estera si computano per l'intero ammontare anche se per convenzione internazionale o per disposizione di legge non concorrono in tutto o in parte a formare il reddito;

e) i proventi immobiliari di cui all'articolo 57 si computano nella misura ivi stabilita;

f) le rimanenze di cui agli articoli 59 e 60 si computano nei limiti degli incrementi formati nell'esercizio;

g) i proventi dell'allevamento di animali, di cui all'articolo 78, si computano nell'ammontare ivi stabilito, salvo il disposto del comma 4 dello stesso articolo.

3. Se nell'esercizio sono stati conseguiti interessi o altri proventi esenti da imposta derivanti da obbligazioni pubbliche o private sottoscritte, acquistate o ricevute in usufrutto o pegno a decorrere dal 28 novembre 1984 o da cedole acquistate separatamente dai titoli a decorrere dalla stessa data, gli interessi passivi non sono ammessi in deduzione fino a concorrenza dell'ammontare complessivo degli interessi e proventi esenti. Gli interessi passivi che eccedono tale ammontare sono deducibili a norma dei commi 1 e 2, ma senza tenere conto, ai fini del rapporto ivi previsto, dell'ammontare degli interessi e proventi esenti, corrispondente a quello degli interessi passivi non ammessi in deduzione (1).

4. Gli interessi passivi non computati nella determinazione del reddito a norma del presente articolo non danno diritto alla deduzione dal reddito complessivo prevista alle lettere c) e d) del comma 1 dell'articolo 10.

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(1) Comma così sostituito dall'art. 11, comma 5, L. 14 agosto 1993, n. 344, con effetto 16.9.1993 e successivamente così modificato dal D.Lgs. 21 novembre 1997, n. 461.

 

Art. 64

Oneri fiscali e contributivi

 

1. Le imposte sui redditi e quelle per le quali è prevista la rivalsa, anche facoltativa, non sono ammesse in deduzione. Le altre imposte sono deducibili nell'esercizio in cui avviene il pagamento.

2. Per l'imposta di cui all'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 643, la deduzione è ammessa, per quote costanti, nell'esercizio in cui avviene il pagamento e nei quattro successivi (1).

3. Gli accantonamenti per imposte non ancora definitivamente accertate sono deducibili nei limiti dell'ammontare corrispondente alle dichiarazioni presentate, agli accertamenti o provvedimenti degli uffici e alle decisioni delle commissioni tributarie.

4. I contributi ad associazioni sindacali e di categoria sono deducibili nell'esercizio in cui sono corrisposti, se e nella misura in cui sono dovuti in base a formale deliberazione dell'associazione.

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(1) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 6, D.L. 1° ottobre 1991, n. 307, conv. L. 29 novembre 1991, n. 377, con effetto per i pagamenti relativi all'imposta applicata a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data del 3 ottobre 1991.

 

Art. 65

Oneri di utilità sociale

 

1. Le spese relative ad opere o servizi utilizzabili dalla generalità dei dipendenti o categorie di dipendenti volontariamente sostenute per specifiche finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto, sono deducibili per un ammontare complessivo non superiore al 5 per mille dell'ammontare delle spese per prestazioni di lavoro dipendente risultante dalla dichiarazione dei redditi.

2. Sono inoltre deducibili:

a) le erogazioni liberali fatte a favore di persone giuridiche che perseguono esclusivamente finalità comprese fra quelle indicate nel comma 1 o finalità di ricerca scientifica, nonché i contributi, le donazioni e le oblazioni di cui alla lettera g) dell'articolo 10, per un ammontare complessivamente non superiore al 2 per cento del reddito d'impresa dichiarato (1);

b) le erogazioni liberali fatte a favore di persone giuridiche aventi sede nel Mezzogiorno che perseguono esclusivamente finalità di ricerca scientifica, per un ammontare complessivamente non superiore al 2 per cento del reddito d'impresa dichiarato;

c) le erogazioni liberali fatte a favore di università e di istituti di istruzione universitaria, per un ammontare complessivamente non superiore al 2 per cento del reddito d'impresa dichiarato (2);

c-bis) le erogazioni liberali a favore dei concessionari privati per la radiodiffusione sonora a carattere comunitario per un ammontare complessivo non superiore all'1 per cento del reddito imponibile del soggetto che effettua l'erogazione stessa (3);

c-ter) le spese sostenute dai soggetti obbligati alla manutenzione, protezione o restauro delle cose vincolate ai sensi della legge 1° giugno 1939, n. 1089, e del decreto del Presidente della Repubblica 30 settembre 1963, n. 1409, nella misura effettivamente rimasta a carico. La necessità delle spese, quando non siano obbligatorie per legge, deve risultare da apposita certificazione rilasciata dalla competente soprintendenza del Ministero per i beni culturali e ambientali, previo accertamento della loro congruità effettuato d'intesa con il competente ufficio del territorio del Ministero delle finanze. La deduzione non spetta in caso di mutamento di destinazione dei beni senza la preventiva autorizzazione dell'amministrazione per i beni culturali e ambientali, di mancato assolvimento degli obblighi di legge per consentire l'esercizio del diritto di prelazione dello Stato sui beni immobili e mobili vincolati e di tentata esportazione non autorizzata di questi ultimi. L'amministrazione per i beni culturali ed ambientali dà immediata comunicazione al competente ufficio delle entrate del Ministero delle finanze delle violazioni che comportano la indeducibilità e dalla data di ricevimento della comunicazione inizia a decorrere il termine per la rettifica della dichiarazione dei redditi (4);

c-quater) le erogazioni liberali in denaro a favore dello Stato, di enti o istituzioni pubbliche, di fondazioni e di associazioni legalmente riconosciute che senza scopo di lucro svolgono o promuovono attività di studio, di ricerca e di documentazione di rilevante valore culturale e artistico, effettuate per l'acquisto, la manutenzione, la protezione o il restauro delle cose indicate nell'articolo 1 della legge 1° giugno 1939, n. 1089, e nel decreto del Presidente della Repubblica 30 settembre 1963, n. 1409, ivi comprese le erogazioni effettuate per l'organizzazione di mostre e di esposizioni, che siano di rilevante interesse scientifico o culturale, delle cose anzidette, e per gli studi e le ricerche eventualmente a tal fine necessari. Le mostre, le esposizioni, gli studi e le ricerche devono essere autorizzati, previo parere del competente comitato di settore del Consiglio nazionale per i beni culturali e ambientali, dal Ministero per i beni culturali e ambientali, che dovrà approvare la previsione di spesa ed il conto consuntivo. Il Ministero per i beni culturali e ambientali stabilisce i tempi necessari affinché le erogazioni fatte a favore delle associazioni legalmente riconosciute, delle istituzioni e delle fondazioni siano utilizzate per gli scopi preindicati, e controlla l'impiego delle erogazioni stesse. Detti termini possono, per causa non imputabile al donatario, essere prorogati una sola volta. Le erogazioni liberali non integralmente utilizzate nei termini assegnati, ovvero utilizzate non in conformità alla destinazione, affluiscono, nella loro totalità, all'entrata dello Stato (4);

c-quinquies) le erogazioni liberali in denaro, per importo non superiore al 2 per cento del reddito d'impresa dichiarato, a favore di enti o istituzioni pubbliche, fondazioni e associazioni legalmente riconosciute che senza scopo di lucro svolgono esclusivamente attività nello spettacolo, effettuate per la realizzazione di nuove strutture, per il restauro ed il potenziamento delle strutture esistenti, nonché per la produzione nei vari settori dello spettacolo. Le erogazioni non utilizzate per tali finalità dal percipiente entro il termine di due anni dalla data del ricevimento affluiscono, nella loro totalità, all'entrata dello Stato (4);

c-sexies) le erogazioni liberali in denaro, per un importo non superiore a 4 milioni o al 2 per cento del reddito d'impresa dichiarato, a favore delle ONLUS (5);

c-septies) le spese relative all'impiego di lavoratori dipendenti, assunti a tempo indeterminato, utilizzati per prestazioni di servizi erogate a favore di ONLUS, nel limite del cinque per mille dell'ammontare complessivo delle spese per prestazioni di lavoro dipendente, così come risultano dalla dichiarazione dei redditi (5);

c-octies) le erogazioni liberali in denaro, per un importo non superiore a due milioni di lire o al 2 per cento del reddito d’impresa dichiarato, a favore delle società sportive dilettantistiche (6);

c-nonies) le erogazioni liberali in denaro a favore dello Stato, delle regioni, degli enti locali territoriali, di enti o istituzioni pubbliche, di fondazioni e di associazioni legalmente riconosciute, per lo svolgimento dei loro compiti istituzionali e per la realizzazione di programmi culturali nei settori dei beni culturali e dello spettacolo. Il Ministro per i beni e le attività culturali individua con proprio decreto periodicamente, sulla base di criteri che saranno definiti sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, i soggetti e le categorie di soggetti che possono beneficiare delle predette erogazioni liberali; determina, a valere sulla somma allo scopo indicata, le quote assegnate a ciascun ente o soggetto beneficiario; definisce gli obblighi di informazione da parte dei soggetti erogatori e dei soggetti beneficiari; vigila sull’impiego delle erogazioni e comunica, entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello di riferimento al Centro informativo del Dipartimento delle entrate del Ministero delle finanze, l’elenco dei soggetti erogatori e l’ammontare delle erogazioni liberali da essi effettuate. Nel caso che, in un dato anno, le somme complessivamente erogate abbiano superato la somma allo scopo indicata o determinata, i singoli soggetti beneficiari che abbiano ricevuto somme di importo maggiore della quota assegnata dal Ministero per i beni e le attività culturali versano all’entrata dello Stato un importo pari al 37 per cento della differenza (7);

c-decies) le erogazioni liberali in denaro, per importo non superiore a 3 milioni di lire o al 2 per cento del reddito di impresa dichiarato, a favore di associazioni di promozione sociale iscritte nei registri previsti dalle vigenti disposizioni di legge (8);

c-undicies) le erogazioni liberali in denaro a favore di organismi di gestione di parchi e riserve naturali, terrestri e marittimi, statali e regionali, e di ogni altra zona di tutela speciale paesistico-ambientale come individuata dalla vigente disciplina, statale e regionale, nonché gestita dalle associazioni e fondazioni private indicate alla lettera a) del comma 2-bis dell’articolo 114, effettuate per sostenere attività di conservazione, valorizzazione, studio, ricerca e sviluppo dirette al conseguimento delle finalità di interesse generale cui corrispondono tali ambiti protetti. Il Ministro dell’ambiente individua con proprio decreto, periodicamente, i soggetti e le categorie di soggetti che possono beneficiare delle predette erogazioni liberali; determina, a valere sulla somma allo scopo indicata, le quote assegnate a ciascun ente o soggetto beneficiario. Nel caso che in un dato anno le somme complessivamente erogate abbiano superato la somma allo scopo indicata o determinata i singoli soggetti beneficiari che abbiano ricevuto somme di importo maggiore della quota assegnata dal Ministero dell’ambiente, versano all’entrata dello Stato un importo pari al 37 per cento della differenza (9);

c-dodicies) le erogazioni liberali in denaro a favore dello Stato, delle regioni, degli enti territoriali, di enti o istituzioni pubbliche, di fondazioni e di associazioni legalmente riconosciute, per la realizzazione di programmi di ricerca scientifica nel settore della sanità autorizzate dal Ministro della sanità con apposito decreto che individua annualmente, sulla base di criteri che saranno definiti sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, i soggetti che possono beneficiare delle predette erogazioni liberali. Il predetto decreto determina altresì, fino a concorrenza delle somme allo scopo indicate, l’ammontare delle erogazioni deducibili per ciascun soggetto erogatore, nonché definisce gli obblighi di informazione da parte dei soggetti erogatori e dei soggetti beneficiari. Il Ministero della sanità vigila sull’impiego delle erogazioni e comunica, entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello di riferimento, al centro informativo del Dipartimento delle entrate del Ministero delle finanze, l’elenco dei soggetti erogatori e l’ammontare delle erogazioni liberali deducibili da essi effettuate (10).

2-bis. Alle erogazioni liberali in denaro di enti o di istituzioni pubbliche, di fondazioni o di associazioni legalmente riconosciute, effettuate per il pagamento delle spese di difesa dei soggetti ammessi al patrocinio a spese dello Stato, non si applica il limite di cui al comma 1, anche quando il soggetto erogatore non abbia le finalità statutarie istituzionali di cui al medesimo comma 1 (11).

3. Le spese e le erogazioni liberali di cui alle lettere o) e p) del comma 1 dell'articolo 10 sono deducibili nei limiti e alle condizioni ivi indicati; le erogazioni liberali di cui alla lettera r) dello stesso articolo sono deducibili nel limite del 2 per cento del reddito d'impresa dichiarato, ferme restando le altre disposizioni ivi stabilite (12).

4. Le erogazioni liberali diverse da quelle considerate nei precedenti commi e nel comma 1 dell'articolo 62 non sono ammesse in deduzione.

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(1) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 1, lett. c), D.L. 31 maggio 1994, n. 330, conv. L. 37 luglio 1994, n. 473, con effetto 31.12.1993.

(2) Per la deduzione dal reddito di impresa di erogazioni liberali a favore delle Università di Siena e di Bologna si rimanda all'art. 3, L. 29 novembre 1990, n. 370 e l'art. 5, L. 16 marzo 1987, n. 113.

(3) Lettera aggiunta dall'art. 23, L. 6 agosto 1990, n. 223, con effetto 24.8.1990.

(4) Lettera aggiunta dall'art. 2, comma 1, lett. c), D.L. 31 maggio 1994, n. 330, conv. L. 27 luglio 1994, n. 473, con effetto 31.12.1993.

(5) Lettera aggiunta dall’art. 13, comma 1, lett. b), del D.Lgs. 4 dicembre 1997, n. 460, con decorrenza dal 1° gennaio 1998.

(6) Lettera aggiunta dall'art. 37, comma 1, lett. b), L. 21 novembre 2000, n. 342, a decorrere dal 1º gennaio 2000. Restano salvi tutti gli atti adottati anteriormente alla predetta data e non si fa luogo a recuperi, a rimborsi d’imposta o applicazione di sanzioni nei confronti dei soggetti che anteriormente a tale data hanno assunto comportamenti, ovvero hanno corrisposto o percepito le indennità, i rimborsi o i compensi, conformemente alle disposizioni di cui all’articolo 25 della L. 13 maggio 1999, n. 133, recante disposizioni tributarie in materia di associazioni sportive dilettantistiche, e a quelle del decreto del Ministro delle finanze 26 novembre 1999, n. 473 (art. 37, comma 4, L. 21 novembre 2000, n. 342).

(7) Lettera aggiunta dall'art. 38, comma 1, L. 21 novembre 2000, n. 342, a decorrere dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2001. Tale disposizione non ha effetto ai fini della determinazione delle imposte da versare a titolo di acconto dovute per il periodo di imposta 2001 (art. 38, comma 2, L. 21 novembre 2000, n. 342).

(8) Lettera aggiunta dall'art. 22, comma 1, lett. b), L. 7 dicembre 2000, n. 383.

La numerazione è redazionale, avendo il legislatore inserito la presente lettera con numerazione già esistente (n.d.r.).

(9) Lettera aggiunta dall'art. 6, comma 20, L. 23 dicembre 2000, n. 388, a decorrere dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2002.

La numerazione è redazionale, avendo il legislatore inserito la presente lettera con numerazione già esistente (n.d.r.).

(10) Comma aggiunto dall'art. 94, comma 1, L. 23 dicembre 2000, n. 388, a decorrere dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2001.

La numerazione è redazionale, avendo il legislatore inserito la presente lettera con numerazione già esistente (n.d.r.).

(11) Comma aggiunto dall'art. 19, comma 1, lett. b), L. 29 marzo 2001, n. 134.

(12) Comma abrogato dall'art. 2, comma 1, lett. d), D.L. 31 maggio 1994, n. 330, conv. L. 27 luglio 1994, n. 473, con effetto 31.12.1993.

 

Art. 66

Minusvalenze patrimoniali, sopravvenienze passive e perdite

 

1. Le minusvalenze dei beni relativi all'impresa, diversi da quelli indicati nel comma 1 dell'articolo 53, determinate con gli stessi criteri stabiliti per la determinazione delle plusvalenze, sono deducibili se sono realizzate ai sensi delle lettere a) e b) del comma 1 e del comma 5 dell'articolo 54.

1-bis. Per la valutazione delle immobilizzazioni finanziarie si applicano le disposizioni dell'articolo 61; tuttavia, per i titoli negoziati in mercati regolamentati italiani od esteri, le minusvalenze sono deducibili in misura non eccedente la differenza tra il valore fiscalmente riconosciuto e quello determinato in base alla media aritmetica dei prezzi rilevati nell'ultimo semestre (1).

1-ter. Per le immobilizzazioni finanziarie costituite da partecipazioni in imprese controllate o collegate, iscritte in bilancio a norma dell'articolo 2426, n. 4, del codice civile o di leggi speciali, non è deducibile, anche a titolo d'ammortamento, la parte del costo di acquisto eccedente il valore corrispondente alla frazione di patrimonio netto risultante dall'ultimo bilancio dell'impresa partecipata. Resta ferma l'applicazione dei criteri di cui al comma 1-bis (1).

2. Si considerano sopravvenienze passive il mancato conseguimento di ricavi o altri proventi che hanno concorso a formare il reddito in precedenti esercizi, il sostenimento di spese, perdite od oneri a fronte di ricavi o altri proventi che hanno concorso a formare il reddito in precedenti esercizi e la sopravvenuta insussistenza di attività iscritte in bilancio in precedenti esercizi.

3. Le perdite di beni di cui al comma 1, commisurate al costo non ammortizzato di essi, e le perdite su crediti sono deducibili se risultano da elementi certi e precisi e in ogni caso, per le perdite su crediti, se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali (2).

4. Per le perdite derivanti dalla partecipazione in società in nome collettivo e in accomandita semplice si applicano le disposizioni del comma 2 dell'articolo 8.

5. I versamenti in danaro o in natura fatti a fondo perduto o in conto capitale alle società indicate al comma 4 dai propri soci e la rinuncia dei soci ai crediti non sono ammessi in deduzione ed il relativo ammontare si aggiunge al costo della partecipazione; nei confronti dei soci di dette società non si applica la lettera b) del comma 3 dell'articolo 61 (3).

5-bis. Non sono deducibili le minusvalenze di cui al comma 1 e le perdite di cui al comma 3 relative ai beni indicati alle lettere a) e b) del comma 8-bis dell'articolo 67, escluse le autovetture e gli autoveicoli con motore di cilindrata non superiore a 2.000 centimetri cubici o con motore diesel di cilindrata non superiore a 2.500 centimetri cubici, nonché ai beni di cui alla lettera c) dello stesso comma (4).

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(1) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 1, lett. n), D.L. 29 giugno 1994, n. 416, conv. L. 8 agosto 1994, n. 503, con effetto 30.12.1993.

(2) Si rimanda all'art. 1, L. 4 novembre 1988, n. 491, per accantonamenti da parte di aziende ed istituti di credito per rischi su crediti e agli artt. 11 e 25, D.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42, per la deducibilità delle perdite su crediti in caso di procedura concorsuale.

(3) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 1, lett. h), n. 2, D.L. 29 giugno 1994, n. 416, con effetto 30.12.1993.

(4) Comma abrogato dall’art. 17, comma 2, lett. a), della legge 27 dicembre 1997, n. 449, con effetto dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 1997.

 

Art. 67

Ammortamento dei beni materiali

 

1. Le quote di ammortamento del costo dei beni materiali strumentali per l'esercizio dell'impresa sono deducibili a partire dall'esercizio di entrata in funzione del bene.

2. La deduzione è ammessa in misura non superiore a quella risultante dall'applicazione al costo dei beni dei coefficienti stabiliti con decreto del Ministro delle finanze pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, ridotti alla metà per il primo esercizio. I coefficienti sono stabiliti per categorie di beni omogenei in base al normale periodo di deperimento e consumo nei vari settori produttivi.

3. La misura massima indicata nel comma 2 può essere superata in proporzione alla più intensa utilizzazione dei beni rispetto a quella normale del settore. La misura stessa può essere elevata fino a due volte, per ammortamento anticipato nell'esercizio in cui i beni sono entrati in funzione per la prima volta e nei due successivi, a condizione che l'eccedenza, se nei rispettivi bilanci non sia stata imputata all'ammortamento dei beni, sia stata accantonata in apposita riserva che agli effetti fiscali costituisce parte integrante dell'ammortamento; nell'ipotesi di beni già utilizzati da parte di altri soggetti, l'ammortamento anticipato può essere eseguito dal nuovo utilizzatore soltanto nell'esercizio cui i beni sono entrati in funzione. Con decreto del Ministro delle finanze, la indicata misura massima può essere variata, in aumento o in diminuzione, nei limiti di un quarto, in relazione al periodo di utilizzabilità dei beni in particolari processi produttivi. Le quote di ammortamento stanziate in bilancio dopo il completamento dell'ammortamento agli effetti fiscali non sono deducibili e l'apposita riserva concorre a formare il reddito per l'ammontare prelevato dall'imprenditore o distribuito ai soci o imputato a capitale in eccedenza alle quote non dedotte (1).

4. Se in un esercizio l'ammortamento è fatto in misura inferiore a quella massima indicata nel comma 2 le quote di ammortamento relative alla differenza sono deducibili negli esercizi successivi, fermi restando i limiti di cui ai precedenti commi. Tuttavia se l'ammortamento fatto in un esercizio è inferiore alla metà della misura massima il minore ammontare non concorre a formare la differenza ammortizzabile, a meno che non dipenda dalla effettiva minore utilizzazione del bene rispetto a quella normale del settore.

5. In caso di eliminazione di beni non ancora completamente ammortizzati dal complesso produttivo, il costo residuo è ammesso in deduzione.

6. Per i beni il cui costo unitario non è superiore a 1 milione di lire è consentita la deduzione integrale delle spese di acquisizione nell'esercizio in cui sono state sostenute.

7. Le spese di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione, che dal bilancio non risultino imputate ad incremento del costo dei beni ai quali si riferiscono, sono deducibili nel limite del 5 per cento del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili quale risulta all'inizio dell'esercizio dal registro dei beni ammortizzabili; per le imprese di nuova costituzione il limite percentuale si calcola, per il primo esercizio, sul costo complessivo quale risulta alla fine dell'esercizio; per i beni ceduti nel corso dell'esercizio la deduzione spetta in proporzione alla durata del possesso ed è commisurata, per il cessionario, al costo di acquisizione. L'eccedenza è deducibile per quote costanti nei cinque esercizi successivi. Per specifici settori produttivi possono essere stabiliti, con decreto del Ministro delle finanze, diversi criteri e modalità di deduzione. Resta ferma la deducibilità nell'esercizio di competenza dei compensi periodici dovuti contrattualmente a terzi per la manutenzione di determinati beni, del cui costo non si tiene conto nella determinazione del limite percentuale sopra indicato (2).

8. Per i beni concessi in locazione finanziaria le quote di ammortamento sono determinate in ciascun esercizio nella misura risultante dal relativo piano di ammortamento finanziario e non è ammesso l'ammortamento anticipato; la deduzione dei canoni da parte dell'impresa utilizzatrice è ammessa a condizione che la durata del contratto non sia inferiore a otto anni, se questo ha per oggetto beni immobili, e alla metà del periodo di ammortamento corrispondente al coefficiente stabilito a norma del comma 2, in relazione all'attività esercitata dall'impresa stessa, se il contratto ha per oggetto beni mobili (3). Con lo stesso decreto previsto dal comma 3, il Ministro delle finanze provvede ad aumentare o diminuire, nel limite della metà, la predetta durata minima dei contratti ai fini della deducibilità dei canoni, qualora venga rispettivamente diminuita o aumentata la misura massima dell'ammortamento di cui al secondo periodo del medesimo comma 3 (4).

8-bis Sempreché non siano destinati ad essere utilizzati esclusivamente come beni strumentali nell'attività propria dell'impresa, non sono deducibili le quote di ammortamento, i canoni di locazione anche finanziaria o di noleggio e le spese di impiego, custodia, manutenzione e riparazione relative ai seguenti beni:

a) aeromobili da turismo, navi e imbarcazioni da diporto;

b) autovetture ed autoveicoli indicati nell'articolo 54, comma 1, lettere a), c) e m), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, con motore di cilindrata superiore a 2000 centimetri cubici o con motore diesel di cilindrata superiore a 2500 centimetri cubici;

c) motocicli con motore di cilindrata superiore a 350 centimetri cubici (5).

8-ter. Per le imprese che esercitano attività di locazione o noleggio dei beni di cui alle lettere a), b) e c) del comma 8-bis la disposizione del medesimo comma si applica per quelli dati in uso agli amministratori, soci, collaboratori o dipendenti (5).

9. Per le aziende date in affitto o in usufrutto le quote di ammortamento sono deducibili nella determinazione del reddito dell'affittuario o dell'usufruttuario.

10. Le spese relative all'acquisto di beni mobili adibiti promiscuamente all'esercizio dell'impresa e all'uso personale o familiare dell'imprenditore sono ammortizzabili, o deducibili nell'ipotesi di cui al comma 6, nella misura del 50 per cento; nella stessa misura sono deducibili i canoni di locazione anche finanziaria e di noleggio e le spese relativi all'impiego di tali beni. Per gli immobili utilizzati promiscuamente è deducibile una somma pari al 50 per cento della rendita catastale o del canone di locazione, anche finanziaria, a condizione che il contribuente non disponga di altro immobile adibito esclusivamente all'esercizio dell'impresa (6).

10-bis. Le quote di ammortamento, i canoni di locazione anche finanziaria o di noleggio e le spese di impiego e manutenzione relativi ad apparecchiature terminali per il servizio radiomobile pubblico terrestre di comunicazione soggette alla tassa di cui al n. 131 della tariffa annessa al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 641, sono deducibili nella misura del 50 per cento. La percentuale di cui al precedente periodo è elevata al 100 per cento per gli oneri relativi ad impianti di telefonia fissa installati all'interno dei veicoli utilizzati per il trasporto di merci da parte delle imprese di autotrasporto (7).

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(1) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 1, lett. o), D.L. 29 giugno 1994, n. 416, conv. L. 8 agosto 1994, n. 503, con effetto 30.12.1993. Precedentemente il comma era stato modificato dall'art. 1, comma 1, D.L. n. 90/90, conv. con L. n. 165/90, con effetto dal periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore del decreto. Per il periodo d'imposta precedente a quello in corso alla predetta data, per il quale la dichiarazione dei redditi è presentata dopo il 31 dicembre 1989, ferma la misura della elevazione prevista, nella ipotesi di beni già utilizzati da parte di altri soggetti, l'ammortamento anticipato può essere eseguito nell'esercizio in cui i beni sono entrati in funzione per la prima volta presso l'ultimo utilizzatore e nei due successivi a condizione che detto ammortamento anticipato non sia già stato fiscalmente dedotto per tre periodi d'imposta da parte dei precedenti possessori, ovvero per i residui periodi d'imposta, nel caso in cui i precedenti possessori abbiano dedotto l'ammortamento anticipato per uno o due periodi d'imposta.

(2) A norma dell’art. 12, D.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42, per le spese di cui al presente comma, relative ai beni acquisiti nel corso dell'esercizio, compresi quelli costruiti o fatti costruire, il limite percentuale di deducibilità ivi stabilito è calcolato sulla parte del relativo costo proporzionale alla durata del possesso.

Per la deduzione di spese di manutenzione, ammodernamento ecc. delle industrie estrattive di minerali metalliferi e non metalliferi si veda D.M. 9 maggio 1989.

(3) Periodo così modificato dall'art. 3, comma 103, lett. c), L. 28 dicembre 1995, n. 549. Per l'applicazione della disposizione vedi l'art. 3, comma 109, L. n. 549/95. Per la quota costante di ammortamento relativamente ai contratti di locazione finanziaria conclusi a partire dal primo periodo di imposta successivo al 31.12.1987, si vedano gli artt. 13 e 26, D.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42.

(4) Periodo aggiunto dall'art. 1, comma 1, lett. l), D.L. 27 aprile 1990, n. 90, conv. L. 26 giugno 1990, n. 165, con effetto 1.5.1990.

(5) Comma abrogato dall’art. 17, comma 2, lett. a), della legge 27 dicembre 1997, n. 449, con effetto dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 1997.

(6) Comma modificato ex art. 17, comma 2, lett. b), della legge 27 dicembre 1997, n. 449, con effetto dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 1997.

(7) Comma aggiunto dall'art. 10, comma 1, lett. a), D.L. 13 maggio 1991, n. 151, conv. L. 12 luglio 1991, n. 202, con effetto 13 maggio 1991; l’ultimo periodo è stato aggiunto dall’art. 6, comma 21, L. 23 dicembre 1999, n. 488, con effetto dal 1° gennaio 2000.

 

Art. 68

Ammortamento dei beni immateriali

 

1. Le quote di ammortamento del costo dei diritti di utilizzazione di opere dell'ingegno, dei brevetti industriali, e dei processi, formule e informazioni relativi ad esperienze acquisite in campo industriale, commerciale o scientifico sono deducibili in misura non superiore a un terzo del costo; quelle relative al costo dei marchi d'impresa sono deducibili in misura non superiore ad un decimo del costo (1).

2. Le quote di ammortamento del costo dei diritti di concessione e degli altri diritti iscritti nell'attivo del bilancio sono deducibili in misura corrispondente alla durata di utilizzazione prevista dal contratto o dalla legge (2).

3. Le quote di ammortamento del valore di avviamento iscritto nell'attivo del bilancio sono deducibili in misura non superiore a un decimo del valore stesso (1).

4. Si applica la disposizione del comma 9 dell'articolo 67 (3).

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(1) Comma così modificato ex art. 21, comma 6, L. 27 dicembre 1997, n. 449, con effetto dal periodo d'imposta in corso alla data del 1° gennaio 1998, anche per le quote di ammortamento relative ai beni immateriali acquisiti nel corso di periodi d'imposta precedenti.

(2) Per la determinazione e deduzione delle quote di ammortamento dei diritti in parola, si rimanda all'art. 13, D.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42.

(3) Per le quote di ammortamento dell'affittuario o dell'usufruttuario d'azienda, si veda l'art. 14, D.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42.

 

Art. 69

Ammortamento finanziario dei beni gratuitamente devolvibili

 

1. Per i beni gratuitamente devolvibili alla scadenza di una concessione è consentita, il luogo dell'ammortamento di cui agli articoli 67 e 68, la deduzione di quote costanti di ammortamento finanziario (1).

2. La quota di ammortamento finanziario deducibile è determinata dividendo il costo dei beni, diminuito degli eventuali contributi del concedente, per il numero degli anni di durata della concessione, considerando tali anche le frazioni. In caso di modifica della durata della concessione la quota deducibile è proporzionalmente ridotta o aumentata a partire dall'esercizio in cui la modifica è stata convenuta (2).

3. In caso di incremento o di decremento del costo dei beni, per effetto di sostituzione a costi superiori o inferiori, di ampliamenti, ammodernamenti o trasformazioni, di perdite e di ogni altra causa, la quota di ammortamento finanziario deducibile è rispettivamente aumentata o diminuita, a partire dall'esercizio in cui si è verificato l'incremento o il decremento, in misura pari al relativo ammontare diviso per il numero dei residui anni di durata della concessione.

4. L'eventuale differenza tra l'ammontare complessivo delle quote di ammortamento finanziario dedotte durante la concessione e il costo non ammortizzato ai sensi degli articoli 67 e 68 concorre a formare il reddito, o è deducibile se negativa, nell'esercizio in cui avviene la devoluzione (3).

5. Per le concessioni relative alla costruzione e all'esercizio di opere pubbliche sono ammesse in deduzione quote di ammortamento finanziario differenziate da calcolare sull'investimento complessivo realizzato. Le quote di ammortamento sono determinate nei singoli casi con decreto del Ministro delle finanze in rapporto proporzionale alle quote previste nel piano economico-finanziario della concessione, includendo nel costo ammortizzabile gli interessi passivi anche in deroga alle disposizioni del comma 1 dell'articolo 76.

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(1) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 1, D.L. 31 dicembre 1996, n. 669, conv. L. 28 febbraio 1997, n. 30, con effetto dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 1996.

(2) Comma così modificato dall'art. 1, comma 1, D.L. 31 dicembre 1996, n. 669, conv. L. 28 febbraio 1997, n. 30, con effetto dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 1996.

(3) Comma abrogato dall'art. 1, comma 1, D.L. 31 dicembre 1996, n. 669, conv. L. 28 febbraio 1997, n. 30, con effetto dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 1996.

 

Art. 70

Accantonamenti di quiescenza e previdenza

 

1. Gli accantonamenti ai fondi per le indennità di fine rapporto e ai fondi di previdenza del personale dipendente istituiti ai sensi dell'articolo 2117 del codice civile, se costituiti in conti individuali dei singoli dipendenti, sono deducibili nei limiti delle quote maturate nell'esercizio in conformità alle disposizioni legislative e contrattuali che regolano il rapporto di lavoro dei dipendenti stessi. I rendimenti attribuiti in ciascun esercizio ai fondi di previdenza sono deducibili nei limiti dei rendimenti finanziari medi dei titoli obbligazionari pubblici e privati, accertati con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, entro il 31 marzo di ciascun anno (1).

2. I maggiori accantonamenti necessari per adeguare i fondi a sopravvenute modificazioni normative e retributive sono deducibili nell'esercizio dal quale hanno effetto le modificazioni o per quote costanti nell'esercizio stesso e nei due successivi.

2-bis. E’ deducibile un importo non superiore al 3 per cento delle quote di accantonamento annuale del TFR destinate a forme pensionistiche complementari, se accantonato in una speciale riserva, designata con riferimento al decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, che concorre a formare il reddito nell'esercizio e nella misura in cui sia utilizzata per scopi diversi dalla copertura di perdite dell'esercizio o del passaggio a capitale; in tal caso si applica l'articolo 44, comma 2. Se l'esercizio è in perdita, la deduzione può essere effettuata negli esercizi successivi ma non oltre il quinto, fino a concorrenza dell'ammontare complessivamente maturato (2).

3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 valgono anche per gli accantonamenti relativi alle indennità di fine rapporto di cui alle lettere c), d) e f) del comma 1 dell'articolo 16.

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(1) Comma così sostituito dall’art. 1, comma 1, D.Lgs. 18 febbraio 2000, n. 47, con effetto dal 1° gennaio 2001. L'art. 1, comma 2, D.Lgs. 12 aprile 2001, n. 168, ha soppresso il secondo periodo del presente comma, con decorrenza dal 1° gennaio 2001 (Art. 13, comma 2, D.Lgs. n. 168/2001).

(2) Comma aggiunto dall’art. 1, comma 1, D.Lgs. 18 febbraio 2000, n. 47, con effetto dal 1° gennaio 2001.

 

Art. 71 (1)

Svalutazione dei crediti e accantonamenti per rischi su crediti

 

1. Le svalutazioni dei crediti risultanti in bilancio, per l'importo non coperto da garanzia assicurativa, che derivano dalle cessioni di beni e dalle prestazioni di servizi indicate nel comma 1 dell'articolo 53, sono deducibili in ciascun esercizio nel limite dello 0,50 per cento del valore nominale o di acquisizione dei crediti stessi. Nel computo del limite si tiene conto anche degli eventuali accantonamenti ad apposito fondo di copertura di rischi su crediti effettuati in conformità a disposizioni di legge. La deduzione non e più ammessa quando l'ammontare complessivo delle svalutazioni e degli accantonamenti ha raggiunto il 5 per cento del valore nominale o di acquisizione dei crediti risultanti in bilancio alla fine dell'esercizio.

2. Le perdite sui crediti di cui al comma 1, determinate con riferimento al valore nominale o di acquisizione dei crediti stessi, sono deducibili a norma dell'articolo 66, limitatamente alla parte che eccede l'ammontare complessivo delle svalutazioni e degli accantonamenti dedotti nei precedenti esercizi. Se in un esercizio l'ammontare complessivo delle svalutazioni e degli accantonamenti dedotti eccede il 5 per cento del valore nominale o di acquisizione dei crediti, l'eccedenza concorre a formare il reddito dell'esercizio stesso.

3. Per gli enti creditizi e finanziari di cui al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 87, le svalutazioni dei crediti risultanti in bilancio, per l'importo non coperto da garanzia assicurativa, che derivano dalle operazioni di erogazione del credito alla clientela, compresi i crediti finanziari concessi a Stati, banche centrali o enti di Stato esteri destinati al finanziamento delle esportazioni italiane o delle attività ad esse collegate, sono deducibili in ciascun esercizio nel limite dello 0,60 per cento (2) del valore dei crediti risultanti in bilancio, aumentato dell'ammontare delle svalutazioni dell'esercizio. L'ammontare complessivo delle svalutazioni che supera lo 0,60 per cento (2) è deducibile in quote costanti nei nove esercizi successivi (3). Ai fini del presente comma le svalutazioni si assumono al netto delle rivalutazioni dei crediti risultanti in bilancio. Se in un esercizio l'ammontare complessivo delle svalutazioni è inferiore al limite dello 0,60 per cento (2), sono ammessi in deduzione, fino al predetto limite, gli accantonamenti ad apposito fondo di copertura dei rischi su crediti in conformità a disposizioni di legge. Gli accantonamenti non sono più deducibili quando il loro ammontare complessivo ha raggiunto il 5 per cento del valore dei crediti risultanti in bilancio alla fine dell'esercizio.

4. Per gli enti creditizi e finanziari nell'ammontare dei crediti si comprendono anche quelli impliciti nei contratti di locazione finanziaria nonché la rivalutazione delle operazioni "fuori bilancio" iscritte nell'attivo in applicazione dei criteri di cui all'articolo 103-bis.

5. Le perdite sui crediti di cui al comma 3, determinate con riferimento al valore di bilancio dei crediti, sono deducibili, ai sensi dell'articolo 66, limitatamente alla parte che eccede l'ammontare dell'accantonamento al fondo per rischi su crediti dedotto nei precedenti esercizi. Se in un esercizio l'ammontare del predetto fondo eccede il 5 per cento del valore dei crediti risultanti in bilancio, l'eccedenza concorre a formare il reddito dell'esercizio stesso.

6. Per i crediti per interessi di mora, le svalutazioni e gli accantonamenti di cui ai precedenti commi sono deducibili fino a concorrenza dell'ammontare dei crediti stessi maturato nell'esercizio. Si applicano le disposizioni di cui al comma 2, calcolando l'eccedenza con riferimento all'ammontare complessivo del valore nominale dei crediti per interessi di mora; per gli enti creditizi e finanziari si applicano le disposizioni del comma 5, calcolando l'eccedenza del fondo con riferimento al valore dei crediti per interessi di mora risultanti in bilancio.

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(1) Articolo così sostituito dall'art. 3, comma 103, lett. d), L. 28 dicembre 1995, n. 549, a decorrere, per gli enti creditizi e finanziari, dal periodo di imposta per il quale il termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi scade successivamente al 13 gennaio 1996; per detto periodo di imposta, il limite dello 0,50 per cento previsto dal comma 3 dell'articolo in esame, è commisurato al valore nominale o di acquisizione dei crediti. Il valore dei crediti iscritti nel bilancio relativo al periodo di imposta anteriore a quello predetto ha rilevanza anche ai fini fiscali e la differenza tra il valore nominale o di acquisizione dei crediti medesimi e il loro valore di bilancio si considera dedotta anche per la parte riferibile agli accantonamenti ad apposito fondo di copertura per rischi su crediti dedotti negli esercizi precedenti. L'ammontare non dedotto è deducibile in nove quote costanti a decorrere dal primo periodo di imposta di applicazione (art. 3, comma 107, L. n. 549/95).

Ai sensi dell’art. 2, comma 2, D.L. n. 416/94, conv. L. n. 503/94, ai fini dell'applicazione del presente articolo, si tiene conto dei fondi di copertura per rischi su crediti costituiti con accantonamenti che sono stati fiscalmente dedotti in periodi d'imposta precedenti a quello in corso al 30 dicembre 1993.

(2) Percentuale così modificata dall'art. 23, comma 1, L. 21 novembre 2000, n. 342, a decorrere dal periodo d’imposta in

corso alla data del 10 dicembre 2000. In precedenza era dello 0,50%.

(3) Il numero degli esercizi è così modificato dall'art. 23, comma 1, L. 21 novembre 2000, n. 342, a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data del 10 dicembre 2000. In precedenza gli esercizi erano sette.

 

Art. 72

Accantonamenti per rischi di cambio

 

1. Gli accantonamenti al fondo di copertura dei rischi di cambio sono deducibili nel limite della differenza negativa tra il saldo dei crediti e dei debiti in valuta estera risultanti in bilancio, anche sotto forma di obbligazioni e titoli similari, valutati secondo il cambio dell'ultimo mese dell'esercizio, e il saldo degli stessi valutati secondo il cambio del giorno in cui sono sorti o del giorno antecedente più prossimo e, in mancanza, secondo il cambio del mese in cui sono sorti. La differenza si considera negativa in caso di diminuzione del saldo attivo o di aumento del saldo passivo. Non si tiene conto dei crediti e dei debiti per i quali il rischio di cambio è coperto da contratti a termine o da contratti di assicurazione.

2. Se in un esercizio la differenza negativa di cui al comma 1 è superiore all'ammontare del fondo risultante alla chiusura dell'esercizio precedente, la deduzione è ammessa limitatamente alla parte eccedente; se essa è pari o inferiore all'ammontare del fondo alla chiusura dell'esercizio precedente, la deduzione non è ammessa e l'eventuale eccedenza del fondo concorre a formare il reddito dell'esercizio.

3. Le perdite di cambio derivanti dalle riscossioni e dai pagamenti effettuati nell'esercizio sono deducibili limitatamente alla parte del loro ammontare che non trova copertura nel fondo.

4. Le disposizioni dei commi da 1 a 3 si applicano indipendentemente dalle rivalutazioni e svalutazioni dei crediti e dei debiti eseguite in bilancio a fronte delle variazioni di cambio, per le quali resta ferma la disciplina di cui agli articoli 54 e 66.

5. Ai fini della determinazione della differenza di cui ai commi 1 e 2 i crediti e i debiti già risultanti nel bilancio dell'ultimo esercizio chiuso anteriormente all'entrata in vigore del presente testo unico sono valutati secondo il cambio dell'ultimo mese dell'esercizio stesso anziché secondo il cambio del giorno o del mese in cui sono sorti (1).

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(1) Ai sensi dell’art. 27, D.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42, per le imprese e le società il cui esercizio non coincide con l'anno solare la disposizione del presente comma si applica con riferimento al cambio dell'ultimo mese dell'esercizio chiuso anteriormente alla data di inizio del primo periodo d'imposta successivo al 31 dicembre 1987.

 

Art. 73

Altri accantonamenti

 

1. Gli accantonamenti ad apposito fondo del passivo a fronte delle spese per lavori ciclici di manutenzione e revisione delle navi e degli aeromobili sono deducibili nei limiti del 5 per cento del costo di ciascuna nave o aeromobile quale risulta all'inizio dell'esercizio dal registro dei beni ammortizzabili. La differenza tra l'ammontare complessivamente dedotto e la spesa complessivamente sostenuta concorre a formare il reddito, o è deducibile se negativa, nell'esercizio in cui ha termine il ciclo.

2. Per le imprese concessionarie della costruzione e dell'esercizio di opere pubbliche sono deducibili gli accantonamenti iscritti in apposito fondo del passivo a fronte delle spese di ripristino o di sostituzione dei beni gratuitamente devolvibili allo scadere della concessione e delle altre spese di cui al comma 7 dell'art. 67. La deduzione è ammessa, per ciascun bene, nel limite massimo del 5 per cento del costo e non è più ammessa quando il fondo ha raggiunto l'ammontare delle spese relative al bene medesimo sostenute negli ultimi due esercizi. Se le spese sostenute in un esercizio sono superiori all'ammontare del fondo l'eccedenza è deducibile nell'esercizio stesso e nei successivi ma non oltre il quinto. L'ammontare del fondo non utilizzato concorre a formare il reddito dell'esercizio in cui avviene la devoluzione (1).

3. Gli accantonamenti a fronte degli oneri derivanti da operazioni a premio e concorsi a premio sono deducibili in misura non superiore, rispettivamente, al 30 e al 70 per cento dell'ammontare degli impegni assunti nell'esercizio, a condizione che siano iscritti in appositi fondi del passivo distinti per esercizio di formazione. L'utilizzo a copertura degli oneri relativi ai singoli esercizi deve essere effettuato a carico dei corrispondenti fondi sulla base del valore unitario di formazione degli stessi e le eventuali differenze rispetto a tale valore costituiscono sopravvenienze attive o passive. L'ammontare dei fondi non utilizzato al termine del terzo esercizio successivo a quello di formazione concorre a formare il reddito dell'esercizio stesso (2).

4. Non sono ammesse deduzioni per accantonamenti diversi da quelli espressamente considerati dalle disposizioni del presente capo.

5. Per le concessioni di opere pubbliche in corso alla data di entrata in vigore del presente testo unico le imprese concessionarie possono avvalersi delle disposizioni del comma 2 dandone comunicazione scritta all'ufficio delle imposte nel termine stabilito per la presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al primo esercizio iniziato a partire della data stessa e imputando al fondo l'ammontare delle quote di ammortamento già dedotte a norma dell'articolo 67.

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(1) Comma così modificato dall'art. 1, comma 1, D.L. 31 dicembre 1996, n. 669, conv. L. 28 febbraio 1997, n. 30, con effetto dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 1996.

(2) Comma così modificato dall'art. 14, comma 3, lett. h), L. 24 dicembre 1993, n. 537, con effetto per gli accantonamenti deducibili nella determinazione del reddito del periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 1993.

 

Art. 74

Spese relative a più esercizi

 

1. Le spese relative a studi e ricerche sono deducibili nell'esercizio in cui sono state sostenute ovvero in quote costanti nell'esercizio stesso e nei successivi ma non oltre il quarto. Le quote di ammortamento dei beni acquisiti in esito agli studi e alle ricerche sono calcolate sul costo degli stessi diminuito dell'importo già dedotto. Per i contributi corrisposti a norma di legge dallo Stato o da altri enti pubblici a fronte di tali costi si applica il terzo comma dell'art. 55.

2. Le spese di pubblicità e di propaganda sono deducibili nell'esercizio in cui sono state sostenute o in quote costanti nell'esercizio stesso e nei quattro successivi. Le spese di rappresentanza sono ammesse in deduzione nella misura di un terzo del loro ammontare e sono deducibili per quote costanti nell'esercizio in cui sono state sostenute e nei quattro successivi. Si considerano spese di rappresentanza anche quelle sostenute per i beni distribuiti gratuitamente, anche se recano emblemi, denominazioni o altri riferimenti atti a distinguerli come prodotti dell'impresa, e i contributi erogati per l'organizzazione di convegni e simili. Le predette limitazioni non si applicano ove le spese di rappresentanza siano riferite a beni di cui al periodo precedente di valore unitario non eccedente lire cinquantamila (1).

3. Le altre spese relative a più esercizi, diverse da quelle considerate nei commi 1 e 2, sono deducibili nel limite della quota imputabile a ciascun esercizio (2).

4. Le spese di cui al presente articolo sostenute dalle imprese di nuova costituzione, comprese le spese di impianto, sono deducibili secondo le disposizioni del primo, secondo e terzo comma a partire dall'esercizio in cui sono conseguiti i primi ricavi.

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(1) Comma così modificato dall'art. 3, comma 93, L. 28 dicembre 1995, n. 549, con effetto dalle spese sostenute a decorrere dal periodo di imposta per il quale il termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi scade successivamente al 13.1.1996.

(2) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 1, lett. q), D.L. 29 giugno 1994, n. 416, conv. L. 8 agosto 1994, n. 503, con effetto 30.12.1993.

 

Art. 75

Norme generali sui componenti del reddito d'impresa

 

1. I ricavi, le spese e gli altri componenti positivi e negativi, per i quali le precedenti norme del presente capo non dispongono diversamente, concorrono a formare il reddito nell'esercizio di competenza; tuttavia i ricavi, le spese e gli altri componenti di cui nell'esercizio di competenza non sia ancora certa l'esistenza o determinabile in modo obiettivo l'ammontare concorrono a formarlo nell'esercizio in cui si verificano tali condizioni (1).

2. Ai fini della determinazione dell'esercizio di competenza:

a) i corrispettivi delle cessioni si considerano conseguiti, e le spese di acquisizione dei beni si considerano sostenute, alla data della consegna o spedizione per i beni mobili e della stipulazione dell'atto per gli immobili e per le aziende, ovvero, se diversa e successiva, alla data in cui si verifica l'effetto traslativo o costitutivo della proprietà o di altro diritto reale. Non si tiene conto delle clausole di riserva della proprietà. La locazione con clausola di trasferimento della proprietà vincolante per ambedue le parti è assimilata alla vendita con riserva di proprietà (2);

b) i corrispettivi delle prestazioni di servizi si considerano conseguiti, e le spese di acquisizione dei servizi si considerano sostenute, alla data in cui le prestazioni sono ultimate, ovvero, per quelle dipendenti da contratti di locazione, mutuo, assicurazione e altri contratti da cui derivano corrispettivi periodici, alla data di maturazione dei corrispettivi.

3. I ricavi, gli altri proventi di ogni genere e le rimanenze concorrono a formare il reddito anche se non risultano imputati al conto dei profitti e delle perdite.

4. Le spese e gli altri componenti negativi non sono ammessi in deduzione se e nella misura in cui non risultano imputati al conto dei profitti e delle perdite relativo all'esercizio di competenza. Sono tuttavia deducibili quelli che pur non essendo imputabili al conto dei profitti e delle perdite sono deducibili per disposizione di legge e quelli imputati al conto dei profitti e delle perdite di un esercizio precedente, se la deduzione è stata rinviata in conformità alle precedenti norme del presente capo che dispongono o consentono il rinvio. Le spese e gli oneri specificamente afferenti i ricavi e altri proventi che, pur non risultando imputati al conto dei profitti e delle perdite, concorrono a formare il reddito sono ammessi in deduzione se e nella misura in cui risultano da elementi certi e precisi, salvo quanto stabilito per le apposite scritture nel successivo sesto comma (1).

5. Le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale, sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito; se si riferiscono indistintamente ad attività o beni produttivi di proventi computabili e ad attività o beni produttivi di proventi non computabili nella determinazione del reddito sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto di cui al primo, secondo e terzo comma dell'art. 63.

5-bis. Qualora nell'esercizio siano stati conseguiti gli interessi e i proventi di cui al comma 3 dell'articolo 63 che eccedono l'ammontare degli interessi passivi, fino a concorrenza di tale eccedenza non sono deducibili le spese e gli altri componenti negativi di cui alla seconda parte del precedente comma e, ai fini del rapporto previsto dal predetto articolo 63, non si tiene conto di un ammontare corrispondente a quello non ammesso in deduzione (3).

6. Le spese e gli altri componenti negativi, di cui è prescritta la registrazione in apposite scritture contabili ai fini delle imposte sui redditi, non sono ammessi in deduzione se la registrazione è stata omessa o è stata eseguita irregolarmente, salvo che si tratti di irregolarità meramente formali (4).

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(1) Comma così modificato dall'art. 1, D.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42, con effetto dal 1° gennaio 1988.

(2) Lettera così modificato dall'art. 1, D.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42, con effetto dal 1° gennaio 1988.

(3) Comma aggiunto dall'art. 13-bis, D.L. 19 settembre 1992, n. 384, conv. L. 14 novembre 1992, n. 438, con applicazione dall'esercizio in corso alla data del 19 settembre 1992, per gli interessi ed i proventi maturati dal 9 settembre 1992.

(4) Comma abrogato dall'art. 5, D.P.R. 9 dicembre 1996, n. 695, con effetto dal 21 febbraio 1997.

 

Art. 76

Norme generali sulle valutazioni

 

1. Agli effetti delle norme del presente capo che fanno riferimento al costo dei beni senza disporre diversamente:

a) il costo è assunto al lordo delle quote di ammortamento già dedotte e degli eventuali contributi (1);

b) si comprendono nel costo anche gli oneri accessori di diretta imputazione, esclusi gli interessi passivi e le spese generali. Tuttavia per i beni materiali ed immateriali strumentali per l'esercizio dell'impresa si comprendono nel costo, fino al momento della loro entrata in funzione e per la quota ragionevolmente imputabile ai beni medesimi, gli interessi passivi relativi alla loro fabbricazione, interna o presso terzi, nonché gli interessi passivi sui prestiti contratti per la loro acquisizione, a condizione che siano imputati nel bilancio ad incremento del costo stesso. Nel costo di fabbricazione si possono aggiungere con gli stessi criteri anche i costi diversi da quelli direttamente imputabili al prodotto; per gli immobili alla cui produzione è diretta l'attività dell'impresa si comprendono nel costo gli interessi passivi sui prestiti contratti per la loro costruzione o ristrutturazione (2);

c) il costo dei beni rivalutati non si intende comprensivo delle plusvalenze iscritte ad esclusione di quelle che per disposizione di legge non concorrono a formare il reddito (3);

c-bis) per i titoli a reddito fisso, che costituiscono immobilizzazioni finanziarie e sono iscritti come tali in bilancio, la differenza positiva o negativa tra il costo d'acquisto e il valore di rimborso concorre a formare il reddito per la quota maturata nell'esercizio (4).

2. Per la determinazione del valore normale dei beni e dei servizi e, con riferimento alla data in cui si considerano conseguiti o sostenuti, per la valutazione dei corrispettivi, proventi, spese e oneri in natura o in valuta estera, si applicano, quando non è diversamente disposto, le disposizioni dell'art. 9; tuttavia i corrispettivi, i proventi, le spese e gli oneri in valuta estera, percepiti o effettivamente sostenuti in data precedente, si valutano con riferimento a tale data. La conversione in lire dei saldi di conto delle stabili organizzazioni all'estero si effettua secondo il cambio alla data di chiusura dell'esercizio e le differenze rispetto ai saldi di conto dell'esercizio precedente non concorrono alla formazione del reddito. La valutazione, secondo il cambio alla data di chiusura dell'esercizio, dei crediti e dei debiti in valuta estera risultanti in bilancio, anche sotto forma di obbligazioni o titoli similari, è consentita se effettuata per la totalità di essi. Si applica la disposizione dell'ultimo periodo del comma 1 dell'articolo 72, qualora i contratti di copertura non siano valutati in modo coerente. Per le imprese che intrattengono in modo sistematico rapporti in valuta estera è consentita la tenuta della contabilità plurimonetaria con l'applicazione del cambio di fine esercizio ai saldi dei relativi conti (5).

3. I proventi determinati a norma degli artt. 57 e 78 e i componenti negativi di cui al primo e settimo comma dell'art. 67, agli artt. 69 e 71 e al primo e secondo comma dell'art. 73 sono ragguagliati alla durata dell'esercizio se questa è inferiore o superiore a dodici mesi.

4. In caso di mutamento totale o parziale dei criteri di valutazione adottati nei precedenti esercizi il contribuente deve darne comunicazione all'Ufficio delle imposte nella dichiarazione dei redditi o in apposito allegato.

5. I componenti del reddito derivanti da operazioni con società non residenti nel territorio dello Stato che, direttamente o indirettamente, controllano l'impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l'impresa sono valutati in base al valore normale dei beni ceduti, dei servizi prestati o dei beni e servizi ricevuti, determinato a norma del secondo comma se ne deriva aumento del reddito; la stessa disposizione si applica anche se ne deriva una diminuzione del reddito, ma soltanto in esecuzione degli accordi conclusi con le Autorità competenti degli Stati esteri a seguito delle speciali "procedure amichevoli" previste dalle Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni sui redditi. La disposizione si applica anche per i beni ceduti e i servizi prestati da società non residenti nel territorio dello Stato per conto delle quali l'impresa esplica attività di vendita e collocamento di materie prime o merci o di fabbricazione o lavorazione di prodotti (6).

6. La rettifica da parte dell'ufficio delle valutazioni fatte dal contribuente in un esercizio ha effetto anche per gli esercizi successivi. L'ufficio tiene conto direttamente delle rettifiche operate e deve procedere a rettificare le valutazioni relative anche agli esercizi successivi (7).

7. Agli effetti delle norme del presente titolo che vi fanno riferimento il cambio delle valute estere in ciascun mese è accertato, su conforme parere dell'Ufficio Italiano dei Cambi, con decreto del Ministro delle finanze pubblicato nella Gazzetta Ufficiale entro il mese successivo.

7-bis. Non sono ammessi in deduzione le spese e gli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse tra imprese residenti ed imprese domiciliate fiscalmente in Stati o territori non appartenenti all’Unione europea aventi regimi fiscali privilegiati. Si considerano privilegiati i regimi fiscali di Stati o territori individuati, con decreto del Ministro delle finanze da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, in ragione del livello di tassazione sensibilmente inferiore a quello applicato in Italia, ovvero della mancanza di un adeguato scambio di informazioni, ovvero di altri criteri equivalenti (8).

7-ter. Le disposizioni di cui al comma 7-bis non si applicano quando le imprese residenti in Italia forniscono la prova che le imprese estere svolgono principalmente un’attività industriale o commerciale effettiva nel mercato del Paese nel quale hanno sede. L’Amministrazione, prima di procedere all’emissione dell’avviso di accertamento d’imposta o di maggiore imposta, deve notificare all’interessato un apposito avviso con il quale viene concessa al medesimo la possibilità di fornire, nel termine di novanta giorni, le prove predette. Ove l’Amministrazione non ritenga idonee le prove addotte, dovrà darne specifica motivazione nell’avviso di accertamento. La deduzione delle spese e degli altri componenti negativi di cui al comma 7-bis è comunque subordinata alla separata indicazione nella dichiarazione dei redditi dei relativi ammontari dedotti (9).

7-quater. Le disposizioni di cui ai commi 7-bis e 7-ter non si applicano per le operazioni intercorse con soggetti non residenti cui risulti applicabile l’articolo 127-bis, concernente disposizioni in materia di imprese estere partecipate (10).

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(1) Lettera così modificata dall'art. 21, comma 4, lett. a), n. 1), della legge 27 dicembre 1997, n. 449, con effetto dal periodo di imposta in corso alla data del 31 dicembre 1997.

(2) Lettera così sostituita dall'art. 1, comma 1, lett. r), n. 1), D.L. 29 giugno 1994, n. 416, conv. L. 8 agosto 1994, n. 503, con effetto 30.12.1993.

(3) Lettera così sostituita dall'art. 21, comma 4, lett. a), n. 2), della legge 27 dicembre 1997, n. 449, con effetto dal periodo di imposta in corso alla data del 31 dicembre 1997.

 (4) Lettera aggiunta dall'art. 1, comma 1, lett. r), n. 2), D.L. 29 giugno 1994, n. 416, conv. L. 8 agosto 1994, n. 503, con effetto 30.12.1993.

(5) Comma così modificato dall'art. 1, comma 1, lett. r), n. 3), D.L. 29 giugno 1994, n. 416, conv. L. 8 agosto 1994, n. 503, con effetto 30.12.1993.

(6) Comma così modificato dall'art. 3, comma 1, D.L. 15 settembre 1990, n. 261, conv. L. 12 novembre 1990, n. 331, con effetto 20.9.1990.

(7) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 1, lett. r), n. 3-bis), D.L. 29 giugno 1994, n. 416, conv. L. 8 agosto 1994, n. 503, con effetto 30.12.1993.

(8) Comma aggiunto dall'art. 11, comma 12, L. 30 dicembre 1991, n. 413 e successivamente sostituito dall'art. 1, comma 1, lett. b), num. 1), L. 21 novembre 2000, n. 342. Le disposizioni contenute nel presente comma si applicano ai redditi relativi al periodo d’imposta che inizia successivamente alla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dei decreti di cui al comma 4, dell'art. 127-bis (art. 1, comma 2, L. 21 novembre 2000, n. 342).

(9) Comma aggiunto dall'art. 11, comma 12, L. 30 dicembre 1991, n. 413, successivamente sostituito dall'art. 1, comma 1, lett. b), num. 1), L. 21 novembre 2000, n. 342. Le disposizioni contenute nel presente comma si applicano ai redditi relativi al periodo d’imposta che inizia successivamente alla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dei decreti di cui al comma 4, dell'art. 127-bis (art. 1, comma 2, L. 21 novembre 2000, n. 342).

(10) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 1, lett. b), num. 2), L. 21 novembre 2000, n. 342. Le disposizioni contenute nel comma si applicano ai redditi relativi al periodo d’imposta che inizia successivamente alla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dei decreti di cui al comma 4, dell'art. 127-bis (art. 1, comma 2, L. 21 novembre 2000, n. 342).

 

Art. 77

Beni relativi all'impresa

 

1. Per le imprese individuali, ai fini delle imposte sui redditi, si considerano relativi all'impresa, oltre ai beni indicati alle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 53, a quelli strumentali per l'esercizio dell'impresa stessa ed ai crediti acquisiti nell'esercizio dell'impresa stessa, i beni appartenenti all'imprenditore che siano indicati tra le attività relative all'impresa nell'inventario redatto e vidimato a norma dell'articolo 2217 del codice civile. Gli immobili di cui al comma 2 dell'articolo 40 si considerano relativi all'impresa solo se indicati nell'inventario o, per i soggetti indicati nell'articolo 79, nel registro dei beni ammortizzabili (1).

2. Per le società in nome collettivo e in accomandita semplice si considerano relativi all'impresa tutti i beni ad esse appartenenti, salvo quanto stabilito nel terzo comma per le società di fatto.

3. Per le società di fatto si considerano relativi all'impresa i beni indicati alle lettere a) e b) del primo comma dell'art. 53, i crediti acquisiti nell'esercizio dell'impresa e i beni strumentali per l'esercizio dell'impresa, compresi quelli iscritti in pubblici registri a nome dei soci utilizzati esclusivamente come strumentali per l'esercizio dell'impresa.

3-bis. Per i beni strumentali dell'impresa individuale provenienti dal patrimonio personale dell'imprenditore è riconosciuto, ai fini fiscali, il costo determinato in base alle disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1974, n. 689, da iscrivere tra le attività relative all'impresa nell'inventario di cui all'art. 2217 del Codice civile, ovvero, per le imprese di cui all'art. 79, nel registro dei cespiti ammortizzabili. Le relative quote di ammortamento sono calcolate a decorrere dall'esercizio in corso alla data dell'iscrizione (2).

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(1) Comma così sostituito dall'art. 58, comma 1, L. 30 dicembre 1991, n. 413, con effetto dal 1.1.1992.
Si riporta l'art. 2, comma 3, D.L. 27 aprile 1990, n. 90, conv. L. 26 giugno 1990, n. 165, valevole solo per l'anno 1988: "Gli immobili di cui all'ultimo periodo del comma 1 dell'art. 77 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, indicati nell'inventario redatto o vidimato ai sensi dell'art. 2217 del codice civile relativo al periodo di imposta in corso nell'anno 1988 si considerano, per detto periodo di imposta, relativi all'impresa purché indicati nell'inventario relativo al periodo di imposta in corso nell'anno 1989 o, per i soggetti indicati nell'art. 79 dello stesso testo unico, nel registro dei beni ammortizzabili; non si fa luogo a rimborso delle imposte dovute in conseguenza della diversa qualificazione degli immobili per il periodo di imposta 1988.".

(2) Comma aggiunto dall'art. 10-bis, comma 1, lett. b), D.L. 2 marzo 1989, n. 69, conv. L. 27 aprile 1989, n. 154, con effetto a partire dal periodo d'imposta successivo al 31 dicembre 1988.

Si ricorda che il comma 2 dello stesso art. 10-bis, D.L. n. 69/89, conv. L. n. 154/89, dispone testualmente: "2. L'imprenditore individuale che, alla data del 31 dicembre 1988, utilizzi i beni di cui all'articolo 77, comma 3-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, può avvalersi di detta disposizione anche per quote dei beni o per diritti parziali sugli stessi, attribuendo ai beni medesimi un costo commisurato al valore normale. In tal caso l'atto con cui si riconoscono o si trasferiscono quote o diritti a favore del coniuge o dei propri parenti entro il terzo grado non costituisce cessione di beni agli effetti delle imposte sui redditi e dell'imposta sul valore aggiunto; le imposte di registro, ipotecarie e catastali si applicano in misura fissa e l'imposta sull'incremento di valore degli immobili è ridotta alla metà. L'atto, con effetto dall'anno 1989, deve essere formato entro il 31 dicembre dello stesso anno.".

 

Art. 78

Imprese di allevamento

 

1. Nei confronti dei soggetti che esercitano attività di allevamento di animali oltre il limite di cui alla lettera b) del secondo comma dell'art. 29 il reddito relativo alla parte eccedente concorre a formare il reddito d'impresa nell'ammontare determinato attribuendo a ciascun capo un reddito pari al valore medio del reddito agrario riferibile a ciascun capo allevato entro il limite medesimo, moltiplicato per un coefficiente idoneo a tener conto delle diverse incidenze dei costi. Le relative spese e gli altri componenti negativi non sono ammessi in deduzione (1).

2. Il valore medio e il coefficiente di cui al primo comma sono stabiliti ogni due anni con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro dell'agricoltura e delle foreste (2). Le disposizioni del presente articolo non si applicano nei confronti dei redditi di cui all'articolo 51, comma 2, lettera c) (3).

3. Il coefficiente moltiplicatore non si applica agli allevatori che si avvalgono esclusivamente dell'opera di propri familiari quando, per la natura del rapporto, non si configuri l'impresa familiare.

4. Il contribuente ha facoltà, in sede di dichiarazione dei redditi, di non avvalersi delle disposizioni del presente articolo.

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(1) Per l'allevamento di razze canine (attività cinotecnica), si rimanda alla L. 23 agosto 1993, n. 349.

(2) Vedasi i DD.MM. 31 dicembre 1988, 21 dicembre 1990, 26 gennaio 1993, 14.2.1995, 11.2.1997 e 18.3.1998.

(3) Periodo aggiunto dall'art. 2, comma 1, lett. b), D.L. 27 aprile 1990, n. 90, conv. L. 26 giugno 1990, n. 165, con effetto dal 1.5.1990.

 

Art. 79 (1)

Imprese minori

 

1. Il reddito d'impresa dei soggetti che secondo le norme del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, sono ammessi al regime di contabilità semplificata e non hanno optato per il regime ordinario è costituito dalla differenza tra l'ammontare dei ricavi di cui all'art. 53 e degli altri proventi di cui agli artt. 56 e 57, comma primo, conseguiti nel periodo d'imposta e l'ammontare delle spese documentate sostenute nel periodo stesso. La differenza è rispettivamente aumentata e diminuita delle rimanenze finali e delle esistenze iniziali di cui agli artt. 59, 60 e 61 ed è ulteriormente aumentata delle plusvalenze realizzate ai sensi dell'art. 54 e delle sopravvenienze attive di cui all'art. 55 e diminuita delle minusvalenze e sopravvenienze passive di cui all'art. 66 (2).

2. La differenza, salvo che siano tenute le scritture ausiliarie di magazzino, è calcolata senza tenere conto delle esistenze iniziali e delle rimanenze finali e con esclusione della parte delle spese per acquisto di merci destinate alla rivendita che eccede il 75 per cento dei ricavi e della parte delle spese per acquisto di materie prime e sussidiarie, semilavorati e merci destinati ad essere impiegati nella produzione che eccede il 50 per cento dei ricavi. L'eccedenza è deducibile nei cinque periodi d'imposta successivi in quote costanti o nella maggior misura consentita dai suindicati limiti (3).

3. Le quote di ammortamento sono ammesse in deduzione, secondo le disposizioni degli artt. 67 e 68, a condizione che sia tenuto il registro dei beni ammortizzabili. Le perdite di beni strumentali e le perdite su crediti sono deducibili a norma dell'art. 66. Non è ammessa alcuna deduzione a titolo di accantonamento; tuttavia gli accantonamenti di cui all'art. 70 sono deducibili a condizione che risultino iscritti nei registri di cui all'art. 18 del decreto indicato al comma primo (2)

4. I proventi diversi da quelli indicati nel primo comma non concorrono a formare il reddito d'impresa, ma concorrono a formare il reddito complessivo del contribuente secondo le disposizioni relative alla categoria di appartenenza, e non si considerano conseguiti nell'esercizio di imprese commerciali agli effetti degli artt. 16, 45 e 81 e della lettera b) del secondo comma dell'art. 49 (3).

5. Si applicano, oltre a quelle richiamate nei precedenti commi, le disposizioni di cui agli artt. 58, 62, 63, 65, 74 e 78, al comma secondo dell'art. 57, ai commi primo, secondo e quarto dell'art. 64, ai commi primo, secondo, quinto e sesto dell'art. 75, ai commi primo, secondo, terzo, quarto e sesto dell'art. 76 e all'art. 77. Si applica inoltre, con riferimento ai ricavi e alle plusvalenze che concorrono a formare il reddito di impresa pur non risultando dalle registrazioni e annotazioni nei registri di cui all'art. 18 del decreto indicato nel comma primo, la disposizione dell'ultimo periodo del comma quarto dell'art. 75 (2).

6. Il reddito imponibile non può in nessun caso essere determinato in misura inferiore a quello risultante dall'applicazione dei criteri previsti dal successivo art. 80 per un volume di ricavi fino a 18 milioni di lire (2).

6-bis. Per gli enti non commerciali e gli organismi di tipo associativo di cui agli articoli 108 e 111, che rientrano tra i soggetti disciplinati dal presente articolo, non si applicano le disposizioni del comma 6 (4).

7. Per gli intermediari e rappresentanti di commercio e per gli esercenti le attività indicate al primo comma dell'art. 1 del decreto del Ministro delle finanze 13 ottobre 1979, pubblicato nella G.U. n. 288 del 22 ottobre 1979, il reddito d'impresa determinato a norma dei precedenti commi è ridotto, a titolo di deduzione forfetaria delle spese non documentate, di un importo pari alle seguenti percentuali dell'ammontare dei ricavi: 3 per cento dei ricavi fino a 12 milioni di lire; 1 per cento dei ricavi oltre 12 e fino a 150 milioni di lire; 0,50 per cento dei ricavi oltre 150 e fino a 180 milioni di lire.

8. Per le imprese autorizzate all'autotrasporto di merci per conto di terzi il reddito determinato a norma dei precedenti commi è ridotto, a titolo di deduzione forfetaria di spese non documentate, di lire 35.500 (5) per i trasporti personalmente effettuati dall'imprenditore oltre il comune in cui ha sede l'impresa ma nell'ambito della regione o delle regioni confinanti e di lire 71.000 (5) per quelli effettuati oltre tale ambito. Per le medesime imprese compete, altresì, una deduzione forfetaria annua di lire 300.000 per ciascun motoveicolo e autoveicolo avente massa complessiva a pieno carico non superiore a 3.500 chilogrammi (6). La deduzione spetta una sola volta per ogni giorno di effettuazione del trasporto, indipendentemente dal numero dei viaggi. Alla dichiarazione dei redditi deve essere allegato un prospetto, sottoscritto dal dichiarante, recante l'indicazione dei viaggi effettuati e della loro durata e località di destinazione nonché degli estremi delle relative bolle di accompagnamento delle merci o, in caso di esonero dall'obbligo di emissione di queste, delle fatture o delle lettere di vettura di cui all'art. 56 della legge 6 giugno 1974, n. 298; le bolle di accompagnamento, le fatture e le lettere di vettura devono essere conservate fino alla scadenza del termine per l'accertamento.

9. Le disposizioni del presente articolo non si applicano alle società in nome collettivo e in accomandita semplice (3).

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(1) L'applicazione dell'articolo in esame è stata sospesa fino al 31 dicembre 1988 ai sensi dell'art. 7, comma 7, D.L. 14 marzo 1988, n. 70, conv. L. 13 maggio 1988, n. 154.

(2) Comma così sostituito dall’art. 7, comma 2, D.L. 2 marzo 1989, n. 69, conv. L. 27 aprile 1989, n. 154, con effetto dal periodo di imposta che ha inizio dopo il 31.12.1988.

Per l'opzione per il regime di contabilità ordinaria, si veda l'art. 10, comma 1, lett. a), D.L. 2 marzo 1989, n. 69, conv. L. 27 aprile 1989, n. 154; per i criteri ed i limiti per l'esercizio dell'opzione per il regime di contabilità ordinaria e per la revoca, si veda l'art. 10, commi 2 e 3, D.L. n. 69/1989; per la determinazione dell'ammontare dei ricavi ai fini dell'esercizio dell'opzione, si rimanda all'art. 10, comma 4, D.L. n. 69/1989; per la valutazione delle attività e passività in caso di passaggio dalla contabilità semplificata a quella ordinaria, si veda l'art. 10, comma 5, D.L. n. 69/1989; per la determinazione del reddito 1989 o successivi da parte dei contribuenti forfettari per il quadriennio 1985-1988, si veda l'art. 13, comma 2, D.L. n. 69/1989.

(3) Comma abrogato dall’art. 7, comma 2, D.L. 2 marzo 1989, n. 69, conv. L. 27 aprile 1989, n. 154, con effetto dal periodo di imposta che ha inizio dopo il 31.12.1988.

(4) Comma aggiunto dall'art. 10, comma 2, L. 30 dicembre 1991, n. 413, con effetto 1.1.1992.

(5) Importi così elevati dall’art. 2, D.L. 28.12.1998, n. 451, conv. L. 26.2.1999, n. 40, per l’anno d’imposta 1998. Per gli anni 1995, 1996 e 1997, si rimanda a seguenti provvedimenti:

- art. 3, comma 2, D.L. 8.8.1996, n. 437, conv. L. 24.10.96, n. 556;

- art. 1, comma 1, D.L. 2.1.1997, n. 1, conv. L. 5.3.1997, n. 38;

- art. 1, comma 1, D.L. 27.5.1998, n. 158, conv. L. 24.7.1998, n. 245.

Per l'importo relativo al periodo d'imposta 1999, si rimanda all'art. 8, comma 1, D.L. 29 marzo 1993, n. 82, conv. L. 27 maggio 1993, n. 162, così come modificato dall'art. 2, comma 1, D.L. 22 giugno 2000, n. 167, conv. L. 10 agosto 2000, n. 229.

(6) Periodo aggiunto dall'art. 6, comma 2, L. 23 dicembre 2000, n. 388, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data del 31 dicembre 2000.

 

Art. 80 (1)

Imprese minime

 

1. Per le imprese che secondo le norme del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 sono ammesse al regime di contabilità semplificata, i cui ricavi conseguiti nel periodo di imposta precedente non hanno superato 18 milioni di lire, il reddito imponibile è determinato applicando all'ammontare dei ricavi di cui all'art. 53 i seguenti coefficienti di redditività e aggiungendo le plusvalenze patrimoniali secondo quanto previsto dal comma quarto dell'art. 54:

a) imprese aventi per oggetto prestazioni di servizi......67 per cento;

b) imprese aventi per oggetto altre attività............. 50 per cento.

2. Per i contribuenti che esercitano attività in relazione alle quali sono previsti coefficienti diversi di redditività, il reddito di impresa è calcolato separatamente per ciascuna attività a condizione che le operazioni effettuate siano annotate distintamente nei registri di cui all'art. 18 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600. In mancanza della distinta annotazione  si applica, relativamente a tutte le attività, il coefficiente di redditività più elevato.

3. Ai fini del presente articolo i ricavi si considerano conseguiti nel periodo di imposta in cui le relative operazioni sono state o avrebbero dovuto essere registrate o annotate ai fini del terzo comma dell'art. 18 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ovvero per i contribuenti che effettuano soltanto operazioni non soggette a registrazione ai fini dell'imposta sul valore aggiunto nel periodo di imposta in cui si è verificata la percezione. Si applica il penultimo comma dell'art. 18 sopra indicato.

4. Se nel corso dell'anno il limite di 18 milioni è superato, il reddito in ogni caso, e anche nel primo anno di attività, è determinato a norma dell'art. 79 e le annotazioni non risultanti possono essere effettuate nei registri tenuti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto entro il termine stabilito per la presentazione della dichiarazione.

4-bis. Per gli enti non commerciali e gli organismi di tipo associativo di cui agli articoli 108 e 111 del presente testo unico, che rientrano fra i soggetti disciplinati dal precedente articolo 79 o dal presente articolo, si applicano, comunque, i criteri indicati nel comma 1 del predetto articolo 79 per la determinazione del reddito.

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(1) Articolo abrogato dall'art. 4, comma 4, L. 30 dicembre 1991, n. 413, con effetto dal 1° gennaio 1992.

 

Capo VII

REDDITI DIVERSI

 

Art. 81

Redditi diversi

 

1. Sono redditi diversi, se non costituiscono redditi di capitale ovvero se non sono conseguiti nell'esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente (1):

a) le plusvalenze realizzate mediante la lottizzazione di terreni, o l'esecuzione di opere intese a renderli edificabili e la successiva vendita, anche parziale, dei terreni o degli edifici;

b) le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, esclusi quelli acquisiti per successione o donazione e le unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l'acquisto o la costruzione e la cessione sono stati adibiti ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari, nonché, in ogni caso, le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione (2);

c) le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni qualificate. Costituisce cessione di partecipazioni qualificate la cessione di azioni, diverse dalle azioni di risparmio, e di ogni altra partecipazione al capitale od al patrimonio delle società di cui all'articolo 5, escluse le associazioni di cui al comma 3, lettera e), e dei soggetti di cui all'articolo 87, comma 1, lettere a), b) e d), nonché la cessione di diritti o titoli attraverso cui possono essere acquisite le predette partecipazioni, qualora le partecipazioni, i diritti o titoli ceduti rappresentino, complessivamente, una percentuale di diritti di voto esercitabili nell'assemblea ordinaria superiore al 2 o al 20 per cento ovvero una partecipazione al capitale od al patrimonio superiore al 5 o al 25 per cento, secondo che si tratti di titoli negoziati in mercati regolamentati o di altre partecipazioni. Per i diritti o titoli attraverso cui possono essere acquisite partecipazioni si tiene conto delle percentuali potenzialmente ricollegabili alle predette partecipazioni. La percentuale di diritti di voto e di partecipazione è determinata tenendo conto di tutte le cessioni effettuate nel corso di dodici mesi, ancorché nei confronti di soggetti diversi. Tale disposizione si applica dalla data in cui le partecipazioni, i titoli ed i diritti posseduti rappresentano una percentuale di diritti di voto o di partecipazione superiore alle percentuali suindicate (3);

c-bis) le plusvalenze, diverse da quelle imponibili ai sensi della lettera e), realizzate mediante cessione a titolo oneroso di azioni e di ogni altra partecipazione al capitale o al patrimonio di società di cui all'articolo 5, escluse le associazioni di cui al comma 3, lettera e), e dei soggetti di cui all'articolo 87, nonché di diritti o titoli attraverso cui possono essere acquisite le predette partecipazioni (4);

c-ter) le plusvalenze, diverse da quelle di cui alle lettere e) e c-bis), realizzate mediante cessione a titolo oneroso ovvero rimborso di titoli non rappresentativi di merci, di certificati di massa, di valute estere, oggetto di cessione a termine o rivenienti da depositi o conti correnti, di metalli preziosi, sempreché siano allo stato grezzo o monetato, e di quote di partecipazione ad organismi d'investimento collettivo. Agli effetti dell'applicazione della presente lettera si considera cessione a titolo oneroso anche il prelievo delle valute estere dal deposito o conto corrente (4);

c-quater) i redditi, diversi da quelli precedentemente indicati, comunque realizzati mediante rapporti da cui deriva il diritto o l'obbligo di cedere od acquistare a termine strumenti finanziari, valute, metalli preziosi o merci ovvero di ricevere o effettuare a termine uno o più pagamenti collegati a tassi di interesse, a quotazioni o valori di strumenti finanziari, di valute estere, di metalli preziosi o di merci e ad ogni altro parametro di natura finanziaria. Agli effetti dell'applicazione della presente lettera sono considerati strumenti finanziari anche i predetti rapporti (5);

c-quinquies) le plusvalenze ed altri proventi, diversi da quelli precedentemente indicati, realizzati mediante cessione a titolo oneroso ovvero chiusura di rapporti produttivi di redditi di capitale e mediante cessione a titolo oneroso ovvero rimborso di crediti pecuniari o di strumenti finanziari, nonché quelli realizzati mediante rapporti attraverso cui possono essere conseguiti differenziali positivi e negativi in dipendenza di un evento incerto (5);

d) le vincite delle lotterie, dei concorsi a premio, dei giuochi e delle scommesse organizzati per il pubblico e i premi derivanti da prove di abilità o dalla sorte, nonché quelli attribuiti in riconoscimento di particolari meriti artistici, scientifici o sociali;

e) i redditi di natura fondiaria non determinabili catastalmente, compresi quelli dei terreni dati in affitto per usi non agricoli;

f) i redditi di beni immobili situati all'estero;

g) i redditi derivanti dall'utilizzazione economica di opere dell'ingegno, di brevetti industriali e di processi, formule e informazioni relativi ad esperienze acquisite in campo industriale, commerciale o scientifico, salvo il disposto della lettera b) del comma secondo dell'art. 49;

h) i redditi derivanti dalla concessione in usufrutto e dalla sublocazione di beni immobili, dall'affitto, locazione, noleggio o concessione in uso di veicoli, macchine e altri beni mobili, dall'affitto e dalla concessione in usufrutto di aziende; l'affitto e la concessione in usufrutto dell'unica azienda da parte dell'imprenditore non si considerano fatti nell'esercizio dell'impresa, ma in caso di successiva vendita totale o parziale, le plusvalenze realizzate concorrono a formare il reddito complessivo come redditi diversi;

h-bis) le plusvalenze realizzate in caso di successiva cessione, anche parziale, delle aziende acquisite ai sensi dell'art. 54, comma 5, ultimo periodo (6);

i) i redditi derivanti da attività commerciali non esercitate abitualmente;

l) i redditi derivanti da attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente o dall'assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere;

m) le indennità di trasferta, i rimborsi forfetari di spesa, i premi e i compensi erogati nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche dal CONI, dalle Federazioni sportive nazionali, dall’Unione nazionale per l’incremento delle razze equine (UNIRE), dagli enti di promozione sportiva e da qualunque organismo, comunque denominato, che persegua finalità sportive dilettantistiche e che da essi sia riconosciuto (7).

1-bis. Agli effetti dell'applicazione delle lettere c), c-bis) e c-ter) del comma 1, si considerano cedute per prime le partecipazioni, i titoli, i certificati e i diritti, nonché le valute ed i metalli preziosi acquisiti in data più recente; in caso di chiusura o di cessione dei rapporti di cui alla lettera c-quater) si considerano chiusi o ceduti per primi i rapporti sottoscritti od acquisiti in data più recente (8).

1-ter. Le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di valute estere rivenimenti da depositi e conti correnti concorrono a formare il reddito a condizione che nel periodo d'imposta la giacenza dei depositi e conti correnti complessivamente intrattenuti dal contribuente, calcolata secondo il cambio vigente all'inizio del periodo di riferimento sia superiore a cento milioni di lire per almeno sette giorni lavorativi continui (8).

1-quater. Fra le plusvalenze e i redditi di cui alle lettere c-ter), c-quater) e c-quinquies) si comprendono anche quelli realizzati mediante rimborso o chiusura delle attività finanziarie o dei rapporti ivi indicati, sottoscritti all'emissione o comunque non acquistati da terzi per effetto di cessione a titolo oneroso (9).

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(1) Periodo così modificato dall’art. 3, comma 1, lett. a), n. 1), del D.Lgs. 21 novembre 1997, n. 461, con effetto dal 1° luglio 1998.

(2) Lettera così modificata dall'art. 11, comma 1, lett. f), L. 30 dicembre 1993, n. 413, con effetto 1.1.1992. Per le plusvalenze derivanti da indennità di esproprio, si veda l'art. 11, commi da 5 a 10, della stessa legge.

(3) Lettera così sostituita dall'art. 3, comma 1, lett. a), n. 2), del D.Lgs. 21 novembre 1997, n. 461 (con effetto dal 1° luglio 1998) e successivamente modificato dall'art. 7, comma 2, lett. b) del D.Lgs.16.6.98, n. 201 (con decorrenza dal 1° luglio 1998).

(4) Lettera così sostituita dall'art. 3, comma 1, lett. a), n. 2), del D.Lgs. 21 novembre 1997, n. 461, con effetto dal 1° luglio 1998.

(5) Lettera aggiunta dall'art. 3, comma 1, lett. a), n. 3), del D.Lgs. 21 novembre 1997, n. 461, con effetto dal 1° luglio 1998.

(6) Lettera aggiunta dall'art. 3, comma 23, L. 23 dicembre 1996, n. 662, con effetto dal 1° gennaio 1997.

(7) Lettera così sostituita dall'art. 37, comma 1, lett. c), L. 21 novembre 2000, n. 342, a decorrere dal 1º gennaio 2000. Restano salvi tutti gli atti adottati anteriormente alla predetta data e non si fa luogo a recuperi, a rimborsi d’imposta o applicazione di sanzioni nei confronti dei soggetti che anteriormente a tale data hanno assunto comportamenti, ovvero hanno corrisposto o percepito le indennità, i rimborsi o i compensi, conformemente alle disposizioni di cui all’articolo 25 della L. 13 maggio 1999, n. 133, recante disposizioni tributarie in materia di associazioni sportive dilettantistiche, e a quelle del decreto del Ministro delle finanze 26 novembre 1999, n. 473 (art. 37, comma 4, L. 21 novembre 2000, n. 342).

(8) Comma aggiunto dall'art. 3, comma 1, lett. a), n. 3), del D.Lgs. 21 novembre 1997, n. 461, con effetto dal 1° luglio 1998.

(9) Comma aggiunto dall’art. 2, comma 1, lett. c), D.Lgs. 21 luglio 1999, n. 259, con effetto dal 1° gennaio 1999.

 

Art. 82

Plusvalenze

 

1. Le plusvalenze di cui alle lettere a) e b) del primo comma dell'art. 81 sono costituite dalla differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo d'imposta, al netto dell'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili, e il prezzo di acquisto o il costo di costruzione del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo (1).

1-bis. Per le partecipazioni nelle società di cui all'articolo 5, diverse da quelle immobiliari e finanziarie, i redditi imputati al socio ai sensi del medesimo articolo si aggiungono al costo fiscalmente riconosciuto della quota posseduta da ciascun socio; fino a concorrenza dei redditi aggiunti gli utili distribuiti si scomputano dal costo fiscalmente riconosciuto delle predette quote (2).

2. Per i terreni di cui alla lettera a) del primo comma dell'art. 81 acquistati oltre cinque anni prima dell'inizio della lottizzazione o delle opere si assume come prezzo di acquisto il valore normale nel quinto anno anteriore. Il costo dei terreni stessi acquisiti gratuitamente e quello dei fabbricati costruiti su terreni acquisiti gratuitamente sono determinati tenendo conto del valore normale del terreno alla data di inizio della lottizzazione o delle opere ovvero a quello di inizio della costruzione. Il costo dei terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria di cui alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 81 è costituito dal prezzo di acquisto aumentato di ogni altro costo inerente, rivalutato in base alla variazione dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati nonché dell'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili (3). Per i terreni acquistati per effetto di successione o donazione si assume come prezzo di acquisto il valore dichiarato nelle relative denunce ed atti registrati, od in seguito definito e liquidato, aumentato di ogni altro costo successivo inerente, nonché della imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili e di successione (3).

3. Le plusvalenze di cui alla lettera e) del comma 1 dell'articolo 81 sono sommate algebricamente alle relative minusvalenze; se le minusvalenze sono superiori alle plusvalenze l'eccedenza è portata in deduzione, fino a concorrenza, dalle plusvalenze dei periodi d'imposta successivi ma non oltre il quarto, a condizione che sia indicata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta nel quale le minusvalenze sono state realizzate (4).

4. Le plusvalenze di cui alle lettere c-bis) e c-ter) del comma 1 dell'articolo 81 sono sommate algebricamente alle relative minusvalenze, nonché ai redditi ed alle perdite di cui alla lettera c-quater) e alle plusvalenze ed altri proventi di cui alla lettera c-quinquies) del comma 1 dello stesso articolo 81; se l'ammontare complessivo delle minusvalenze e delle perdite è superiore all'ammontare complessivo delle plusvalenze e degli altri redditi, l'eccedenza può essere portata in deduzione, fino a concorrenza, dalle plusvalenze e dagli altri redditi dei periodi d'imposta successivi ma non oltre il quarto, a condizione che sia indicata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta nel quale le minusvalenze e le perdite sono state realizzate (4).

5. Le plusvalenze indicate nelle lettere c), c-bis) c-ter) del comma 1 dell'articolo 81 sono costituite dalla differenza tra il corrispettivo percepito ovvero la somma od il valore normale dei beni rimborsati ed il costo od il valore di acquisto assoggettato a tassazione, aumentato di ogni onere inerente alla loro produzione, compresa l'imposta di successione e donazione, con esclusione degli interessi passivi. Nel caso di acquisto per successione, si assume come costo il valore definito o, in mancanza, quello dichiarato agli effetti dell'imposta di successione, nonché, per i titoli esenti da tale imposta, il valore normale alla data di apertura della successione. Nel caso di acquisto per donazione si assume come costo il costo del donante. Per le azioni, quote o altre partecipazioni acquisite sulla base di aumento gratuito del capitale il costo unitario è determinato ripartendo il costo originario sul numero complessivo delle azioni, quote o partecipazioni di compendio. Per le partecipazioni nelle società indicate dall'articolo 5, diverse da quelle immobiliari o finanziarie, il costo è aumentato o diminuito dei redditi e delle perdite imputate al socio e dal costo si scomputano, fino a concorrenza dei redditi già imputati, gli utili distribuiti al socio. Per le valute estere cedute a termine si assume come costo il valore della valuta al cambio a pronti vigente alla data di stipula del contratto di cessione. Il costo o valore di acquisto è documentato a cura del contribuente. Per le valute estere prelevate da depositi e conti correnti, in mancanza della documentazione del costo, si assume come costo il valore della valuta al minore dei cambi mensili accertati ai sensi dell'articolo 76, comma 7, nel periodo d'imposta in cui la plusvalenza è realizzata. Le minusvalenze sono determinate con gli stessi criteri stabiliti per le plusvalenze (5).

6. Agli effetti della determinazione delle plusvalenze e minusvalenze:

a) dal corrispettivo percepito o dalla somma rimborsata, nonché dal costo o valore di acquisto si scomputano i redditi di capitale maturati ma non riscossi, diversi da quelli derivanti dalla partecipazione in società ed enti soggetti all'imposta sul reddito delle persone giuridiche;

b) qualora vengano superate le percentuali di diritti di voto o di partecipazione indicate nella lettera c) del comma I dell'articolo 81, i corrispettivi percepiti anteriormente al periodo d'imposta nel quale si è verificato il superamento delle percentuali si considerano percepiti in tale periodo;

c) per le valute estere prelevate da depositi e conti correnti si assume come corrispettivo il valore normale della valuta alla data di effettuazione del prelievo;

d) per le cessioni di metalli preziosi, in mancanza della documentazione del costo di acquisto, le plusvalenze sono determinate in misura pari al 25 per cento del corrispettivo della cessione;

e) per le cessioni a titolo oneroso poste in essere in dipendenza dei rapporti indicati nella lettera e-quater), del comma 1 dell'articolo 81, il corrispettivo è costituito dal prezzo di cessione, eventualmente aumentato o diminuito dei premi pagati o riscossi su opzioni;

f) nei casi di dilazione o rateazione del pagamento del corrispettivo la plusvalenza è determinata con riferimento alla parte del costo o valore di acquisto proporzionalmente corrispondente alle somme percepite nel periodo d'imposta (6).

7. I redditi di cui alla lettera c-quater) del comma 1 dell'articolo 81, sono costituiti dalla somma algebrica dei differenziali positivi o negativi, nonché degli altri proventi od oneri, percepiti o sostenuti, in relazione a ciascuno dei rapporti ivi indicati. Per la determinazione delle plusvalenze, minusvalenze e degli altri redditi derivanti da tali rapporti si applicano i commi 5 e 6. I premi pagati e riscossi su opzioni, salvo che l'opzione non sia stata chiusa anticipatamente ceduta, concorrono a formare il reddito nel periodo d'imposta in cui l'opzione è esercitata ovvero scade il termine stabilito per il suo esercizio. Qualora a seguito dell'esercizio dell'opzione siano cedute le attività di ciò alle lettere c), c-bis) o c-ter), dell'articolo 81, i premi pagati o riscossi concorrono alla determinazione delle plusvalenze o minusvalenze, ai sensi della lettera c) del comma 6. Le plusvalenze e minusvalenze derivano dalla cessione a titolo oneroso di merci non concorrono a formare il reddito, anche se la cessione è posta in essere in dipendenza dei rapporti indicati nella lettera c-quater) del comma 1 dell'articolo 81 (7).

8. Le plusvalenze e gli altri proventi di cui alla lettera c-quinquies) del comma 1 dell'articolo 81, sono costituiti dalla differenza positiva tra i corrispettivi percepiti ovvero le somme od il valore normale dei ben rimborsati ed i corrispettivi pagati ovvero le somme corrisposte, aumentate di ogni onere inerente alla loro produzione, con esclusione degli interessi passivi. Dal corrispettivo percepito e dalla somma rimborsata si scomputano i redditi di capitale derivanti dal rapporto ceduto maturati ma non riscossi; nonché i redditi capitale maturati a favore del creditore originario ma non riscossi. Si applicano le disposizioni della lettera f) del comma 6 (6).

9. Le plusvalenze, i differenziali positivi e gli altri proventi di cui alle lettere c-bis), c-ter), c-quater) e c-quinquies), del comma 1 dell'articolo 81, nonché le relative minusvalenze, i differenziali negativi ed oneri, per i quali sia superiore ai dodici mesi il periodo intercorrente tra la data di acquisizione e quella di cessione, chiusura o rimborso della partecipazione, titolo, certificato, strumento finanziario o rapporto, concorrono a formare il reddito imponibile per un ammontare che si ottiene applicando al loro importo gli elementi di rettifica finalizzati a rendere equivalente la tassazione in base alla realizzazione con quella in base alla maturazione, calcolati tenendo conto del periodo di possesso, delle eventuali variazioni delle aliquote d'imposta, nonché del momento di pagamento della stessa, dei tassi di rendimento dei titoli di Stato, delle quotazioni dei titoli negoziati in mercati regolamentati e di ogni altro parametro che possa influenzare la determinazione del valore delle attività finanziarie produttive di redditi tassabili in base alla maturazione. Le quotazioni dei titoli negoziati in mercati regolamentati sono rilevate dall'organo tecnico competente individuato con decreto del Ministro delle finanze, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. Per la risoluzione di problemi di particolare difficoltà che insorgono nell'individuazione delle predette quotazioni, l'organo tecnico può, senza oneri, avvalersi delle competenze delle amministrazioni e degli organismi di categoria degli intermediari finanziari professionali individuati appositamente dal Ministro delle finanze con il medesimo decreto. Con lo stesso o con separato decreto sono stabiliti gli elementi di rettifica da utilizzare per la determinazione delle plusvalenze, dei differenziali positivi e dei proventi o delle minusvalenze ed oneri realizzati a decorrere dalla data fissata nel medesimo decreto, che in ogni caso non può essere anteriore a novanta giorni dalla data di pubblicazione del decreto nella Gazzetta Ufficiale (7).

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(1) Comma così modificato dall'art. 3, comma 6-bis, D.L. 28 gennaio 1991, n. 27, conv. L. n. 102/91, con effetto 30.3.1991.

(2) Comma abrogato dall'art. 4, comma 1, lett. a) del D.Lgs. 21 novembre 1997, n. 461, a decorrere dal 1° luglio 1998.

(3) Periodo aggiunto dall'art. 11, comma 1, lett. g), L. 30 dicembre 1991, n. 413, con effetto 1.1.1992.

(4) Comma così sostituito per effetto del disposto dell'art. 4, comma 1, lett. b) del D.Lgs. 21 novembre 1997, n. 461, a decorrere dal 1° luglio 1998.

(5) Comma così modificato dall’art. 10, D.Lgs. 23 dicembre 1999, n. 505 con applicazione alle operazioni effettuate a decorrere dal 1° gennaio 2000.

(6) Comma aggiunto dall'art. 4, comma 1, lett. b) del D.Lgs. 21 novembre 1997, n. 461, a decorrere dal 1° luglio 1998.

(7) Comma così modificato prima dall’art. 2, comma 1, lett. d), D.Lgs. 21 luglio 1999, n. 259 e successivamente dall'art. 3, comma 1, D.Lgs. 19 luglio 2000, n. 221.

 

Art. 83

Premi, vincite e indennità

 

1. I premi e le vincite di cui alla lettera d) del comma 1 dell'art. 81 costituiscono reddito per l'intero ammontare percepito nel periodo d'imposta, senza alcuna deduzione.

2. Le indennità, i rimborsi forfetari, i premi e i compensi di cui alla lettera m) del comma 1 dell’articolo 81 non concorrono a formare il reddito per un importo non superiore complessivamente nel periodo d’imposta a lire 10.000.000. Non concorrono, altresì, a formare il reddito i rimborsi di spese documentate relative al vitto, all’alloggio, al viaggio e al trasporto sostenute in occasione di prestazioni effettuate fuori dal territorio comunale (1).

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(1) Comma così sostituito dall'art. 37, comma 1, lett. d), L. 21 novembre 2000, n. 342, a decorrere dal 1º gennaio 2000. Restano salvi tutti gli atti adottati anteriormente alla predetta data e non si fa luogo a recuperi, a rimborsi d’imposta o applicazione di sanzioni nei confronti dei soggetti che anteriormente a tale data hanno assunto comportamenti, ovvero hanno corrisposto o percepito le indennità, i rimborsi o i compensi, conformemente alle disposizioni di cui all’articolo 25 della L. 13 maggio 1999, n. 133, recante disposizioni tributarie in materia di associazioni sportive dilettantistiche, e a quelle del decreto del Ministro delle finanze 26 novembre 1999, n. 473 (art. 37, comma 4, L. 21 novembre 2000, n. 342).

 

Art. 84

Redditi di natura fondiaria

 

1. I censi, le decime, i quartesi e gli altri redditi di natura fondiaria non determinabili catastalmente, ancorché consistenti in prodotti del fondo o commisurati ad essi, e i redditi dei beni immobili situati nel territorio dello Stato che non sono e non devono essere iscritti in catasto con attribuzione di rendita, concorrono a formare il reddito complessivo nell'ammontare e per il periodo d'imposta in cui sono percepiti (1).

2. I redditi dei terreni e dei fabbricati situati all'estero concorrono alla formazione del reddito complessivo nell'ammontare netto risultante dalla valutazione effettuata nello Stato estero per il corrispondente periodo d'imposta o, in caso di difformità dei periodi d'imposizione, per il periodo d'imposizione estero che scade nel corso di quello italiano. I redditi dei fabbricati non soggetti ad imposte sui redditi, nello Stato estero concorrono a formare il reddito complessivo per l'ammontare percepito nel periodo d'imposta, ridotto del 15 per cento a titolo di deduzione forfetaria delle spese (2).

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(1) Comma così modificato dal'art. 1, D.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42, con effetto 1.1.1988.

(2) Comma così modificato dall'art. 7, comma 1, lett. a), D.L. 31 maggio 1994, n. 330, conv. L. 27 luglio 1994, n. 473, con effetto 8.12.1993.

 

Art. 85

Altri redditi

 

1. I redditi di cui alla lettera g) del comma 1 dell'articolo 81 costituiscono reddito per l'ammontare percepito nel periodo di imposta, ridotto del 25 per cento se i diritti dalla cui utilizzazione derivano sono stati acquistati a titolo oneroso (1).

2. I redditi di cui alle lettere h), i) e l) del comma 1 dell'articolo 81 sono costituiti dalla differenza tra l'ammontare percepito nel periodo di imposta e le spese specificamente inerenti alla loro produzione. Le plusvalenze indicate alle lettere h) e h-bis) del predetto articolo 81 sono determinate a norma dell'articolo 54 (2).

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(1) Comma così modificato dall'art. 7, comma 1, lett. b), D.L. 31 maggio 1994, n. 330, conv. L. 27 luglio 1994, n. 473, con effetto 8.12.1993.

(2) Comma così modificato dall'art. 3, comma 25, L. 23 dicembre 1996, n. 662, con effetto dal 1° gennaio 1997.

 

Titolo II

IMPOSTA SUL REDDITO DELLE PERSONE GIURIDICHE

 

Capo I

DISPOSIZIONI GENERALI

 

Art. 86

Presupposto dell'imposta

 

1. Presupposto dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche è il possesso di redditi in denaro o in natura rientranti nelle categorie indicate nell'art. 6.

 

Art. 87 (1)

Soggetti passivi

 

1. Sono soggetti all'imposta sul reddito delle persone giuridiche:

a) le società per azioni e in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative e le società di mutua assicurazione residenti nel territorio dello Stato;

b) gli enti pubblici e privati, diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali;

c) gli enti pubblici e privati, diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali;

d) le società e gli enti di ogni tipo, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato.

2. Tra gli enti diversi dalle società, di cui alle lettere b) e c) del primo comma, si comprendono, oltre alle persone giuridiche, le associazioni non riconosciute, i consorzi e le altre organizzazioni non appartenenti ad altri soggetti passivi nei confronti delle quali il presupposto dell'imposta si verifichi in modo unitario e autonomo. Tra le società e gli enti di cui alla lettera d) del primo comma sono comprese anche le società e le associazioni indicate nell'art. 5.

3. Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le società e gli enti che, per la maggior parte del periodo d'imposta, hanno la sede legale, o la sede dell'amministrazione, o l'oggetto principale nel territorio dello Stato.

4. L'oggetto esclusivo o principale dell'ente residente è determinato in base alla legge, all'atto costitutivo o allo statuto, se esistenti in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata o registrata. Per oggetto principale si intende l'attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari indicati dalla legge, dall'atto costitutivo o dallo statuto (2).

4-bis. In mancanza dell'atto costitutivo o dello statuto nelle predette forme, l'oggetto principale dell'ente residente è determinato in base all'attività effettivamente esercitata nel territorio dello Stato; tale disposizione si applica in ogni caso agli enti non residenti (3).

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(1) I soggetti indicati nel presente articolo al comma 1, lettere a) e b), possono, anche in deroga all’articolo 2426 del codice civile e ad ogni altra disposizione di legge vigente in materia, rivalutare i beni materiali e immateriali con esclusione di quelli alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività di impresa, nonché le partecipazioni in società controllate e in società collegate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile costituenti immobilizzazioni, risultanti dal bilancio relativo all’esercizio chiuso entro il 31 dicembre 1999 (cfr. artt. 10, 11, 12, 13, 14, 15 e 16, L. 21 novembre 2000, n. 342).

(2) Comma così modificato ex art. 1, comma 1, del D.Lgs. 4 dicembre 1997, n. 460, con decorrenza dal 1° gennaio 1998.

(3) Comma aggiunto ex art. 1, comma 1, del D.Lgs. 4 dicembre 1997, n. 460, con decorrenza dal 1° gennaio 1998.

 

Art. 88 (1)

Stato ed enti pubblici

 

1. Gli organi e le amministrazioni dello Stato, compresi quelli ad ordinamento autonomo, anche se dotati di personalità giuridica, i comuni, i consorzi tra enti locali, le associazioni e gli enti gestori di demani collettivi, le comunità montane, le province e le regioni non sono soggetti all'imposta.

2. Non costituiscono esercizio di attività commerciali:

a) l'esercizio di funzioni statali da parte di enti pubblici;

b) l'esercizio di attività previdenziali, assistenziali e sanitarie da parte di enti pubblici istituiti esclusivamente a tal fine, comprese le unità sanitarie locali (2).

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(1) Articolo così sostituito dall'art. 4, comma 3-bis, D.L. 31 ottobre 1990, n. 310, conv. L. 22 dicembre 1990, n. 403, con effetto 1.1.1991.

(2) Comma così modificato dall'art. 22, comma 1, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, con decorrenza dal 1° gennaio 1998.

 

Art. 89

Base imponibile

 

1. L'imposta si applica sul reddito complessivo netto, determinato secondo le disposizioni del capo II per le società e per gli enti commerciali di cui alle lettere a) e b) del comma primo dell'art. 87, del capo III per gli enti non commerciali di cui alla lettera c) e del capo IV per le società e gli enti non residenti di cui alla lettera d) (1).

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(1) V. le seguenti norme che escludono dal reddito imponibile alcuni proventi di partecipazione:

- art. 9, comma 3, L. 23 marzo 1983, n. 77 e art. 11, comma 4, L. 14 agosto 1993, n. 344, per i fondi comuni di investimento;

- art. 10-ter, comma 2, D.L. 23 marzo 1953, n. 77, per organismi di investimento collettivo mobiliare di diritto estero;

- art. 11-bis, comma 2, D.L. 30 settembre 1983, n. 512, per i fondi comuni esteri di investimento;

- art. 14, comma 2, D.L. 25 gennaio 1992, n. 84, per le società di investimento in capitale variabile;

- art. 7, comma 3, L. 31 dicembre 1992, n. 59, per l'aumento gratuito del capitale sociale delle società cooperative.

 

Art. 90

Periodo d'imposta

 

1. L'imposta è dovuta per periodi di imposta a ciascuno dei quali corrisponde una obbligazione tributaria autonoma salvo quanto stabilito negli artt. 94 e 102.

2. Il periodo d'imposta è costituito dall'esercizio o periodo di gestione della società o dell'ente, determinato dalla legge o dall'atto costitutivo. Se la durata dell'esercizio o periodo di gestione non è determinata dalla legge o dall'atto costitutivo o è determinata in due o più anni, il periodo d'imposta è costituito dall'anno solare.

3. L'imputazione dei redditi al periodo d'imposta è regolata dalle disposizioni relative alle categorie nelle quali rientrano.

4. Se il periodo d'imposta è superiore o inferiore a dodici mesi i redditi di cui agli artt. 57 e 78 sono ragguagliati alla durata di esso. Il ragguaglio si effettua anche ai fini delle disposizioni di cui ai commi secondo 2, 7 e 8 dell'art. 67, agli artt. 69 e 71 e ai commi primo e secondo dell'art. 73 (1).

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(1) Comma così modificato dall'art. 3, comma 103, lett. e), L. 28 dicembre 1995, n. 549, con effetto 1.1.1996.

 

Art. 91

Aliquota dell'imposta

 

1. L'imposta è commisurata al reddito complessivo netto con l’aliquota del 36 per cento, a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 1º gennaio 2001, e del 35 per cento, a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 1º gennaio 2003 (1).

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(1) Comma così modificato dall'art. 4, comma 1, lett. b), L. 23 dicembre 2000, n. 388, con effetto dal 1° gennaio 2001.

 

Art. 91-bis (1)

Detrazione di imposta per oneri

 

1. Dall'imposta lorda si detrae fino a concorrenza del suo ammontare un importo pari al 19 per cento (2) dell'onere di cui all'articolo 13-bis, comma 1-bis, limitatamente alle società e agli enti di cui all'articolo 87, comma 1, lettere a) e b), diversi dagli enti nei quali vi sia una partecipazione pubblica o i cui titoli siano negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri, nonché dalle società ed enti che controllano, direttamente o indirettamente, tali soggetti, ovvero ne siano controllati o siano controllati dalla stessa società o ente che controlla i soggetti medesimi, nonché dell'onere di cui all'articolo 13-bis, comma 1, lettera i-ter) (3).

2. L'onere di cui al comma 1 non rileva ai fini della maggiorazione di conguaglio (4).

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(1) Articolo aggiunto dall'art. 6, comma 1, L. 2 gennaio 1997, n. 2. Tale disposizione si applica per le erogazioni liberali effettuate a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data del 23 gennaio 1997.

(2) Aliquota così ridotta dall’art. 49, comma 1, D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, con effetto dal 1° gennaio 1998.

(3) Comma così modificato dall'art. 37, comma 1, lett. e), L. 21 novembre 2000, n. 342, a decorrere dal 1º gennaio 2000. Restano salvi tutti gli atti adottati anteriormente alla predetta data e non si fa luogo a recuperi, a rimborsi d’imposta o applicazione di sanzioni nei confronti dei soggetti che anteriormente a tale data hanno assunto comportamenti, ovvero hanno corrisposto o percepito le indennità, i rimborsi o i compensi, conformemente alle disposizioni di cui all’articolo 25 della L. 13 maggio 1999, n. 133, recante disposizioni tributarie in materia di associazioni sportive dilettantistiche, e a quelle del decreto del Ministro delle finanze 26 novembre 1999, n. 473 (art. 37, comma 4, L. 21 novembre 2000, n. 342).

(4) Comma abrogato dall’art. 2, comma 1, n. 5), del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 467. Tale disposizione si applica con riguardo alle distribuzioni degli utili di esercizio, delle riserve e degli altri fondi, nonché delle riduzioni di capitale sociale o del fondo di dotazione deliberate a decorrere dal secondo esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 1996.

 

Art. 92

Crediti di imposta

 

1. Se alla formazione del reddito imponibile concorrono utili distribuiti in qualsiasi forma e sotto qualsiasi denominazione da società e da enti commerciali di cui alle lettere a) e b) del comma primo dell'art. 87, o redditi prodotti all'estero, si applicano le disposizioni degli artt. 14 e 15.

 

Art. 93

Scomputo degli acconti

 

1. I versamenti eseguiti dal contribuente in acconto dell'imposta e le ritenute alla fonte a titolo d'acconto si scomputano dall'imposta a norma dell'art. 19, salvo il disposto del comma secondo del presente articolo.

2. Le ritenute di cui al primo e al secondo comma dell'art. 26 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e all'art. 1 del D.L. 2 ottobre 1981, n. 546, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° dicembre 1981, n. 692, applicabili a titolo di acconto, si scomputano nel periodo di imposta nel quale i redditi cui afferiscono concorrono a formare il reddito complessivo ancorché non siano stati percepiti e assoggettati alla ritenuta. L'importo da scomputare è calcolato in proporzione all'ammontare degli interessi, e altri proventi che concorrono a formare il reddito.

 

Art. 94

Riporto o rimborso delle eccedenze

 

1. Salvo quanto disposto dal comma 1-bis, se l'ammontare complessivo dei crediti d'imposta, delle ritenute d'acconto e dei versamenti in acconto di cui ai precedenti articoli è superiore a quello dell'imposta dovuta il contribuente ha diritto, a sua scelta, di computare l'eccedenza in diminuzione dell'imposta relativa al periodo d'imposta successivo o di chiederne il rimborso in sede di dichiarazione dei redditi (1).

1-bis. Il credito d'imposta spettante a norma dell'articolo 14, per la parte che trova copertura nell'ammontare delle imposte di cui alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 105, è riconosciuto come credito limitato ed è escluso dall'applicazione del comma 1. Il credito limitato si considera utilizzato prima degli altri crediti d'imposta ed è portato in detrazione fino a concorrenza della quota dell'imposta dovuta relativa agli utili per i quali è attribuito, determinata in base al rapporto tra l'ammontare di detti utili comprensivo del credito limitato e l'ammontare del reddito complessivo comprensivo del credito stesso e al netto delle perdite di precedenti periodi d'imposta ammesse in diminuzione (2).

1-ter. Relativamente al credito d'imposta limitato di cui al comma 1-bis, il contribuente ha facoltà di non avvalersi delle disposizioni dei commi 4 e 5 dell'articolo 14 (3).

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(1) Comma così modificato ex art. 2, comma 1, n. 5) del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 467, con effetto dal 1° gennaio 1998.

Al riguardo si rimanda:

- all'art. 4, comma 3, D.L. 2 marzo 1989, n. 69, conv. L. 27 aprile 1989, n. 154, per lo scomputo delle eccedenze;

- agli artt. 4 e 21, D.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42, per il diritto di scelta tra il riporto e il rimborso dell'eccedenza;

- all'art. 2, comma 1, D.L. 30 dicembre 1991, n. 417, conv. L. 6 febbraio 1992, n. 66, per la compensazione dell'eccedenza Irpef, Irpeg e Ilor.

(2) Comma aggiunto ex art. 2, comma 1, n. 6) del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 467, con effetto dal 1° gennaio 1998 e successivamente così modificato dall’art. 11, D.Lgs. 23 dicembre 1999, n. 505 con applicazione a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data del 31 dicembre 1999.

(3) Comma aggiunto ex art. 2, comma 1, n. 6) del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 467, con effetto dal 1° gennaio 1998.

 

Capo II

SOCIETA' ED ENTI COMMERCIALI

 

Art. 95

Reddito complessivo

 

1. Il reddito complessivo delle società e degli enti commerciali di cui alle lettere a) e b) del comma primo dell'art. 87, da qualsiasi fonte provenga, è considerato reddito d'impresa ed è determinato secondo le disposizioni degli artt. da 52 a 77, salvo quanto stabilito nelle successive disposizioni del presente capo (1).

2. Le disposizioni degli artt. 43 e 45 e quelle del capo VI del titolo I, relative alle società in nome collettivo e in accomandita semplice, valgono anche per le società e gli enti di cui al comma primo. La disposizione del comma 3 dell'articolo 62 vale anche per le partecipazioni agli utili spettanti ai promotori e ai soci fondatori (2).

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(1) Comma così modificato dall'art. 2, comma 1, lett. c), D.L. 27 aprile 1990, n. 90, conv. L. 26 giugno 1990, n. 165, con effetto 2.3.1990.

(2) Periodo così sostituito dall'art. 14, comma 3, lett. i), L. 24 dicembre 1993, n. 537, con effetto dal periodo di imposta in corso al 31.12.1993.

 

Art. 96

Dividendi esteri

 

1. Gli utili distribuiti da società collegate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile non residenti nel territorio dello Stato concorrono a formare il reddito per il 40 per cento del loro ammontare. Tuttavia, la parte di detti utili che non concorre a formare il reddito rileva agli effetti della determinazione dell'ammontare delle imposte di cui al comma 4 dell'articolo 105, secondo i criteri previsti per i proventi di cui al numero 1 di tale comma. Le minusvalenze e gli altri componenti negativi di reddito derivanti dalle partecipazioni nelle società indicate nel periodo precedente sono deducibili limitatamente, per ciascun periodo d'imposta, all'ammontare che eccede quello dei relativi utili non concorrenti a formare il reddito ai sensi del presente comma (1).

1-bis. La disposizione di cui al comma 1 non si applica agli utili distribuiti da società collegate residenti in Paesi non appartenenti alla Comunità economica europea aventi un regime fiscale privilegiato individuati con i decreti del Ministro delle finanze (2), di cui al comma 7-bis dell'articolo 76 (3).

1-ter. Nel caso in cui abbia trovato applicazione l'articolo 76, comma 7-bis, gli utili distribuiti non concorrono a formare il reddito per l'ammontare corrispondente alle spese e agli altri componenti negativi non ammessi in deduzione (3).

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(1) Comma così modificato dall'art. 28, D.L. 23 febbraio 1995, n. 41, conv. L. n. 85/95 e successivamente dall'art. 2, comma 1, n. 7), del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 467, con effetto dal 1° gennaio 1998.

(2) Per gli Stati e territori non appartenenti alla Comunità europea aventi un regime fiscale privilegiato, si veda il D.M. 24 aprile 1992.

(3) Comma aggiunto dall'art. 11, comma 14, L. 30 dicembre 1991, n. 413, con effetto 1.1.1992.

 

Art. 96-bis (1)

Dividendi distribuiti da società non residenti

 

1. Gli utili distribuiti, in occasione diversa dalla liquidazione, da società non residenti aventi i requisiti di cui al comma successivo, se la partecipazione diretta nel loro capitale è non inferiore al 25 per cento ed detenuta ininterrottamente per almeno un anno, no concorrono alla formazione del reddito della società dell'ente ricevente per il 95 per cento del loro ammontare e, tuttavia, detto importo rileva agli effetti della determinazione dell'ammontare delle imposte di cui a comma 4 dell'articolo 105, secondo i criteri previsti per i proventi di cui al numero 1 di tale comma (2).

2. La disposizione di cui al comma 1 si applica se la società non residente:

a) riveste una delle forme previste nell'allegato alla direttiva n. 435/90/CEE del Consiglio del 23 luglio 1990;

b) risiede, ai fini fiscali, in uno Stato membro della Comunità europea;

c) è soggetta nello Stato di residenza senza possibilità di fruire di regimi di opzione o di esonero che non siano territorialmente o temporalmente limitati ad una delle seguenti imposte:

impot des societes/vennootschapsbelasting in Belgio;

selskabsskat in Danimarca;

Korperschaftsteuer in Germania;

impuesto sobre sociedades in Spagna;

impot sur les societes in Francia;

corporation tax in Irlanda;

impot sur le revenu des collectivites nel Lussemburgo;

vennootschapsbelasting nei Paesi Bassi;

imposto sobre o rendimento das pessoas colectivas in Portogallo;

corporation tax nel Regno Unito, o a qualsiasi altra imposta che venga a sostituire una delle imposte sopra indicate.

2-bis. A seguito dell’ingresso di nuovi Stati nella Comunità europea, con decreto del Ministro delle finanze è integrato l’elenco delle imposte di cui alla lettera c) del comma 2 (3).

2-ter. Le disposizioni del comma 1 possono essere applicate anche per le partecipazioni in società, residenti in Stati non appartenenti all’Unione europea, soggette ad un regime di tassazione non privilegiato in ragione dell’esistenza di un livello di tassazione analogo a quello applicato in Italia nonché di un adeguato scambio di informazioni, da individuare con decreti del Ministro delle finanze da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale. Con i medesimi decreti possono essere individuate modalità e condizioni per l’applicazione del presente comma (4).

3. Ai fini delle disposizioni di cui agli articoli 105, 106 e 107, gli utili previsti al comma 1 possono essere distribuiti senza applicazione della maggiorazione di conguaglio (5).

4. Le disposizioni degli articoli 11, comma 3, e 94, non sono applicabili relativamente all'eccedenza del credito di imposta di cui all'articolo 14 per la parte del suo ammontare riferibile agli utili conseguiti fino alla concorrenza dei dividendi di cui al comma 1. I dividendi di cui al comma 1 concorrono alla formazione dell'utile per la parte che eccede l'utile che si sarebbe formato in assenza dei dividendi medesimi e si considerano distribuiti se la società non dispone di utili assoggettabili all'imposta sul reddito delle persone giuridiche e in ogni caso prima della distribuzione di utili assoggettati a maggiorazione di conguaglio. Gli utili che si considerano formati con i dividendi di cui al comma 1 devono essere indicati in apposito allegato alla dichiarazione dei redditi e, se distribuiti, separatamente evidenziati nei modelli di comunicazione di cui all'art. 7 della legge 29 dicembre 1962, n. 1745, o, in mancanza, in apposita comunicazione, salvo che la società li assoggetti a maggiorazione di conguaglio. L'eccedenza di cui al primo periodo si considera relativa ai dividendi di cui al comma 1 per ammontare pari a quello che non si sarebbe determinato in assenza dei predetti dividendi. Le disposizioni del presente comma si applicano ad ogni successivo percettore di utili direttamente o indirettamente formati con i dividendi di cui al comma 1 (5).

5. Ai fini degli articoli 61 e 66, le minusvalenze non sono deducibili per la quota eventualmente determinatasi per effetto della distribuzione degli utili che non concorrono a formare il reddito ai sensi del presente articolo.

6. Ai fini dell'applicazione del comma 1 dell'art. 113 le disposizioni di cui ai commi precedenti sono applicabili solo alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di società ed enti commerciali aventi i requisiti indicati nel comma 2 ovvero nel comma 2-ter (6).

7. Alle società di cui al comma 1 che risultano controllate direttamente o indirettamente da uno o più soggetti non residenti in Stati della Comunità europea le disposizioni di cui al presente articolo si applicano a condizione che dimostrino di non essere state costituite allo scopo esclusivo o principale di beneficiare del regime in esame. A tal fine per l'assunzione delle prove da parte dell'Amministrazione finanziaria si applicano le procedure di cui ai commi 12 e 13 dell'art. 11 della legge 30 dicembre 1991, n. 413 (7).

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(1) Articolo aggiunto dall'art. 1, D.Lgs. 6 marzo 1993, n. 136, con effetto 10.3.1993.

(2) Comma così modificato dall'art. 2, comma 1, n. 8) del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 467, con effetto dal 1° gennaio 1998.

(3) Comma aggiunto per effetto dell’art. 1, comma 1, della L. 8 maggio 1998, n. 146, con effetto dal 15 maggio 1998.

(4) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 1, lett. c), num. 1), L. 21 novembre 2000, n. 342. Le disposizioni contenute nel presente comma si applicano agli utili percepiti nel periodo d’imposta che inizia successivamente alla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dei decreti di cui al presente comma (art. 1, comma 2, L. 21 novembre 2000, n. 342).

(5) Comma abrogato dall'art. 2, comma 1, n. 9) del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 467, con effetto dal 1° gennaio 1998.

(6) Comma così modificato dall'art. 1, comma 1, lett. c), num. 2), L. 21 novembre 2000, n. 342, a partire dagli utili percepiti nel periodo d’imposta che inizia successivamente alla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dei decreti di cui al comma 2-ter (art. 1, comma 2, L. 21 novembre 2000, n. 342).

(7) Comma abrogato dall'art. 1, comma 1, lett. c), num. 3), L. 21 novembre 2000, n. 342, a partire dagli utili percepiti nel periodo d’imposta che inizia successivamente alla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dei decreti di cui al comma 2-ter (art. 1, comma 2, L. 21 novembre 2000, n. 342).

 

Art. 97

Sopraprezzi di emissione e interessi di conguaglio

 

1. I sopraprezzi di emissione delle azioni o quote e gli interessi di conguaglio versati dai sottoscrittori di nuove azioni o quote non concorrono alla formazione del reddito.

 

Art. 98

Prestiti obbligazionari

 

1. Per le società e gli enti che hanno emesso obbligazioni o titoli similari la differenza tra le somme dovute alla scadenza e quelle ricevute in dipendenza dell'emissione è deducibile in ciascun periodo d'imposta per una quota determinata in conformità al piano d'ammortamento del prestito.

 

Art. 99

Annullamento di azioni proprie

 

1. In caso di riduzione del capitale sociale mediante annullamento di azioni proprie, acquistate in attuazione della relativa deliberazione o precedentemente, la differenza positiva o negativa tra il costo delle azioni annullate e la corrispondente quota del patrimonio netto non concorre alla formazione del reddito.

 

Art. 100

Cessioni obbligatorie di partecipazioni sociali

 

1. La disposizione del comma quarto dell'art. 54 si applica anche per le plusvalenze delle azioni o quote alienate a norma degli artt. 2357, quarto comma, 2357-bis, secondo comma e 2359-bis, terzo comma, del Codice civile e a norma del settimo comma dell'art. 5 del D.L. 8 aprile 1974, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 giugno 1974, n. 216, come modificato dall'art. 7 della legge 4 giugno 1985, n. 281.

 

Art. 101 (1)

Oneri fiscali

 

1. Nella determinazione del reddito, ferme restando le altre disposizioni dell'art. 64, è deducibile l'imposta locale sui redditi relativa al periodo di imposta di competenza.

2. Gli accantonamenti per l'imposta locale sui redditi non ancora definitivamente accertata sono deducibili a norma del comma terzo dell'art. 64.

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(1) Articolo soppresso dall'art. 10, comma 3, lettera d), D.L. 19 settembre 1992, n. 384, conv. L. 14 novembre 1992, n. 438, con effetto dal 19.9.1992.

 

Art. 102

Riporto delle perdite

 

1. La perdita di un periodo d'imposta, determinata con le stesse norme valevoli per la determinazione del reddito, può essere computata in diminuzione del reddito complessivo dei periodi di imposta successivi, ma non oltre il quinto, per l'intero importo che trova capienza nel reddito complessivo di ciascuno di essi. La perdita è diminuita dei proventi esenti dall'imposta per la parte del loro ammontare che eccede i componenti negativi non dedotti ai sensi degli articoli 63 e 75, commi 5 e 5-bis (1). Detta differenza potrà tuttavia essere computata in diminuzione del reddito complessivo in misura tale che l'imposta corrispondente al reddito imponibile risulti compensata da eventuali crediti di imposta, ritenute alla fonte a titolo di acconto, versamenti in acconto, e dalle eccedenze di cui al precedente art. 94.

1-bis. Le perdite realizzate nei primi tre periodi d'imposta possono, con le modalità previste al comma 1, essere computate in diminuzione del reddito complessivo dei periodi d'imposta successivi senza alcun limite di tempo (2).

1-ter. Le disposizioni del comma 1 non si applicano nel caso in cui la maggioranza delle partecipazioni aventi diritto di voto nelle assemblee ordinarie del soggetto che riporta le perdite venga trasferita o comunque acquisita da terzi, anche a titolo temporaneo e, inoltre, venga modificata l'attività principale in fatto esercitata nei periodi d'imposta in cui le perdite sono state realizzate. La modifica dell'attività assume rilevanza se interviene nel periodo d'imposta in corso al momento del trasferimento od acquisizione ovvero nei due successivi od anteriori. La limitazione non si applica qualora:

a) le partecipazioni siano acquisite da società controllate dallo stesso soggetto che controlla il soggetto che riporta le perdite ovvero dal soggetto che controlla il controllante di questi;

b) le partecipazioni siano relative a società che nel biennio precedente a quello di trasferimento hanno avuto un numero di dipendenti mai inferiore alle dieci unità e per le quali dal conto economico relativo all'esercizio precedente a quello di trasferimento risultino un ammontare di ricavi, di cui all'articolo 2425, lettera A), n. 1, del codice civile, e un ammontare delle spese per prestazioni di lavoro subordinato e relativi contributi, di cui all'articolo 2425, lettera B), n. 9), lettere a) e b), del codice civile, superiore al 40 per cento di quello risultante dalla media degli ultimi due esercizi anteriori (2).

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(1) Periodo aggiunto dall'art. 1, comma 1, lett. m), D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, conv. L. 26 febbraio 1994, n. 133, con effetto 30.12.1993.

(2) Comma aggiunto dall'art. 8, comma 1, lett. b) del D.Lgs. 8 ottobre 1997, n. 358, con decorrenza dall'11 novembre 1997.

 

Art. 103

Imprese di assicurazione

 

1. Nella determinazione del reddito delle società e degli enti che esercitano attività assicurative sono deducibili, oltre quelli previsti nel capo VI del titolo I, gli accantonamenti destinati a costituire o ad integrare le riserve tecniche obbligatorie fino alla misura massima stabilita a norma di legge.

2. Le provvigioni relative all'acquisizione dei contratti di assicurazione di durata poliennale stipulati nel periodo di imposta sono deducibili in quote costanti nel periodo stesso e nei due successivi; tuttavia per i contratti di assicurazione sulla vita possono essere dedotte per l'intero ammontare nel predetto periodo. Le provvigioni stesse, se iscritte tra gli elementi dell'attivo a copertura delle riserve tecniche, sono deducibili nei limiti dei corrispondenti caricamenti dei premi e per un periodo massimo pari alla durata di ciascun contratto e comunque non superiore a dieci anni.

3. Le plusvalenze patrimoniali iscritte in bilancio ai fini del margine di solvibilità, obbligatorio per legge non concorrono a formare il reddito fino a quando il relativo fondo di integrazione non sia distribuito ai soci anche mediante riduzione del capitale sociale; le quote di ammortamento dei beni strumentali non sono ammesse in deduzione per la parte riferibile al maggior valore ad essi attribuito.

4. Alle società e agli enti di cui al presente articolo che percepiscono proventi derivanti dalla partecipazione a fondi comuni di investimento mobiliare è attribuito un credito d'imposta pari a un decimo dell'ammontare dei proventi stessi. Si applicano le disposizioni dei commi secondo, quarto e quinto dell'art. 14.

 

Art. 103-bis (1)

Enti creditizi e finanziari

 

1. Alla formazione del reddito degli enti creditizi e finanziari indicati nell'articolo 1 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 87, concorrono i componenti positivi e negativi che risultano dalla valutazione delle operazioni "fuori bilancio", in corso alla data di chiusura dell'esercizio, derivanti da contratti che hanno per oggetto titoli, valute o tassi d'interesse, o che assumono come parametro di riferimento per la determinazione della prestazione la quotazione di titoli o valute ovvero l'andamento di un indice su titoli, valute o tassi d'interesse.

2. La valutazione di cui al comma 1 è effettuata secondo i criteri previsti dagli articoli 15, comma 1, lettera c), 18, comma 3, 20, comma 3 e 21, commi 2 e 3, del decreto legislativo indicato nel comma 1. A tal fine i componenti negativi non possono essere superiori alla differenza tra il valore del contratto o della prestazione alla data della stipula o a quella di chiusura dell'esercizio precedente e il corrispondente valore alla data di chiusura dell'esercizio. Per la determinazione di quest'ultimo valore, si assume:

a) per i contratti uniformi a termine negoziati nei mercati regolamentati italiani o esteri, l'ultima quotazione rilevata entro la chiusura dell'esercizio;

b) per i contratti di compravendita di titoli, il valore determinato ai sensi delle lettere a) e c) del comma 3 dell'articolo 61;

c) per i contratti di compravendita di valute, il valore determinato ai sensi delle lettere a) e b) del comma 2 dell'articolo 21 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 87;

d) in tutti gli altri casi, il valore determinato secondo i criteri di cui alla lettera c) del comma 4 dell'articolo 9.

2-bis. I criteri di valutazione previsti dal comma 2 si applicano anche per i soggetti, diversi dagli enti creditizi e finanziari, che nei conti annuali valutano le operazioni fuori bilancio di cui al comma 1 (2).

3. Se le operazioni di cui al comma 1 sono poste in essere con finalità di copertura dei rischi relativi ad attività e passività produttive di interessi, i relativi componenti positivi e negativi concorrono a formare il reddito, secondo lo stesso criterio di imputazione degli interessi, se le operazioni hanno finalità di copertura di rischi connessi a specifiche attività e passività, ovvero secondo la durata del contratto, se le operazioni hanno finalità di copertura di rischi connessi ad insiemi di attività e passività. A tal fine l'operazione si considera di copertura quando ha l'obiettiva funzione di ridurre o trasferire il rischio di variazione del valore di singole attività e passività o di insiemi di attività e passività.

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(1) Articolo aggiunto dall'art. 1, comma 1. lett. s), D.L. 29 giugno 1994, n. 416, conv. L. 8 agosto 1994, n. 503, con effetto 30.12.1993.

(2) Comma aggiunto dall'art. 2, comma 1, L. 21 novembre 2000, n. 342, a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 1999.

 

Art. 104

Banca d'Italia e Ufficio Italiano dei Cambi

 

1. Nella determinazione del reddito della Banca d'Italia e dell'Ufficio Italiano dei Cambi non si tiene conto:

a) degli utili e dei proventi da versare allo Stato in ottemperanza a disposizioni legislative, regolamentari, statutarie, a deliberazioni del Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio o a convenzioni con il Ministero del Tesoro;

b) delle plusvalenze delle disponibilità in oro iscritte in bilancio in base all'andamento delle quotazioni sul mercato internazionale e accantonate in apposito fondo del passivo;

c) delle plusvalenze e sopravvenienze relative a valute estere, titoli, crediti e debiti in valuta estera iscritte in bilancio in base all'andamento dei cambi e accantonate in apposito fondo del passivo.

2. Si applica la disposizione del terzo periodo del comma secondo dell'art. 76, nonché le disposizioni dell'articolo 71, comma 2, e dell'articolo 103-bis (1).

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(1) Comma così modificato dall'art. 1, comma 1, lett. t), D.L. 29 giugno 1994, n. 416, conv. L. 8 agosto 1994, n. 503, con effetto 30.12.1993.

Ai sensi dell'art. 15, D.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42, la disposizione di cui al presente comma vale anche per le aziende e gli istituti di credito abilitati dalla Banca d'Italia a compiere operazioni valutarie e in cambi.

 

Art. 105 (1)

Adempimenti per l'attribuzione del credito d'imposta ai soci o partecipanti sugli utili distribuiti

 

1. Ai fini dell'attribuzione del credito d'imposta di cui all'articolo 14, le società e gli enti indicati alle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 87 devono rilevare distintamente nella dichiarazione dei redditi:

a) l'ammontare complessivo delle imposte determinato ai sensi dei commi 2 e 3;

b) l'ammontare complessivo delle imposte determinato ai sensi del comma 4.

2. Concorrono a formare l'ammontare di cui alla lettera a) del comma 1 le imposte liquidate nelle dichiarazioni dei redditi, salvo quanto previsto al numero 2) del comma 4, le imposte liquidate ai sensi dell'art. 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, ed iscritte in ruoli non più impugnabili ovvero derivanti da accertamenti divenuti definitivi, nonché le imposte applicate a titolo di imposta sostitutiva. Ai fini del presente comma si tiene conto delle imposte liquidate, accertate o applicate entro la data della deliberazione di distribuzione degli utili di esercizio, delle riserve e degli altri fondi diversi da quelli indicati nel primo comma dell'articolo 44, nonché delle riduzioni del capitale che si considerano distribuzione di utili ai sensi del comma 2 del medesimo articolo 44.

3. In caso di distribuzione degli utili di esercizio, in deroga alla disposizione dell'ultimo periodo del comma 2, concorre a formare l'ammontare di cui alla lettera a) del comma 1 l'imposta liquidata nella dichiarazione dei redditi del periodo a cui gli utili si riferiscono anche se il termine di presentazione di detta dichiarazione scade successivamente alla data della deliberazione di distribuzione. La disposizione precedente si applica, altresì, nel caso di distribuzione delle riserve in sospensione d'imposta, avendo a tal fine riguardo all'imposta liquidata per il periodo nel quale tale distribuzione è deliberata. Qualora, anche con il concorso dell'imposta liquidata per detti periodi, il credito d'imposta attribuito ai soci o partecipanti non trovi copertura, la società o l'ente è tenuto ad effettuare, per la differenza, il versamento di una corrispondente imposta, secondo le disposizioni dell'articolo 105-bis.

4. Concorrono a formare l'ammontare di cui alla lettera b) del comma 1:

1) l'imposta, calcolata nella misura del 56,25 per cento, per i proventi conseguiti a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 1º gennaio 2001, e del 53,85 per cento, per i proventi conseguiti a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 1º gennaio 2003, corrispondente ai proventi a che in base agli altri articoli del presente testo unico o di leggi speciali non concorrono a formare il reddito a della società o dell'ente e per i quali è consentito computare detta imposta fra quelle del presente comma (2);

2) l'imposta relativa agli utili che hanno concorso a formare il reddito della società o dell'ente e per i quali è stato attribuito alla società o all'ente medesimo il credito d'imposta limitato di cui all'articolo 94, comma 1-bis. L'imposta corrispondente ai proventi di cui al numero 1) è commisurata all'utile di esercizio che eccede quello che si sarebbe formato in assenza dei proventi medesimi; l'imposta relativa agli utili di cui al numero 2) è computata fino a concorrenza del credito di imposta ivi indicato, utilizzato in detrazione dalla società o dall'ente secondo le disposizioni del citato articolo 94, comma 1-bis.

5. Indipendentemente dalla utilizzabilità da parte dei soci o partecipanti del credito d'imposta di cui all'articolo 14, gli importi indicati alle lettere a) e b) del comma 1 sono ridotti, fino a concorrenza del loro ammontare, di un importo pari al 56,25 per cento, per le distribuzioni deliberate a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 1º gennaio 2001, e al 53,85 per cento, per le distribuzioni deliberate a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 1º gennaio 2003, degli utili di esercizio, delle riserve e degli altri fondi, diversi da quelli indicati nel comma 1 dell'articolo 44, distribuiti ai soci o partecipanti, nonché delle riduzioni del capitale che si considerano distribuzione di utili ai sensi del comma 2 del medesimo articolo 44. Gli importi distribuiti, se nella relativa deliberazione non è stato stabilito diversamente, comportano la riduzione prioritariamente dell'ammontare indicato alla citata lettera a) (3).

6. Nella dichiarazione dei redditi devono essere indicati:

1) gli incrementi e i decrementi dell'ammontare complessivo delle imposte di cui alla lettera a) del comma 1 verificatisi nell'esercizio;

2) gli incrementi e i decrementi dell'ammontare complessivo delle imposte di cui alla lettera b) del comma 1 verificatisi nell'esercizio.

7. Gli utili distribuiti per i quali non è attribuito ai soci o partecipanti il credito d'imposta di cui all'articolo 14 ovvero è attribuito il credito d'imposta limitato di cui agli articoli 11, comma 3-bis, e 94, comma 1-bis, devono essere separatamente indicati nei modelli di comunicazione di cui all'articolo 7 della legge 29 dicembre 1962, n. 1745, o, in mancanza, in apposita comunicazione.

8. Nel caso di omessa comunicazione in conformità a quanto previsto nel comma precedente, si applicano le sanzioni di cui all'articolo 14, comma 1, della medesima legge n. 1745 del 1962. La misura di tali sanzioni è raddoppiata qualora siano attribuiti ai soci o partecipanti crediti d'imposta inesistenti o più vantaggiosi.

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(1) Articolo così sostituito dall'art. 2, comma 1, n. 10), D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 467, con decorrenza dal 1° gennaio 1998.

(2) Numero così modificato dall'art. 4, comma 1, lett. c), L. 23 dicembre 2000, n. 388, con effetto dal 1° gennaio 2001.

(3) Comma così modificato dall'art. 4, comma 1, lett. d), L. 23 dicembre 2000, n. 388, con effetto dal 1° gennaio 2001.

 

Art.105-bis (1)

Versamenti integrativi

 

1. Ferma rimanendo la disposizione dell'articolo 105, comma 3, ultimo periodo, ai fini della attribuzione del credito d'imposta. di cui all'articolo 14 le società e gli enti indicati alle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 87 possono incrementare l'ammontare indicato alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 105 di una imposta corrispondente al credito stesso. Se sono distribuiti riserve o fondi, l'imposta va assolta entro il termine per il versamento del saldo dell'imposta relativa al periodo nel quale la deliberazione di distribuzione è stata adottata. Se sono distribuiti gli utili di esercizio, l'imposta va assolta entro il termine per il versamento del saldo dell'imposta liquidata nella dichiarazione dei redditi di cui all'articolo 105, comma 3, primo periodo. Si applicano le disposizioni dell'articolo 105, comma 6, nonché quelle degli articoli 9 e 92 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602.

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(1) Articolo aggiunto dall'art. 2, comma 1, n. 11), D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 467, con decorrenza dal 1° gennaio 1998.

 

Art. 106 (1)

Credito d'imposta relativo alla distribuzione di utili fruenti di agevolazioni territoriali

 

1. Gli utili d'esercizio, le riserve e gli altri fondi formati con utili fruenti dell'agevolazione di cui all'articolo 105 ,del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1978, n. 218, all'articolo 2 della legge 29 gennaio 1986, n. 26, e all'articolo 14, comma 5, della legge 1° marzo 1986, n. 64, rilevano agli effetti della determinazione dell'ammontare delle imposte di cui al comma 4 dell'articolo 105, secondo i criteri previsti per i proventi di cui al numero 1 di tale comma. A tal fine gli utili assoggettati a tassazione ai sensi dei citati articoli con l'aliquota ridotta alla metà, si considerano come utili che non concorrono a formare il reddito per il 50 per cento del loro ammontare.

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(1) Articolo così sostituito dall'art. 2, comma 1, n. 12), D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 467, con decorrenza dal 1° gennaio 1998.

 

Art. 106-bis (1)

Credito per le imposte pagate all’estero e credito d’imposta figurativo

 

1. L’imposta corrispondente al credito per le imposte pagate all’estero di cui all’articolo 15, nonché quella relativa ai redditi prodotti all’estero, per i quali in base alle convenzioni contro le doppie imposizioni sui redditi è riconosciuto il credito d’imposta figurativo, sono computate, fino a concorrenza dei predetti crediti, nell’ammontare delle imposte di cui al comma 4 dell’articolo 105, recante adempimenti per l’attribuzione del credito di imposta ai soci o partecipanti sugli utili distribuiti, secondo i criteri previsti per gli utili di cui al numero 2) del predetto comma.

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(1) Articolo aggiunto dall'art. 2, comma 1, n. 11), D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 467 e successivamente sostituito dall'art. 1, comma 1, lett. d), L. 21 novembre 2000, n. 342, a partire dai crediti per le imposte pagate all’estero ammesse in detrazione a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data del 10 dicembre 2000 (art. 1, comma 2, L. 21 novembre 2000, n. 342).

 

Art. 107

Compensazione e rimborso delle eccedenze della maggiorazione di conguaglio

 

1. Se il reddito in base al quale è stata calcolata e applicata la maggiorazione dell'imposta prevista nel comma primo dell'art. 105 viene successivamente accertato in misura più elevata, l'imposta dovuta per l'esercizio in cui l'accertamento è divenuto definitivo è ridotta di un importo pari a quello dell'imposta corrispondente alla differenza tra il reddito accertato e quello dichiarato, e comunque non superiore all'ammontare della maggiorazione, aumentato degli interessi di cui all'art. 44 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602.

2. Nel caso di successivo recupero a tassazione delle riserve o degli altri fondi in base al cui ammontare è stata calcolata e applicata la maggiorazione dell'imposta prevista nel comma secondo dell'art. 105, l'imposta dovuta per l'esercizio in cui il relativo accertamento è divenuto definitivo è ridotta di un importo pari a quello dell'imposta corrispondente all'ammontare recuperato a tassazione, e comunque non superiore a quello della maggiorazione, aumentato degli interessi di cui al predetto art. 44.

3. Se l'importo della riduzione di cui ai commi primo e secondo è superiore a quello dell'imposta dovuta la eccedenza costituisce credito d'imposta agli effetti dell'art. 94 (1).

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(1) Comma così modificato dall'art. 1, D.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42, con effetto 1.1.1988. Si rimanda agli articoli 4 e 21, D.P.R. n. 42/88, per il diritto di scelta tra il riporto e il rimborso dell'eccedenza.

 

Capo III

ENTI NON COMMERCIALI

 

Art. 108

Reddito complessivo

 

1. Il reddito complessivo degli enti non commerciali di cui alla lettera c) del comma primo dell'art. 87 è formato dai redditi fondiari, di capitale, d'impresa e diversi, ovunque prodotti e quale ne sia la destinazione, ad esclusione di quelli esenti dall'imposta e di quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta o ad imposta sostitutiva. Per i medesimi enti non si considerano attività commerciali le prestazioni di servizi non rientranti nell'art. 2195 del Codice civile rese in conformità alle finalità istituzionali dell'ente senza specifica organizzazione e verso pagamento di corrispettivi che non eccedono i costi di diretta imputazione.

2. Il reddito complessivo è determinato secondo le disposizioni dell'art. 8.

2-bis. Non concorrono in ogni caso alla formazione del reddito degli enti non commerciali di cui alla lettera c) del comma 1 dell'articolo 87:

a) i fondi pervenuti ai predetti enti a seguito di raccolte pubbliche effettuate occasionalmente, anche mediante offerte di beni di modico valore o di servizi ai sovventori, in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione;

b) i contributi corrisposti da amministrazioni pubbliche ai predetti enti per lo svolgimento convenzionato o in regime di accreditamento di cui all'articolo 8, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, come sostituito dall'articolo 9, comma 1, lettera g), del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, di attività aventi finalità sociali esercitate in conformità ai fini istituzionali degli enti stessi (1).

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(1) Comma aggiunto dall’art. 2, comma 1, del D.Lgs. 4 dicembre 1997, n. 460, con decorrenza dal 1° gennaio 1998. Nel comma 2 del decreto citato, si specifica che le attività di cui al presente comma alla lett. a), sono da ritenersi esenti da ogni tributo.

 

Art. 109

Determinazione dei redditi

 

1. I redditi e le perdite che concorrono a formare il reddito complessivo degli enti non commerciali sono determinati distintamente per ciascuna categoria in base al risultato complessivo di tutti i cespiti che vi rientrano. Si applicano, se nel presente capo non è diversamente stabilito, le disposizioni del titolo I relative ai redditi delle varie categorie.

2. Per l'attività commerciale esercitata gli enti non commerciali hanno l'obbligo di tenere contabilità separata (1).

3. Per l'individuazione dei beni relativi all'impresa si applicano le disposizioni di cui all'articolo 77, commi 1 e 3-bis (1).

3-bis. Le spese e gli altri componenti negativi relativi a beni e servizi adibiti promiscuamente all'esercizio di attività commerciali e di altre attività, sono deducibili per la parte del loro importo che corrisponde al rapporto tra l'ammontare dei ricavi ed altri proventi che concorrono a formare il reddito d'impresa e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi; per gli immobili utilizzati promiscuamente è deducibile la rendita catastale o il canone di locazione anche finanziaria per la parte del loro ammontare che corrisponde al predetto rapporto (1).

4. Per gli enti religiosi di cui all'art. 26 della legge 20 maggio 1985, n. 222, che esercitano attività commerciali, le spese relative all'opera prestata in via continuativa dai loro membri sono determinate con i criteri ivi previsti.

4-bis. Gli enti soggetti alle disposizioni in materia di contabilità pubblica, la contabilità pubblica sono esonerati dall'obbligo di tenere contabilità separata qualora siano osservate le modalità previste per la contabilità pubblica obbligatoria tenuta a norma di legge dagli stessi enti (1).

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(1) Comma così sostituito dall’art. 3, comma 1, D.Lgs. 4 dicembre 1997, n. 460, con decorrenza dal 1° gennaio 1998.

 

Art. 109-bis (1)

Regime forfetario di determinazione del reddito

 

1. Fatto salvo quanto previsto, per le associazioni sportive dilettantistiche, dalla legge 16 dicembre 1991, n. 398, e, per le associazioni senza scopo di lucro e per le pro-loco, dall'articolo 9-bis del decreto-legge 30 dicembre 1991, n. 417, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1992, n. 66, gli enti non commerciali ammessi alla contabilità ai sensi dell'articolo 18 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, possono optare per la determinazione forfetaria del reddito d'impresa, applicando all'ammontare dei ricavi conseguiti nell'esercizio di attività commerciali il coefficiente di redditività corrispondente alla classe di appartenenza secondo la tabella seguente ed aggiungendo l'ammontare dei componenti positivi del reddito di cui agli articoli 54, 55, 56 e 57:

a) attività di prestazioni di servizi:

1) fino a lire 30.000.000, coefficiente 15 per cento;

2) da lire 30.000.001 a lire 360.000.000, coefficiente 25 per cento (2);

b) altre attività:

1) fino a lire 50.000.000, coefficiente 10 per cento;

2) da lire 50.000.001 a lire 1.000.000.000, coefficiente 15 per cento.

2. Per i contribuenti che esercitano contemporaneamente prestazioni di servizi ed altre attività il coefficiente si determina con riferimento all'ammontare dei ricavi relativi all'attività prevalente. In mancanza della distinta annotazione dei ricavi si considerano prevalenti le attività di prestazioni di servizi.

3. Il regime forfetario previsto nel presente articolo si estende di anno in anno qualora i limiti indicati nel comma 1 non vengano superati.

4. L'opzione è esercitata nella dichiarazione annuale dei redditi ed ha effetto dall'inizio del periodo d'imposta nel corso del quale è esercitata fino a quando non è revocata e comunque per un triennio. La revoca dell'opzione è effettuata nella dichiarazione annuale dei redditi ed ha effetto dall'inizio del periodo d'imposta nel corso del quale la dichiarazione stessa è presentata.

5. Gli enti che intraprendono l'esercizio d'impresa commerciale esercitano l'opzione nella dichiarazione da presentarsi ai sensi dell'articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni.

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(1) Articolo aggiunto dall’art. 4, comma 1, D.Lgs. 4 dicembre 1997, n. 460, con decorrenza dal 1° gennaio 1998.

(2) Il limite di L. 360.000.000 relativo al coefficiente di redditività che gli enti non commerciali che effettuano prestazioni di servizi adottano qualora optino per la determinazione forfetaria del reddito si intende elevato a L. 600.000.000 (art. 4, comma 1, D.P.R. 12 aprile 2001, n. 222.

 

Art. 110 (1)

Oneri deducibili

 

1. Dal reddito complessivo si deducono, se non sono deducibili nella determinazione del reddito d'impresa che concorre a formarlo, gli oneri indicati alle lettere a), f) e g) del comma 1 dell'articolo 10. Per l'imposta di cui all'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 643, la deduzione è ammessa, per quote costanti, nell'esercizio in cui avviene il pagamento e nei quattro successivi. In caso di rimborso degli oneri dedotti ai sensi del presente articolo, le somme corrispondenti concorrono a formare il reddito complessivo del periodo di imposta nel quale l'ente ha conseguito il rimborso.

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(1) Articolo così sostituito dall'art. 2, comma 1, lett. e), D.L. 31 maggio 1994, n. 330, conv. L. n. 473/94, con effetto 8.12.1993.

L'art. 3, comma 4, del decreto suindicato, così dispone: "Gli oneri dedotti sino al 1991 ai sensi degli articoli 110, 113 e 114 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, nella formulazione vigente anteriormente alle modificazioni introdotte dall'articolo 2, comma 1, lettere f), g) ed h) del presente decreto, concorrono a formare il reddito complessivo del periodo d'imposta nel quale è stato conseguito il rimborso.".

 

Art. 110-bis (1)

Detrazione d'imposta per oneri

 

1. Dall'imposta lorda si detrae, fino alla concorrenza del suo ammontare, un importo pari al 19 per cento (2) degli oneri indicati alle lettere a), g), h), h-bis), i), i-bis) e i-quater) del comma 1 dell'articolo 13-bis. La detrazione spetta a condizione che i predetti oneri non siano deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formare il reddito complessivo. In caso di rimborso degli oneri per i quali si è fruito della detrazione l'imposta dovuta per il periodo nel quale l'ente ha conseguito il rimborso è aumentata di un importo pari al 19 per cento (2) dell'onere rimborsato (3).

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(1) Articolo aggiunto dall'art. 3, comma 1, lett. g), D.L. 31 maggio 1994, n. 330, conv. L. 27 luglio 1994, n. 473, con effetto 8.12.1993.

(2) Aliquota così ridotta dall'art. 49, comma 1, D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, con effetto dal 1° gennaio 1998.

(3) Comma così modificato dall'art. 22, comma 1, lett. c), L. 7 dicembre 2000, n. 383.

 

Art. 111

Enti di tipo associativo

 

1. Non è considerata commerciale l'attività svolta nei confronti degli associati o partecipanti, in conformità alle finalità istituzionali, dalle associazioni, dai consorzi e dagli altri enti non commerciali di tipo associativo. Le somme versate dagli associati o partecipanti a titolo di quote o contributi associativi non concorrono a formare il reddito complessivo.

2. Si considerano tuttavia effettuate nell'esercizio di attività commerciali, salvo il disposto del secondo periodo del primo comma dell'art. 108, le cessioni di beni e le prestazioni di servizi agli associati o partecipanti verso pagamento di corrispettivi specifici, compresi i contributi e le quote supplementari determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto. Detti corrispettivi concorrono alla formazione del reddito complessivo come componenti del reddito d'impresa o come redditi diversi secondo che le relative operazioni abbiano carattere di abitualità o di occasionalità.

3. Per le associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona non si considerano commerciali le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici effettuate nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali, nonché le cessioni anche a terzi di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati (1).

4. La disposizione del terzo comma non si applica per le cessioni di beni nuovi prodotti per la vendita, per le somministrazioni di pasti, per le erogazioni di acqua, gas, energia elettrica e vapore, per le prestazioni alberghiere, di alloggio, di trasporto e di deposito e per le prestazioni di servizi portuali e aeroportuali né per le prestazioni effettuate nell'esercizio delle seguenti attività:

a) gestione di spacci aziendali e di mense;

b) organizzazione di viaggi e soggiorni turistici;

c) gestione di fiere ed esposizioni a carattere commerciale;

d) pubblicità commerciale;

e) telecomunicazioni e radiodiffusioni circolari.

4-bis. Per le associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli enti di cui all'articolo 3, comma 6, lettera e) della legge 25 agosto 1991, n. 287, le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell'interno, non si considerano commerciali, anche se effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici, la somministrazione di alimenti e bevande effettuata, presso le sedi in cui viene svolta l'attività istituzionale, da bar ed esercizi similari e l'organizzazione di viaggi e soggiorni turistici, sempreché le predette attività siano strettamente complementari a quelle svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali e siano effettuate nei confronti degli stessi soggetti indicati nel comma 3 (2).

4-ter. L'organizzazione di viaggi e soggiorni turistici di cui al comma 4-bis non è considerata commerciale anche se effettuata da associazioni politiche, sindacali e di categoria, nonché da associazioni riconosciute dalle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese, sempreché sia effettuata nei confronti degli stessi soggetti indicati nel comma 3 (2).

4-quater. Per le organizzazioni sindacali e di categoria non si considerano effettuate nell'esercizio di attività commerciali le cessioni delle pubblicazioni, anche in deroga al limite di cui al comma 3, riguardanti i contratti collettivi di lavoro, nonché l'assistenza prestata prevalentemente agli iscritti, associati o partecipanti in materia di applicazione degli stessi contratti e di legislazione sul lavoro, effettuate verso pagamento di corrispettivi che in entrambi i casi non eccedano i costi di diretta imputazione (2).

4-quinquies. Le disposizioni di cui ai commi 3, 4-bis, 4-ter e 4-quater si applicano a condizione che le società interessate si conformino alle seguenti clausole, da inserire nei relativi atti costitutivi o statuti redatti nella forma dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata:

a) divieto di distribuire anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell'associazione, salvo che la destinazione o la distribuzione non siano imposte dalla legge;

b) obbligo di devolvere il patrimonio dell'ente, in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altra associazione con finalità analoghe o a fini di pubblica utilità, sentito l'organismo di controllo di cui all'articolo 3, comma 190, della legge 23 settembre 1996, n. 662, e salvo diversa destinazione imposta dalla legge;

c) disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire l'effettività del rapporto medesimo, escludendo espressamente la temporaneità della partecipazione alla vita associativa e prevedendo per gli associati o partecipanti maggiori d'età il diritto di voto per l'approvazione e le modificazioni dello statuto e dei regolamenti e per la nomina degli organi direttivi dell'associazione;

d) obbligo di redigere e di approvare annualmente un rendiconto economico e finanziario secondo le disposizioni statutarie;

e) eleggibilità libera degli organi amministrativi, principio del voto singolo di cui all'articolo 2532, secondo comma, del codice civile, sovranità dell'assemblea dei soci, associati o partecipanti e i criteri di loro ammissione ed esclusione, criteri e idonee forme di pubblicità delle convocazioni assembleari, delle relative deliberazioni, dei bilanci o rendiconti; è ammesso il voto per corrispondenza per le associazioni il cui atto costitutivo, anteriore al 1° gennaio 1997, preveda tale modalità di voto ai sensi dell'articolo2532, ultimo comma, del codice civile e sempreché le stesse abbiano rilevanza a livello nazionale e siano prive di organizzazione a livello locale (3);

f) intrasmissibilità della quota o contributo associativo ad eccezione dei trasferimenti a causa di morte e non rivalutabilità della stessa (2).

4-sexies. Le disposizioni di cui alle lettere c) ed e) del comma 4-quinquies non s applicano alle associazioni religiose riconosciute dalle confessioni con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese, nonché alle associazioni politiche, sindacali e di categoria (2).

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(1) Comma così sostituito ex art. 5, comma 1, lett. a), del D.Lgs. 4 dicembre 1997, n. 460, con decorrenza dal 1° gennaio 1998.

(2) Comma aggiunto ex art. 5, comma 1, lett. b), del D.Lgs. 4 dicembre 1997, n. 460, con decorrenza dal 1° gennaio 1998.

(3) Lettera così modificata dall'art. 5, comma 2, D.Lgs. 19 novembre 1998, n. 422, con effetto dal 24 dicembre 1998.

 

Art. 111-bis (1)

Perdita della qualifica di ente non commerciale

 

1. Indipendentemente dalle previsioni statutarie, l'ente perde la qualifica di ente non commerciale qualora eserciti prevalentemente attività commerciale per un intero periodo d'imposta.

2. Ai fini della qualificazione commerciale dell'ente si tiene conto anche dei seguenti parametri:

a) prevalenza delle immobilizzazioni relative all'attività commerciale, al netto degli ammortamenti, rispetto alle restanti attività;

b) prevalenza dei ricavi derivanti da attività commerciali rispetto al valore normale delle cessioni o prestazioni afferenti le attività istituzionali;

c) prevalenza dei redditi derivanti da attività commerciali rispetto alle entrate istituzionali, intendendo per queste ultime i contributi, le sovvenzioni, le liberalità e le quote associative;

d) prevalenza delle componenti negative inerenti all'attività commerciale rispetto alle restanti spese.

3. Il mutamento di qualifica opera dal periodo d'imposta in cui vengono meno le condizioni che legittimano le agevolazioni e comporta l'obbligo di comprendere tutti i beni facenti parte del patrimonio dell'ente nell'inventario di cui all'articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600. L'iscrizione nell'inventario deve essere entro sessanta giorni dall'inizio del periodo d'imposta in cui ha effetto il mutamento di qualifica secondo i criteri di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1974, n. 689.

4. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano agli enti ecclesiastici riconosciuti come persone giuridiche agli effetti civili.

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(1) Articolo aggiunto dall’art. 6, comma 1, D.Lgs. 4 dicembre 1997, n. 460, con decorrenza dal 1° gennaio 1998.

 

Art. 111-ter (1)

Organizzazioni non lucrative di utilità sociale

 

1. Per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), ad eccezione delle società cooperative, non costituisce esercizio di attività commerciale lo svolgimento delle attività istituzionali nel perseguimento di esclusive finalità di solidarietà sociale.

2. I proventi derivanti dall'esercizio delle attività direttamente connesse non concorrono alla formazione del reddito imponibile.

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(1) Articolo aggiunto dall’art. 12, comma 1, del D.Lgs. 4 dicembre 1997, n. 460, con decorrenza dal 1° gennaio 1998.

 

Capo IV

SOCIETÀ ED ENTI NON RESIDENTI

 

Art. 112

Reddito complessivo

 

1. Il reddito complessivo delle società e degli enti non residenti di cui alla lettera d) del primo comma dell'art. 87 è formato soltanto dai redditi prodotti nel territorio dello Stato ad esclusione di quelli esenti dall'imposta e di quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta o ad imposta sostitutiva.

2. Si considerano prodotti nel territorio dello Stato i redditi indicati nell'art. 20, tenendo conto, per i redditi di impresa, anche delle plusvalenze e delle minusvalenze dei beni destinati o comunque relativi alle attività commerciali esercitate nel territorio dello Stato, ancorché non conseguite attraverso le stabili organizzazioni, nonché gli utili distribuiti da società ed enti di cui alle lettere a) e b) del primo comma dell'art. 87 e le plusvalenze indicate nell'art. 20, comma primo, lettera f) (1).

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(1) Comma così modificato dall'art. 1, comma 2, del D.Lgs. 21 novembre 1997, n. 461, con decorrenza dal 1° luglio 1998.

 

Art. 113

Società ed enti commerciali

 

1. Per le società e gli enti commerciali con stabile organizzazione nel territorio dello Stato, eccettuate le società semplici, il reddito complessivo è determinato secondo le disposizioni del capo II sulla base di apposito conto dei profitti e delle perdite relativo alla gestione delle stabili organizzazioni e alle altre attività produttive di redditi imponibili in Italia (1).

2. In mancanza di stabili organizzazioni nel territorio dello Stato i redditi che concorrono a formare il reddito complessivo sono determinati secondo le disposizioni del titolo I relative alle categorie nelle quali rientrano. Dal reddito complessivo si deducono gli oneri indicati alle lettere a) e g) del comma 1 dell'articolo 10 e, per quote costanti nel periodo d'imposta in cui avviene il pagamento e nei quattro successivi, l'imposta di cui all'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 643 (2). Si applica la disposizione dell'articolo 110, comma 1, terzo periodo (2).

2-bis. Dall'imposta lorda si detrae, fino alla concorrenza del suo ammontare, un importo pari al 19 per cento (3) degli oneri indicati alle lettere a), g), h), h-bis, i), i-bis) e i-quater), del comma 1 dell'articolo 13-bis. Si applica la disposizione dell'articolo 110-bis, comma 1, ultimo periodo (4).

3. Per la determinazione del reddito complessivo delle società semplici e delle associazioni ad esse equiparate a norma dell'art. 5 si applicano in ogni caso le disposizioni del comma 2.

4. Per le società di tipo diverso da quelli regolati nel Codice civile si applicano le disposizioni dei commi 1 e 2 o quelle del comma 3 secondo che abbiano o non abbiano per oggetto l'esercizio di attività commerciali.

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(1) Comma così modificato dall'art. 1, D.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42, con effetto 1.1.1988.

(2) Periodo così sostituito dall'art. 2, comma 1, lett. f), D.L. 31 maggio 1994, n. 330, conv. L. 27 luglio 1994, n. 473, con effetto 8.12.1993.

(3) Aliquota così modificata dall'art. 49, comma 1, D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, con effetto dal 1° gennaio 1998.

(4) Comma aggiunto dall'art. 3, comma 1, D.L. 31 maggio 1994, n. 330, conv. L. 27 luglio 1994, n. 473 (con effetto 8.12.1993) e successivamente modificato dall’art. 22, comma 1, lett. d), L. 7 dicembre 2000, n. 383.

 

Art. 114

Enti non commerciali

 

1. Il reddito complessivo degli enti non commerciali è determinato secondo le disposizioni del Titolo I. Dal reddito complessivo si deducono, se non sono deducibili nella determinazione del reddito d’impresa che concorre a formarlo, gli oneri indicati alle lettere a) e g) del comma 1 dell'articolo 10 e l'imposta di cui all'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 643 (1). Si applica la disposizione dell'articolo 110, comma 1, terzo periodo (1).

1-bis. Dall'imposta lorda si detrae, fino alla concorrenza del suo ammontare, un importo pari al 19 per cento (2) degli oneri indicati alle lettere a), g), h), h-bis, i), i-bis) e i-quater)  del comma 1 dell'articolo 13-bis. La detrazione spetta a condizione che i predetti oneri non siano deducibili nella determinazione del reddito d'impresa che concorre a formare il reddito complessivo. Si applica la disposizione dell'articolo 110-bis, comma 1, terzo periodo (3).

2. Agli enti non commerciali che hanno esercitato attività commerciali mediante stabili organizzazioni nel territorio dello Stato si applicano le disposizioni dei commi 2, 3 e 3-bis dell'art. 109 (4).

2-bis. Sono altresì deducibili:

a) le erogazioni liberali in denaro a favore dello Stato, di altri enti pubblici e di associazioni e di fondazioni private legalmente riconosciute, le quali, senza scopo di lucro, svolgono o promuovono attività dirette alla tutela del patrimonio ambientale, effettuate per l'acquisto, la tutela e la valorizzazione delle cose indicate nei numeri 1) e 2) dell'articolo 1 della legge 29 giugno 1939, n. 1497, facenti parte degli elenchi di cui al primo comma dell'articolo 2 della medesima legge o assoggettati al vincolo della inedificabilità in base ai piani di cui all'articolo 5 della medesima legge e al decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, ivi comprese le erogazioni destinate all'organizzazione di mostre e di esposizioni, nonché allo svolgimento di studi e ricerche aventi ad oggetto le cose anzidette; il mutamento di destinazione degli immobili indicati alla lettera c) del presente comma, senza la preventiva autorizzazione del Ministro dell'ambiente, come pure il mancato assolvimento degli obblighi di legge per consentire l'esercizio del diritto di prelazione dello Stato sui beni immobili vincolati, determina la indeducibilità delle spese dal reddito. Il Ministro dell'ambiente dà immediata comunicazione ai competenti uffici tributari delle violazioni che comportano la decadenza delle agevolazioni; dalla data di ricevimento della comunicazione iniziano a decorrere i termini per il pagamento dell'imposta e dei relativi accessori;

b) le erogazioni liberali in denaro a favore di organismi di gestione di parchi e riserve naturali, terrestri e marittimi, statali e regionali, e di ogni altra zona di tutela speciale paesistico-ambientale come individuata dalla vigente disciplina, statale e regionale, nonché gestita dalle associazioni e fondazioni private indicate alla lettera a), effettuate per sostenere attività di conservazione, valorizzazione, studio, ricerca e sviluppo dirette al conseguimento delle finalità di interesse generale cui corrispondono tali ambiti protetti;

c) le spese sostenute dai soggetti obbligati alla manutenzione e alla protezione degli immobili vincolati ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497, facenti parte degli elenchi relativi ai numeri 1) e 2) dell'articolo 1 della medesima legge o assoggettati al vincolo assoluto di inedificabilità in base ai piani di cui all'articolo 5 della stessa legge e al decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431 (5).

2-ter. Il Ministro dell'ambiente e la regione, secondo le rispettive attribuzioni e competenze, vigilano sull'impiego delle erogazioni di cui alle lettere a), b) e c) del comma 2-bis del presente articolo effettuate a favore di soggetti privati, affinché siano perseguiti gli scopi per i quali le erogazioni stesse sono state accettate dai beneficiari e siano rispettati i termini per l'utilizzazione concordati con gli autori delle erogazioni. Detti termini possono essere prorogati una sola volta dall'autorità di vigilanza, per motivi non imputabili ai beneficiari (5).

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(1) Periodo così sostituito dall'art. 2, comma 1, lett. g), D.L. 31 maggio 1994, n. 330, conv. L. 27 luglio 1994, n. 473, con effetto 8.12.1993.

(2) Aliquota così modificata dall'art. 49, comma 1, D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, con effetto dal 1° gennaio 1998.

(3) Comma aggiunto dall'art. 3, comma 1, lett. i), D.L. 31 maggio 1994, n. 330, conv. L. 27 luglio 1994, n. 473, con effetto 8.12.1993 e successivamente modificato dall'art. 22, comma 1, lett. e), L. 7 dicembre 2000, n. 383.

(4) Comma così modificato dall’art. 7, comma 1, del D.Lgs. 4 settembre 1997, n. 460, con decorrenza dal 1° gennaio 1998.

(5) Comma aggiunto dall'art. 37, comma 1, L. 6 dicembre 1991, n. 394, con effetto 29.12.1991.

 

Titolo III

IMPOSTA LOCALE SUI REDDITI

 

Art. 115 (1)

Presupposto dell'imposta

 

1. Presupposto dell'imposta locale sui redditi è il possesso di redditi fondiari, di capitale, d'impresa e diversi prodotti nel territorio dello Stato, ancorché esenti dall'imposta sul reddito delle persone fisiche o dall'imposta sul reddito delle persone giuridiche.

2. Sono esclusi dall'imposta:

a) i redditi derivanti dalla partecipazione in società ed enti indicati alle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 87, per i quali spetta il credito di imposta di cui all'articolo 14, e alle lettere c) e d) dello stesso articolo (1);

b) i redditi derivanti dalla partecipazione in società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice residenti nel territorio dello Stato;

c) i redditi delle imprese familiari imputati ai familiari collaboratori a norma del quarto comma dell'art. 5;

d) i redditi indicati alle lettere l) ed m) del primo comma dell'art. 81;

e) i redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta o ad imposta sostitutiva;

e-bis) i redditi d'impresa derivanti dall'esercizio di attività commerciali svolte da soggetti diversi da quelli indicati al comma 1 dell'articolo 87, organizzate prevalentemente con il lavoro proprio e dei familiari, ovvero con il lavoro dei soci, a condizione che il numero complessivo delle persone addette, esclusi gli apprendisti fino ad un massimo di tre, compreso il titolare, ovvero compresi i soci, non sia superiore a tre (2).

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(1) L'imposta locale sui redditi (ILOR), è abolita, per effetto del disposto dell'articolo 36, comma 1, lett. b), D.Lgs. 446/1997, a decorrere dal 1° gennaio 1998, data di entrata in vigore dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP).

È previsto un regime fiscale sostitutivo per i soggetti che intraprendono nuove iniziative produttive e che si trovano in determinate situazioni, esplicitamente contemplate negli artt. 1 e 1-bis del D.L. 10 giugno 1994, n. 357, conv. L. 8 agosto 1994, n. 489 (ai quali si rinvia). In luogo dell'imposta ordinaria si applica una imposta sostitutiva in misura predeterminata (2.000.000, 3.000.000 e 4.000.000, rispettivamente per il primo, il secondo ed il terzo anno di attività). Tale imposta sostituisce la tassa di concessione governativa per la partita IVA, l'imposta comunale per l'esercizio di imprese e di arti e professioni, l'imposta comunale sugli immobili, la tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, l'imposta sul reddito delle persone fisiche e l'imposta locale sui redditi relative all'esercizio di attività commerciali e di arti e professioni e l'imposta sul patrimonio netto delle imprese.

(1) Lettera così sostituita dall'art. 7, comma 1, lett. d), D.L. 31 maggio 1994, n. 330, conv. L. n. 473/94, con effetto 8.12.1993.

(2) Lettera aggiunta dall'art. 9, comma 2, L. 29.12.1990, n. 408, con effetto 1.1.1991.

 

Art. 116 (1)

Soggetti passivi

 

1. Soggetti passivi dell'imposta locale sui redditi sono le persone fisiche, le società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice e le società ed enti soggetti all'imposta sul reddito delle persone giuridiche, ovunque residenti.

2. Non sono soggette all'imposta le persone fisiche esonerate dall'obbligo di presentazione della dichiarazione dei redditi.

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(1) L'imposta locale sui redditi (ILOR), è abolita, per effetto del disposto dell'articolo 36, comma 1, lett. b), D.Lgs. 446/1997, a decorrere dal 1° gennaio 1998, data di entrata in vigore dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP).

 

Art. 117 (1)

Redditi prodotti nel territorio dello Stato

 

1. Si considerano prodotti nel territorio dello Stato i redditi indicati nell'art. 20.

2. Nei confronti dei soggetti residenti nel territorio dello Stato si considerano prodotti nel territorio stesso anche i redditi derivanti da attività commerciali esercitate all'estero senza una stabile organizzazione con gestione e contabilità separate.

3. Nei confronti delle società e degli enti non residenti con stabile organizzazione nel territorio dello Stato si considerano prodotti nel territorio stesso anche i redditi di cui al secondo comma dell'art. 112.

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(1) L'imposta locale sui redditi (ILOR), è abolita, per effetto del disposto dell'articolo 36, comma 1, lett. b), D.Lgs. 446/1997, a decorrere dal 1° gennaio 1998, data di entrata in vigore dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP).

 

Art. 118 (1)

Base imponibile

 

1. L'imposta si applica:

a) per le persone fisiche e per le società semplici, sui singoli redditi determinati con i criteri stabiliti nel titolo I. Il reddito delle imprese familiari è assunto al netto delle quote imputate ai familiari collaboratori;

b) per le società in nome collettivo e in accomandita semplice residenti nel territorio dello Stato, sul reddito determinato con i criteri stabiliti nel titolo I;

c) per le società e gli enti soggetti all'imposta sul reddito delle persone giuridiche residenti nel territorio dello Stato, e per quelli non residenti con stabile organizzazione nel territorio stesso, sul reddito complessivo determinato con i criteri stabiliti dal titolo II, diminuito dei redditi prodotti fuori del territorio dello Stato. Il reddito complessivo è assunto al lordo degli accantonamenti per imposta locale sui redditi e delle perdite di precedenti esercizi di cui all'art. 102;

d) per le società e gli enti soggetti all'imposta sul reddito delle persone giuridiche non residenti senza stabile organizzazione nel territorio dello Stato, sui singoli redditi determinati con i criteri stabiliti nel titolo I.

2. Ai fini del rapporto di deducibilità di cui all'articolo 63 e all'articolo 75, comma 5, non si tiene conto dei redditi esclusi dall'imposta ai sensi del comma 4 dell'articolo 17 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 (2).

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(1) L'imposta locale sui redditi (ILOR), è abolita, per effetto del disposto dell'articolo 36, comma 1, lett. b), D.Lgs. 446/1997, a decorrere dal 1° gennaio 1998, data di entrata in vigore dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP).

Si rimanda alle seguenti norme che escludono dal reddito imponibile alcuni proventi di partecipazione:

- art. 9, comma 3, L. 23 marzo 1983, n. 77 e art. 11, comma 4, L. 14 agosto 1993, n. 344, per i fondi comuni di investimento;

- art. 10-ter, comma 2, D.L. 23 marzo 1953, n. 77, per organismi di investimento collettivo mobiliare di diritto estero;

- art. 11-bis, comma 2, D.L. 30 settembre 1983, n. 512, per i fondi comuni esteri di investimento;

- art. 14, comma 2, D.L. 25 gennaio 1992, n. 84, per le società di investimento in capitale variabile;

- art. 7, comma 3, L. 31 dicembre 1992, n. 59, per l'aumento gratuito del capitale sociale delle società cooperative.

(2) Comma così modificato dall'art. 3, comma 103, lett. f), L. 28 dicembre 1995, n. 549, con effetto dal periodo di imposta per il quale il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi scade successivamente al 13.1.1996; per i periodi di imposta precedenti sono fatti salvi gli effetti derivanti dall'applicazione dei criteri adottati anche se diversi da quello previsto da tale disposizione.

 

Art. 119 (1)

Periodo d'imposta

 

1. L'imposta è dovuta per periodi d'imposta, a ciascuno dei quali corrisponde un'obbligazione tributaria autonoma.

2. Per la determinazione del periodo d'imposta e per l'imputazione dei redditi al periodo d'imposta valgono le disposizioni dei titoli I e II.

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(1) L'imposta locale sui redditi (ILOR), è abolita, per effetto del disposto dell'articolo 36, comma 1, lett. b), D.Lgs. 446/1997, a decorrere dal 1° gennaio 1998, data di entrata in vigore dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP).

 

Art. 120 (1)

Deduzioni

 

1. Dal reddito agrario e dal reddito d'impresa delle persone fisiche si deduce una quota pari al 50 per cento del rispettivo ammontare e comunque non inferiore a 8 né superiore a 16 milioni di lire ragguagliate ad anno, a condizione che il contribuente presti la sua opera nell'impresa e tale prestazione costituisca la sua occupazione prevalente (2).

2. Per le imprese artigiane iscritte nel relativo albo, per le imprese che esercitano attività di commercio al minuto, attività alberghiera, attività di somministrazione di alimenti e bevande in pubblici esercizi o in mense aziendali o attività di intermediazione o rappresentanza commerciale e per le imprese che esercitano la pesca marittima o in acque interne, si deduce una ulteriore quota pari al 30 per cento del reddito al netto della deduzione di cui al primo comma, a condizione che l'opera prestata in tali imprese costituisca l'occupazione prevalente del contribuente. L'ulteriore deduzione spetta in misura non inferiore a 2 milioni né superiore a 4 milioni di lire ragguagliate ad anno; tali misure sono elevate a 3 ed a 6 milioni di lire o a 4 ed 8 milioni di lire per le imprese artigiane che per la maggior parte del periodo d'imposta hanno impiegato, rispettivamente, un apprendista o più apprendisti.

3. Nei confronti dei possessori di redditi agrario e d'impresa derivanti dall'esercizio di un'unica impresa, l'ammontare della deduzione, ferme restando le misure minima e massima, è calcolato sul cumulo dei redditi stessi ed è imputato proporzionalmente a ciascuno di essi.

4. La deduzione prevista nei commi da 1 a 3, calcolata con riferimento alla quota di reddito spettante a ciascuno dei soci che prestano la propria opera nell'impresa come occupazione prevalente, spetta anche alle società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice residenti nel territorio dello Stato.

5. La deduzione, nelle misure stabilite nei commi da 1 a 3, si applica a condizione che l'imprenditore o la società attesti, nella dichiarazione dei redditi o in apposito allegato, l'esistenza dei requisiti indicati nei commi stessi.

6. Le disposizioni del secondo comma si applicano anche per i redditi d'impresa dei titolari di autorizzazioni all'autotrasporto soci di organismi cooperativi esercenti l'attività di autotrasporto di merci ai quali sono applicate le forme e le modalità previdenziali di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1970, n. 602.

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(1) L'imposta locale sui redditi (ILOR), è abolita, per effetto del disposto dell'articolo 36, comma 1, lett. b), D.Lgs. 446/1997, a decorrere dal 1° gennaio 1998, data di entrata in vigore dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP).

(2) I limiti dell'ammontare deducibile sono stati così fissati dall'art. 9, comma 3, L. 29 dicembre 1990, n. 408, con effetto 1.1.1992.

In precedenza gli originari limiti di 6 e 12 milioni erano stati elevati a 7 e 14 milioni dall'art. 1, comma 1-bis, D.L. 2 marzo 1989, n. 69, conv. L. 27 aprile 1989, n. 154, con effetto 1.1.1989.

 

Art. 121 (1)

Aliquota dell'imposta

 

1. L'imposta è applicata con l'aliquota del 16,2 per cento.

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(1) L'imposta locale sui redditi (ILOR), è abolita, per effetto del disposto dell'articolo 36, comma 1, lett. b), D.Lgs. 446/1997, a decorrere dal 1° gennaio 1998, data di entrata in vigore dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP).

 

Titolo IV

DISPOSIZIONI COMUNI

 

Art. 121-bis (1)

Limiti di deduzione delle spese e degli altri componenti negativi relativi a taluni mezzi di trasporto a motore, utilizzati nell'esercizio di imprese, arti e professioni

 

1. Le spese e gli altri componenti negativi relativi ai mezzi di trasporto a motore indicati nel presente articolo, utilizzati nell'esercizio di imprese, arti e professioni, ai fini della determinazione dei relativi redditi, sono deducibili secondo i seguenti criteri:

a) per l'intero ammontare relativamente:

1) agli aeromobili da turismo, alle navi e imbarcazioni da diporto, alle autovetture ed autocaravan, di cui alle lettere a) e m) del comma 1 dell'articolo 54 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, ai ciclomotori e motocicli destinati ad essere utilizzati esclusivamente come beni strumentali nell'attività propria dell'impresa;

2) ai veicoli adibiti ad uso pubblico o dati in uso promiscuo ai dipendenti per la maggior parte del periodo d'imposta;

b) nella misura del 50 per cento relativamente alle autovetture ed autocaravan, di cui all'art. 54 del citato decreto legislativo n. 285 del 1992, ai ciclomotori e motocicli il cui utilizzo è diverso da quello indicato alla lettera a), numero 1). Tale percentuale è elevata all'80 per cento per i veicoli utilizzati dai soggetti esercenti attività di agenzia o di rappresentanza di commercio. Nel caso di esercizio di arti e professioni in forma individuale, la deducibilità è ammessa, nella suddetta misura del 50 per cento, limitatamente ad un solo veicolo; se l'attività è svolta da società semplici e da associazioni di cui all'articolo 5, la deducibilità è consentita soltanto per un veicolo per ogni socio o associato. Non si tiene conto: della parte del costo di acquisizione che eccede lire 35 milioni per autovettura e gli autocaravan, lire 8 milioni per i motocicli, lire 4 milioni per i ciclomotori; dell'ammontare dei canoni proporzionalmente corrispondente al costo di detti veicoli che eccede i limiti indicati, se i beni medesimi sono utilizzati in locazione finanziaria; dell'ammontare dei costi di locazione e di noleggio che eccede lire 7 milioni per le autovetture e gli autocaravan, lire 1,5 milioni per i motocicli e lire ottocentomila per i ciclomotori. Nel caso di esercizio delle predette attività svolte da società semplici e associazioni di cui al citato articolo 5, i suddetti limiti sono riferiti a ciascun socio o associato. I limiti predetti, che con riferimento al valore dei contratti di locazione anche finanziaria o di noleggio vanno ragguagliati ad anno, possono essere variati, tenendo anche conto delle variazioni dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati verificatesi nell'anno precedente, con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato. Il predetto limite di 35 milioni di lire per le autovetture è elevato a 50 milioni di lire per gli autoveicoli utilizzati da agenti o rappresentanti di commercio.

2. Ai fini della determinazione del reddito d'impresa, le plusvalenze e le minusvalenze patrimoniali rilevano nella stessa proporzione esistente tra l'ammontare dell'ammortamento fiscalmente dedotto e quello complessivamente effettuato.

3. Ai fini dell'applicazione del comma 7 dell'articolo 67, il costo dei beni di cui al comma 1, lett. b), si assume nei limiti rilevanti ai fini della deduzione delle relative quote di ammortamento.

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(1) Articolo aggiunto dall’art. 17, comma 1, L. 27 dicembre 1997, n. 449, a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 1997.

 

Art. 122

Trasformazione della società

 

1. La trasformazione della società non costituisce realizzo né distribuzione delle plusvalenze e minusvalenze dei beni, comprese quelle relative alle rimanenze e il valore di avviamento.

2. In caso di trasformazione di una società soggetta all'imposta sul reddito delle persone giuridiche in società non soggetta a tale imposta, o viceversa, il reddito del periodo compreso tra l'inizio del periodo d'imposta e la data in cui ha effetto la trasformazione è determinato secondo le disposizioni applicabili prima della trasformazione in base alle risultanze di apposito conto dei profitti e delle perdite.

3. Nel caso di trasformazione di una società non soggetta all'imposta sul reddito delle persone giuridiche in società soggetta a tale imposta le riserve costituite prima della trasformazione con utili imputati ai soci a norma dell'art. 5, se dopo la trasformazione siano state iscritte in bilancio con indicazione della loro origine, non concorrono a formare il reddito dei soci in caso di distribuzione e l'imputazione di esse a capitale non comporta l'applicazione del secondo comma dell'art. 44.

4. Nel caso di trasformazione di una società soggetta all'imposta sul reddito delle persone giuridiche in società non soggetta a tale imposta le riserve costituite prima della trasformazione, escluse quelle di cui al primo comma dell'art. 44, sono imputate ai soci, a norma dell'art. 5:

a) nel periodo d'imposta in cui vengono distribuite o utilizzate per scopi diversi dalla copertura di perdite d'esercizio, se dopo la trasformazione siano iscritte in bilancio con indicazione della loro origine;

b) nel periodo d'imposta successivo alla trasformazione, se non siano iscritte in bilancio o vi siano iscritte senza la detta indicazione. Ai soci compete in entrambe le ipotesi il credito d'imposta di cui all'art. 14, a condizione che la dichiarazione dei redditi della società rechi le indicazioni prescritte dall'articolo 105 (1).

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(1) Comma così modificato dall'art. 2, comma 1, n. 14, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 467.

 

Art. 123 (1)

Fusione di società

 

1. La fusione tra più società non costituisce realizzo né distribuzione delle plusvalenze e minusvalenze dei beni delle società fuse, comprese quelle relative alle rimanenze e il valore di avviamento. Le plusvalenze e minusvalenze risultanti dalle situazioni patrimoniali prescritte dall'art. 2502 del Codice civile non si considerano iscritte in bilancio.

2. Nella determinazione del reddito della società risultante dalla fusione o incorporante non si tiene conto dell'avanzo o disavanzo iscritto in bilancio per effetto del rapporto di cambio delle azioni o quote o dell'annullamento delle azioni o quote di alcuna delle società fuse possedute da altre, e delle plusvalenze iscritte in bilancio non si tiene conto fino a concorrenza della differenza tra il costo delle azioni o quote delle società incorporate annullate per effetto della fusione e il valore del patrimonio netto delle società stesse risultante dalle scritture contabili (2).

3. Dalla data in cui ha effetto la fusione la società risultante dalla fusione o incorporante subentra negli obblighi e nei diritti delle società fuse o incorporate relativi alle imposte sui redditi, salvo quanto stabilito nei commi 4 e 5.

4. I fondi in sospensione di imposta iscritti nell'ultimo bilancio delle società fuse o incorporate concorrono a formare il reddito della società risultante dalla fusione o incorporante se e nella misura in cui non siano stati ricostituiti nel suo bilancio. Questa disposizione non si applica per i fondi tassabili solo in caso di distribuzione i quali, se e nel limite in cui vi sia avanzo di fusione o aumento di capitale per ammontare superiore al capitale complessivo delle società partecipanti alla fusione al netto delle quote del capitale di ciascuna di esse già possedute dalla stessa o da altre, concorrono a formare il reddito della società risultante dalla fusione o incorporante in caso di distribuzione dell'avanzo o di riduzione del capitale per esuberanza; quelli che anteriormente alla fusione sono stati imputati al capitale delle società fuse o incorporate si intendono trasferiti nel capitale della società risultante dalla fusione o incorporante e concorrono a formarne il reddito in caso di riduzione del capitale per esuberanza.

5. Le perdite delle società che partecipano alla fusione, compresa la società incorporante, possono essere portate in diminuzione del reddito della società risultante dalla fusione o incorporante per la parte del loro ammontare che non eccede l'ammontare del rispettivo patrimonio netto quale risulta dall'ultimo bilancio o, se inferiore, dalla situazione patrimoniale di cui all'art. 2502 del Codice civile, senza tenere conto dei conferimenti e versamenti fatti negli ultimi ventiquattro mesi anteriori alla data cui si riferisce la situazione stessa, e sempre che dal conto dei profitti e delle perdite della società le cui perdite sono riportabili, relativo all'esercizio precedente a quello in cui la fusione è stata deliberata, risulti un ammontare di ricavi, di cui all'art. 2425-bis, parte prima, n. 1, del Codice civile, e un ammontare delle spese per prestazioni di lavoro subordinato e relativi contributi, di cui all'art. 2425-bis, parte seconda, n. 3, del Codice civile, superiore al 40 per cento di quello risultante dalla media degli ultimi due esercizi anteriori. Se le azioni o quote della società la cui perdita è riportabile erano possedute dalla società incorporante o da altra società partecipante alla fusione, la perdita non è comunque ammessa in diminuzione fino a concorrenza dell'ammontare complessivo della svalutazione di tali azioni o quote effettuata ai fini della determinazione del reddito dalla società partecipante o dall'impresa che le ha ad essa cedute dopo l'esercizio al quale si riferisce la perdita e prima dell'atto di fusione, e delle plusvalenze di cui al comma secondo iscritte nel bilancio della società risultante dalla fusione o incorporante (3).

6. Il reddito delle società fuse o incorporate relativo al periodo compreso tra l'inizio del periodo d'imposta e la data in cui ha effetto la fusione è determinato, secondo le disposizioni applicabili in relazione al tipo di società, in base alle risultanze di apposito conto dei profitti e delle perdite.

7. L'atto di fusione può stabilire che ai fini delle imposte sui redditi gli effetti della fusione decorrano da una data non anteriore a quella in cui si è chiuso l'ultimo esercizio di ciascuna delle società fuse o incorporate o a quella, se più prossima, in cui si è chiuso l'ultimo esercizio della società incorporante.

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(1) Al riguardo si rimanda:

- al D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 544, per l'attuazione della direttiva CEE relativa al regime comune fiscale tra fusioni di società di Stati membri diversi;

- alla L. 30 luglio 1990, n. 218, per le fusioni tra enti creditizi;

- all'art. 10, L. 29 dicembre 1990, n. 408, per il controllo dell'amministrazione finanziaria sulle fusioni di società;

- all'art. 3, comma 1, L. 5 febbraio 1992, n. 68, per gli incentivi di fusioni tra imprese di autotrasporto esistenti.

(2) Comma così modificato dall'art. 7, comma 6, L. 11 marzo 1988, n. 67, con effetto 1.1.1988.

(3) Comma così modificato dall'art. 28, comma 1, D.L. 2 marzo 1989, n. 69, conv. L. 27 aprile 1989, n. 154, con effetto 2.3.1989.

 

Art. 123-bis (1)

Scissione di società

 

1. La scissione totale o parziale di una società in altre preesistenti o di nuova costituzione non dà luogo a realizzo né a distribuzione di plusvalenze e minusvalenze dei beni della società scissa, comprese quelle relative alle rimanenze e al valore di avviamento. Le plusvalenze e le minusvalenze risultanti dai progetti di scissione redatti a norma dell'art. 2504-octies del codice civile o delle situazioni patrimoniali redatte a norma dell'art. 2504-novies dello stesso codice non si considerano iscritte in bilancio.

2. Nella determinazione del reddito delle società partecipanti alla scissione non si tiene conto dell'avanzo o del disavanzo conseguenti al rapporto di cambio delle azioni o quote ovvero all'annullamento di azioni o quote a norma dell'art. 2504-novies del codice civile. In quest'ultima ipotesi non concorrono a formare il reddito di ciascuna società beneficiaria le plusvalenze iscritte in bilancio fino a concorrenza della differenza tra il costo delle azioni o quote delle società scisse annullate e il valore risultante dalle scritture contabili della corrispondente quota del patrimonio netto della società stessa.

3. Il cambio delle partecipazioni originarie non costituisce né realizzo né distribuzione di plusvalenze o di minusvalenze né conseguimento di ricavi per i soci della società scissa, fatta salva l'applicazione del comma 3 dell'art. 44 in caso di conguaglio.

4. Dalla data in cui la scissione ha effetto, a norma del comma 11, le posizioni soggettive della società scissa, ivi compresa quella indicata nell'art. 54, comma 4 e i relativi obblighi strumentali sono attribuiti alle beneficiarie e, in caso di scissione parziale, alla stessa società scissa, in proporzione delle rispettive quote del patrimonio netto contabile trasferite o rimaste, salvo che trattisi di posizioni soggettive connesse specificamente o per insiemi agli elementi del patrimonio scisso, nel quale caso seguono tali elementi presso i rispettivi titolari.

5. Gli obblighi di versamento degli acconti relativi sia alle imposte proprie sia alle ritenute sui redditi altrui, restano in capo alla società scissa, in caso di scissione parziale, ovvero si trasferiscono alle società beneficiarie in caso di scissione totale, in relazione alle quote di patrimonio netto imputabile proporzionalmente a ciascuna di esse.

6. Il valore fiscalmente riconosciuto dei fondi di accantonamento della società scissa si considera già dedotto dalle beneficiarie, oltre che, in caso di scissione parziale, dalla suddetta società, per importi proporzionali alle quote in cui risultano attribuiti gli elementi del patrimonio ai quali, specificamente o per insiemi, hanno riguardo le norme tributarie che disciplinano il valore stesso. Se la scissione non ha effetto retroattivo, il fondo di cui all'art. 72 si imputa in proporzione ai rischi di cambio esistenti nel giorno in cui ha effetto la scissione, la valutazione deve essere effettuata secondo i criteri ivi previsti. Qualora non sia possibile correlare il valore dei fondi ai predetti elementi, l'attribuzione proporzionale è effettuata con riguardo alle quote di patrimonio netto attribuite alle società beneficiarie.

7. Se gli effetti della scissione sono fatti retroagire a norma del comma 11, per i beni di cui agli articoli 59 e 61 le disposizioni del precedente comma 4 trovano applicazione sommando proporzionalmente le voci individuate per periodo di formazione in capo alla società scissa all'inizio del periodo d'imposta alle corrispondenti voci, ove esistano, all'inizio del periodo medesimo presso le società beneficiarie.

8. In caso di scissione parziale e in caso di scissione non retroattiva in società preesistente i costi fiscalmente riconosciuti si assumono nella misura risultante alla data in cui ha effetto la scissione. In particolare:

a) i beni di cui al precedente comma ricevuti da ciascuna beneficiaria si presumono, in proporzione alle quantità rispettivamente ricevute, provenienti proporzionalmente dalle voci delle esistenze iniziali, distinte per esercizio di formazione, della società scissa e dalla eventuale eccedenza formatasi nel periodo d'imposta fino alla data in cui ha effetto la scissione;

b) le quote di ammortamento dei beni materiali e immateriali nonché le spese di cui all'art. 67, comma 7, relative ai beni trasferiti vanno ragguagliate alla durata dell'utilizzo dei beni medesimi da parte della società scissa e delle società beneficiarie; detto criterio è altresì applicabile alle spese relative a più esercizi e agli accantonamenti.

9. I fondi in sospensione d'imposta iscritti nell'ultimo bilancio della società scissa debbono essere ricostituiti dalle beneficiarie secondo le quote proporzionali indicate al comma 4. In caso di scissione parziale, i fondi della società scissa si riducono in corrispondenza. Se la sospensione d'imposta dipende da eventi che riguardano specifici elementi patrimoniali della società scissa, i fondi debbono essere ricostituiti dalle beneficiarie che acquisiscono tali elementi. Nei riguardi della beneficiaria che abbia omesso la ricostituzione si applicano, per le rispettive quote, le disposizioni dettate per le fusioni dal comma 4 dell'art. 123 per la società incorporante o risultante dalla fusione.

10. Le perdite fiscali della società scissa sono attribuite a norma del comma 4, alle condizioni e con i limiti stabiliti dalle disposizioni del comma 5 dell'art. 123, riferendosi alla società scissa le disposizioni riguardanti le società fuse o incorporate e alle beneficiarie quelle riguardanti la società risultante dalla fusione o incorporante ed avendo riguardo all'ammontare del patrimonio netto quale risulta dall'ultimo bilancio o, se inferiore, dal progetto di scissione di cui all'art. 2504-octies ovvero dalla situazione patrimoniale di cui all'art. 2504-novies.

11. Ai fini delle imposte sui redditi, la decorrenza degli effetti della scissione è regolata secondo le disposizioni del comma 1 dell'art. 2504-decies del codice civile, ma la retrodatazione degli effetti, ai sensi dell'art. 2501-bis, numeri 5) e 6), dello stesso codice, opera limitatamente ai casi di scissione totale ed a condizione che vi sia coincidenza tra la chiusura dell'ultimo periodo di imposta della società scissa e delle beneficiarie e per la fase posteriore a tale periodo.

12. Gli obblighi tributari della società scissa riferibili a periodi di imposta anteriori alla data dalla quale l'operazione ha effetto sono adempiuti in caso di scissione parziale dalla stessa società scissa o trasferiti, in caso di scissione totale, alla società beneficiaria appositamente designata nell'atto di scissione.

13. I controlli, gli accertamenti e ogni altro procedimento relativo ai suddetti obblighi sono svolti nei confronti della società scissa o, nel caso di scissione totale, di quella appositamente designata, ferma restando la competenza dell'ufficio delle imposte dirette della società scissa. Se la designazione è omessa, si considera designata la beneficiaria nominata per prima nell'atto di scissione. Le altre società beneficiarie sono responsabili in solido per le imposte, le sanzioni pecuniarie, gli interessi e ogni altro debito e anche nei loro confronti possono essere adottati i provvedimenti cautelari previsti dalla legge. Le società coobbligate hanno facoltà di partecipare ai suddetti procedimenti e di prendere cognizione dei relativi atti, senza oneri di avvisi o di altri adempimenti per l'Amministrazione.

14. Ai fini dei suddetti procedimenti la società scissa o quella designata debbono indicare, a richiesta degli organi dell'Amministrazione finanziaria, i soggetti e i luoghi presso i quali sono conservate, qualora non le conservi presso la propria sede legale, le scritture contabili e la documentazione amministrativa e contabile relative alla gestione della società scissa, con riferimento a ciascuna delle parti del suo patrimonio trasferite o rimaste. In caso di conservazione presso terzi estranei alla operazione deve essere inoltre esibita l'attestazione di cui al comma 10 dell'art. 52 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633. Se la società scissa o quella designata non adempiono a tali obblighi o soggetti da essa indicati si oppongono all'accesso o non esibiscono in tutto o in parte quanto ad essi richiesto, si applicano le disposizioni del comma 5 del suddetto articolo.

15. Nei confronti della società soggetta all'IRPEG beneficiaria della scissione di una società non soggetta a tale imposta e nei confronti della società del secondo tipo beneficiaria della scissione di una società del primo tipo si applicano anche, in quanto possibile, rispettivamente i commi 3 e 4 dell'art. 122, considerando a tal fine la società scissa come trasformata per la quota di patrimonio netto trasferita alla beneficiaria.

16. Le disposizioni dell'art. 10 della legge 29 dicembre 1990, n. 408, sono da interpretare nel senso che si applicano anche alle operazioni di scissione, disconoscendosi in ogni caso i vantaggi tributari nell'ipotesi di scissioni non aventi per oggetto aziende o complessi aziendali, anche sotto forma di partecipazioni, ovvero in quelle di assegnazione ai partecipanti di ciascuno dei soggetti beneficiari di azioni o quote in misura non  proporzionale alle rispettive partecipazioni nella società scissa (2).

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(1) Articolo aggiunto dall'art. 1, D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 543.

(2) Comma abrogato dall'art. 9, comma 6 del D.Lgs. 8 ottobre 1997, n. 358, con decorrenza dall'11 novembre 1997.

 

Art. 124 (1)

Liquidazione ordinaria

 

1. In caso di liquidazione dell'impresa o della società il reddito d'impresa relativo al periodo compreso tra l'inizio dell'esercizio e l'inizio della liquidazione è determinato in base ad apposito conto dei profitti e delle perdite, ovvero a norma dell'art. 79 o dell'art. 80 se ne ricorrono i presupposti; il conto dei profitti e delle perdite deve essere redatto, per le società, in conformità alle risultanze del conto della gestione prescritto dall'art. 2277 del Codice civile. Per le imprese individuali la data di inizio della liquidazione, ai fini delle imposte sui redditi, è quella in cui ne viene data comunicazione all'Ufficio delle imposte mediante raccomandata con avviso di ricevimento.

2. Per le imprese individuali e per le società in nome collettivo e in accomandita semplice il reddito d'impresa relativo al periodo compreso tra l'inizio e la chiusura della liquidazione è determinato in base al bilancio finale, che deve essere redatto anche nei casi di cui agli artt. 79 e 80. Se la liquidazione si protrae oltre l'esercizio in cui ha avuto inizio, il reddito relativo alla residua frazione di tale esercizio e a ciascun successivo esercizio intermedio è determinato in via provvisoria in base al rispettivo bilancio, ovvero a norma dell'art. 79 o dell'art. 80 se ne ricorrono i presupposti, salvo conguaglio in base al bilancio finale. Se la liquidazione si protrae per più di tre esercizi, compreso quello in cui ha avuto inizio, nonché in caso di omessa presentazione del bilancio finale, i redditi così determinati, ancorché già tassati separatamente a norma degli artt. 16 e 18, si considerano definitivi e ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche concorrono a formare il reddito complessivo dell'imprenditore, dei familiari partecipanti all'impresa o dei soci per i periodi d'imposta di competenza. Se la liquidazione si chiude in perdita si applicano le disposizioni dell'art. 8.

3. Per le società soggette all'imposta sul reddito delle persone giuridiche il reddito relativo al periodo compreso tra l'inizio e la chiusura della liquidazione è determinato in base al bilancio finale. Se la liquidazione si protrae oltre l'esercizio in cui ha avuto inizio il reddito relativo alla residua frazione di tale esercizio e a ciascun successivo esercizio intermedio è determinato in via provvisoria in base al rispettivo bilancio, salvo conguaglio in base al bilancio finale; le perdite di esercizio anteriori all'inizio della liquidazione non compensate nel corso di questa ai sensi dell'art. 102 sono ammesse in diminuzione in sede di conguaglio. Se la liquidazione si protrae per più di cinque esercizi, compreso quello in cui ha avuto inizio, nonché in caso di omessa presentazione del bilancio finale, i redditi determinati in via provvisoria si considerano definitivi e ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche i redditi compresi nelle somme percepite o nei beni ricevuti dai soci, ancorché già tassati separatamente a norma degli artt. 16 e 18, concorrono a formarne il reddito complessivo per i periodi di imposta di competenza.

4. Per i redditi degli immobili di cui all'art. 57, primo 1 compresi nella liquidazione l'imposta locale sui redditi si applica in ogni caso a titolo definitivo anche per la frazione di esercizio e per gli esercizi intermedi di cui ai commi 2 e 3 (2).

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(1) Per le norme di attuazione relative a questo articolo, si rimanda agli artt. 17 e 30, D.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42.

(2) Comma così modificato dall'art. 1, D.P.R. n. 42/88, con effetto 1.1.1988.

 

Art. 125 (1)

Fallimento e liquidazione coatta

 

1. Nei casi di fallimento e di liquidazione coatta amministrativa il reddito d'impresa relativo al periodo compreso tra l'inizio dell'esercizio e la dichiarazione di fallimento o il provvedimento che ordina la liquidazione è determinato in base al bilancio redatto dal curatore o dal commissario liquidatore. Per le imprese individuali e per le società in nome collettivo e in accomandita semplice il detto reddito concorre a formare il reddito complessivo dell'imprenditore, dei familiari partecipanti all'impresa o dei soci relativo al periodo di imposta in corso alla data della dichiarazione di fallimento o del provvedimento che ordina la liquidazione.

2. Il reddito d'impresa relativo al periodo compreso tra l'inizio e la chiusura del procedimento concorsuale, quale che sia la durata di questo ed anche se vi è stato esercizio provvisorio, è costituito dalla differenza tra il residuo attivo e il patrimonio netto dell'impresa o della società all'inizio del procedimento, determinato in base ai valori fiscalmente riconosciuti.

3. Per le imprese individuali e per le società in nome collettivo e in accomandita semplice la differenza di cui al comma 2 è diminuita dei corrispettivi delle cessioni di beni personali dell'imprenditore o dei soci compresi nel fallimento o nella liquidazione ed è aumentata dei debiti personali dell'imprenditore o dei soci pagati dal curatore o dal commissario liquidatore. Ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche il reddito che ne risulta, al netto dell'imposta locale sui redditi, è imputato all'imprenditore, ai familiari partecipanti all'impresa o ai soci nel periodo d'imposta in cui si è chiuso il procedimento; se questo si chiude in perdita si applicano le disposizioni dell'art. 8. Per i redditi relativi ai beni e diritti non compresi nel fallimento o nella liquidazione a norma dell'art. 46 del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, restano fermi, in ciascun periodo d'imposta, gli obblighi tributari dell'imprenditore o dei soci.

4. L'imposta locale sui redditi afferente il reddito d'impresa relativo al periodo di durata del procedimento è commisurata alla differenza di cui ai commi secondo e terzo ed è prelevata sulla stessa. Per i redditi di ciascuno degli immobili di cui all'art. 57, comma 1 e di quelli personali dell'imprenditore o dei soci compresi nel fallimento o nella liquidazione l'imposta è dovuta per ciascun anno di possesso rientrante nel periodo di durata del procedimento ed è prelevata, nel complessivo ammontare, sul prezzo ricavato dalla vendita (2).

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(1) Per le norme di attuazione relative al presente articolo, si rimanda agli artt. 18 e 31, D.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42.

(2) Comma così modificato dall'art. 1, D.P.R. n. 42/1988, con effetto 1.1.1988.

 

Art. 126

Applicazione analogica

 

1. Le disposizioni degli artt. da 122 a 125 valgono, in quanto applicabili, anche nei casi di trasformazione, fusione, liquidazione e fallimento di enti diversi dalle società.

 

Art. 127

Divieto della doppia imposizione

 

1. La stessa imposta non può essere applicata più volte in dipendenza dello stesso presupposto, neppure nei confronti di soggetti diversi.

 

Art. 127-bis (1)

Disposizioni in materia di imprese estere partecipate

 

1. Se un soggetto residente in Italia detiene, direttamente o indirettamente, anche tramite società fiduciarie o per interposta persona, il controllo di una impresa, di una società o di altro ente, residente o localizzato in Stati o territori con regime fiscale privilegiato, i redditi conseguiti dal soggetto estero partecipato sono imputati, a decorrere dalla chiusura dell’esercizio o periodo di gestione del soggetto estero partecipato, ai soggetti residenti in proporzione alle partecipazioni da essi detenute. Tali disposizioni si applicano anche per le partecipazioni in soggetti non residenti relativamente ai redditi derivanti da loro stabili organizzazioni assoggettati ai predetti regimi fiscali privilegiati.

2. Le disposizioni del comma 1 si applicano alle persone fisiche residenti e ai soggetti di cui agli articoli 5 e 87, comma 1, lettere a), b) e c).

3. Ai fini della determinazione del limite del controllo di cui al comma 1, si applica l’articolo 2359 del codice civile, in materia di società controllate e società collegate.

4. Si considerano privilegiati i regimi fiscali di Stati o territori individuati, con decreti del Ministro delle finanze da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, in ragione del livello di tassazione sensibilmente inferiore a quello applicato in Italia, della mancanza di un adeguato scambio di informazioni ovvero di altri criteri equivalenti.

5. Le disposizioni del comma 1 non si applicano se il soggetto residente dimostra che la società o altro ente non residente svolga un’effettiva attività industriale o commerciale, come sua principale attività, nello Stato o nel territorio nel quale ha sede; o dimostra altresì che dalle partecipazioni non consegue l’effetto di localizzare i redditi in Stati o territori in cui sono sottoposti a regimi fiscali privilegiati di cui al comma 4. Per i fini di cui al presente comma, il contribuente deve interpellare preventivamente l’amministrazione finanziaria, ai sensi dell’articolo 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212, recante lo statuto dei diritti del contribuente.

6. I redditi del soggetto non residente, imputati ai sensi del comma 1, sono assoggettati a tassazione separata con l’aliquota media applicata sul reddito complessivo del soggetto residente e, comunque, non inferiore al 27 per cento. I redditi sono determinati in base alle disposizioni del titolo I, capo VI, nonché degli articoli 96, 96-bis, 102, 103, 103-bis; non si applicano le disposizioni di cui agli articoli 54, comma 4, e 67, comma 3. Dall’imposta così determinata sono ammesse in detrazione, ai sensi dell’articolo 15, le imposte pagate all’estero a titolo definitivo.

7. Gli utili distribuiti, in qualsiasi forma, dai soggetti non residenti di cui al comma 1 non concorrono alla formazione del reddito dei soggetti residenti fino all’ammontare del reddito assoggettato a tassazione, ai sensi del medesimo comma 1, anche negli esercizi precedenti. Le imposte pagate all’estero, sugli utili che non concorrono alla formazione del reddito ai sensi del primo periodo del presente comma, sono ammesse in detrazione, ai sensi dell’articolo 15, fino a concorrenza delle imposte applicate ai sensi del comma 6, diminuite degli importi ammessi in detrazione per effetto del terzo periodo del predetto comma.

8. Con decreto del Ministro delle finanze, da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono stabilite le disposizioni attuative del presente articolo.

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(1) Articolo aggiunto dall'art. 1, comma 1, lett. a), L. 21 novembre 2000, n. 342. Le disposizioni contenute nel presente articolo si applicano ai redditi relativi al periodo d’imposta che inizia successivamente alla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dei decreti di cui al comma 4 (art. 1, comma 2, L. 21 novembre 2000, n. 342).

 

Art. 128

Accordi internazionali

 

1. Le disposizioni del presente Testo unico si applicano, se più favorevoli al contribuente, anche in deroga agli accordi internazionali contro la doppia imposizione.

 

Titolo V

DISPOSIZIONI VARIE, TRANSITORIE E FINALI

 

Art. 129

Terreni e fabbricati soggetti a regimi vincolistici

 

1. Per i terreni dati in affitto per uso agricolo, se per effetto di regimi legali di determinazione del canone questo risulta inferiore per oltre un quinto alla rendita catastale, il reddito dominicale è determinato in misura pari a quella del canone di affitto.

2. In deroga all'articolo 34, per i fabbricati dati in locazione in regime legale di determinazione del canone, il reddito imponibile è determinato in misura pari al canone di locazione ridotto del 15 per cento. Per i fabbricati siti nella città di Venezia centro e nelle isole della Giudecca, di Murano e di Burano, la riduzione è elevata al 25 per cento (1).

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(1) Comma così sostituito dall'art. 4, comma 1, lett. e), D.L. 31 maggio 1994, n. 330, conv. L. 27 luglio 1994, n. 473, con effetto 8.12.1993.

Per gli immobili di interesse storico o artistico vedasi l'art. 11, comma 2, L. 30 dicembre 1991, n. 413, e per le unità immobiliari non di lusso l'art. 1, comma 1, D.L. 23 gennaio 1993, n. 16, conv. L. 24 marzo 1993, n. 75.

 

Art. 130

Società civili

 

1. Ai fini delle imposte sui redditi le società civili esistenti alla data di entrata in vigore del Codice civile, di cui all'art. 204, commi primo e secondo, del regio decreto 30 marzo 1942, n. 318, sono equiparate alle società in nome collettivo o alle società semplici secondo che abbiano o non abbiano per oggetto l'esercizio di attività commerciali. Alle società civili costituite in forma di società per azioni, di cui al terzo comma del predetto art. 204, si applicano le disposizioni del presente Testo unico relative a questo tipo di società.

 

Art. 131 (1)

Eredità giacente

 

1. Se la giacenza dell'eredità si protrae oltre il periodo di imposta nel corso del quale si è aperta la successione, il reddito dei cespiti ereditari è determinato in via provvisoria secondo le disposizioni del titolo I, se il chiamato all'eredità è persona fisica o non è noto, e secondo quelle del capo III del titolo II, se il chiamato è soggetto all'imposta sul reddito delle persone giuridiche. Dopo l'accettazione dell'eredità il reddito di tali cespiti concorre a formare il reddito complessivo dell'erede per ciascun periodo di imposta, compreso quello in cui si è aperta la successione, e si procede alla liquidazione definitiva delle relative imposte. I redditi di cui al terzo comma dell'art. 7, se il chiamato all'eredità è persona fisica o non è noto, sono in via provvisoria tassati separatamente con l'aliquota stabilita dall'art. 11 per il primo scaglione di reddito, salvo conguaglio dopo l'accettazione dell'eredità (2).

2. Le disposizioni del primo comma si applicano anche nei casi di delazione dell'eredità sotto condizione sospensiva o in favore di un nascituro non ancora concepito.

3. Nelle ipotesi previste nel primo e secondo comma l'imposta locale sui redditi è applicata in via definitiva in ciascun periodo di imposta.

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(1) Per le disposizioni di attuazione relative al presente articolo, si veda l'art. 19, D.P.R. n. 42/88.

(2) Comma così modificato dall'art. 1, D.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42, con effetto 1.1.1988.

 

Art. 132 (1)

Campione d'Italia

 

1. Ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, i redditi delle persone fisiche iscritte nei registri anagrafici del comune di Campione d’Italia prodotti in franchi svizzeri nel territorio dello stesso comune per un importo complessivo non superiore a 200.000 franchi sono computati in lire italiane, in deroga alle disposizioni dell’articolo 9, sulla base di un tasso di cambio stabilito di triennio in triennio dal Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, di concerto con il Ministro delle finanze, in misura pari al tasso ufficiale di cambio Italia-Svizzera registrato nel triennio precedente opportunamente adeguato in ragione della differenza tra i prezzi al consumo rilevati in Italia e in Svizzera nello stesso triennio (2).

2. I soggetti di cui al presente articolo assolvono il loro debito d’imposta in lire italiane (3).

3. Ai fini del presente articolo, si considerano iscritte nei registri anagrafici del comune di Campione d’Italia anche le persone fisiche aventi domicilio fiscale nel medesimo comune le quali, già residenti nel comune di Campione d’Italia, sono iscritte all’anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) dello stesso comune e residenti nel Canton Ticino della Confederazione elvetica (4).

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(1) Al riguardo si rimanda ai DD.MM. 17 luglio 1989, 19 ottobre 1992 e 19 maggio 1995, per i tassi di cambio negli anni dal 1989 al 1997.

Le disposizioni recate dal presente articolo, relativo al comune di Campione d’Italia, devono intendersi applicabili anche nei confronti dei soggetti iscritti nell’anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) del comune di Campione d’Italia i quali, già iscritti nell’anagrafe della popolazione residente nel predetto comune, hanno nello stesso il domicilio fiscale (art. 40, comma 1, L. 21 novembre 2000, n. 342).

(2) Comma così sostituito dall'art. 40, comma 2, lett. a), L. 21 novembre 2000, n. 342, a decorrere dal 1º gennaio 2001.

(3) Comma così sostituito dall'art. 40, comma 2, lett. b), L. 21 novembre 2000, n. 342, a decorrere dal 1º gennaio 2001.

(4) Comma così sostituito dall'art. 40, comma 2, lett. c), L. 21 novembre 2000, n. 342, a decorrere dal 1º gennaio 2000.

 

Art. 133

Riferimenti legislativi ad imposte abolite

 

1. Il riferimento contenuto nelle norme vigenti a redditi, o a determinati ammontari di reddito, assoggettati ad imposte abolite dal 1° gennaio 1974 va inteso come fatto agli stessi redditi nell'ammontare netto determinato ai fini delle singole categorie di reddito previste dall'imposta sul reddito delle persone fisiche.

2. Se il riferimento è fatto alla non assoggettabilità all'imposta complementare progressiva sul reddito complessivo, la condizione si considera soddisfatta quando il reddito complessivo netto determinato ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, aumentato dei redditi esenti da tale imposta, diversi da quelli indicati nei primi tre commi dell'art. 34 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, o assoggettati a ritenuta a titolo di imposta, non supera lire 960 mila. Quando alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi di lavoro dipendente di cui agli artt. 46 e 47, lettere a) e b), il predetto ammontare viene elevato di lire 360 mila per ogni reddito di lavoro dipendente considerato.

3. Se il riferimento è fatto ad un reddito complessivo netto agli effetti dell'imposta complementare progressiva sul reddito complessivo non superiore ad un determinato ammontare indicato nella legge, la condizione si considera soddisfatta quando il reddito complessivo netto determinato ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, aumentato dei redditi esenti da tale imposta, diversi da quelli indicati nei primi tre commi dell'art. 34 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, o assoggettati a ritenuta a titolo di imposta, non supera l'ammontare indicato nella legge stessa, aumentato come previsto nel secondo comma quando alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi di lavoro dipendente.

4. Se il riferimento è fatto ad un ammontare dell'imponibile dell'imposta complementare progressiva sul reddito complessivo iscritto a ruolo, la condizione si considera soddisfatta se il reddito complessivo, determinato ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, aumentato dei redditi esenti da tale imposta, diversi da quelli indicati nei primi tre commi dell'art. 34 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, o assoggettati a ritenuta a titolo di imposta, non supera la somma indicata dalla legge, aumentata di lire 240 mila per il contribuente, di lire 100 mila per ciascun componente la famiglia che risulti a carico del contribuente al 31 dicembre dell'anno per il quale l'imposta è dovuta e di lire 360 mila per ogni reddito di lavoro dipendente.

5. Se il riferimento è fatto alla quota esente dall'imposta complementare progressiva sul reddito o ad un suo multiplo, tale ammontare è determinato in lire 240 mila o nel rispettivo multiplo.

6. Se il riferimento è fatto ad una quota o ad un determinato ammontare del reddito imponibile di una o più categorie dell'imposta di ricchezza mobile, il riferimento stesso va fatto per le categorie B e C/1 ai redditi netti di lavoro autonomo e d'impresa determinati ai sensi del titolo I, capi V e VI, diminuiti di lire 360 mila, e per la categoria C/2 ai redditi di lavoro dipendente ed assimilati determinati ai sensi dello stesso titolo I, capo IV, diminuiti di lire 840 mila. Nelle ipotesi di cui all'art. 5 il riferimento va fatto alla quota del reddito d'impresa o di lavoro autonomo della società o associazione, diminuito di lire 360 mila, imputabile all'interessato.

7. Se il riferimento è fatto alla non iscrizione nei ruoli dell'imposta sui redditi di ricchezza mobile, la condizione si intende soddisfatta se il contribuente non possiede redditi di impresa o redditi di lavoro autonomo di ammontare superiore a lire 360 mila ovvero redditi derivanti da capitali dati a mutuo o redditi diversi.

8. Se i benefici conseguiti consistono in somme che concorrono alla formazione del reddito complessivo ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche di esse somme non si tiene conto agli effetti della verifica dei limiti stabiliti dalle singole leggi per la concessione dei benefici medesimi.

9. Nelle domande agli Uffici delle imposte volte ad ottenere i certificati da cui risultino le condizioni previste nel presente articolo, il richiedente deve dichiarare se ed in quale misura possiede redditi assoggettati a ritenuta a titolo di imposta e redditi esenti dall'imposta sul reddito delle persone fisiche, diversi da quelli indicati nei primi tre commi dell'art. 34 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601.

10. Gli Uffici delle imposte rilasciano i certificati di cui al comma 9 anche in base a dichiarazione attestante i fatti oggetto della certificazione, resa dall'interessato ad un funzionario dell'Ufficio competente. Alla dichiarazione si applicano le disposizioni della legge 4 gennaio 1968, n. 15. Per il rilascio dei certificati sono in ogni caso dovuti i diritti previsti nei numeri 1) e 4) della tabella allegato A al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 648.

11. Le disposizioni di cui al decimo comma si applicano altresì per il rilascio di certificati concernenti la presentazione della dichiarazione dei redditi e la situazione reddituale da essa risultante.

 

Art. 134

Redditi dei fabbricati

 

1. Per i periodi d'imposta anteriori a quello in cui avranno effetto le modificazioni derivanti dalla prima revisione effettuata ai sensi del comma 2 dell'art. 34 le rendite catastali dei fabbricati saranno aggiornate mediante l'applicazione di coefficienti stabiliti annualmente, per singole categorie di unità immobiliari urbane, con decreto del Ministro delle finanze su conforme parere della Commissione censuaria centrale (1).

2. Fino al termine di cui al primo comma, qualora il canone risultante dal contratto di locazione ridotto di un quarto sia superiore alla rendita catastale aggiornata per oltre un quinto di questa, il reddito è determinato in misura pari a quella del canone di locazione ridotto di un quarto. Per i fabbricati siti nella città di Venezia centro e nelle isole della Giudecca, di Murano e di Burano la disposizione si applica con riferimento al canone di locazione ridotto di due quinti anziché di un quarto; per i fabbricati strumentali non suscettibili di diversa destinazione senza radicali trasformazioni, la presente disposizione si applica con riferimento al canone di locazione ridotto di un terzo, salvo il disposto del secondo comma dell'art. 40. Fino al termine medesimo le disposizioni del secondo comma dell'art. 129 si applicano con riferimento alla rendita catastale aggiornata.

3. L'aggiornamento delle rendite catastali degli immobili riconosciuti di interesse storico o artistico, ai sensi della legge 1° giugno 1939, n. 1089, e successive modificazioni e integrazioni, è effettuato mediante l'applicazione del minore tra i coefficienti previsti per i fabbricati. Qualora i predetti immobili risultino allibrati al catasto terreni, la relativa rendita catastale è ridotta a metà ai fini dell'applicazione delle imposte sui redditi. Il mutamento di destinazione degli immobili medesimi senza la preventiva autorizzazione dell'Amministrazione per i beni culturali e ambientali e il mancato assolvimento degli obblighi di legge per consentire l'esercizio del diritto di prelazione dello Stato sugli immobili vincolati determinano la decadenza dall'agevolazione tributaria, ferma restando ogni altra sanzione. L'Amministrazione per i beni culturali e ambientali ne dà al competente Ufficio delle imposte immediata comunicazione, dal ricevimento della quale inizia a decorrere il termine per la rettifica della dichiarazione dei redditi.

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(1) Al riguardo si rimanda:

- al D.M. 27 settembre 1991, per la determinazione delle tariffe d'estimo dei fabbricati per l'intero territorio nazionale;

- al D.M. 20 gennaio 1990, per la revisione generale del catasto edilizio urbano;

- all’art. 4, comma 4, L. 29 dicembre 1990, n. 405, per gli effetti della revisione disposta con D.M. 20 gennaio 1990;

- al D.M. 18 marzo 1991, per la revisione della qualificazione, della classificazione e del classamento delle unità immobiliari urbane;

- all’art. 2, comma 1, D.L. 23 gennaio 1993, n. 16, conv. L. 24 marzo 1993, n. 75, per l'applicazione delle tariffe d'estimo fino al 31 dicembre 1993.

 

Art. 135

Disposizioni in materia di agevolazioni tributarie

 

1. Restano ferme, oltre alle agevolazioni tributarie previste dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, e successive modificazioni, e da leggi speciali le agevolazioni disposte a favore di consorzi e di cooperative dal terzo comma dell'art. 20 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 598, e successive modificazioni.

 

Art. 136

Entrata in vigore

 

1. Il presente Testo unico entra in vigore il 1° gennaio 1988 con effetto per i periodi di imposta che hanno inizio dopo il 31 dicembre 1987.

 

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(*) Provvedimento pubblicato nella G.U. 31 dicembre 1986, n. 302.