Consiglio di Stato sentenza 1743 del 2006
REPUBBLICA ITALIANA N.1743/06 REG.DEC.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO N. 7939 REG.RIC.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione ANNO 2004
ha pronunciato la seguente
decisione
sul ricorso in appello n. 7939 del 2004 proposto dal COMUNE DI ..., costituitosi in persona del Sindaco l.r. p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti Francesca Attinà ed Aldo Aloi, elettivamente domiciliato in Roma, via del Viminale, n. 43, presso lo studio dell'avv. Pasquale Mosca;
contro
la COOPERATIVA SOCIALE fxx A R.L., costituitasi in persona del Presidente l.r. p.t., dott. Antonio Fino, rappresentata e difesa dagli avv.ti Francesco Filicetti e Giovanni Spataro, elettivamente domiciliata in Roma, via Principe Amedeo, n. 126, presso lo studio dell'avv. Serafino Conforti;
e nei confronti
della COOPERATIVA SOCIALE Sxx A R.L., quale capogruppo mandataria dell'A.t.i. FRAMUNDO,
non costituitesi in giudizio;
per la riforma
della sentenza n. 1422 del 7.5.-11.6.2004/15.6.2004, pronunciata dal Tribunale amministrativo regionale della Calabria, sede di Catanzaro;
visto il ricorso con i relativi allegati;
visto l'atto di costituzione in giudizio della Cooperativa sociale "fxx" a r.l.;
viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
visti gli atti tutti della causa;
designato relatore il consigliere Gabriele Carlotti;
uditi alla pubblica udienza del 29.11.2005 l'avv. Mastrangelo, su delega dell'avv. Spataro, per la Cooperativa appellata;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO E DIRITTO
1. Viene in decisione l'appello interposto dal Comune di ... contro la sentenza, specificata in epigrafe, con cui il T.a.r. della Calabria, sedente in Catanzaro, accolse il ricorso promosso dalla Cooperativa sociale "fxx" a r.l. (nel prosieguo, per brevità, solamente "Cooperativa fxx"), annullando, per l'effetto, gli atti con esso avversati e, segnatamente:
- i verbali della Commissione di gara, n. 1 del 3.7.2003, n. 2 del 4.7.2003, n. 3 del 7.7.2003, n. 4 dell'8.7.2003, nelle parti relative a) all'esclusione della società, odierna appellata, dalla gara avente ad oggetto l'affidamento della gestione del Castello Ducale di ... e b) all'aggiudicazione provvisoria disposta in favore della a.t.i. Framundo;
- la deliberazione della Giunta comunale di Corigliano n. 305 del 15.7.2003, avente ad oggetto l'aggiudicazione definitiva della gara predetta;
- la determinazione del Responsabile del settore n. 9 Didattico – Culturale del medesimo Comune, n. 321 del 3.12.2003, confermativa della suddetta delibera giuntale.
Nel grado di giudizio così instaurato si è costituita la Cooperativa fxx, contestando tutte le difese avversarie e concludendo per l'integrale conferma della sentenza impugnata, previa reiezione del gravame.
All'udienza del 29.11.2005, esaurita la discussione, il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
2. Per una migliore comprensione della vicenda dalla quale ha tratto origine la presente controversia, giova premettere alcuni cenni in punto di fatto.
La Cooperativa fxx impugnò i surrichiamati verbali della procedura indetta dal Comune di ... (ed espletata nelle forme della trattativa privata) con deliberazione di Giunta comunale n. 228/2003, per l'affidamento, con carattere sperimentale, della gestione, per un solo anno, del Castello Ducale e del relativo allestimento museale, nonché di tutte le pertinenze.
In dettaglio, l'impugnativa fu diretta sia contro l'esclusione della società predetta dalla procedura selettiva, sia nei confronti della provvisoria aggiudicazione disposta in favore dell'impresa controinteressata.
Vennero altresì gravate: a) la successiva deliberazione della Giunta comunale n. 305 del 15.7.2003, recante l'aggiudicazione definitiva e b), con motivi aggiunti, la determinazione del Responsabile del settore n. 9, confermativa della deliberazione testé menzionata.
Il T.a.r., dopo aver respinto le eccezioni pregiudiziali d'irricevibilità, accolse nel merito il ricorso introduttivo, con riferimento al primo ordine di censure.
Osservò, difatti, il primo giudice che la commissione giudicatrice aveva deciso l'esclusione dalla procedura della società ricorrente sulla base della ritenuta inidoneità del piano finanziario da questa confezionato, relativamente alla voce "costo del lavoro", non essendo stato dichiaratamente rispettato l'art. 13 del disciplinare, nella parte in cui la normativa di gara imponeva la fornitura di dieci unità di personale nei giorni e per tutto l'orario di apertura al pubblico del Castello Ducale.
A tal riguardo, va detto che l'originaria ricorrente previde, in effetti, l'applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro (dei dipendenti delle aziende dei servizi pubblici, della cultura, del turismo, dello sport e del tempo libero) soltanto ad otto delle unità di personale complessivamente adibite al servizio bandito, mentre per le residue due unità indicò un inquadramento con contratto di prestazione professionale a progetto.
Il piano finanziario, così congegnato, secondo la commissione, si palesava incompatibile con l'art. 13 del disciplinare, giacché per il personale non inquadrato con rapporto di lavoro subordinato non sarebbe stato possibile garantire l'osservanza dell'obbligo di orario stabilito dalla medesima lex specialis, «anche in relazione alla possibile estensione dell'orario minimo di cui all'art. 14 del capitolato».
Il T.a.r. opinò tuttavia che la motivazione addotta dalla commissione di gara a sostegno dell'esclusione poggiasse sul travisamento della reale fisionomia giuridica assunta recentemente dai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (cc.dd. "co.co.co").
La commissione, in particolare, avrebbe erroneamente ravvisato un'inesistente incompatibilità tra il contratto per prestazione professionale a progetto, come disciplinato nell'art. 4, 1° comma, lett. c), della legge 14.2.2003, n. 30 (c.d. "legge Biagi"), e la previsione di un obbligo negoziale di osservare un orario di lavoro prestabilito.
Per contro, il Collegio calabrese ritenne che l'unica rilevante differenza tra le suddette collaborazioni coordinate e continuative, anche nella nuova configurazione risultante dall'art. 4 della legge n. 30/2003, e gli ordinari rapporti di lavoro dipendente concernesse unicamente la mancanza, nelle prime, del requisito della subordinazione, intesa come assoggettamento del lavoratore al potere gerarchico ed organizzativo del datore, e che, di converso, nessun rilievo distintivo potesse invece attribuirsi ad altri elementi, come la predeterminazione di un orario o l'inserimento del lavoratore nell'organizzazione produttiva datoriale.
Sulla scorta di tali rilievi il tribunale giudicò censurabile la motivazione del provvedimento di esclusione della società ricorrente dalla gara e, per l'effetto, accolse il ricorso, con assorbimento delle altre doglianze.
3. L'appello interposto dal Comune di ... s'impernia sulla critica al riferito impianto argomentativo sottostante la sentenza impugnata.
L'ente civico appellante ripropone le difese spiegate in prime cure, in particolare ribadendo l'argomento dell'assoluta incompatibilità tra i rapporti a progetto (in cui difetterebbe sempre il vincolo d'orario) e l'esigenza, fortemente avvertita dall'amministrazione comunale, di garantire la presenza continuativa del personale in questione per tutti i giorni e per tutto l'orario settimanale di apertura del Castello.
Secondo le tesi patrocinate dal Comune di ..., il contratto di collaborazione coordinata e continuativa risulterebbe essenzialmente connotato dall'elevata autonomia riconosciuta al collaboratore, anche per quanto concerne la gestione del tempo di lavoro, dovendo questi unicamente assicurare il conseguimento del "risultato" della locatio operarum e non anche l'osservanza di specifiche modalità temporali di svolgimento della prestazione negozialmente convenuta.
Di qui la conclusione della piena legittimità dell'esclusione disposta dalla commissione giudicatrice, stante l'inanità del piano finanziario presentato dalla Cooperativa fxx in relazione a quanto prescritto dagli artt. 13 e 14 della normativa di gara, non disponendo la società appellata di alcuno strumento giuridicamente vincolante per interferire sulle scelte dei due soggetti ad essa legati da un rapporto di "co.co.co".
A pretesa dimostrazione dell'erroneità delle considerazioni svolte dal primo decidente, il Comune di ... deduce inoltre che il contratto effettivamente stipulato dalla Cooperativa sociale con i due collaboratori sunnominati, non prevedeva in realtà alcuna predeterminazione dell'orario di lavoro e tanto meno contemplava la potestà datoriale di estendere, in caso di necessità, l'orario minimo di servizio, siccome prescritto dall'art. 14 del disciplinare.
4. Così ricostruiti termini essenziali delle questioni devolute alla cognizione del Collegio, emerge con evidenza l'infondatezza dell'appello. Ed invero, l'insistenza con la quale il Comune appellante torna a riproporre l'equazione concettuale stabilita tra l'"assenza del vincolo della subordinazione" e la pretesa "impossibilità di garantire il rispetto delle obbligazioni contrattuali connesse alla gestione", è indizio eloquente della carente comprensione dei profondi cambiamenti, recentemente intervenuti nell'ambito della c.d. "parasubordinazione" e dell'autoimprenditorialità, per effetto dell'entrata in vigore degli artt. 61-69 del D.Lgs. 10.9.2003, n. 276 (Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla L. 14 febbraio 2003, n. 30).
Le disposizioni richiamate disciplinano, infatti, un'innovativa tipologia contrattuale, denominata "lavoro a progetto", precipuamente finalizzata (insieme alle altre figure di "nuovi lavori", del pari regolate dal decreto) alla gestione flessibile delle risorse umane; nondimeno, la figura è stata introdotta anche allo scopo, nient'affatto secondario, di scongiurare il ripetersi, in futuro, dell'abusivo fenomeno dell'utilizzo improprio e talora fraudolento delle collaborazioni coordinate e continuative.
Nella fisionomia, ora positivamente tipizzata, del "lavoro a progetto", gli eventuali tratti della continuità e del coordinamento della prestazione lavorativa non si presentano più in rapporto di radicale antitesi e di irriducibile alterità rispetto al modello normativo, ancorché quest'ultimo rimanga indubbiamente all'interno dell'ampio alveo dell'autonomia organizzativa.
I peculiari connotati della nuova forma di rapporto di lavoro, destinata a sostituire i vecchi "co.co.co.", è stata ben messa in luce dalla circolare del Ministro del lavoro e delle politiche sociali n. 1 dell'8 gennaio 2004, avente ad oggetto la «Disciplina delle collaborazioni coordinate e continuative nella modalità c.d. a progetto. Decreto legislativo n. 276/03».
Nella circolare si chiarisce, tra l'altro, che, in forza della recente normativa, i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all'art. 409, n. 3, c.p.c. devono ora potersi ricondurre «a uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con la organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l'esecuzione della attività lavorativa» (così l'art. 61 del D.Lgs. n. 276/2003).
Non è stato dunque sostituito l'art. 409, n. 3, c.p.c., ma sono state piuttosto precisate le modalità di svolgimento della prestazione di lavoro del collaboratore, onde consentirne una più agevole qualificazione nel senso della autonomia o della subordinazione.
Non rientrano poi, per espressa previsione normativa, nel campo applicativo della nuova figura le prestazioni occasionali, intendendosi come tali i rapporti, intrattenuti con lo stesso committente, di durata complessivamente non superiore a trenta giorni nel corso dell'anno solare (salvo che il compenso percepito nell'arco del medesimo periodo, con il medesimo committente, sia superiore a 5.000 euro); tanto perché siffatte prestazioni, proprio in ragione della loro breve durata, sono state considerate incompatibili con lo svolgimento di un "progetto" o di un "programma o di una fase di esso" (alludendo il primo termine ad un tipo di attività cui è direttamente riconducibile un risultato finale, e la seconda locuzione alla differente situazione in cui l'obiettivo perseguito consista unicamente nella produzione di un risultato parziale, destinato ad essere integrato, in vista di uno scopo comune, con altre lavorazioni).
Tra i requisiti qualificanti del modello contrattuale approntato dal legislatore vi sono dunque il progetto, il programma di lavoro o la fase di esso, cosicché le coordinate destinate a delineare esattamente il perimetro esterno dell'autonomia del collaboratore andranno d'ora in poi ravvisate: a) nello svolgimento di un'attività lavorativa, contrattualmente definita e funzionalizzata alla realizzazione del progetto, del programma di lavoro o della fase di esso ("vincolo teleologico"); b) nella necessaria coordinazione tra il lavoratore "a progetto" con il committente ("nesso organizzativo"), e c) nell'irrilevanza del tempo impiegato per l'esecuzione della prestazione ("elemento negativo").
Quest'ultimo connotato, che ai fini del decidere merita il maggiore approfondimento, deve essere rettamente inteso: difatti il manifesto errore nel quale è incorso l'ente civico appellante risiede, ad avviso del Collegio, nell'indebita contaminazione tra i concetti di "assenza di orario di lavoro" e di "irrilevanza dell'orario di lavoro". Affermare che l'orario di lavoro è irrilevante (ovviamente non in senso assoluto, né in vista della determinazione della retribuzione in fine spettante) non significa affatto che alle parti di un "contratto a progetto" sia recisamente precluso di accordarsi su una prestabilita misura temporale della prestazione, ritenuta necessaria ai fini del conseguimento dello specifico obiettivo contrattualmente individuato; nondimeno siffatta eventuale predeterminazione resta comunque ai margini della configurazione negoziale ed, in questa accezione, appare "irrilevante", ovverosia non costituisce l'elemento caratterizzante il rapporto, il cui connotato essenziale è piuttosto rappresentato dallo scopo (progetto, programma o fase) da realizzare.
Occorre soffermarsi sullo spostamento prospettico della problematica qualificatoria.
Se infatti è il "risultato" che si pone al centro del tipo normativo, allora l'orario lavorativo va concepito in "funzione" di esso: pertanto, così come possono darsi casi in cui la previsione di una determinata disponibilità continuativa del lavoratore non sia realmente indispensabile per il conseguimento del fine concreto avuto di mira dalle parti (e da esse considerato come elemento tipizzante la concreta causa negoziale), altrettanto possono verificarsi situazioni in cui la costante presenza del lavoratore sul luogo dell'esecuzione del contratto, per un preciso lasso temporale giornaliero (o settimanale o mensile), rivesta invece un'importanza nodale nell'economia del rapporto (ed è l'ipotesi che ricorre nella fattispecie esaminata); tanto perché il coordinamento, sotto tale aspetto, dell'attività del collaboratore con l'organizzazione produttiva del datore può talora risultare un passaggio essenziale ed indefettibile per l'utile realizzazione del programma o del progetto.
Anche in questi frangenti non è tuttavia l'orario, eventualmente pattuito, che qualifica il rapporto; è, invece, l'obiettivo finale perseguito – la cui selezione compete esclusivamente al committente - che assume rilevanza giuridica, indipendentemente dal tempo impegnato.
Alla luce dei superiori rilievi sono evidenti le differenze con il lavoro subordinato, in cui l'orario delimita esclusivamente il periodo in cui il lavoratore è a disposizione del datore di lavoro per lo svolgimento delle mansioni contrattualmente stabilite.
Si comprende altresì perché solo il contratto di lavoro "a progetto", diversamente da quello subordinato, si risolva automaticamente al momento della realizzazione del programma di lavoro o della fase di esso.
Insomma, volendo ricorrere ad una formula icastica, mentre nel "lavoro autonomo" tradizionalmente inteso la libertà del lavoratore è piena e concerne anche la scelta dell'opus, così non avviene nel lavoro a progetto, in cui la definizione della dimensione finalistica verso la quale far convergere in modo coordinato ed organizzato le complessive energie lavorative aggregate pertiene unicamente alla parte committente.
5. Orbene, una volta calati i surriferiti principi al caso di specie, deve ritenersi che le due unità di personale, legate alla Cooperativa Fortuna da vincoli di lavoro a progetto, ben potessero destinarsi allo svolgimento di una fase del complessivo programma di gestione del Castello Ducale.
Sicuramente, inoltre, nei relativi contratti di assunzione poteva essere lecitamente dedotta l'obbligazione dell'osservanza di un determinato orario.
Dalle superiori considerazioni discende il giudizio d'infondatezza dell'impugnazione, stante la dimostrata incongruità degli argomenti che condussero all'esclusione dell'appellata dalla procedura di gara.
6. In conclusione, la sentenza gravata si presenta immune dai vizi denunciati e merita integrale conferma.
7. Sussistono giustificati motivi per compensare integralmente tra le parti le spese del grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando, respinge l'appello.
Compensa integralmente tra le parti le spese del grado di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella sede del Consiglio di Stato, nella camera di consiglio del 29.11.2005, con l'intervento dei magistrati:
Sergio Santoro - Presidente
Raffaele Carboni - Consigliere
Cesare Lamberti - Consigliere
Goffredo Zaccardi - Consigliere
Gabriele Carlotti - Consigliere estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
f.to Gabriele Carlotti f.to Sergio Santoro
IL SEGRETARIO
f.to Francesco Cutrupi
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 3 aprile 2006
(Art. 55. L. 27/4/1982, n. 186)
IL DIRIGENTE
f.to Antonio Natale