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LAVORATORI A DOMICILIO
CRITERI PER LA DISTINZIONE TRA
LAVORATORI AUTONOMI E SUBORDINATI



Con circolare n. 79 del 26 marzo 1997 l’INPS ha impartito istruzioni su un argomento che dà luogo frequentemente a contenzioso tra l’Istituto e le imprese interessate: lavoratori a domicilio i criteri per la distinzione tra lavoratori autonomi e subordinati.
L’INPS osserva, in via preliminare, che la linea distintiva tra le due fattispecie non è di agevole individuazione. Infatti, anche alcuni criteri stabiliti dalla Cassazione per quanto concerne la qualificazione del rapporto di lavoro a domicilio, possono essere indicativi, ma non sono sicuramente risolutivi della complessa problematica. (1)
In effetti, distinguere tra il lavoro autonomo e il lavoro a domicilio subordinato non è agevole per la presenza, nella medesima fattispecie, di connotati ed elementi comuni ad entrambi i contratti.
In proposito va tenuto, peraltro, presente che la stessa giurisprudenza della Corte di legittimità (13.3.1990 n. 2024 sez. lavoro) ha anche stabilito che " ai fini della qualificazione di un rapporto di lavoro come autonomo o subordinato, non si può prescindere dalla preventiva ricerca della volontà delle parti, sicché, quando le parti, nel regolare i loro reciproci interessi abbiano dichiarato di voler escludere l’elemento della subordinazione, non si può pervenire ad una diversa qualificazione del rapporto se non si dimostra che, in concreto, l’elemento in questione si sia di fatto realizzato nello svolgimento del rapporto medesimo.
Un tal modo di procedere assume poi una rilevanza particolare nei casi caratterizzati dalla presenza di elementi compatibili con l’uno o l’altro tipo di rapporto, nei quali le parti, che non possono non averli presi in considerazione, manifestano la volontà di instaurare uno piuttosto che un altro tipo di rapporto, in correlazione all’esigenza di realizzare una struttura organizzativa diversificata attraverso il supporto di lavoratori esterni autonomi ed un organico di lavoratori subordinati che sia funzionale all’esercizio dell’attività imprenditoriale secondo i canoni dell’economia".
In relazione a quanto precede ed ai contenuti di recenti sentenze, l’INPS, ritiene che si è in presenza di un rapporto di lavoro autonomo e non di un rapporto di lavoro a domicilio subordinato quando siano ravvisabili i seguenti concreti e concomitanti elementi:

A) la ditta che esegue i lavori è una ditta iscritta all’albo provinciale delle imprese artigiane;
B) la ditta fattura il lavoro svolto;
C) non sussistono di norma termini rigorosi per la consegna del prodotto;
D) il lavoro viene eseguito in locali propri e con macchinari di proprietà della ditta artigiana;
E) l’oggetto della prestazione è il risultato e non la estrinsecazione di energie lavorative;
F) esiste l’assunzione del rischio in proprio, intendendo per rischio quello di impresa, presente e incidente sulla quantità di guadagno in rapporto alla rapidità, alla precisione ed organizzazione del lavoro nella quale la ditta committente non ha alcun potere di interferire, essendo interessata solo al risultato della lavorazione.

In definitiva, conclude la circolare, per la qualificazione del rapporto, le sedi dell’Istituto dovranno attenersi alla circostanza dell’avvenuta iscrizione all’albo provinciale delle imprese artigiane, sollevando eccezioni nei casi in cui, valutata la non rispondenza ai criteri sopraindicati, ci si trovi in presenza di evidenti ed oggettive condizioni che determinino inequivocabilmente un giudizio di riconducibilità della fattispecie allo schema del lavoro a domicilio.
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(1)

Secondo la Corte di Cassazione, nello svolgimento del lavoro a domicilio si realizza una forma di decentramento produttivo, caratterizzato dal fatto che l’oggetto della prestazione del lavoratore viene in rilievo non come risultato, ma come energia lavorativa utilizzata in funzione complementare e sostitutiva del lavoro eseguito all’interno dell’azienda; quindi nel lavoro a domicilio il vincolo della subordinazione viene a configurarsi, essenzialmente, come inserimento dell’attività del prestatore nel ciclo produttivo aziendale, del quale la prestazione lavorativa da lui resa - pur se in ambienti esterni all’azienda, e pur se con mezzi ed attrezzature anche proprie del lavoratore, ed eventualmente anche con l’ausilio complementare dei suoi familiari (purché conviventi e a carico) - diviene elemento integrativo.