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Il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali

Circolare n. 9 del 18 marzo 2004

 

 

Oggetto: Il lavoro a tempo parziale

 

1. Il sostegno legislativo al lavoro a tempo parziale

 

Il decreto legislativo n. 276 del 10 settembre 2003 ha introdotto, con l'articolo 46 e in adempimento di quanto previsto all'articolo 3 della legge delega n. 30 del 2003, rilevanti modifiche alla disciplina del rapporto di lavoro a tempo parziale. Disciplina contenuta, come noto, nel decreto legislativo n. 61 del 2000, così come modificato dal  decreto legislativo n. 100 del 2001.

Come illustrato nella Relazione tecnica di accompagnamento al decreto n. 276 del 2003, le modifiche introdotte sono volte a favorire il ricorso a questa tipologia contrattuale, che in tutti i Paesi europei ha dimostrato di fornire occasione di lavoro di qualità rispetto a prestazioni flessibile o atipiche prive di tutele adeguate per i lavoratori, soprattutto per le fasce deboli altrimenti escluse dal mercato del lavoro (donne, giovani in cerca di prima occupazione e anziani). Tali modifiche sono attuate principalmente mediante una nuova regolamentazione degli strumenti di flessibilità del rapporto a tempo parziale, attraverso la valorizzazione del ruolo della autonomia collettiva e, in mancanza di questa, della autonomia individuale, fermo restando il rispetto di standard minimi di tutela del lavoratore secondo quanto previsto dalla direttiva 97/81/CE.

Per facilitare la lettura della nuova disciplina del lavoro a tempo parziale, si allega alla presente circolare il testo consolidato del decreto legislativo n. 61 del 2000, così come modificato dal decreto legislativo n. 100 del 2001 e ora dal decreto legislativo n. 276 del 2003.

Si ritiene, comunque, doveroso puntualizzare come il lavoro a tempo parziale largamente valorizzato dal legislatore comunitario, venga ancora utilizzato in Italia in misura ridotta rispetto agli altri paesi a causa di una regolamentazione eccessivamente rigida e formalistica che si è inteso superare con le nuove disposizioni contenute nel decreto legislativo 276. Pertanto, nel presupposto che la promozione del lavoro a tempo parziale passi necessariamente attraverso una notevole semplificazione normativa, la riforma Biagi agli incentivi normativi già previsti, ne aggiunge di nuovi -eliminando inutili appesantimenti burocratici e restituendo alla contrattazione collettiva e individuale piena operatività-  al fine di valorizzare pienamente tutte le potenzialità dell'istituto e consentire allo stesso di contemperare impegni lavorativi e responsabilità familiari oltre a rappresentare un canale di accesso al mercato del lavoro regolare.

 

2. Ambito di applicazione e modalità tipologiche

 

Le modifiche introdotte dal decreto legislativo n. 276 del 2003 non si applicano ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche per espressa previsione dell'articolo 3, comma 1, della legge n. 30 del 2003, nonché in base all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 276 del 2003. L'eventuale armonizzazione tra settore pubblico e settore privato, ipotizzata dall'articolo 86 dello stesso decreto legislativo n. 276 del 2003, è subordinata a un confronto tra Ministero della Funzione pubblica e organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche e impone un espresso intervento legislativo di modifica del quadro previgente. Le modifiche introdotte alla disciplina del decreto legislativo n. 61 del 2000 trovano dunque applicazione esclusivamente per il settore privato.

In base all'articolo 46, comma 1, lettera q), del decreto legislativo n. 276 del 2003, che ha abrogato l'articolo 7 del decreto legislativo n. 61 del 2000, la disciplina del rapporto di lavoro a tempo parziale è ora integralmente applicabile al settore agricolo.

Nel tentativo di estendere il più possibile il raggio di azione del nuovo lavoro a tempo parziale è possibile stipulare detto contratto anche con riferimento ad ogni ipotesi di contratto a termine. Sebbene il decreto non lo affermi espressamente, non si ravvisa, in linea di principio, neppure una incompatibilità tra il rapporto a tempo parziale e il contratto di apprendistato o di inserimento ove la peculiare articolazione dell'orario non sia di ostacolo al raggiungimento delle finalità – formative ovvero di adattamento delle competenze professionali – tipiche di questi contratti[1].

 

3. Definizioni

 

L'articolo 1 del decreto legislativo n. 61 del 2000, che contiene la definizione di lavoro a tempo parziale, è stato modificato[2] alla lettera a) del comma 2 per adeguare le disposizioni in materia di lavoro a tempo parziale a quelle recentemente dettate in materia di orario di lavoro con il decreto legislativo n. 66 del 2003. E' lavoro a tempo parziale il contratto con orario inferiore a quello normale, come definito dalle norme di legge e contratto collettivo. Più precisamente, il lavoro a tempo pieno è ora definito, attraverso il rinvio all'articolo 3, comma 1, del citato decreto legislativo n. 66 del 2003, come orario normale fissato in 40 ore settimanali ovvero il minor orario previsto dai contratti collettivi. Per quanto non esplicitamente richiamato deve intendersi come orario normale,

ai sensi del comma 2 del citato articolo 3 del decreto legislativo n. 66 del 2003, anche quello stabilito dai contratti collettivi con riferimento alla durata media delle prestazioni lavorative per un periodo non superiore all'anno. Per l'individuazione dell'orario normale giornaliero, ex articolo 1, comma 2, lettera c), la contrattazione collettiva ben potrà dettare, ai sensi dell'articolo articolo 1, comma 3, una definizione specifica di tale orario che, ovviamente, avrà valore ai soli fini del lavoro a tempo parziale di tipo orizzontale.

Rimangono, invece, invariate le altre definizioni contenute nel comma 2 del citato articolo 1 del decreto legislativo n. 61 del 2000.

I contratti collettivi nazionali e territoriali stipulati da organizzazioni  comparativamente più rappresentative, nonché i contratti collettivi aziendali, non più con la necessaria assistenza dei sindacati che hanno negoziato e sottoscritto il contratto nazionale applicato, possono stabilire le condizioni e le modalità della prestazione lavorativa nel rapporto di lavoro a tempo parziale. Permane la facoltà per i contratti collettivi nazionali di prevedere, per specifiche figure o livelli professionali, modalità particolari di attuazione della disciplina rimessa alla contrattazione collettiva [3].

Tale disposizione consente, quindi, una regolamentazione differenziata riguardo ai contenuti applicativi degli aspetti demandati alla contrattazione ad esempio con riferimento al lavoro supplementare, clausole flessibili ed elastiche e via dicendo.

 

4. Forma e contenuto.

Non è stata modificata la norma che disciplina la forma del contratto a tempo parziale. E' pertanto richiesta la forma scritta ai soli fini della prova. Il contratto di lavoro a tempo parziale deve indicare puntualmente la durata della prestazione e la collocazione oraria della stessa con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all'anno. Tale ultima prescrizione può essere derogata solo ove le parti introducano nel contratto una clausola di tipo flessibile o di tipo elastico, che sono ammissibili nei limiti previsti dalla legge (vedi infra). Come vedremo successivamente, la mancanza di tali indicazioni non comporta, così come stabilito già dalla disciplina previgente, la nullità del contratto [4].

L'articolo 85, comma 2, del decreto legislativo n. 276 del 2003 ha tuttavia abrogato l'obbligo, contenuto nell'articolo 2 del decreto legislativo n. 61 del 2000, di inviare alla Direzione provinciale del lavoro competente per territorio copia del contratto di lavoro a tempo parziale entro trenta giorni dalla sua stipulazione. Si ricorda, peraltro, l'obbligo generale di comunicare l'assunzione entro 5 giorni dalla stessa, previsto dall'articolo 9

bis, comma 2, del decreto legge n. 510 del 1996, convertito dalla legge n. 608 del 1996. Tale obbligo dovrà essere adempiuto contestualmente alla assunzione con l'entrata in vigore, subordinata all'emanazione del decreto interministeriale di cui all'articolo 4 bis, comma 7, del decreto legislativo n. 181 del 21 aprile 2000, della nuova formulazione dell'articolo 9 bis come modificato dall'articolo 6, comma 3 del decreto legislativo n. 297 del 2002[5].

 

5. Modalità del rapporto di lavoro a tempo parziale

 Lavoro supplementare

Il lavoro supplementare è definito, ex articolo 1, comma 2, lettera e), come il lavoro reso oltre l'orario concordato nel contratto individuale entro il limite del tempo pieno.

La nuova formulazione dell'articolo 3, comma 1, prevede espressamente che nel part-time di tipo orizzontale sia consentito il ricorso al lavoro supplementare e che il lavoro supplementare possa essere svolto in ogni ipotesi di contratto a tempo determinato.

Ciò non esclude che il lavoro supplementare possa ipotizzarsi anche nel lavoro a tempo parziale di tipo verticale o misto, tutte le volte che la prestazione pattuita ai sensi dell'articolo 2, comma 2, sia inferiore all'orario normale settimanale.

Nel lavoro a tempo parziale di tipo orizzontale, la regolamentazione del lavoro supplementare rimane affidata ai contratti collettivi stipulati dai soggetti individuati dall'articolo 1, comma 3, del decreto legislativo n. 61 del 2000, così come modificato dall'articolo 46, comma 1, lettera b). Rispetto alla precedente formulazione, è stato tuttavia eliminato il riferimento al contratto collettivo effettivamente applicato. Pertanto, può ritenersi che il datore di lavoro che applichi un contratto che non regolamenta il lavoro supplementare possa mutuare la regolamentazione contenuta in un contratto diverso da quello applicato.

Alla autonomia collettiva è conseguentemente rimessa l'individuazione del numero massimo di ore di lavoro supplementare effettuabili, le causali nonché le conseguenze del superamento dei limiti massimi consentiti[6]. La nuova formulazione non predetermina il periodo di riferimento entro cui detti limiti massimi devono essere stabiliti, e non vincola le parti del contratto collettivo ad individuare causali di tipo oggettivo di ricorso al lavoro supplementare, di modo che possono essere previste anche causali di tipo soggettivo.

In ipotesi di superamento dei limiti consentiti al lavoro supplementare il termine "conseguenze" deve essere interpretato nel senso che tali conseguenze non devono essere di natura necessariamente economica (per esempio riposi compensativi).

L'articolo 46, comma 1, lettera i), del decreto legislativo n. 276 del 2003 ha, inoltre, abolito il comma 6 dell'articolo 3 del decreto legislativo n. 61 del 2000; conseguentemente è stata abrogata la disciplina legale sussidiaria che prevedeva, in caso di superamento dei limiti consentiti e in assenza di specifica previsione del contratto collettivo, una maggiorazione del 50 per cento sulla retribuzione oraria globale di fatto, nonché la previsione legale che attribuiva alla contrattazione collettiva la facoltà di regolamentare il consolidamento dell'orario di lavoro svolto in via non meramente occasionale.

In presenza della regolamentazione collettiva non è necessario, in base alla esplicita previsione di legge, il consenso al lavoro supplementare da parte del lavoratore. L'eventuale rifiuto non può in ogni caso integrare un giustificato motivo di licenziamento.

Il venir meno del riferimento all'illecito disciplinare, contemplato dalla normativa previgente, deve essere interpretato nel senso che l'illegittimo rifiuto a rendere la prestazione supplementare può acquisire rilevanza disciplinare.

In mancanza di regolamentazione collettiva il lavoro supplementare è comunque ammesso su base volontaria, ma è venuto meno, in forza dell'articolo 46, comma 1, lettera e) del decreto legislativo n. 276 del 2003, il limite del 10 per cento rispetto all'orario concordato, previsto dalla originaria formulazione dell'articolo 3, comma 2 del decreto legislativo n. 61 del 2000. In assenza di regolamentazione collettiva, e previo accordo individuale, il lavoro supplementare è pertanto ammesso senza limiti, fermo restando quello del tempo pieno.

A fronte del principio di libertà della forma non è richiesto che il consenso, a differenza che per le ipotesi di lavoro flessibile ed elastico, sia prestato con una forma predeterminata. Pertanto, il consenso, oltre che essere manifestato per fatti concludenti, potrà essere anche preventivamente acquisito, ad esempio all'inizio del turno/settimana/mese.

La necessità del consenso, per contro, comporta che il rifiuto, in questa ipotesi, non può costituire né giustificato motivo oggettivo di licenziamento né un fatto disciplinarmente rilevante.

La disciplina legale non prevede una maggiorazione per il lavoro supplementare. I contratti collettivi hanno tuttavia facoltà di introdurre una maggiorazione per il lavoro supplementare sulla retribuzione oraria globale di fatto.

I contratti collettivi possono stabilire che l'incidenza sugli istituti retributivi indiretti e differiti della retribuzione per le ore supplementari, sia applicata attraverso una maggiorazione forfetaria della retribuzione oraria globale di fatto.

La nuova disciplina del lavoro supplementare è immediatamente applicabile. Riguardo alle discipline vigenti nei contratti collettivi, in considerazione della espressa abrogazione della disciplina transitoria introdotta dall'articolo 3, comma 15, del d.lgs. n. 61 del 2000, decadono tutte le clausole dei contratti collettivi (nazionali, territoriali o aziendali) vigenti alla entrata in vigore del d.lgs. n. 276 del 2003 incompatibili con la nuova disciplina di legge ovvero stipulate sul presupposto o, comunque, in applicazione della norma legale coeva. Verranno meno, di conseguenza, anche le clausole dei contratti individuali apposte in applicazione della disciplina collettiva oramai caducata.

Il lavoro straordinario

Nel lavoro a tempo parziale di tipo verticale o misto è ammesso il ricorso al lavoro straordinario [7

]. E' possibile il ricorso al lavoro straordinario anche nella ipotesi in cui il rapporto a tempo parziale sia stipulato a termine[8].

Il lavoro straordinario è disciplinato dalle regole vigenti, legali e contrattuali, per i lavoratori a tempo pieno. Sarà possibile il ricorso al lavoro straordinario solo ove il tempo pieno settimanale sia stato raggiunto. In caso contrario, la variazione in aumento dell'orario potrà essere gestita mediante il ricorso a clausole elastiche ovvero mediante il ricorso al lavoro supplementare.

Come per i lavoratori a tempo pieno non è previsto alcun obbligo di forma per la richiesta di effettuazione di lavoro straordinario.

 

Clausole flessibili

Nel contratto di lavoro a tempo parziale deve essere inserita una puntuale regolamentazione della collocazione oraria della prestazione con riferimento al giorno, alla settimana al mese o all'anno [9].

Il datore di lavoro non può modificare unilateralmente la collocazione della prestazione lavorativa rispetto a quella contrattualmente stabilita. Le parti del contratto individuale hanno la facoltà di stipulare un patto, in forma scritta, avente ad oggetto una clausola

 flessibile [10]. Il patto può essere stipulato anche quando il rapporto di lavoro a tempo parziale è stipulato a termine [11].

Il patto può essere stipulato contestualmente o successivamente all'assunzione [12]. Nella stipulazione di detto patto il lavoratore può chiedere di farsi assistere da un rappresentante sindacale in azienda da lui indicato [13].

La regolamentazione del lavoro flessibile è demandata all'autonomia collettiva che individua le condizioni e le modalità di esercizio del potere unilaterale del datore di lavoro di variare  la collocazione temporale della prestazione [14].

La disciplina legale prevede in favore del lavoratore un preavviso di due giorni lavorativi [15]. Le parti, anche del contratto individuale, possono stabilire una diversa misura del preavviso ma non eliminarlo completamente.

In caso di lavoro flessibile il lavoratore ha inoltre diritto a specifiche compensazioni. La determinazione della forma e della misura di tali compensazioni è rinviata alla autonomia collettiva tenuto conto che l'articolo 3, comma 1, lettera b), della legge delega n. 30 del 2003 prevede che sia comunque prevista una maggiorazione di carattere retributivo da riconoscere al lavoratore.

La nuova formulazione del testo di legge non ripropone il requisito del contratto effettivamente applicato. Anche, in questa ipotesi, pertanto, può ritenersi che il datore di lavoro che applichi un contratto che non regolamenta il lavoro flessibile possa mutuare la regolamentazione contenuta in un contratto diverso da quello applicato. In tal caso, occorre tuttavia che il contratto individuale di lavoro indichi espressamente quale sia il contratto collettivo cui si intende far riferimento. E ciò per l'evidente esigenza di rendere edotto il lavoratore della disciplina contrattuale cui  è assoggettato.

In mancanza di una regolamentazione per via collettiva le parti possono, comunque accordarsi per lo svolgimento di lavoro flessibile[16] ma devono regolamentarne condizioni e modalità, nonché stabilire le forme e la misura della compensazione.

Il rifiuto del prestatore di lavoro di stipulare la clausola flessibile non costituisce in ogni caso, e cioè anche indipendentemente dal fatto che esista o meno regolamentazione collettiva della materia, giustificato motivo di licenziamento [17].

L'articolo 46 del decreto legislativo n. 276/2003, modificando il testo previgente, ha abolito la regolamentazione legale del diritto di ripensamento con cui era possibile per il prestatore di lavoro recedere dal patto di flessibilità [18].

Infine, si sottolinea, che non integrano una ipotesi di clausola flessibile le previsioni dei contratti collettivi, stipulati dai soggetti individuati dall'art. 1, comma 3, del d.lgs. n. 61

del 2000 come modificato dall'art. 46, comma 1 d.lgs. n. 276 del 2003, che, nel determinare le modalità della prestazione lavorativa a tempo parziale, prevedano che la stessa  possa essere programmata con riferimento a turni articolati su fasce orarie prestabilite di modo che ove tale indicazione sia recepita nel contratto individuale (per relationem) deve essere considerato soddisfatto il requisito della puntuale indicazione della collocazione temporale della prestazione con  riferimento  al giorno, alla settimana, al mese e all'anno ([19]).

Clausole elastiche

L'articolo 46 del decreto legislativo n. 276 del 2003 ha introdotto, limitatamente al part-time verticale e misto, la facoltà per le parti del contratto di lavoro di stipulare una clausola elastica relativa cioè alla variazione in aumento della prestazione lavorativa. Tale clausola si differenzia dalla clausola flessibile perché non concerne dunque, semplicemente, la collocazione del monte ore concordato ma attiene invece alla possibilità – vietata dalla normativa previgente – di ampliare il numero di ore concordato.

La clausola elastica è regolamentata dalla medesima disciplina prevista per la clausola flessibile ma all'autonomia collettiva è demandata, oltre che la regolamentazione delle condizioni e modalità di esercizio del potere datoriale di variare in aumento la prestazione

lavorativa, anche l'individuazione dei limiti entro cui è legittimo il ricorso al lavoro elastico.

In assenza di regolamentazione collettiva tali limiti devono essere previsti dalle parti del contratto individuale che stipulino il patto avente ad oggetto la clausola elastica.

 La clausola elastica determina un incremento definitivo della quantità della prestazione, a differenza dello straordinario o del supplementare ove si verifica un aumento temporaneo della prestazione, riferito ad ogni singola giornata nella quale viene richiesta una prestazione aggiuntiva. Tale incremento può ovviamente essere delimitato nel tempo e potrebbe anche essere solo eventuale.

 

6. La trasformazione del rapporto.

Datore di lavoro e lavoratore possono accordarsi per trasformare il rapporto da tempo pieno a tempo parziale o viceversa. Il rifiuto da parte del lavoratore di trasformare il rapporto non integra in nessun caso un giustificato motivo di licenziamento [20

].

A tal riguardo è significativa la decisione della Suprema Corte n. 16699 del 26 novembre 2002, la quale stabilisce che "in materia di illeciti amministrativi, l'adozione del principio di legalità, di irretroattività e di divieto di applicazione dell'analogia, risultante dall'articolo 1 della L. n. 689/1981, comporta l'assoggettamento della condotta considerata alla legge del tempo del suo verificarsi, con conseguente inapplicabilità della disciplina posteriore più favorevole"; inoltre la medesima pronuncia chiarisce che la nuova disciplina non opera "limitatamente ai rapporti non esauriti, per essere ancora in corso i relativi procedimenti, né in relazione alle violazioni commesse precedentemente, ma per le quali l'ordinanza ingiunzione è stata emessa dopo l'entrata in vigore della legge, atteso che l'ordinanza ingiunzione non è esercizio di un potere e provvedimento amministrativo costitutivo, ma atto puramente esecutivo, preordinato soltanto alla riscossione di un credito già per effetto della violazione commessa".

 

 

 

 


 

 

 

Articolo 1 Definizioni.

3. I contratti collettivi nazionali stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi, i contratti collettivi territoriali stipulati dai medesimi sindacati ed i contratti collettivi aziendali stipulati dalle rappresentanze sindacali aziendali di cui all'articolo 19 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, ovvero con le rappresentanze sindacali unitarie, con l'assistenza dei sindacati che hanno negoziato e sottoscritto il contratto collettivo nazionale applicato, possono determinare condizioni e modalità della prestazione lavorativa del rapporto di lavoro di cui al comma 2; i contratti collettivi nazionali possono, altresì, prevedere per specifiche figure o livelli professionali modalità particolari di attuazione delle discipline rimesse alla contrattazione collettiva ai sensi del presente decreto.

Articolo 2

 Forma e contenuti del contratto di lavoro a tempo parziale.

 

Articolo 3

Modalità del rapporto di lavoro a tempo parziale. Lavoro supplementare, lavoro straordinario clausole elastiche.

4. I contratti collettivi di cui al comma 2 possono prevedere una percentuale di maggiorazione sull'importo della retribuzione oraria globale di fatto, dovuta in relazione al lavoro supplementare. In alternativa a quanto previsto in proposito dall'articolo 4, comma 2, lettera a), i contratti collettivi di cui al comma 2 possono anche stabilire che l'incidenza della retribuzione delle ore supplementari sugli istituti retributivi indiretti e differiti sia determinata convenzionalmente mediante l'applicazione di una maggiorazione forfettaria sulla retribuzione dovuta per la singola ora di lavoro supplementare. In attesa delle discipline contrattuali di cui al comma 2, le ore di lavoro supplementare nella misura massima del 10 per cento previste dall'ultimo periodo del medesimo comma 2, sono retribuite come ore ordinarie.

10. Durante il corso di svolgimento del rapporto di lavoro a tempo parziale il lavoratore potrà denunciare il patto di cui al comma 9, accompagnando alla denuncia l'indicazione di una delle seguenti documentate ragioni: a) esigenze di carattere familiare; b) esigenze di tutela della salute certificate dal competente Servizio sanitario pubblico; c) necessità di attendere ad altra attività lavorativa subordinata o autonoma. La denuncia, in forma scritta, relativamente alle causali di cui alle lettere a) e b) potrà essere effettuata quando siano decorsi almeno cinque mesi dalla data di stipulazione del patto e dovrà essere altresì accompagnata da un preavviso di un mese in favore del datore di lavoro. In ordine alla lettera c) i contratti collettivi di cui al comma 7 possono stabilire un periodo superiore ai cinque mesi, prevedendo la corresponsione di una indennità. I medesimi contratti collettivi determinano i criteri e le modalità per l'esercizio della possibilità di denuncia anche nel caso di esigenze di studio o di formazione e possono, altresì, individuare ulteriori ragioni obiettive in forza delle quali possa essere denunciato il patto di cui al comma 9. Il datore di lavoro ha facoltà di rinunciare al preavviso.

4. I contratti collettivi di cui al comma 2 possono prevedere una percentuale di maggiorazione sull'importo della retribuzione oraria globale di fatto, dovuta in relazione al lavoro supplementare. In alternativa a quanto previsto in proposito dall'articolo 4, comma 2, lettera a), i contratti collettivi di cui al comma 2 possono anche stabilire che l'incidenza della retribuzione delle ore supplementari sugli istituti retributivi indiretti e differiti sia determinata convenzionalmente mediante l'applicazione di una maggiorazione forfettaria sulla retribuzione dovuta per la singola ora di lavoro supplementare. In attesa delle discipline contrattuali di cui al comma 2, le ore di lavoro supplementare nella misura massima del 10 per cento previste dall'ultimo periodo del medesimo comma 2, sono retribuite come ore ordinarie. (periodo soppresso dall'art. 46, comma 1, lett. g).

Articolo 4  Principio di non discriminazione.

a) il lavoratore a tempo parziale benefici dei medesimi diritti di un lavoratore a tempo pieno comparabile in particolare per quanto riguarda l'importo della retribuzione oraria; la durata del periodo di prova e delle ferie annuali; la durata del periodo di astensione obbligatoria e facoltativa per maternità; la durata del periodo di conservazione del posto di lavoro a fronte di malattia; infortuni sul lavoro, malattie professionali; l'applicazione delle norme di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro; l'accesso ad iniziative di formazione professionale organizzate dal datore di lavoro; l'accesso ai servizi sociali aziendali; i criteri di calcolo delle competenze indirette e differite previsti dai contratti collettivi di lavoro; i diritti sindacali, ivi compresi quelli di cui al titolo III della legge 20 maggio 1970, n. 300 e successive modificazioni. I contratti collettivi di cui all'art. 1, comma 3, possono provvedere a modulare la durata del periodo di prova e quella del periodo di conservazione del posto di lavoro in caso di malattia qualora l'assunzione avvenga con contratto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale;

a) il lavoratore a tempo parziale benefici dei medesimi diritti di un lavoratore a tempo pieno comparabile in particolare per quanto riguarda l'importo della retribuzione oraria; la durata del periodo di prova e delle ferie annuali; la durata del periodo di astensione obbligatoria e facoltativa per maternità; la durata del periodo di conservazione del posto di lavoro a fronte di malattia; infortuni sul lavoro, malattie professionali; l'applicazione delle norme di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro; l'accesso ad iniziative di formazione professionale organizzate dal datore di lavoro; l'accesso ai servizi sociali aziendali; i criteri di calcolo delle competenze indirette e differite previsti dai contratti collettivi di lavoro; i diritti sindacali, ivi compresi quelli di cui al titolo III della legge 20 maggio 1970, n. 300 e successive modificazioni. I contratti collettivi di cui all'art. 1, comma 3, possono provvedere a modulare la durata del periodo di prova e quella del periodo di conservazione del posto di lavoro in caso di malattia qualora l'assunzione avvenga con contratto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale;

Articolo 5 

Tutela ed incentivazione del lavoro a tempo parziale.

1. Il rifiuto di un lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale, o il proprio rapporto di lavoro a tempo parziale in rapporto a tempo pieno, non costituisce giustificato motivo di licenziamento. Su accordo delle parti risultante da atto scritto, redatto su richiesta del lavoratore con l'assistenza di un componente della rappresentanza sindacale aziendale indicato dal lavoratore medesimo o, in mancanza di rappresentanza sindacale aziendale nell'unità produttiva, convalidato dalla direzione provinciale del lavoro competente per territorio, è ammessa la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale. Al rapporto di lavoro a tempo parziale risultante dalla trasformazione si applica la disciplina di cui al presente decreto legislativo.

2. In caso di assunzione di personale a tempo pieno il datore di lavoro è tenuto a riconoscere un diritto di precedenza in favore dei lavoratori assunti a tempo parziale in attività presso unità produttive site entro 50 km dall'unità produttiva interessata dalla programmata assunzione, adibiti alle stesse mansioni od a mansioni equivalenti rispetto a quelle con riguardo alle quali è prevista l'assunzione, dando priorità a coloro che, già dipendenti, avevano trasformato il rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale. A parità di condizioni, il diritto di precedenza nell'assunzione a tempo pieno potrà essere fatto valere prioritariamente dal lavoratore con maggiori carichi familiari; secondariamente si terrà conto della maggiore anzianità di servizio, da calcolarsi comunque senza riproporzionamento in ragione della pregressa ridotta durata della prestazione lavorativa.

4. I benefici contributivi previsti dall'art. 7, comma 1, lettera a ), del decreto-legge 16 maggio 1994, n. 299, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1994, n. 451, possono essere riconosciuti con il decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale previsto dal citato articolo, da emanarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, anche in misura differenziata in relazione alla durata dell'orario previsto dal contratto di lavoro a tempo parziale, in favore dei datori di lavoro privati imprenditori e non imprenditori e degli enti pubblici economici che provvedano ad effettuare, entro il termine previsto dal decreto medesimo, assunzioni con contratto a tempo indeterminato e parziale ad incremento degli organici esistenti calcolati con riferimento alla media degli occupati nei dodici mesi precedenti la stipula dei predetti contratti.

Articolo 6

Criteri di computo dei lavoratori a tempo parziale.

 

Articolo 7 Applicabilità nel settore agricolo.

Articolo 8

Sanzioni.

2. L'eventuale mancanza o indeterminatezza nel contratto scritto delle indicazioni di cui all'art. 2, comma 2, non comporta la nullità del contratto di lavoro a tempo parziale. Qualora l'omissione riguardi la durata della prestazione lavorativa, su richiesta del lavoratore può essere dichiarata la sussistenza fra le parti di un rapporto di lavoro a tempo pieno a partire dalla data del relativo accertamento giudiziale. Qualora invece l'omissione riguardi la sola collocazione temporale dell'orario, il giudice provvede a determinare le modalità temporali di svolgimento della prestazione lavorativa a tempo parziale con riferimento alle previsioni dei contratti collettivi di cui all'art. 1, comma 3, o, in mancanza, con valutazione equitativa, tenendo conto in particolare delle responsabilità familiari del lavoratore interessato, della sua necessità di integrazione del reddito derivante dal rapporto a tempo parziale mediante lo svolgimento di altra attività lavorativa, nonché delle esigenze del datore di lavoro. Per il periodo antecedente la data della pronuncia della sentenza, il lavoratore ha in entrambi i casi diritto, in aggiunta alla retribuzione dovuta, alla corresponsione di un ulteriore emolumento a titolo di risarcimento del danno, da liquidarsi con valutazione equitativa. Nel corso del successivo svolgimento del rapporto, è fatta salva la possibilità di concordare per iscritto una clausola elastica in ordine alla sola collocazione temporale della prestazione lavorativa a tempo parziale, osservandosi le disposizioni di cui all'art. 3. In luogo del ricorso all'autorità giudiziaria, le controversie di cui al presente comma ed al comma 1 possono essere risolte mediante le procedure di conciliazione ed eventualmente di arbitrato previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro di cui all'art. 1, comma 3.

2. L'eventuale mancanza o indeterminatezza nel contratto scritto delle indicazioni di cui all'articolo 2, comma 2, non comporta la nullità del contratto di lavoro a tempo parziale. Qualora l'omissione riguardi la durata della prestazione lavorativa, su richiesta del lavoratore può essere dichiarata la sussistenza fra le parti di un rapporto di lavoro a tempo pieno a partire dalla data del relativo accertamento giudiziale. Qualora invece l'omissione riguardi la sola collocazione temporale dell'orario, il giudice provvede a determinare le modalità temporali di svolgimento della prestazione lavorativa a tempo parziale con riferimento alle previsioni dei contratti collettivi di cui all'articolo 3, comma 7, o, in mancanza, con valutazione equitativa, tenendo conto in particolare delle responsabilità familiari del lavoratore interessato, della sua necessità di integrazione del reddito derivante dal rapporto a tempo parziale mediante lo svolgimento di altra attività lavorativa, nonché delle esigenze del datore di lavoro. Per il periodo antecedente la data della pronuncia della sentenza, il lavoratore ha in entrambi i casi diritto, in aggiunta alla retribuzione dovuta, alla corresponsione di un ulteriore emolumento a titolo di risarcimento del danno, da liquidarsi con valutazione equitativa. Nel corso del successivo svolgimento del rapporto, e' fatta salva la possibilità di concordare per iscritto clausole elastiche o flessibili ai sensi dell'articolo 3, comma 3. In luogo del ricorso all'autorità' giudiziaria, le controversie di cui al presente comma ed al comma 1 possono essere, risolte mediante le procedure di conciliazione ed eventualmente di arbitrato previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro di cui all'articolo 1, comma 3. (comma come sostituito dall'art. 46, comma 1, lett. r).

Articolo 9 Disciplina previdenziale.

2. Gli assegni per il nucleo familiare spettano ai lavoratori a tempo parziale per l'intera misura settimanale in presenza di una prestazione lavorativa settimanale di durata non inferiore al minimo di ventiquattro ore. A tal fine sono cumulate le ore prestate in diversi rapporti di lavoro. In caso contrario spettano tanti assegni giornalieri quante sono le giornate di lavoro effettivamente prestate, qualunque sia il numero delle ore lavorate nella giornata. Qualora non si possa individuare l'attività principale per gli effetti dell'art. 20 del testo unico delle norme sugli assegni familiari, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1955, n. 797 e successive modificazioni, gli assegni per il nucleo familiare sono corrisposti direttamente dall'INPS. Il comma 2 dell'art. 26 del citato testo unico è sostituito dal seguente: "Il contributo non è dovuto per i lavoratori cui non spettano gli assegni a norma dell'art. 2.".

2. Gli assegni per il nucleo familiare spettano ai lavoratori a tempo parziale per l'intera misura settimanale in presenza di una prestazione lavorativa settimanale di durata non inferiore al minimo di ventiquattro ore. A tal fine sono cumulate le ore prestate in diversi rapporti di lavoro. In caso contrario spettano tanti assegni giornalieri quante sono le giornate di lavoro effettivamente prestate, qualunque sia il numero delle ore lavorate nella giornata. Qualora non si possa individuare l'attività principale per gli effetti dell'art. 20 del testo unico delle norme sugli assegni familiari, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1955, n. 797 e successive modificazioni, gli assegni per il nucleo familiare sono corrisposti direttamente dall'INPS. Il comma 2 dell'art. 26 del citato testo unico è sostituito dal seguente: "Il contributo non è dovuto per i lavoratori cui non spettano gli assegni a norma dell'art. 2.".

Articolo 10 Disciplina del part-time nei rapporti di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.

 

Articolo 11 Abrogazioni.

Articolo 12

Verifica.

Art. 12-bis

Ipotesi di trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di lavoro a tempo parziale.