Circolare Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 28 del 24/06/2005
OGGETTO: Circolare in materia di distacco e cassa integrazione.
I. I presupposti di legittimità del distacco
Il distacco si verifica allorquando un datore di lavoro
per soddisfare un interesse proprio invia uno o più lavoratori alle dipendenze
di un soggetto terzo per l'esecuzione di una determinata attività lavorativa.
Requisiti di legittimità del distacco sono la temporaneità e la sussistenza di
un interesse al distacco in capo al datore di lavoro distaccante.
Con riferimento al requisito dell'interesse, l'articolo 30 del decreto legislativo n. 276 del 2003 si
limita a precisare che il datore di lavoro distaccante deve "soddisfare un
proprio interesse". Particolare attenzione va dunque riservata alla
elaborazione giurisprudenziale che, pur formatasi antecedentemente alla nuova
disciplina legislativa, ne ha ispirato i contenuti, chiarendo che l'interesse
deve essere specifico, rilevante, concreto e persistente per tutto il
periodo in cui il distacco è disposto. A tale proposito, con la Circolare n. 3/2004, questo
Ministero ha altresì osservato come l'interesse che legittima il distacco non
può mai concretizzarsi in un mero interesse al corrispettivo per la fornitura
di lavoro altrui, che caratterizza, invece, la diversa fattispecie della
somministrazione di lavoro.
Occorre, inoltre, chiarire che non si può ritenere automaticamente sussistente l'interesse del datore di lavoro al distacco per il solo fatto che esso viene disposto tra imprese appartenenti al medesimo gruppo.
La giurisprudenza ha, infatti, ritenuto che il rapporto di gruppo che lega distaccante e distaccatario non legittima per sé solo il distacco ma costituisce un presupposto di fatto da considerare ai fini della valutazione circa la sussistenza, nel caso concreto, dell'interesse del datore di lavoro distaccante (Cass. 18 agosto 2004 n. 16165 e Cass. 16 febbraio 2000 n. 1733).
In questo senso anche la già richiamata Circolare n. 3/2004 ha precisato, da un lato, che la formulazione della novella legislativa legittima le prassi di distacco all'interno dei gruppi di impresa, le quali corrispondono ad una reale esigenza di imprenditorialità, volta a razionalizzare, equilibrandole, le forme di sviluppo per tutte le aziende che fanno parte del gruppo, e, dall'altro lato, che la precedente prassi amministrativa aveva comunque riconosciuto necessari, anche in questa ipotesi, tanto il requisito dell'interesse del distaccante quanto quello della temporaneità del distacco.
II. Il ricorso al distacco quale alternativa a una procedura di cassa integrazione per contrazione di attività produttiva
E' in questo contesto che deve essere valutata la liceità del ricorso al distacco quale alternativa a una procedura di cassa integrazione per contrazione della attività produttiva.
Detta ipotesi solleva infatti alcuni profili di criticità con riferimento al principio in base al quale il distacco deve essere riconducibile ad uno specifico interesse del datore di lavoro affinché la prestazione sia, temporaneamente, eseguita presso un terzo ma in adempimento dell'unico e originario rapporto di lavoro che prosegue con il distaccante.
Poiché, infatti, il distacco integra un atto organizzativo dell'impresa che lo dispone, e determina così una mera modifica delle modalità di esecuzione della prestazione lavorativa (Cass. 18 agosto 2004, n. 16165), deve escludersi la legittimità di un distacco fondato su una ragione meramente economica, che può essere tanto l'interesse ad un corrispettivo, come sopra evidenziato, quanto il solo interesse al risparmio del costo del lavoro.
Avrebbe natura meramente economica un distacco che non si limitasse ad avere come effetto solo indiretto il rimborso del costo del lavoro, che costituisce prassi ricorrente e irrilevante ai fini della legittimità del distacco (Cass., Sez. Un., 13 aprile 1989, n. 1751 già richiamata dalla Circolare n. 3/2004), ma trovasse in tale esito la sua propria giustificazione.
La possibilità quindi di disporre il distacco per evitare il ricorso alla cassa integrazione potrebbe apparire dettata non tanto da un interesse proprio del distaccante, affinché i lavoratori eseguano presso il terzo la prestazione lavorativa, quanto piuttosto dalla esigenza di sostenere l'impresa, temporaneamente in crisi, attraverso il rimborso del costo della manodopera in distacco; tanto più che l'operazione complessiva troverebbe riscontro in un autonomo e rilevante interesse del distaccatario a fronteggiare, proprio attraverso la fornitura della manodopera in distacco, punte di intensificazione della attività produttiva.
In questo senso depone anche il confronto con la specifica ipotesi di distacco prevista dall'articolo 8 legge n. 236/1993. La norma in esame rinvia, infatti, ad accordi collettivi che regolamentino il distacco di personale per evitare il ricorso a procedure di licenziamento collettivo.
In questo caso l'interesse che legittima il distacco è quello dei lavoratori a non essere licenziati (ed eventualmente l'interesse pubblico a preservare i livelli occupazionali) mentre, a fronte del filtro dato dal controllo sindacale sulla operazione, l'autonomo interesse del distaccante può anche mancare ovvero può, in questa ipotesi, coincidere con il mero passaggio dei costi della manodopera eccedentaria in capo al distaccatario.
Non sembra, peraltro, che questa ipotesi possa essere estesa in via analogica a quella in esame sia per la natura eccezionale della fattispecie sia per la differenza sussistente fra una situazione tendenzialmente irreversibile, quale quella che porta ad una procedura di licenziamento collettivo, rispetto ad una ipotesi di temporanea concentrazione dell'attività produttiva cui è possibile far fronte con un trattamento di integrazione salariale.
Peraltro proprio il dato della temporaneità può consentire una ricostruzione dell'interesse del distaccante che, nella ipotesi prospettata, sia ulteriore rispetto ad una mera opportunità di escludere il ricorso alla cassa integrazione. Da questa prospettiva sembra anche possibile accordare rilevanza come presupposto di fatto al gruppo di impresa entro cui ricondurre l'operazione di distacco.
Poiché infatti l'ipotesi in esame postula una contrazione solo temporanea del volume d'attività dell'impresa distaccante, si può configurare in capo al datore di lavoro un interesse specifico a preservare in forza (e nella propria disponibilità) i lavoratori temporaneamente sospesi. Il ricorso alla cassa integrazione, potrebbe, di contro, indurre i lavoratori a cercare una diversa occupazione a fronte della riduzione della retribuzione, questo in particolare per i lavoratori con qualifiche elevate. Inoltre, la sospensione della attività, ove protratta nel tempo, potrebbe incidere per sé sola sulla crescita professionale dei lavoratori.
A fronte di tali considerazioni si può pertanto ritenere che, nell'ipotesi in esame, il distacco risponda al legittimo interesse di preservare il patrimonio professionale dell'impresa attraverso le opportunità di scambio tra i lavoratori delle imprese appartenenti al medesimo gruppo. In questo caso, quindi, il distacco non costituirebbe un mero scambio/prestito di manodopera per fronteggiare esigenze contingenti relative alla gestione del personale o della attività dell'impresa – ipotesi questa espressamente esclusa dalla giurisprudenza Cass. 2 novembre 1999 n. 12224) – ma la realizzazione di uno specifico interesse dell'impresa attraverso le opportunità che derivano dalla struttura integrata tra imprese appartenenti al medesimo gruppo.
Infine, con riferimento alle concrete modalità operative si ritiene opportuno rilevare che: 1) il distacco di manodopera intra-gruppo non dovrebbe, in ogni caso, incidere sulla autonomia di gestione delle singole imprese onde evitare che il gruppo appaia una frammentazione artificiosa (e quindi fraudolenta) di un unico soggetto giuridico; 2) in caso di distacco occorre tenere presente non solo i presupposti di legittimo ricorso all'istituto ma anche i vincoli derivanti dall'applicazione della disciplina ed, in particolare, di quelli afferenti al mutamento di mansioni e di quelli relativi ad un possibile spostamento della sede di lavoro oltre 50 km rispetto a quella originaria.