Circolare INPS n° 208 del 27 novembre 2001
OGGETTO: |
Passaggio dalla Lira all’Euro. |
SOMMARIO: |
Dal 1/1/2002 l’Euro è adottato, quale unità monetaria di conto, in
sostituzione della lira. Attività connesse al passaggio dalla lira all’Euro
in materia di Entrate Contributive. Deliberazione del Consiglio di
Amministrazione n. 176 del 21 giugno 2001. |
Com’è noto, a decorrere dal 1/1/2002 l’adozione dell’Euro è obbligatoria, quale unità monetaria di conto, in sostituzione della lira (art.16 D.L.gs. 24 giugno 1998, n.213).
La presente circolare illustra i criteri che saranno adottati dall’Istituto nel passaggio dalla Lira all’Euro e porta a conoscenza delle Sedi i riflessi sul versante delle Entrate Contributive.
QUADRO
NORMATIVO DI RIFERIMENTO.
La normativa in materia è contenuta in:
- Regolamento n. 1103/97, del Consiglio C.E. del 17 giugno 1997 relativo a talune disposizioni per l’introduzione dell’Euro (allegato n. 1);
- Legge 17 dicembre 1997, n. 433, di delega al governo per l’introduzione dell’Euro (allegato n.2);
- Regolamento n. 974/98, del Consiglio C.E. del 3 maggio 1998 relativo all’introduzione dell’EURO (allegato n. 3);
- Decreto legislativo 24 giugno 1998, n. 213, disposizioni per l’introduzione dell’Euro nell’ordinamento nazionale, emanato in attuazione della legge-delega 17 dicembre 1997, n. 433 (allegato n. 4);
- Decreto Legislativo 15 giugno 1999, n. 206. Disposizioni integrative e correttive del Decreto Legislativo 24 giugno 1998, n. 213 (allegato n. 5).
Le disposizioni amministrative per l’adozione dell’Euro sono contenute in:
- Inps deliberazione del Consiglio di Amministrazione n. 1123 del 17 novembre 1998;
- Inps circolare n. 245 del 7 dicembre 1998;
- Inps deliberazione del Consiglio di Amministrazione n. 176 del 26 giugno 2001;
- Inps circolare n. 139 del 12 luglio 2001;
- Ministero delle finanze, circolare n. 291/E del 23 dicembre 1998 (allegato n. 6);
- Ministero del lavoro, circolare n. 83/2001 del 4 ottobre 2001 (Allegato n. 7);
- Inps circolare n. 196 del 8 novembre 2001;
-
Tasso
di conversione.
Il tasso di
conversione, irrevocabilmente fissato, è: “Euro 1 = Lire 1936,27”.
Principi
generali.
I principi generali che regolano la materia sono i seguenti.
L’art. 2, c. 1, lett. b) della legge 17 dicembre 1997, n. 433, sancisce il principio della neutralità del passaggio dalla moneta nazionale all’Euro e degli effetti conseguenti.
Ove
uno strumento giuridico faccia riferimento ad un'unità monetaria nazionale,
tale riferimento ha il medesimo valore di un riferimento all'unità Euro in base
ai tassi di conversione.
Il decreto legislativo 24 giugno 1998, n. 213, emanato in attuazione della legge-delega 17 dicembre 1997, n. 433, come modificato dal Decreto Legislativo 15 giugno 1999, n. 206, contiene le disposizioni per l’adozione delle norme comunitarie sul passaggio alla moneta unica europea e per favorire un ordinato e trasparente passaggio dalla Lira all'Euro, in particolare l’art. 3 (calcoli intermedi) e l’art. 4 (importi in Lire contenuti in norme vigenti) illustrano le regole inerenti la conversione Lira/Euro ed i relativi criteri di arrotondamento.
PROCEDURE
ED ARCHIVI AUTOMATIZZATI
Area
aziende.
Denunce contributive dei datori di lavoro
non agricoli.
Le
denunce riferite al periodo di paga relativo al mese Dicembre 2001 potranno
essere presentate in lire entro il termine legale di scadenza (16/1/2002,
ovvero 31/1/2002 per quelle presentate su supporto magnetico o via INTERNET).
Le
denunce riferite al periodo di paga fino al mese Dicembre 2001 per i datori di
lavoro per i quali è previsto un termine differito (aziende amatoriali, della
pesca, e Amministrazioni dello Stato) potranno essere presentate in Lire entro
il predetto termine differito.
A partire
dal periodo di paga Gennaio 2002 le denunce Mod. DM10/2 (anche quelle
presentate su supporto magnetico o via INTERNET) dovranno essere
obbligatoriamente presentate in Euro.
A partire
dal mese di Gennaio 2002 le denunce relative a periodi pregressi, quelle
insolute e quelle relative a regolarizzazioni contributive (mod. DM 10/V),
dovranno essere obbligatoriamente presentate in Euro.
Ai fini della compilazione delle denunce in Euro si rinvia alla circolare n. 245 del 7 dicembre 1998 che contiene in allegato la Deliberazione del Consiglio di Amministrazione dell’Istituto n. 1123 del 17 novembre 1998, nella quale sono indicati i criteri per l’arrotondamento all’unità di Euro delle retribuzioni imponibili individuali da assoggettare a contribuzione, dei contributi e delle altre somme a debito e a credito dei datori di lavoro (i predetti criteri sono stati recepiti dal Ministero del lavoro nella circolare n. 83/2001).
Si
precisa che l'arrotondamento all'unità di Euro è riferito:
-
alle retribuzioni e
compensi imponibili individuali ai fini contributivi;
-
alle retribuzioni, ai
compensi cumulativi ed alle somme a debito e a credito da esporre sulle denunce
periodiche che il datore di lavoro è tenuto a presentare all'Inps in base alla
normativa vigente.
L'arrotondamento
deve essere effettuato come segue: fino a 49 centesimi si arrotonda all'unità
di Euro inferiore, da 50 centesimi in poi si arrotonda all'unità di Euro
superiore.
Si ribadisce altresì, che per le denunce presentate su supporto magnetico o via Internet –fermo restando il criterio di arrotondamento sopra enunciato- le informazioni devono essere esposte senza l’indicazione delle due cifre decimali.
Pagamenti per note di rettifica da DM10/2:
L’importo è arrotondato all’unità di Euro con le stesse modalità del Mod. DM10/2.
Abbuono dei piccoli crediti/debiti.
La materia è stata trattata nella circolare n. 265 del 14 dicembre 1989 che illustra la Deliberazione del Comitato esecutivo n. 872 del 27 luglio 1989.
In considerazione di quanto disposto dall’art. 2, c. 1, lett. b) della legge 17 dicembre 1997, n. 433, l’importo di Lire 20.000 per la rinuncia all'azione amministrativa è convertito in € 10,33.
Gli importi dovuti o rimborsati saranno arrotondati all’unità di Euro seguendo le regole generali previste dalla Deliberazione del Consiglio di Amministrazione n.1123 del 17 novembre 1998.
Sanzioni amministrative.
Sull’argomento si rinvia alla circolare del Ministero del Lavoro n. 83 del 4 ottobre 2001, contenuta in allegato.
Limite minimo di
retribuzione giornaliera ed aggiornamento degli altri valori per il calcolo di
tutte le contribuzioni dovute in materia di previdenza ed assistenza sociale.
Si fa rinvio alla circolare di prossima emanazione per la determinazione per l'anno 2002 dei valori in argomento.
In merito a tale circolare, si anticipano alcuni criteri inerenti ai principi guida delle operazioni di conversione.
Minimali di retribuzione giornaliera (art. 1
della legge 26 settembre 1981, n. 537).
I minimali in argomento sono quelli determinati ai sensi del DL 29 luglio 1981, n. 402, convertito dalla legge 26 settembre 1981, n. 537, annualmente aggiornati, ai sensi dell'art. 7 della legge 11 novembre 1983, n. 638, modificato dall'art. 1, c. 2, del D.L. 9 ottobre 1989, n. 338, convertito nella legge 7 dicembre 1989, n. 389, con il coefficiente dato dalla variazione percentuale ai fini della perequazione automatica delle pensioni calcolato dall'Istat.
Al riguardo, si specifica che l'importo del trattamento minimo mensile di pensione a carico del Fondo pensioni lavoratori dipendenti in vigore al 1/1/2002, preso a base delle successive operazioni, sarà calcolato e arrotondato al centesimo di Euro superiore, aderendo ai criteri contenuti nella circolare dell’Istituto n. 139 del 12 luglio 2001, emanata a seguito della deliberazione del Consiglio di Amministrazione n. 176 del 26 giugno 2001, la quale, in deroga alla regola generale, stabilisce che “a decorrere dal 1/1/2002 tutti gli importi di pensione che costituiscono valore autonomo da contabilizzare, sono arrotondati al centesimo di Euro superiore se a favore del pensionato; sono arrotondati al centesimo di Euro inferiore in caso contrario”.
I valori dei minimali giornalieri saranno espressi in centesimi di Euro arrotondati secondo la regola generale.
Si allega la tabella degli importi dei minimali retributivi dal 1/5/1952 al 31/12/2001 espressi al decimillesimo di Euro (allegato n. 8), la quale sarà utilizzata dalle procedure informatiche.
Tale criterio di espressione è stato adottato in ossequio al principio della neutralità del passaggio dalla moneta nazionale all’Euro e degli effetti giuridici conseguenti.
I predetti minimali dovranno essere utilizzati in caso di regolarizzazioni contributive.
Limite minimo di retribuzione giornaliera per
le retribuzioni convenzionali delle cooperative ex DPR n. 602/1970.
Il limite minimo delle retribuzioni convenzionali per le cooperative rientranti nel campo di applicazione del DPR 30 aprile 1970, n. 602, salve le competenze ministeriali, sarà convertito secondo il principio generale in materia di conversione Lira/Euro contenuto nel quadro normativo e sarà arrotondato secondo i criteri per l’arrotondamento all’unità di Euro delle retribuzioni imponibili da assoggettare a contribuzione.
Si fa rinvio alla Circolare di prossima emanazione, nella quale sarà illustrato il D.Lgs. emanato in base all’art. 4, c.3 della legge n. 142/2001.
Si allega la tabella degli importi dei minimali retributivi, ex art. 4 DPR n. 602/1970 ed ex art. 2 DM 3/12/1999, fino al 31/12/2001 espressi al decimillesimo di Euro (allegato n. 9).
Quota di retribuzione soggetta all'aliquota aggiuntiva
di un punto percentuale (art. 3-ter legge 14 novembre 1992, n. 438).
Per quanto concerne la quota di retribuzione soggetta all'aliquota aggiuntiva di un punto percentuale, l’arrotondamento sarà effettuato all’unità di Euro seguendo le regole in materia di imponibile contributivo previste dalla deliberazione del Consiglio di Amministrazione n. 1123 del 17 novembre 1998.
Massimale annuo della base contributiva e
pensionabile (art. 2, c. 18, della legge 8 agosto 1995, n. 335).
Il massimale annuo della base contributiva e pensionabile previsto dall'art. 2, c. 18, della legge 8 agosto 1995, n. 335, per i nuovi iscritti dal 1/1/1996 a forme pensionistiche obbligatorie e per coloro che optano per la pensione con il sistema contributivo sarà arrotondato all’unità di Euro seguendo le regole in materia di imponibile contributivo previste dalla deliberazione del Consiglio di Amministrazione n. 1123 del 17 novembre 1998.
Limite di retribuzione per l'accredito dei
contributi obbligatori e figurativi (art. 7, c. 1, del DL 12 settembre 1983, n.
463)
Il limite di retribuzione per l'accredito dei contributi obbligatori e figurativi di cui all'art. 7, c. 1, primo periodo, del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, modificato dall'art. 1, c. 2, della legge 7 dicembre 1989, n. 389, sarà calcolato sull'importo del trattamento minimo mensile di pensione in pagamento alla data del 1/1/2002 in base ai criteri contenuti nella circolare dell’Istituto n. 139 del 12 luglio 2001, ed arrotondato per eccesso al centesimo di Euro.
Si fa riserva di comunicare i limiti di retribuzione per l'accredito dei contributi obbligatori e figurativi a far tempo dall’anno 1984.
Quote associative.
L’importo cumulativo a debito dei datori di lavoro, da esporre sulla denuncia mensile di DM10/2, dovrà essere arrotondato all’unità di Euro seguendo le regole generali previste dalla deliberazione del Consiglio di Amministrazione n. 1123 del 17 novembre 1998.
Altri valori.
Il minimale giornaliero delle retribuzioni convenzionali diverso da quello stabilito per le cooperative rientranti nel campo di applicazione del DPR 30 aprile 1970, n. 602, i valori delle retribuzioni convenzionali in genere e gli importi che non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente (art. 48, c. 9 del TUIR, approvato con DPR 22 dicembre 1986, n. 917, come sostituito dall’art. 3 del D.Lgs. 2 settembre 1997, n. 314), salve le competenze ministeriali, saranno convertiti secondo il principio generale in materia di conversione Lira/Euro contenuto nel quadro normativo (art. 4 D.Lgs. n. 213/1998: gli importi contenuti in norme vigenti, espressi in migliaia di lire, vengono convertiti utilizzando due cifre decimali).
Gli imponibili risultanti saranno arrotondati secondo i criteri per l’arrotondamento all’unità di Euro delle retribuzioni imponibili da assoggettare a contribuzione.
Apprendisti.
Si rimanda alla circolare di prossima emanazione per la determinazione del contributo settimanale per l'anno 2002.
L’importo del contributo settimanale sarà espresso in centesimi di Euro.
Area
Contributi Individuali
Lavoratori
domestici.
Con la circolare n. 71 del 22 marzo 2001 sono stati determinati, per l’anno 2001, gli importi delle fasce retributive ed i relativi importi della contribuzione espressi in Lire con la corrispondente conversione in Euro.
L’Istituto invierà ai datori di lavoro la modulistica per il pagamento della contribuzione dovuta dal 1/1/2002, compreso ovviamente il bollettino relativo al quarto trimestre 2001, predisposta per il pagamento in Euro. L’importo da esporre, a cura del datore di lavoro, dovrà pertanto essere indicato al centesimo di Euro.
Si rimanda alla circolare di prossima emanazione per la determinazione per l'anno 2002 delle fasce retributive e del contributo orario.
Le procedure di ripartizione contabile ed accreditamento dei contributi, saranno disponibili in lire, utilizzando l’attuale procedura fino alla chiusura del periodo suppletivo 2001.
Si fa presente fin d’ora la necessità di completare entro tale periodo la gestione di eventuali SC7/24 ancora sospesi, poiché, con l’avvio dell’anno contabile 2002, gli archivi di gestione su AS400 non saranno più utilizzabili, in quanto l’attuale procedura verrà dismessa.
Con l’avvio della gestione in Euro, sarà rilasciata una nuova procedura in corso di reingegnerizzazione.
Ovviamente, nel caso in cui, presso qualche sede, fossero rimasti ancora inevasi versamenti in lire, gli stessi saranno acquisibili in lire, con conversione automatica in Euro all’interno della nuova procedura.
Al momento del rilascio saranno comunicate le opportune istruzioni operative.
Per quanto riguarda i versamenti da condono ancora in corso, verrà messa a disposizione delle sedi una procedura “ad hoc” per la stampa di specifici bollettini in Euro.
Al riguardo, si rinvia a quanto disposto nel messaggio della D.C. Sistemi Informativi e Telecomunicazioni n.677 del 13 novembre 2001.
Pescatori autonomi.
Si rimanda alla circolare di prossima emanazione per la determinazione della contribuzione in Euro dovuta per l'anno 2002.
L'Istituto provvederà, come di consueto, alla fornitura dei modelli F24 personalizzati necessari per l'assolvimento dell'obbligo contributivo.
Le procedure di ripartizione contabile ed accreditamento dei contributi, saranno disponibili in lire fino alla chiusura del periodo suppletivo 2001.
Si fa presente fin d’ora la necessità di completare entro tale periodo la gestione di eventuali SC7/24 ancora sospesi, in quanto, con l’avvio dell’anno contabile 2002, gli archivi di gestione su AS400 saranno azzerati, al fine di ripartire “ex novo” con la nuova gestione in Euro.
Ovviamente, nel caso in cui, presso qualche sede, fossero rimasti ancora inevasi versamenti in lire successivamente alla chiusura del periodo suppletivo, gli stessi saranno acquisibili in lire, con conversione automatica in Euro all’interno della procedura stessa.
Al momento del rilascio saranno comunicate le opportune istruzioni operative.
Per quanto riguarda invece le procedure connesse alla gestione della posizione assicurativa, in seguito all’emissione dell’estratto conto già annunciata, si fa riserva di comunicarne le modalità sia amministrative che tecniche con apposita comunicazione.
Prosecutori
volontari.
L'Istituto provvederà alla fornitura dei bollettini di c/c postale personalizzati necessari per il pagamento in Euro della contribuzione dovuta a partire dal quarto trimestre 2001 (scadenza 31 marzo 2002). L’importo dei contributi sarà pertanto arrotondato al centesimo di Euro.
Una volta determinate le variazioni da applicare per il 2002, sarà effettuato il relativo rinnovo.
Le procedure di ripartizione contabile ed accreditamento dei contributi, saranno disponibili in lire fino alla chiusura del periodo suppletivo 2001.
Si fa presente fin d’ora la necessità di completare entro tale periodo la gestione di eventuali SC7/24 ancora sospesi, in quanto, con l’avvio dell’anno contabile 2002, gli archivi di gestione su AS400 saranno azzerati, al fine di ripartire “ex novo” con la nuova gestione in Euro.
Ovviamente, nel caso in cui presso qualche sede fossero rimasti ancora inevasi versamenti in lire successivamente alla chiusura del periodo suppletivo, gli stessi saranno acquisibili in lire, con conversione automatica in Euro all’interno della procedura stessa.
Al momento del rilascio saranno comunicate le opportune istruzioni operative.
Le procedure per il rilascio delle autorizzazioni e relativo riesame o ricorso, nonché quelle per l’emissione di eventuali duplicati, o rilascio di VV08, o riammissione in termini, saranno sostituite con procedure in Euro, reingegnerizzate su piattaforma Intranet, comprensive della gestione dell’istruttoria.
Al riguardo si fa presente che le nuove autorizzazioni rilasciate dopo il 1/1/2002, ma con decorrenza anteriore a tale data, continueranno a calcolare la Retribuzione Media in lire per omogeneità con le autorizzazioni precedentemente rilasciate, in quanto:
- per i lavoratori autonomi le tabelle di riferimento sono in lire e non verranno convertite;
- per i lavoratori dipendenti con il calcolo a percentuale vige la precedente regola dell’arrotondamento alle 50 lire per eccesso o per difetto, prima di applicare l’aliquota contributiva.
Nella documentazione rilasciata, tale importo in lire verrà convertito al centesimo di Euro.
Il mantenimento della regola suddetta per le autorizzazioni con decorrenza anteriore al 2002, comporta l’esigenza di continuare a gestire in lire l’applicazione della rivalutazione annuale fino a quella dell’anno 2001, e conseguentemente a calcolare in lire il contributo dovuto fino al 31/12/2001.
Ovviamente la determinazione dell’importo da versare, corrispondente al periodo suddetto calcolato in lire (senza arrotondamento finale alle 10 lire come previsto attualmente), verrà effettuata in Euro con arrotondamento al centesimo di Euro.
Il successivo periodo sarà calcolato direttamente in Euro, prendendo a base la Retribuzione Media vigente al 2001 convertita da lire a Euro con quattro decimali, determinando l’importo del contributo:
- per i lavoratori autonomi con le nuove tabelle di riferimento in Euro;
- per i lavoratori dipendenti applicando le rivalutazioni successive al 2001 con l’indice ISTAT e l’importo settimanale dovuto con l’aliquota contributiva.
L’importo unitario del contributo così determinato (mensile per gli autonomi e settimanale per i lavoratori dipendenti) è sempre al centesimo di Euro.
Per le autorizzazioni con decorrenza posteriore al 1/1/2002 la Retribuzione Media e il relativo contributo saranno determinati al centesimo di Euro.
Le innovazioni contenute in tali procedure saranno comunicate con apposita circolare e daranno luogo ad opportuni interventi formativi.
Area Lavoratori autonomi (Artigiani e Commercianti) e
Parasubordinati.
Lavoratori
autonomi.
Sino alla chiusura dell’esercizio contabile 2001 (la chiusura del bilancio suppletivo avverrà il giorno 18 gennaio 2002) gli archivi di gestione rimarranno espressi in Lire congiuntamente a tutte le applicazioni collegate (intese come processi interni) e pertanto almeno in una prima fase temporale essi continueranno a lavorare in Lire.
Dopo il 18 gennaio 2002 agli utilizzatori di sede i risultati delle applicazioni appariranno visualizzati in Euro; a disposizione degli operatori sarà comunque presente nelle procedure, il pulsante funzionale F 13 il quale permetterà la conversione degli importi da Euro a Lire.
Dall’emissione relativa all’anno 2002 in poi, i dati saranno tutti registrati e presentati in Euro.
Nelle attività di adeguamento che verranno effettuate sulle basi dati riguardanti le emissioni per gli anni 2001 e precedenti, le operazioni di conversione intermedie opereranno con il criterio della conversione in Euro con quattro decimali (decimillesimi di Euro).
Questo garantirà la precisione alla lira nelle conversioni predette, nonché l’assoluta corrispondenza con la situazione contabile precedentemente espressa in Lire.
Sulle maschere procedurali, agli operatori di Sede verranno visualizzati i valori finali espressi al centesimo di Euro.
Contribuzione I.V.S. sul minimale di reddito.
Il reddito minimo annuo da prendere in considerazione ai fini del calcolo del contributo IVS dovuto dagli artigiani e dagli esercenti attività commerciali è ottenuto sulla base delle disposizioni contenute nell'art.1, comma 3, della legge 2 agosto 1990, n. 233.
Tale valore è convertito secondo i principi generali in materia di conversione Lira/Euro contenuti nel quadro normativo.
Per quanto concerne l’esposizione degli importi prestampati dall’Istituto sul modello di pagamento F24, relativo ai contributi dovuti sul minimale, tali importi saranno arrotondati per le prime tre rate all’Euro superiore mentre per quanto riguarda la quarta rata, essa verrà ridotta degli arrotondamenti in eccesso applicati sulle prime tre rate emesse; l’importo risultante sarà arrotondato all’unità di Euro.
Contribuzione dovuta sulla base della quota di
reddito d'impresa eccedente il minimale.
La contribuzione dovuta sulla base della quota di reddito d’impresa superiore al minimale, in analogia alla contribuzione IVS sul minimale di reddito, dovrà anch’essa essere arrotondata all’unità di Euro.
Massimale di reddito imponibile.
Il massimale di reddito annuo entro il quale sono dovuti i contributi IVS è stabilito dal comma 4 dell’art. 1 della legge 2 agosto 1990, n. 233.
Tale valore è convertito secondo i principi generali in materia di conversione Lira/Euro contenuti nel quadro normativo.
Per i lavoratori privi di anzianità contributiva che si iscrivono con decorrenza gennaio 1996 o successiva, il massimale annuo è quello previsto dall'art. 2, c. 18, della legge 8 agosto 1995, n. 335.
Contribuzione per le prestazioni di maternità.
Il contributo, per effetto di quanto disposto dall’art. 49, c. 1, della legge 23 dicembre 1999 n. 488, già fissato nella misura di Lire 1.208,33 mensili, è convertito in Euro 0,62 mensili, per ciascun soggetto iscritto alla gestione di appartenenza.
Quote associative.
Come è noto, l’importo annuale delle quote associative è suddiviso in quattro rate trimestrali.
Per le quote di competenza dell’anno 2002, le prime tre rate, in deroga ai principi generali, saranno arrotondate per eccesso all’unità di Euro.
Sull’importo della quarta rata verrà effettuato lo scomputo dei centesimi di Euro versati in eccedenza sulle prime tre rate.
Essa sarà, pertanto, ridotta degli arrotondamenti in eccesso applicati sulle prime tre rate emesse e l’importo risultante sarà arrotondato all’unità di Euro.
L’importo annuale delle quote associative viene cumulato all’importo dei contributi sul minimale.
Parasubordinati.
Le attuali maschere di visualizzazione sotto modulo base, in ambiente AS 400, prevederanno una funzione di conversione automatica dei dati da Lire a centesimi di Euro.
Sugli archivi della Gestione Separata è presente un apposito “flag” che identifica il tipo di valuta, il quale permette di sapere se il GLA è stato presentato in Lire od in Euro.
Attualmente solo la fase relativa alla visualizzazione dei contributi versati prevede l’esposizione, in due colonne affiancate, degli importi sia in Lire che in Euro.
Sugli archivi della Gestione Separata, l’esposizione dei dati avverrà in Euro, fermo restando che le basi dati informatiche “storiche” manterranno, almeno in una prima fase, i valori in Lire.
Nei passaggi intermedi delle operazioni di conversione da Lire ad Euro, le applicazioni -operando anche con quattro decimali- garantiranno la precisione alla lira anche per il periodo precedente al 1998 (anni 1996 e 1997).
Per quanto concerne, invece, i modelli GLA di competenza dell’anno 2001 (da presentare entro il 31 marzo 2002 se valorizzati su modello cartaceo, ed entro il 30 aprile 2002 se valorizzati su supporto magnetico od inviati mediante trasmissione telematica dei dati via INTERNET, utilizzando l’apposito software realizzato e distribuito gratuitamente dall’Istituto, circolare n. 191 del 30 ottobre 2001) l’esposizione dei dati sui modelli GLA/R e GLA/C da parte dei contribuenti, potrà avvenire sia con i valori espressi in Lire sia in unità di Euro, secondo gli orientamenti recentemente espressi dall’Amministrazione Finanziaria (comunicato stampa diramato dall’Agenzia delle Entrate in data 23 ottobre 2001).
Ulteriori
importi stabiliti dall’ordinamento giuridico.
Per quanto non espressamente disciplinato occorre fare riferimento ai principi generali in materia di conversione Lira/Euro contenuto nel quadro normativo ed ai criteri per l’arrotondamento all’unità di Euro delle retribuzioni da assoggettare a contribuzione, dei contributi e delle altre somme a debito e a credito dei datori di lavoro.
Modello F24 sezione INPS.
Con riguardo ai contenuti riportati nelle avvertenze fornite ai contribuenti per la compilazione del modello F24, si chiarisce che, nella Sezione INPS del modello, l’importo va esposto in unità di Euro -sia nelle singole righe degli importi a debito versati che in quelle degli importi a credito compensati- nonché nelle caselle relative al totale ed al saldo, indicando dopo la virgola, nello spazio dedicato ai decimali, le due cifre “00”.
Compensazione nel modello F24.
Il limite massimo dei crediti di imposta e dei contributi compensabili ai sensi dell'art. 17 del D. Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, ovvero rimborsabili, a decorrere dal 1/1/2001, è pari a Lire 1 miliardo per ciascun anno solare (art. 34 della legge 28 dicembre 2000, n. 388).
Per effetto delle disposizioni richiamate nel quadro normativo tale importo è pari a Euro 516.456,90.
Allegato 1
REGOLAMENTO
(CE) N. 1103/97 DEL CONSIGLIO del 17 giugno 1997
relativo a talune disposizioni per l’introduzione dell’euro
(G. U. C. E. n. L 162 del 19/06/1997)
(…)
Articolo 3
L’introduzione dell’euro non avrà l’effetto di modificare alcuno
dei termini di uno strumento giuridico, né di sollevare o dispensare
dall’adempimento di qualunque strumento giuridico, né di dare ad una parte il
diritto di modificare o porre fine unilateralmente a tale strumento giuridico.
La presente disposizione non pregiudica eventuali accordi assunti dalle parti.
Articolo 4
I tassi di conversione sono adottati con riferimento ad un euro espresso in ciascuna delle monete nazionali degli Stati membri partecipanti. Tali tassi si compongono di sei cifre significative.
I tassi di conversione non vengono arrotondati o troncati all’atto delle conversioni.
I tassi di conversione vengono utilizzati per le conversioni delle unità euro nelle unità monetarie nazionali e viceversa. Non si utilizzano tassi inversi derivati dai tassi di conversione.
Gli importi monetari da convertire da un’unità monetaria nazionale in un’altra vengono prima convertiti in un importo monetario espresso in unità euro, arrotondato almeno fino alla terza cifra decimale, importo che viene successivamente convertito nell’altra unità monetaria nazionale. Non possono essere utilizzati metodi alternativi di calcolo, salvo se producono gli stessi risultati.
Articolo 5
Gli importi monetari da pagare o contabilizzare, in caso di arrotondamento dopo una conversione in unità euro effettuata conformemente all’articolo 4, sono arrotondati per eccesso o per difetto al cent più vicino. Gli importi monetari da pagare o contabilizzare che sono convertiti in unità monetarie nazionali sono arrotondati per eccesso o per difetto all’unità divisionale più vicina o, in assenza di unità divisionale, all’unità più vicina, ovvero, conformemente alle norme o pratiche nazionali, ad un multiplo o ad una frazione dell’unità divisionale o dell’unità della moneta nazionale. Se l’applicazione del tasso di conversione dà un risultato che si pone a metà, la somma viene arrotondata per eccesso.
(…)
Allegato 2
LEGGE 17 dicembre 1997, n. 433.
Delega al Governo per l’introduzione dell’euro.
(G.U. n. 295 del 19/12/1997)
(…)
Articolo 2
(Criteri e princìpi direttivi generali della delega legislativa)
1. Salvi gli specifici
princìpi e criteri direttivi stabiliti negli articoli seguenti ed in coerenza
con quelli contenuti nelle disposizioni comunitarie, i decreti legislativi di
cui all’articolo 1 saranno informati ai seguenti principi e criteri direttivi
generali:
a) continuità degli
strumenti e dei rapporti giuridici;
b) principio della
neutralità del passaggio dalla moneta nazionale all’euro e degli effetti
conseguenti;
c) piena
informativa delle regole della transizione;
d) previsione, mediante
norme per la fase transitoria, di periodi di adattamento che favoriscano il
passaggio graduale alla nuova moneta ed il suo consapevole utilizzo, in
particolare da parte dei consumatori;
e) per evitare disarmonie con
le discipline vigenti, nei settori interessati dalla normativa da attuare,
potranno essere introdotte le occorrenti modifiche o integrazioni alle
discipline stesse;
f) previsione della possibilità di disporre la delegificazione della disciplina di materie non coperte da riserva assoluta di legge, per l’adeguamento alle esigenze derivanti dall’introduzione della moneta unica europea, nel rispetto dei princìpi e criteri generali della presente legge e delle disposizioni comunitarie in materia;
g) assicurare che la
disciplina disposta sia conforme alle disposizioni comunitarie eventualmente
intervenute fino al momento dell’esercizio della delega;
h) alla copertura di
eventuali spese non contemplate da leggi vigenti e che non riguardano
l’attività ordinaria delle amministrazioni statali si provvederà, in quanto non
sia possibile farvi fronte con i fondi già assegnati alle competenti
amministrazioni, a norma degli articoli 5 e 21 della legge 16 aprile 1987,
n. 183, osservando altresì il disposto
dell’articolo 11 ter, comma 2, della legge 5 agosto 1978, n. 468, introdotto
dall’articolo 7 della legge 23 agosto 1988, n.
362, e successive modificazioni.
(…)
Articolo 5
(Calcoli intermedi)
Fermi restando i criteri generali stabiliti dai regolamenti
comunitari in materia, le norme delegate disciplinano le modalità di utilizzo
dell’euro nei calcoli intermedi effettuati ai fini della successiva
quantificazione di importi monetari da contabilizzare o da pagare.
Articolo 6
(Effetti della conversione di importi contenuti in norme vigenti)
1. Le norme delegate
disciplinano gli effetti della conversione in euro degli importi in lire
contenuti in norme vigenti, nel rispetto dei seguenti criteri:
a) dovrà
prevedersi l’irrilevanza degli scarti derivanti dalla automatica conversione di
lire in euro, con riferimento alle conseguenze che la norma riconnette agli
scostamenti dall’importo indicato;
b) qualora si renda opportuno
modificare il risultato della conversione, la modifica dovrà essere effettuata
mantenendo inalterato l’ordine di grandezza del l’originario importo in lire e
salvaguardando gli effetti giuridici che vi sono connessi, nel rispetto della
funzione svolta nell’ordinamento dalla disposizione considerata;
c) dovrà essere concesso un
adeguato periodo di adattamento agli importi stabiliti in euro ai sensi della
lettera a), prevedendo a tal fine una disciplina transitoria che tenga conto
del valore delle modifiche apportate;
d) le norme che prevedono
sanzioni pecuniarie, da sole, alternative o congiunte a pene detentive per la
commissione di taluni reati o che derivino da pene sostitutive o da conversione
di altre sanzioni, dovranno essere oggetto di singoli provvedimenti per gruppi
di materie al fine di conservare l’omogeneità, la congruità e la
proporzionalità delle sanzioni medesime. Gli stessi principi dovranno essere
osservati anche in relazione alle disposizioni omologhe contenute nella legge
24 novembre 1981, n. 689, e nelle disposizioni legislative di depenalizzazione
successivamente emanate, nonché alle sanzioni amministrative.
2. Le norme delegate disciplinano i criteri di arrotondamento degli importi in euro nelle ipotesi in cui una norma, pur non indicando un importo, ne preveda comunque i criteri di quantificazione, nel rispetto della funzione svolta nell’ordinamento dalla disposizione considerata e tenendo conto dell’equilibrio degli interessi delle parti coinvolte dalla disposizione medesima.
(…)
Allegato 3
REGOLAMENTO
(CE) N. 974/98 DEL CONSIGLIO del 3 maggio 1998
relativo all’introduzione dell’euro
(G.U.C.E. n. L 139 del 11/05/1998)
(…)
PARTE I
(DEFINIZIONI)
Articolo 1
1. Ai fini del presente
regolamento, si intende per:
“Stati membri partecipanti”: Belgio, Germania, Spagna, Francia,
Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Austria, Portogallo e Finlandia;
“strumenti giuridici”: disposizioni normative, atti
amministrativi, decisioni giudiziarie, contratti, atti giuridici unilaterali,
strumenti di pagamento diversi dalle banconote e dalle monete metalliche ed
altri strumenti aventi efficacia giuridica;
“tasso di conversione”: il tasso di conversione irrevocabilmente
fissato, adottato dal Consiglio per la moneta di ciascuno Stato membro
partecipante a norma dell’articolo 109 L, paragrafo 4, prima frase del
trattato;
“unità euro”: l’unità monetaria di cui all’articolo 2, seconda
frase;
“unità monetarie nazionali”: le unità delle monete degli Stati
membri partecipanti, così come definite il giorno precedente l’inizio della
terza fase dell’Unione economica e monetaria;
“periodo transitorio”: il periodo di tempo che inizia il 1°
gennaio 1999 e termina il 31 dicembre 2001;
“ridenominare”: modificare l’unità nella quale è espresso
l’importo di un debito in essere da un’unità monetaria nazionale all’unità
euro, come definito all’articolo 2; l’atto della ridenominazione lascia
tuttavia inalterato ogni altro termine del debito, essendo questa una materia
soggetta alle pertinenti norme del diritto nazionale.
PARTE II
(SOSTITUZIONE DELL’EURO ALLE MONETE DEGLI STATI MEMBRI
PARTECIPANTI)
Articolo 2
1. A decorrere dal 1° gennaio
1999, la moneta degli Stati membri partecipanti è l’euro. L’unità monetaria è
un euro. Un euro è diviso in cento cent.
(…)
PARTE
V
DISPOSIZIONI
FINALI
Articolo
13
Gli
articoli 14, 15 e 16 si applicano dopo lo scadere del periodo transitorio.
Articolo
14
I
riferimenti alle unità monetarie nazionali presenti negli strumenti giuridici
in vigore al termine del periodo transitorio vengono intesi come riferimenti
all'unità euro, da calcolarsi in base ai rispettivi tassi di conversione. Si
applicano le regole di arrotondamento definite nel regolamento (CE) n. 1103/97.
(…)
Allegato 4
DECRETO LEGISLATIVO 24 giugno 1998,
n. 213.
Disposizioni per l’introduzione dell’EURO nell’ordinamento nazionale, a norma dell’articolo 1, comma 1, della legge 17 dicembre 1997, n. 433. (G.U. n. 157 del 08/07/1998 suppl .ord. n. 116/L)
(modificato ed integrato con decreto legislativo n. 206 del
15/6/1999)
Titolo I
(DEFINIZIONI)
Articolo 1
(Definizioni)
1.Nel presente decreto si intendono per:
a) “Stati membri
partecipanti”: i paesi che adottano la moneta unica conformemente al Trattato;
b) “strumenti
giuridici”: disposizioni normative, atti amministrativi, decisioni giudiziarie,
contratti, atti giuridici unilaterali, strumenti di pagamento diversi dalle
banconote e dalle monete metalliche ed altri strumenti aventi efficacia
giuridica, di cui al Regolamento (CE) 1103/97 del 17 giugno 1997;
c) “tasso di conversione”: il
tasso di cambio irrevocabilmente fissato tra l’euro e la moneta nazionale di
uno Stato membro partecipante e tra l’euro e l’ecu;
d) “valute
aderenti”: le monete nazionali degli Stati membri partecipanti, nonché l’ecu;
e)“lira”: la lira italiana;
f) “Trattato”: il Trattato
istitutivo della Comunità Europea, e successive modifiche e integrazioni;
g) “periodo
transitorio”: il periodo di tempo compreso tra il 1° gennaio 1999 e il 31
dicembre 2001;
(…)
Titolo II
(PARAMETRI DI INDICIZZAZIONE, CALCOLI INTERMEDI E IMPORTI IN LIRE
CONTENUTI IN
NORME VIGENTI)
(…)
Articolo 3
(Calcoli intermedi)
1. Quando un importo in lire contenuto in strumenti giuridici diversi dalle norme vigenti non costituisce autonomo importo monetario da contabilizzare o da pagare ed occorre convertirlo in euro, l’importo convertito, salvo diverso accordo, va utilizzato con almeno:
a) cinque cifre decimali per
gli importi originariamente espressi in unità di lire;
b) quattro cifre decimali per
gli importi originariamente espressi in decine di lire;
c) tre cifre decimali per gli
importi originariamente espressi in centinaia di lire;
d) due cifre decimali per gli
importi originariamente espressi in migliaia di lire, salvo quanto previsto
dall’articolo 4.4 del Regolamento (CE) n. 1103/97
del 17 giugno 1997.
2. Quando un importo in euro
non costituisce autonomo importo monetario da contabilizzare o da pagare è
possibile trattarlo, anche elettronicamente, con un numero di cifre decimali a
piacere. Nei casi indicati al comma 1 il numero di cifre decimali non può
comunque essere inferiore a quello minimo richiesto dalle lettere da a) a d).
Articolo 4
(Importi in lire contenuti in norme vigenti)
1. A decorrere dal 1° gennaio
1999, quando un importo in lire contenuto in norme vigenti che stabiliscono tariffe,
prezzi amministrati o comunque imposti non costituisce autonomo importo
monetario da pagare o contabilizzare ed occorre convertirlo in euro, l’importo
convertito va utilizzato con almeno:
a) cinque cifre decimali per
gli importi originariamente espressi in unità di lire;
b) quattro cifre decimali per
gli importi originariamente espressi in decine di lire;
c) tre cifre decimali per gli
importi originariamente espressi in centinaia di lire;
d) due cifre decimali per gli
importi originariamente espressi in migliaia di lire.
(…)
Articolo 16
(Adozione dell'euro quale moneta di conto)
1. A decorrere dal 1 gennaio 1999 le imprese possono ad ogni
effetto adottare l'euro quale moneta di conto al posto della lira. A decorrere
dal 1 gennaio 2002 l'adozione dell'euro è obbligatoria.
(…)
Titolo VII
(CONVERSIONE IN EURO DELLE SANZIONI PECUNIARIE ESPRESSE IN LIRE)
Articolo 51
(Conversione delle sanzioni pecuniarie penali o amministrative)
1. A decorrere dal 1° gennaio
1999 ogni sanzione pecuniaria penale o amministrativa espressa in lire nelle
vigenti disposizioni normative si intende espressa anche in Euro secondo il
tasso di conversione irrevocabilmente fissato ai sensi del Trattato.
2. A decorrere dal 1° gennaio
2002 ogni sanzione penale o amministrativa espressa in lire nelle vigenti
disposizioni normative è tradotta in Euro secondo il tasso di conversione
irrevocabilmente fissato ai sensi del Trattato.
3. Se
l’operazione di conversione prevista dal comma 2 produce un risultato espresso
anche con decimali, la cifra è arrotondata eliminando i decimali.
(…)
Allegato 5
DECRETO LEGISLATIVO 15 giugno 1999,
n. 206.
Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 25
giugno 1998, n. 213, in materia di
introduzione dell’euro nell’ordinamento nazionale, a norma dell’articolo 1,
comma 4, della legge 17 dicembre 1997, n. 433.
(G.U. n. 149 del 28/06/1999)
(…)
Articolo 1
1. All’articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 24 giugno
1998, n. 213, le parole: “norme vigenti che stabiliscono tariffe, prezzi
amministrati o comunque imposti” sono sostituite dalle seguenti: “norme
vigenti, ivi comprese quelle che stabiliscono tariffe, prezzi amministrati o
comunque imposti”.
(…)
Allegato 6
MINISTERO DELLE FINANZE Circolare
23 dicembre 1998 n. 291.
Dipartimento
delle Entrate. D.Lgs. 24 giugno 1998, n. 213.Adempimenti fiscali derivanti
dall’introduzione dell’euro.
(G.U. n. 2 del
07/01/1999 - suppl. ord.)
1 PREMESSA
2 CONVERSIONE
IN EURO DI IMPORTI ESPRESSI IN LIRE
3 ADOZIONE
DELL’EURO QUALE MONETA DI CONTO
4 ADEMPIMENTI
CONTABILI
4.1 Generalità
4.2 Documenti contabili
4.2.1 Fatture e ricevute fiscali
4.2.2 Scontrini fiscali
4.3 Tenuta della contabilità fiscale
4.4 Documenti contabili obbligatori aventi
rilevanza esterna (bilanci, prospetti e rendiconti)
4.5 Problematiche relative all’IVA di gruppo
connesse con l’introduzione dell’euro 5
CONVERSIONE DEL CAPITALE SOCIALE IN EURO
5.1 Arrotondamento per eccesso
5.2 Arrotondamento per difetto
6 TRATTAMENTO
DELLE DIFFERENZE DI CAMBIO
6.1 Imprese industriali, mercantili e di
servizi
6.1.1 Metodo di imputazione “integrale e immediata “
(art. 18, comma 3)
6.1.2 Metodo di imputazione “pro-rata” (art. 18,
comma 5)
6.1.3 Metodo di imputazione “forfettaria” (art. 18,
comma 6)
6.1.4 Utilizzo del fondo rischi su cambi ex art.
72 del Tuir
6.1.5 Rilevanza delle differenze positive e/o
negative di cambio ai fini delle imposte sui redditi e dell’Irap.
6.2 Banche e società finanziarie
6.2.1 Ambito soggettivo
6.2.2 Raffronto tra la disciplina contenuta nel
D.Lgs. n. 213 del 1998 e quella contenuta nel D.Lgs. n. 87 del 1992
6.2.3 Lett. a) del comma 4 dell’art. 21 del D.Lgs
n. 213 del 1998
6.2.4 Lett. b) del comma 4 dell’art. 21 del D.Lgs
n. 213 del 1998
6.2.5 Rilevanza delle differenze positive e/o negative
di cambio ai fini dell’Irap
6.3 Imprese di assicurazione
6.3.1 Rilevanza delle differenze positive e/o
negative di cambio ai fini delle imposte sui redditi 7 COSTI E SPESE SOSTENUTE PER L’ADEGUAMENTO ALL’EURO
8 STABILI
ORGANIZZAZIONI ALL’ESTERO
9 CONTABILITÀ
PLURIMONETARIA
10
DICHIARAZIONI
10.1 Generalità
10.2 Aspetti particolari per i sostituti
d’imposta
10.3 Aspetti particolari per le dichiarazioni
IVA periodiche e annuali
11 ALTRI
TRIBUTI INDIRETTI, DIVERSI DALL’IVA, E TRIBUTI LOCALI
12 VERSAMENTI
DA EFFETTUARE
Appendice
1
Appendice 2
(Disposizioni normative)
1 PREMESSA
Come è noto,
il 31 dicembre 1998 verranno fissati irrevocabilmente i tassi di
conversione in
euro delle monete degli Stati membri partecipanti all’Unione Europea Monetaria
(UEM) e, a partire dal l° gennaio 1999, l’euro diventerà, di diritto, valuta
dei predetti Stati.
Nella
cosiddetta fase “transitoria” - che riguarda il periodo dal 1° gennaio 1999 al
31 dicembre 2001 - l’euro avrà pieno valore legale come moneta scritturale (non
circolerà come moneta cartacea e metallica) e, insieme alla lira, avrà corso
legale nello Stato italiano.
Dal 1° gennaio
2002 l’euro sarà immesso in circolazione sotto forma di banconote e monete
metalliche, mentre la lira verrà ritirata dalla circolazione e cesserà di avere
corso legale al più tardi il 30 giugno 2002.
A livello
comunitario l’introduzione dell’euro è disciplinata dal Regolamento
(CE) n.
1103/97 del 17 giugno 1997 e dal Regolamento (CE) n. 974/98 del 3 maggio 1998.
Per quanto
riguarda l’Italia, con il D.Lgs. 24 giugno 1998, n. 213 (Supplemento ordinario
n. 116/L alla G.U. n. 157 dell’8 luglio 1998), recante “Disposizioni per
l’introduzione dell’EURO nell’ordinamento nazionale”, sono state emanate le
relative norme nazionali, in attuazione della delega contenuta nella legge 17
dicembre 1997, n. 433.
L’art. 1 di
detto decreto fornisce le definizioni dei principali riferimenti adoperati nel
provvedimento stesso, dei quali si segnalano i più significativi sotto il
profilo fiscale:
“strumenti
giuridici”: disposizioni normative, atti amministrativi, decisioni giudiziarie,
contratti, atti giuridici unilaterali, strumenti dì pagamento diversi dalle
banconote e dalle monete metalliche ed altri strumenti aventi efficacia
giuridica, di cui al Regolamento (CE) n. 1103/97 del 17 giugno 1997;
“tasso di
conversione”: il tasso di cambio irrevocabilmente fissato tra l’euro e la
moneta nazionale di uno Stato membro partecipante e tra l’euro e l’ecu;
“valute
aderenti”: le monete nazionali degli Stati membri partecipanti, nonché l’ecu;
“periodo
transitorio”: il periodo di tempo compreso tra il 1° gennaio 1999 e il 31
dicembre 2001;
“documenti
contabili obbligatori a rilevanza esterna”: il bilancio d’impresa, il bilancio
consolidato, gli altri prospetti e rendiconti annuali e infra-annuali,
periodici e straordinari, destinati al pubblico;
“moneta di
conto”: la moneta, lira o euro, che risulta in prevalenza utilizzata, a partire
da un dato momento, per la rilevazione delle operazioni di gestione;
“elementi
monetari”: le disponibilità di denaro, le attività e passività iscritte in
bilancio e le restanti operazioni in corso (dette anche “fuori bilancio”) che
comportano o comporteranno il diritto ad incassare o l’obbligo a pagare a date
future importi di denaro determinati o determinabili;
“attività,
passività e operazioni fuori bilancio”: gli elementi dell’attivo e del passivo
del bilancio nonché le garanzie rilasciate, gli impegni a erogare o a ricevere
fondi, i contratti di compravendita non ancora regolati e i contratti derivati.
Ciò premesso,
al fine di una uniforme applicazione delle suddette disposizioni normative, si
forniscono di seguito chiarimenti in ordine alle conseguenti implicazioni di
natura fiscale.
2 CONVERSIONE
IN EURO DI IMPORTI ESPRESSI IN LIRE Il Regolamento (CE) n. 974/98 stabilisce
all’art. 2 che, a decorrere dal 1° gennaio 1999, la moneta degli Stati membri
partecipanti (Belgio, Germania, Spagna, Francia, Irlanda, Italia, Lussemburgo,
Paesi Bassi, Austria, Portogallo e Finlandia) è l’euro. L’unità monetaria è un
euro e l’euro è diviso in cento centesimi.
Il successivo
art. 3 dispone che l’euro sostituisce, al tasso di conversione irrevocabilmente
fissato al 31 dicembre 1998, la moneta di ciascuno Stato membro partecipante.
Inoltre,
l’art. 6 del Regolamento in parola dispone, relativamente al periodo
transitorio, che “ove uno strumento giuridico faccia riferimento a un’unità
monetaria nazionale, tale riferimento ha il medesimo valore di un riferimento
all’unità euro in base ai tassi di conversione”.
È appena il
caso di chiarire che tale principio si applica anche agli importi in lire
contenuti nel D. L. 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni,
dalla L. 29 ottobre 1993, n. 427, ancorché gli stessi siano la risultante della
conversione dall’ecu, atteso che derivano dalla Direttiva n. 91/680 del 16
dicembre 1991, la quale fissava a tale data il tasso di conversione
dell’ecu. Il Regolamento (CE) n.
1103/97, a sua volta, stabilisce all’articolo 5 le regole di arrotondamento che
occorre seguire nel caso di conversioni in euro o nelle monete nazionali di
importi monetari da pagare o contabilizzare.
Tali importi, se espressi in euro, devono essere arrotondati al centesimo
(che come sopra detto costituisce l’unità divisionale minima della moneta in
parola), per eccesso, se la frazione non è inferiore a 0,005 euro, e, per
difetto, se la frazione è inferiore a tale ammontare.
In sostanza,
in base all’enunciato criterio, si avrà, ad esempio, che un importo di 10,254
euro va arrotondato a 10,25 euro mentre un importo di 10,255 euro, o superiore,
si arrotonda a 10,26 euro.
A tale
proposito, è opportuno segnalare che il nuovo metodo differisce da quello
costantemente usato, ad esempio, in materia di imposte sui redditi e di IVA,
che prevede, al contrario, l’arrotondamento per difetto degli importi che si
pongono nel mezzo, per cui lire 1.500 sono arrotondate a lire 1.000 mentre lire
1.501 sono arrotondate a lire 2.000.
Occorre tenere
anche conto di quanto stabilito dall’art. 2 del Regolamento (CE) n. 1103/97, il
quale prevede che qualunque riferimento all’ecu contenuto in uno strumento
giuridico, se fatto ai sensi dell’art. 109 G del Trattato e secondo la
definizione di cui al Regolamento (CE) n. 3320/94, è sostituito da un
riferimento all’euro al tasso di un euro per un ecu.
3 ADOZIONE
DELL’EURO QUALE MONETA DI CONTO L’art. 16, comma 1, del D.Lgs. n. 213 del 1998,
stabilisce che, a decorrere dal 1° gennaio 1999, le imprese hanno la facoltà di
adottare l’euro come moneta di conto.
In proposito
si ricorda che la Relazione illustrativa del citato decreto legislativo precisa
che per “imprese” devono intendersi quelle definite come tali dalla
legislazione fiscale. Pertanto, ai fini che qui interessano, occorre fare
riferimento all’art. 4 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, e quindi anche alle
imprese agricole.
Il comma 2
dello stesso art. 16 prevede, inoltre, che quando l’euro è utilizzato come
moneta di conto, i documenti contabili obbligatori a rilevanza esterna, secondo
la definizione riportata in premessa, riferiti ad una data compresa tra il l°
gennaio 1999 e il 31 dicembre 2001, possono essere ad ogni effetto redatti e
pubblicati in euro, mentre quelli riferiti a date successive devono essere
redatti e pubblicati in euro.
Attesa la
tassatività dell’elencazione contenuta nell’art. 1, comma 1, lett. n), del
decreto in discorso, la suddetta regola vale soltanto relativamente ai
documenti contabili obbligatori a rilevanza esterna sopra indicati.
I successivi
commi dell’art. 16 riguardano in particolare:
i documenti
contabili obbligatori a rilevanza esterna delle banche e delle società
finanziarie, delle imprese di assicurazione, delle società emittenti gli
strumenti finanziari negoziati sui mercati regolamentati italiani di cui
all’art. 1, comma 2, lettere a) e b) del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 e le
rispettive imprese controllate, così come definite dalle norme che disciplinano
il bilancio consolidato (comma 3);
le modalità di
redazione dei documenti contabili obbligatori a rilevanza esterna (commi 4, 5,
6 e 7);
le modifiche
al codice civile e alle leggi speciali al fine di adeguare talune norme
relative al bilancio di esercizio e a quello consolidato all’euro (comma 8).
Le regole
poste nei commi 1, 2, 4, 5 e 6 del citato art. 16 si applicano, in quanto
compatibili, ai sensi dell’art. 20 del medesimo decreto, agli operatori
economici diversi dalle imprese.
Con riguardo
ai soggetti configurabili quali “operatori economici diversi dalle imprese”, si
precisa che in tale categoria rientrano gli enti di cui alla lettera c), del
comma 1, dell’art. 87 del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con
D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir), ossia gli enti pubblici e privati,
diversi dalle società, ivi comprese le ONLUS, che non hanno per oggetto
esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali o agricole, atteso
che anche tali soggetti possono essere tenuti per legge o per statuto alla
redazione di un bilancio ovvero di un rendiconto.
Sono
inquadrabili tra gli operatori economici diversi dalle imprese anche gli
esercenti arti e professioni, nei cui confronti si rende di fatto applicabile
il solo comma 1 dell’art. 16 del D.Lgs. n. 213 del 1998.
4 ADEMPIMENTI
CONTABILI
4.1 Generalità
Al fine della
applicazione delle disposizioni normative di cui all’art. 16 del D.Lgs. n. 213
del 1998, si forniscono alcuni chiarimenti in materia di fatturazione delle
operazioni. di certificazione dei corrispettivi, di registrazione delle
operazioni e di liquidazione dell’imposta sul valore aggiunto nonché in materia
di tenuta delle scritture contabili. Va
preliminarmente chiarito che gli importi da indicare nella documentazione
fiscale (fatture, scontrini, ecc.) e in contabilità - se espressi in euro,
anche per conversione di valori in lire - devono essere arrotondati al
centesimo più prossimo solo se si tratta di autonomi importi da pagare o
contabilizzare. Quando non ricorre
questa ipotesi, si è in presenza dei cosiddetti calcoli intermedi in ordine ai
quali vi è, in linea di massima, la libertà di trattarli, anche
elettronicamente, con un numero di cifre decimali a piacere, salvo che
ricorrano le residuali ipotesi previste dagli articoli 3 e 4 del citato
decreto.
4.2 Documenti contabili
4.2.1 Fatture e ricevute fiscali
Durante il
periodo transitorio i contribuenti possono emettere liberamente fatture in lire
o in euro (così come possono emetterne talune in lire e talune in euro), ovvero
riportare la doppia indicazione, prescindendo dalla moneta utilizzata per la
contabilizzazione delle operazioni, atteso che la fattura non rientra tra i
documenti contabili obbligatori a rilevanza esterna elencati nell’art. 1, comma
1, lett. n), del D.Lgs. n. 213 del 1998.
Peraltro, non potendosi considerare né la lira né l’euro come valuta
estera, non sarà necessario prendere nota della valuta (euro o lira) in cui è
stata emessa la fattura che viene convertita nell’altra ai fini della
registrazione. Si precisa che,
qualunque sia la valuta in cui si emette la fattura, tutti gli elementi in essa
contenuti (quali l’imponibile, l’imposta e il totale) devono essere espressi
nella medesima valuta.
Allo scopo di
agevolare i contribuenti è comunque consentita la doppia indicazione in fattura
dei dati, sia in lire che in euro.
Nella conversione in euro delle fatture emesse in lire, l’arrotondamento
è effettuato fino al centesimo di euro, ossia fino a due cifre decimali e gli
importi decimali devono essere separati dalle unità mediante i simboli
convenzionalmente in uso: in Italia attualmente la virgola. La conversione in euro deve interessare gli
elementi fiscalmente rilevanti (imponibile, imposta, ritenute, ecc.) contenuti
nella fattura, negli ammontari in essa indicati, arrotondandoli secondo il
criterio sopra enunciato e sommando gli importi già convertiti in euro al fine
di ottenere il totale nella stessa valuta. Quest’ultimo può anche discostarsi
dal totale espresso in lire, ma è da ritenere che la differenza potrà essere
scarsamente rilevante. Per ciò che
concerne i calcoli intermedi - categoria residuale che comprende gli importi
diversi da quelli che vanno autonomamente contabilizzati o pagati - occorre
distinguere se gli stessi siano contenuti in strumenti giuridici diversi dalle
norme vigenti ovvero se siano contenuti in norme vigenti. Nel primo caso si applica l’articolo 3 del
D.Lgs. n. 213 del 1998, mentre, nel secondo caso, l’articolo 4 del medesimo
decreto.
Relativamente
all’articolo 3 si precisa che lo stesso è applicabile se:
un contratto
esprime il prezzo unitario di un bene in lire,
si tratta di
importi non superiori alle migliaia di lire;
occorre
convertire tali importi in euro (perché, ad esempio, il fornitore vuole
fatturare in questa valuta);
manca un
diverso accordo delle parti;
non si tratta
di autonomi importi da contabilizzare o da pagare.
In presenza
delle condizioni sopra evidenziate l’articolo in rassegna impone di utilizzare
l’importo convertito in euro con almeno:
cinque cifre
decimali per gli importi originariamente espressi in unità di lire (da 1 a 9
lire);
quattro cifre
decimali per gli importi originariamente espressi in decine di lire (da 10 a 99
lire),
tre cifre
decimali per gli importi originariamente espressi in centinaia di lire (da 100
a 999 lire);
due cifre
decimali per gli importi originariamente espressi in migliaia di lire (da 1.000
a 9.999 lire).
Si tratta,
come si può notare, di fattispecie che presumibilmente ricorreranno in un
numero circoscritto di casi.
Per quanto
riguarda gli importi in lire contenuti in norme vigenti, l’articolo 4 si occupa
solo di talune fattispecie (tariffe, prezzi amministrati o comunque imposti),
sempre che non si tratti di un autonomo importo monetario da pagare o
contabilizzare e che occorra convertirlo in euro, prevedendo l’obbligo di
utilizzare lo stesso numero di decimali di cui all’articolo 3. All’infuori dei suddetti casi trovano
applicazione i principi comunitari secondo i quali gli importi indicati nella
valuta nazionale si intendono espressi nel corrispondente valore in euro, in
base ai tassi di conversione. In
ordine, poi, alla conversione in lire delle fatture emesse in euro, si precisa
che essa va effettuata con gli stessi criteri già descritti, con la conseguenza
che dovranno essere convertiti in lire l’imponibile e l’imposta indicati in
euro nella fattura.
Nel caso in
cui dalla conversione degli importi dall’euro in lire risultino dei numeri
decimali, gli importi medesimi devono essere arrotondati ai sensi dell’art. 5
del Regolamento (CE) n. 1103/97; conseguentemente non risulta applicabile l’art.
21 del D.P.R. n. 633 del 1972 secondo cui, invece, nella fattura l’aliquota e
l’ammontare dell’imposta vanno espressi con arrotondamento alla lira delle
frazioni inferiori.
I criteri e le
modalità di conversione in euro o in lire degli importi indicati nella diversa
valuta, sin qui esposti con riferimento alle fatture, sono validi anche per
l’emissione delle ricevute fiscali e dei documenti di trasporto di cui all’art.
2 del D.P.R. 21 dicembre 1996, n. 696, recanti l’indicazione dei corrispettivi.
Per quanto
riguarda, infine, la conversione delle fatture intracomunitarie, si rammenta
che l’art. 43, comma 3, del D. L. n. 331 del 1993 prevede, ai fini della
determinazione della base imponibile relativa agli acquisti intracomunitari,
che “i corrispettivi, le spese e gli oneri di cui all’art. 13 del decreto del
Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, in valuta estera sono
computati secondo il cambio del giorno, se indicato nella fattura, di
effettuazione dell’operazione o, in mancanza di tale indicazione, della data
della fattura”.
Ferma restando
tale procedura, si evidenzia che, a partire dal 1° gennaio 1999, nell’ipotesi
di fatture espresse in una delle valute aderenti, gli acquirenti nazionali
devono preliminarmente convertire, ai sensi dell’art. 4, comma 4, del citato
Regolamento (CE) n. 1103/97, tali importi in euro, con arrotondamento almeno
fino alla terza cifra decimale e, successivamente, convertire l’importo
ottenuto in moneta nazionale. Non possono essere utilizzati metodi alternativi
di calcolo, salvo se producano gli stessi risultati.
Si propongono
i seguenti esempi:
1) operatore francese emette fattura in
franchi francesi: l’acquirente nazionale provvede a convertire i franchi in
euro e, successivamente, l’importo ottenuto in lire. Quest’ultima conversione,
da effettuarsi anche nell’ipotesi in cui il cessionario abbia scelto di tenere
una contabilità espressa in euro, è necessaria per la compilazione della
colonna 5 del mod. INTRA-2 bis, concernente il riepilogo degli acquisti intracomunitari
di beni;
2) operatore francese emette fattura in euro:
l’acquirente nazionale provvede a convertire l’importo espresso in euro sia in
lire italiane sia in franchi francesi. La doppia conversione si rende
necessaria al fine della compilazione delle colonne 4 e 5 del citato mod.
INTRA-2 bis;
3) operatore francese emette fattura in
dollari statunitensi: l’acquirente nazionale provvede a convertire i dollari in
euro e, successivamente, l’importo ottenuto sia in lire italiane sia in franchi
francesi, ai fini anche della compilazione delle colonne 4 e 5 del citato mod.
INTRA-2 bis. In tale ipotesi, la conversione dollari-euro va effettuata con
riferimento alla data di effettuazione dell’operazione, se indicata in fattura,
o, in mancanza di tale indicazione, con riferimento alla data della fattura
stessa, secondo quanto stabilito dall’art. 43 del D.L. n. 331 del 1993 (Cfr.
Circolare n. 13 del 23 febbraio 1994, parte B, paragrafo 5.1), utilizzando il
tasso di cambio giornalmente comunicato dagli organi competenti, con
l’avvertenza che, in assenza di detto cambio, va fatto riferimento a quello del
giorno antecedente più prossimo;
4) operatore della Gran Bretagna (Stato membro
dell’Unione Europea non partecipante all’euro) emette fattura in sterline inglesi:
l’acquirente nazionale provvede a convertire le sterline in euro, secondo il
tasso di cambio giornalmente comunicato dagli organi competenti e,
successivamente, l’importo ottenuto in lire.
È appena il
caso di precisare che, anche durante il periodo transitorio, la procedura di
registrazione degli acquisti intracomunitari di cui all’art. 47 del D.L. n. 331
del 1993 resta invariata, con i dovuti aggiustamenti connessi alla possibilità
di annotare indifferentemente, come sopra detto, sia importi in euro che
importi in lire.
Si fa
presente, infine, che per le cessioni intracomunitarie, qualora sia emessa
fattura in euro, si rende necessario in ogni caso procedere alla conversione in
lire dell’ammontare dell’operazione ai fini della compilazione della colonna 4
del mod. INTRA-1 bis, ferma restando, ovviamente, la possibilità di registrarla
in euro.
Con riguardo
alle procedure di annotazione nei modelli Intra, evidenziate nei punti che
precedono, si precisa che le stesse valgono nella prima fase dell’introduzione
dell’euro, salvo ulteriori indicazioni che verranno fornite a seguito di un
coordinamento a livello comunitario.
4.2.2 Scontrini fiscali
Si precisa, in
linea generale, che nel periodo transitorio non vi è l’obbligo di modificare
l’attuale funzionamento in lire degli apparecchi misuratori fiscali, ferma
restando la possibilità di indicare gli importi anche in euro o solo in euro.
Per quanto
concerne l’organizzazione e il contenuto dello scontrino fiscale si ritengono
ammissibili le seguenti soluzioni alternative.
1. Esposizione nello scontrino fiscale delle
singole transazioni in lire; indicazione dell’importo totale in lire (associato
al simbolo “L” o alla scritta “LIRE” o “lire” o “Lit.”) e del corrispondente
importo totale in euro (associato al simbolo “€”, alla sigla “EUR” o “Eur” o
alla scritta “euro” o “EURO”), ottenuto dalla conversione dell’importo totale
in lire ed espresso con non più di due cifre decimali, qualora si tratti di
autonomi importi da pagare o contabilizzare; i suddetti due totali possono
essere indicati su una sola riga o su due righe, è facoltativa l’esplicitazione
del rapporto di conversione (ad esempio 1 euro pari a ..... lire).
2. Emissione dello scontrino fiscale in lire
ed emissione consecutiva di un’appendice recante in testa e in coda la scritta
“appendice in euro”, attivabile dall’operatore con l’apposito tasto solo dopo
la chiusura di uno scontrino fiscale. Il secondo documento, se emesso, deve
contenere tutti i dati riportati nello scontrino fiscale, esclusi il numero
progressivo e il logotipo fiscale, e deve essere rilasciato al cliente,
costituendo sostanzialmente la copia in euro dello scontrino fiscale vero e
proprio, senza che abbia peraltro alcuna autonoma rilevanza fiscale.
Lo scontrino
fiscale è emesso con l’indicazione delle singole voci e dell’importo totale in
lire; è facoltativo l’utilizzo del simbolo “L” o “Lit.” nell’indicazione del
totale. Il secondo documento deve indicare le singole voci espresse in euro,
con non più di due cifre decimali, qualora si tratti di autonomi importi da
pagare o contabilizzare, in testa alla colonna degli importi delle transazioni
deve essere indicato il simbolo “€” o la sigla “EUR” o “Eur” o la parola per
esteso “euro’” o “EURO”, l’importo totale deve essere preceduto dal simbolo “€”
o dalla sigla “EUR” o “Eur” o dalla parola “euro” o “EURO” e deve essere
ottenuto dalla somma dei singoli addendi già convertiti in moneta europea.
3. Emissione di uno scontrino con esplicita
indicazione della moneta utilizzata per ogni singolo importo. Sono autorizzate
le seguenti due possibilità alternative di organizzazione dello scontrino
fiscale:
3.1 Esposizione delle transazioni per colonne
affiancate, una dedicata agli importi in lire e l’altra agli importi espressi
in euro, questi ultimi importi ottenuti mediante conversione, con indicazione
in testa ad ogni colonna del simbolo della valuta o della sigla o della
corrispondente parola per esteso, nel rispetto delle regole nazionali e
comunitarie (€, EUR, Eur, EURO, euro, L., Lit., Lire). Il totale dei valori in
euro è la somma delle singole voci. Ogni voce e il totale sono espressi con non
più di due cifre decimali, qualora si tratti di autonomi importi da pagare o
contabilizzare;
3.2 Esposizione delle singole transazioni su righe
diverse e successive, indicando su una i valori espressi in lire e sull’altra
quelli espressi in euro, con non più di due cifre decimali, qualora si tratti
di autonomi importi da pagare o contabilizzare, facendo precedere ogni voce
dall’esplicita relativa indicazione del simbolo o della sigla o della parola
per esteso; il valore in euro deve risultare dalla conversione del
corrispondente valore espresso in lire. L’importo totale in euro deve risultare
dalla somma dei singoli importi parziali in euro. È possibile allineare
l’importo in euro sulla sinistra dello scontrino adottando solo per esso il
relativo simbolo, sigla o parola per esteso.
4. Emissione di uno scontrino fiscale con valori
espressi in lire, che reca in appendice, senza soluzione di continuità, uno
spazio nel quale evidenziare soltanto gli importi delle transazioni e del
totale espressi in euro. Tali indicazioni devono essere collocati almeno tre righe
dopo il logotipo fiscale ed il numero di matricola, con l’apposizione in testa
e in coda all’indicazione medesima della scritta “appendice in euro”. La
funzione può essere attivata dall’operatore con apposito comando della
tastiera. Nel caso di emissione dello
scontrino fiscale con valori espressi solo in euro, si applicano in modo
speculare le stesse soluzioni di cui ai punti precedenti. Le conversioni da un’unità monetaria
all’altra debbono rispettare in ogni caso le regole comunitarie al riguardo, facendo
riferimento, per quanto riguarda il simbolo, l’abbreviazione ed il nome sia
della lira che dell’euro, a quanto indicato nel precedente punto 3.1.
Relativamente
allo scontrino di chiusura giornaliera, si precisa che la struttura dello
stesso deve rimanere invariata nel periodo transitorio, ferma restando la
possibilità di esprimere gli importi solo in lire, solo in euro, ovvero in
entrambe le valute.
In particolare
si precisa che nel caso in cui nel periodo transitorio sia attivata la funzione
di emissione di scontrini fiscali, alcuni espressi in lire ed altri in euro,
nello scontrino di chiusura giornaliera dovranno essere indicati separatamente
in lire ed in euro gli importi prescritti dall’art. 12 del D.M. 23 marzo 1983.
Per quanto
attiene alle specifiche tecniche e alle modalità di adeguamento degli
apparecchi misuratori fiscali, si rinvia a quanto contenuto nell’appendice 1
alla presente circolare.
4.3 Tenuta della contabilità fiscale
Nel periodo
transitorio i contribuenti, indipendentemente dal regime contabile adottato
(contabilità ordinaria, semplificata, ecc.), hanno la facoltà di effettuare le
annotazioni delle operazioni nelle scritture contabili obbligatorie, in lire o
in euro.
Si precisa che
nel suddetto periodo transitorio la scelta tra l’una o l’altra valuta può
essere effettuata senza alcuna formalità, essendo rilevante, al riguardo, il
comportamento concludente del contribuente e può aver luogo in qualsiasi
momento del periodo d’imposta, senza che ciò comporti necessariamente l’attivazione
di nuovi registri contabili, fermo restando l’obbligo di effettuare gli
opportuni adattamenti.
Qualora il
contribuente intenda tenere la contabilità in entrambe le valute, l’annotazione
nel registro di cui all’art. 23 del D.P.R. n. 633 del 1972, fermo restando che
l’operazione deve essere registrata una sola volta, sarà effettuata in
relazione alla valuta prescelta nell’emissione della fattura. In particolare,
saranno utilizzate soltanto le colonne denominate in lire per le fatture emesse
in tale valuta e quelle denominate in euro per le fatture emesse in
quest’ultima valuta.
Analogamente,
i soggetti di cui all’art. 22 del D.P.R. n. 633 del 1972, che esercitano il
commercio al minuto e le attività assimilate, possono annotare i corrispettivi
delle operazioni effettuate in ciascun giorno, nonché le eventuali fatture
emesse, nel registro di cui all’art. 24 del medesimo decreto in lire o in euro.
Si precisa che
per le fatture di acquisto, da registrare ai sensi dell’art. 25 del D.P.R. n.
633 del 1972, si applicano gli stessi criteri sopra illustrati con riferimento
alle fatture emesse.
Pertanto, nel
caso in cui un soggetto riceva una fattura in una delle valute aderenti ovvero
in valute diverse, lo stesso può registrarla in euro o in lire. In ordine alla registrazione di fatture
espresse in una delle valute aderenti, si rammenta che, ai sensi dell’art. 4,
comma 4, del Regolamento (CE) n. 1103/97, gli importi monetari da convertire in
lire debbono essere prima convertiti in euro e arrotondati almeno fino alla
terza cifra decimale. Resta ferma,
naturalmente, la possibilità di avvalersi, per motivi di organizzazione
aziendale, di registri sezionali in cui annotare le operazioni in lire o in
euro, da tenere ai sensi dell’art. 39 del D.P.R. n. 633 del 1972.
4.4 Documenti contabili obbligatori aventi
rilevanza esterna (bilanci, prospetti e rendiconti)
Come già
precisato, l’art. 16 del D.Lgs. n. 213 del 1998 stabilisce che, a partire dalla
redazione e pubblicazione del primo documento contabile obbligatorio a
rilevanza esterna in euro, tutti i documenti della medesima natura, riferiti a
quella data e a date successive, sono redatti in euro salvo che ricorrano
particolari ragioni.
In assenza di
specifiche previsioni che impongano l’obbligo di adottare la contabilità in
euro dopo la redazione (e la pubblicazione per i soggetti tenuti a tale
adempimento) del primo documento contabile obbligatorio a rilevanza esterna, le
imprese medesime, durante il periodo transitorio, mantengono la facoltà di
annotare le operazioni sia in lire che in euro.
4.5 Problematiche relative all’IVA di gruppo
connesse con l’introduzione dell’euro Come già detto, durante il periodo
transitorio le imprese e gli altri operatori economici possono adottare l’euro
come moneta di conto, oppure continuare a tenere le proprie scritture contabili
con l’indicazione degli importi in lire.
Questo principio è valido anche per gli enti e le società controllanti e
controllate che fruiscono della facoltà di compensare l’imposta sul valore
aggiunto in capo al soggetto controllante, ai sensi dell’art. 73 del D.P.R.
n. 633 del 1972 e delle disposizioni
recate dal D.M. 13 dicembre 1979. Al riguardo si evidenzia che, all’interno di
un gruppo, è consentito sia al soggetto controllante che a ciascun soggetto
controllato di scegliere liberamente la propria unità di conto, senza essere
giuridicamente vincolato dalla scelta effettuata dagli altri soggetti del
gruppo.
Ne consegue
che nel caso in cui all’interno di un gruppo non vi sia omogeneità nella scelta
dell’unità di conto, in sede di liquidazione dell’imposta, al fine di
effettuare la compensazione tra debiti e crediti all’interno del gruppo, per
calcolare l’eventuale versamento o l’eventuale credito d’imposta, la società o
ente controllante deve convertire nell’unità di conto dallo stesso adottata
(lira o euro) tutti gli importi risultanti dalle liquidazioni dei singoli enti
o società che compongono il gruppo.
Si fa
presente, inoltre, che, se un gruppo fruisce della facoltà prevista dalla
normativa sopramenzionata, nell’ipotesi in cui al suo interno non vi sia
omogeneità di unità di conto, il soggetto controllante (cosiddetto capogruppo)
deve presentare all’Ufficio del proprio domicilio fiscale la propria
dichiarazione e i due prospetti riguardanti, il primo, le liquidazioni
periodiche, i versamenti e la determinazione dell’IVA del gruppo (modello IVA
26 PR), e il secondo, le liquidazioni periodiche proprie e quelle dei soggetti
controllati (modello IVA 26 LP), con le indicazioni dei dati espressi nell’unità
di conto prescelta dal controllante (lira o euro), anche se diversa da quella
adottata dai soggetti controllati.
Ovviamente, i
soggetti controllati devono presentare la propria dichiarazione nell’unità di
conto prescelta.
5 CONVERSIONE
DEL CAPITALE SOCIALE IN EURO L’art. 17, comma 1, del D.Lgs n. 213 del 1998
disciplina le operazioni di conversione in euro del capitale sociale espresso
in lire mediante l’applicazione del tasso di conversione al valore nominale
delle azioni, arrotondando il risultato cui si perviene ai centesimi di euro,
secondo quanto stabilito dall’art. 5 del Regolamento (CE) n. 1103/97. Il successivo comma 2 stabilisce che,
qualora l’arrotondamento di cui sopra venga effettuato per eccesso, l’aumento
del capitale sociale e il corrispondente aumento del valore nominale delle
azioni deve avvenire mediante l’utilizzo di riserve, ivi compresa quella legale
se necessaria, e dei fondi speciali iscritti in bilancio.
Inoltre, il
comma 4 dello stesso articolo 17 precisa che, se l’arrotondamento avviene per
difetto, la riduzione del capitale sociale cui corrisponde la riduzione del
valore nominale delle azioni è effettuata mediante accredito della riserva
legale.
In proposito,
si evidenzia che, in caso di arrotondamento per eccesso, qualora non sussistano
riserve o queste siano insufficienti, è consentito, ai sensi del comma 3 del
ripetuto articolo 17, di troncare ai centesimi di euro la conversione prevista
al comma 1 del medesimo articolo e, conseguentemente, si applicano le
disposizioni previste dal successivo comma 4 relativamente all’arrotondamento
per difetto.
Infine, ai
sensi del comma 10 del medesimo art. 17 del D.Lgs. n. 213 del 1998 le predette
disposizioni si applicano, in quanto compatibili, anche alle società a
responsabilità limitata e alle società cooperative.
5.1 Arrotondamento per eccesso
Nel caso in
cui l’aumento del capitale sociale e del corrispondente valore nominale delle
azioni dovuto all’arrotondamento per eccesso sia effettuato mediante l’utilizzo
di riserve o dei fondi speciali iscritti in bilancio, si precisa che tale
aumento gratuito del valore nominale delle azioni o quote già emesse non
costituisce utile per i soci, ai sensi dell’art. 44, comma 2, primo periodo,
del Tuir.
Tuttavia,
qualora l’aumento avvenga mediante passaggio a capitale di riserve o fondi
diversi da quelli costituiti con sovrapprezzi di emissione azioni e quote, con
interessi di conguaglio versati dai sottoscrittori di nuove azioni o quote, con
versamenti fatti dai soci a fondo perduto o in conto capitale e con saldi di
rivalutazione monetaria esenti da imposta, l’eventuale successiva riduzione del
capitale, per la parte corrispondente all’anzidetto passaggio di riserve, è
considerata distribuzione di utili, ai sensi del secondo periodo, del citato art.
44, comma 2, del Tuir. Peraltro, l’eventuale successiva riduzione del capitale
si imputa con precedenza alla parte dell’aumento complessivo di capitale
derivante da passaggi a capitale di riserve e fondi diversi da quelli sopra
citati (Cfr. ultima parte del citato secondo periodo del comma 2, dell’art. 44,
del Tuir)
5.2 Arrotondamento per difetto
Nel caso di
arrotondamento per difetto e quindi di riduzione del capitale sociale cui
corrisponde la diminuzione del valore nominale delle azioni o quote, l’accredito
della riserva legale dell’importo pari a detta riduzione non assume rilievo
fiscale trattandosi di una operazione permutativa tra voci del patrimonio
netto. Qualora però, successivamente, si proceda alla riduzione della riserva
legale mediante distribuzione della stessa, si applicano le disposizioni in
materia di tassazione di dividendi di cui agli articoli 41 e seguenti del Tuir,
con la precisazione che l’ammontare di detta riduzione va proporzionalmente
attribuito in parte all’importo derivante dall’arrotondamento per difetto (in
quanto tale non tassabile) e in parte all’importo della riserva legale prima
che venisse effettuato l’accredito che, invece, dà luogo a tassazione.
6 TRATTAMENTO
DELLE DIFFERENZE DI CAMBIO
6.1 Imprese industriali, mercantili e di
servizi
L’art. 18 del
D.Lgs. n. 213 del 1998 disciplina il trattamento delle differenze di cambio
derivanti dalla conversione nella moneta di conto dei soli elementi monetari
espressi in valute aderenti esistenti alla data del 31 dicembre 1998, ovvero,
nel caso di esercizio non coincidente con l’anno solare, esistenti alla data di
chiusura dell’esercizio in corso alla data del 31 dicembre 1998. Le differenze positive e/o negative di
cambio che derivano dalla conversione sopra indicata, in qualunque tempo
maturate, concorrono alla determinazione del reddito dell’esercizio secondo i
criteri previsti nel medesimo articolo 18.
Le differenze di cambio di cui sopra sono esclusivamente quelle relative
agli “elementi monetari” denominati nelle valute aderenti o comunque variabili
in funzione dell’andamento dei tassi di cambio delle predette valute;
relativamente alla nozione di elementi monetari si rinvia a quanto precisato in
premessa. Ai sensi del comma 2 della
norma in commento, tali elementi monetari denominati nelle valute aderenti
andranno tradotti nella moneta di conto adottata, applicando i tassi di
conversione irrevocabili nel rispetto degli articoli 4 e 5 del Regolamento (CE)
n. 1103/97.
In
particolare, il comma 4 del citato art. 4 del Regolamento (CE) n. 1103/97
stabilisce, come già precisato, che gli importi monetari da convertire da una
unità monetaria nazionale in un’altra devono prima essere convertiti in un
importo monetario espresso in euro, arrotondato almeno fino alla terza cifra decimale,
e, successivamente, l’importo cosi ottenuto va convertito nell’altra unità
monetaria nazionale. Non possono essere utilizzati metodi alternativi di
calcolo, salvo che producano gli stessi risultati. Per tale ulteriore
conversione, l’art. 5 dello stesso Regolamento (CE) n. 1103/97, trattandosi di
importi monetari da pagare o contabilizzare, prevede l’arrotondamento per
eccesso o per difetto all’unità divisionale più vicina o suoi multipli o
frazioni (secondo le pratiche nazionali).
La conversione
di cui sopra esplica effetti anche ai fini della determinazione del reddito
d’impresa.
I commi 3, 4,
5 e 6 dell’art. 18, in commento, nel disciplinare il trattamento delle
differenze di cambio che emergono dalla traduzione degli elementi monetari,
consentono di operare una scelta tra diversi criteri di imputazione di dette
differenze al conto economico.
In proposito
va precisato che la scelta di uno dei predetti criteri di imputazione a conto
economico comporta che essa venga applicata a tutte le differenze negative e/o
positive, non essendo consentita “ ... una ripartizione cronologicamente
diversa delle differenze negative e di quelle positive” (Cfr. commento all’art. 18 della Relazione
illustrativa del D.Lgs. n. 213 del 1998).
Inoltre, tenuto conto che, ai sensi del comma 7 dell’articolo in esame,
le differenze di cambio (positive e/o negative) “concorrono alla determinazione
del reddito d’impresa nell’esercizio in cui sono iscritte nel conto economico”,
ne deriva che la scelta operata in sede di redazione del bilancio spiega
efficacia anche ai fini tributari. È appena il caso di precisare che tali
principi trovano applicazione tanto per le imprese che hanno contabilizzato i
suddetti elementi monetari ai cambi determinati con i criteri di cui all’art.
9, comma 2, del Tuir, attivando il fondo di cui all’art. 72 del medesimo Tuir,
quanto per quelle che hanno adottato per tali elementi la valutazione al cambio
di chiusura dell’esercizio, ai sensi dell’art. 76 del citato Tuir.
6.1.1 Metodo di imputazione “integrale e immediata “
(art. 18, comma 3)
Il comma 3
dell’art. 18 del D.Lgs. n. 213 del 1998 dispone che le differenze di cambio, in
qualunque tempo maturate, rilevate in applicazione della conversione nella
moneta di conto degli elementi monetari espressi in valute aderenti, sono
imputate per il loro intero ammontare nel conto economico dell’esercizio chiuso
o in corso alla data del 31 dicembre 1998.
6.1.2 Metodo di imputazione “pro-rata” (art. 18,
comma 5)
L’art. 18,
comma 5, del D.Lgs. n. 213 del 1998, consente, in alternativa al metodo di cui
al precedente punto 6.1.1, di ripartire le differenze di cambio positive e/o
negative, in qualunque tempo maturate, in funzione della durata residua e della
prevista evoluzione del capitale dell’elemento monetario che le ha generate.
Tale criterio
comporta, quindi, che la ripartizione delle differenze positive e/o negative
avvenga tenendo presente sia la variabile tempo sia la prevedibile evoluzione
del capitale da pagare o da incassare.
Ciascuna
differenza di cambio sarà quindi imputata ai conti economici degli esercizi cui
si estende la durata dell’elemento monetario che l’ha generata, avendo riguardo
anche alla prevista evoluzione del capitale dell’elemento considerato.
Di
conseguenza, se, ad esempio, si è in presenza di un elemento monetario scadente
in un’unica soluzione, si terrà conto esclusivamente della sua durata residua
(essendo costante il capitale fino alla scadenza); diversamente, qualora
l’elemento monetario venga pagato o incassato periodicamente prima della sua
estinzione, si terrà conto anche della prevedibile evoluzione del
capitale. Il secondo periodo del comma
5 dell’art. 18 precisa, comunque, che se l’elemento monetario viene incassato,
pagato o ceduto, la differenza cambio residua deve essere imputata nel conto
economico relativo al periodo nel quale è avvenuto l’incasso, il pagamento o la
cessione dell’elemento monetario stesso.
6.1.3 Metodo di imputazione “forfettaria” (art. 18,
comma 6)
Il comma 6
dell’art. 18 consente, in alternativa a quanto previsto nei precedenti punti
6.1.1 e 6.1.2, di ripartire le differenze cambio positive e/o negative, in
qualunque tempo maturate, in quote costanti nell’esercizio chiuso o in corso
alla data del 31 dicembre 1998 e nei tre successivi (metodo forfettario).
Si precisa che
tale metodo prescinde dalla durata e dalla prevedibile evoluzione degli
elementi monetari che hanno generato le differenze cambio, nonché dalla vicenda
dei relativi incassi o pagamenti, o cessioni.
6.1.4 Utilizzo del fondo rischi su cambi ex art.
72 del Tuir Con riguardo all’utilizzo del fondo rischi su cambi di cui all’art.
72 del Tuir, eventualmente esistente in bilancio, l’art. 18 non detta alcuna
disciplina, limitandosi a regolamentare l’imputazione nel conto economico delle
sole “differenze cambio euro”.
Pertanto, le
regole di funzionamento del fondo dettate dall’art. 72 del Tuir continuano ad
applicarsi con riferimento alle sole differenze di cambio derivanti da valute
non aderenti all’euro. In concreto, l’eventuale fondo preesistente potrà essere
mantenuto o variato, nel suo ammontare, in funzione della disciplina contenuta
nel citato art. 72, che dovrà applicarsi con riferimento alle sole differenze
di cambio generate da valute non aderenti.
È appena il caso di precisare che, a tal fine, non rileva la circostanza
che il fondo sia stato eventualmente a suo tempo “generato” da valute aderenti
e/o non aderenti.
6.1.5 Rilevanza delle differenze positive e/o
negative di cambio ai fini delle imposte sui redditi e dell’Irap.
Relativamente
alla contabilizzazione delle differenze di cambio nel conto economico, si fa
presente che le stesse producono necessariamente una corrispondente variazione
del risultato di esercizio, essendo previsto, ai sensi del comma 8 dell’art. 18
del D.Lgs. n. 213 del 1998, che l’iscrizione nello stato patrimoniale delle
differenze di cambio oggetto di imputazione ai successivi esercizi avviene
direttamente.
Tali
componenti positivi e/o negativi, in base ai Principi Contabili elaborati dal
Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e dei Ragionieri e Periti
Commerciali, sono di natura finanziaria, vanno iscritti nelle voci
dell’aggregato C del conto economico e concorrono, pertanto, alla formazione
del reddito d’impresa ai fini dell’Irpeg e dell’Irpef nell’esercizio in cui
avviene la contabilizzazione medesima, mentre non concorrono alla formazione
della base imponibile Irap, in virtù della mancata indicazione di detti
componenti nelle voci espressamente indicate dall’art. 5 del D.Lgs. 15 dicembre
1997, n. 446. A tal proposito, si
precisa che anche la sopravvenienza attiva costituita dall’imputazione al conto
economico del fondo rischi su cambi, di cui all’articolo 72 del Tuir,
nell’ipotesi in cui lo stesso risulti “eccedente”, non rileva per la
determinazione della base imponibile ai fini Irap, trattandosi di una
componente positiva di natura finanziaria.
6.2 Banche e società finanziarie
6.2.1 Ambito soggettivo
L’articolo 21
del D.Lgs. n. 213 del 1998 disciplina le differenze di cambio rilevabili nei
bilanci delle banche e delle società finanziarie. In particolare il comma 1 del predetto articolo 21 stabilisce che
le disposizioni ivi previste si applicano ai bilanci d’impresa redatti a
partire da quello relativo all’esercizio chiuso o in corso al 31 dicembre
1998. Ai sensi del comma 1, lettere k)
ed 1), dell’art. 1, del predetto D.Lgs. n. 213 del 1998, sono definite “banca”
e “società finanziaria” rispettivamente l’impresa indicata nell’art. 1, comma
1, lett. b), del D.Lgs. l° settembre 1993, n. 385, e la società indicata
nell’art. 59, comma 1, lett. b), dello stesso D.Lgs. n. 385 del 1993, che
redige il bilancio ai sensi del D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 87.
6.2.2 Raffronto tra la disciplina contenuta nel
D.Lgs. n. 213 del 1998 e quella contenuta nel D.Lgs. n. 87 del 1992
Preliminarmente va rilevato che, ai sensi dell’art. 21, comma 1, del D.Lgs.
n. 87 del 1992, le attività e le
passività denominate in valuta si assumono in bilancio al tasso di cambio a
pronti corrente alla data di chiusura dell’esercizio; le immobilizzazioni
finanziarie, materiali e immateriali che non sono coperte né globalmente ne
specificamente sul mercato a pronti o su quello a termine possono essere
valutate al tasso di cambio corrente alla data del loro acquisto.
A differenza
di quanto previsto dall’articolo 18 del citato D.Lgs n. 213 del 1998, che reca
disposizioni concernenti le differenze di cambio dei soli elementi monetari
relativi alle imprese industriali, mercantili e di servizi, il primo periodo
del comma 2 dell’art. 21 del medesimo decreto legislativo disciplina le
differenze di cambio con riguardo sia agli elementi monetari” che a quelli “non
monetari” (così come consentito dall’art. 39 della Direttiva n. 86/635 CEE), in quanto dispone che le
attività, le passività e le operazioni fuori bilancio denominate nelle valute
aderenti o comunque variabili in funzione dell’andamento dei tassi di cambio
delle predette valute, sono tradotte nella moneta di conto applicando i tassi
di conversione irrevocabili nel rispetto degli articoli 4 e 5 del Regolamento
(CE) n. 1103/97; tale conversione spiega efficacia anche al fini della
determinazione del reddito d’impresa.
In merito a quanto sopra si fa presente che, ai sensi dell’art. 1, lett.
q), del D.Lgs. n. 213 del 1998, per “attività, passività e operazioni fuori
bilancio” indicate nel primo periodo del comma 2 dell’art. 21 del predetto
D.Lgs. n. 213 del 1998, si intendono gli elementi dell’attivo e del passivo del
bilancio nonché le garanzie rilasciate, gli impegni a erogare o a ricevere
fondi, i contratti di compravendita non ancora regolati e i contratti
derivati. In alternativa al criterio di
valutazione di cui sopra (cambio al 31 dicembre 1998) nel secondo periodo del
comma 2 dell’art. 21 del D.Lgs. n. 213 del 1998, è prevista la facoltà che le
partecipazioni, le immobilizzazioni materiali e quelle immateriali, non coperte
né globalmente né specificamente sul mercato a pronti o su quello a termine,
vengano tradotte nella moneta di conto al tasso di cambio corrente alla data
del loro acquisto; anche tale conversione spiega efficacia ai fini della
determinazione del reddito d’impresa. A tali differenze non si applica il comma
4 del predetto articolo 21. Dal
raffronto delle norme contenute negli articoli 21 dei decreti legislativi
n. 213 del 1998 e n. 87 del 1992, si
rileva che la disposizione contenuta nel secondo periodo del comma 2 dell’art.
21 del D.Lgs. n. 213 del 1998 ha un ambito di applicazione più limitato
rispetto a quello contenuto nel secondo periodo del comma 1 dell’art. 21 del
D.Lgs. n. 87 del 1992, in quanto, riferendosi la prima disposizione alle sole
“partecipazioni”, ne consegue che sono esclusi dalla valutazione al cambio
storico i “Titoli di debito immobilizzati”, compresi anch’essi nel novero delle
immobilizzazioni finanziarie. In
proposito, poiché le previsioni contenute nell’art. 21 del D.Lgs. n. 213 del
1998 si configurano come norme aventi carattere speciale rispetto a quelle
contenute nell’art. 21 del D.Lgs. n. 87 del 1992, ne deriva che i titoli di
debito iscritti tra le immobilizzazioni finanziarie devono essere tradotti
nella moneta di conto ai cambi irrevocabili e possono quindi dar luogo a
differenze di cambio (positive e/o negative).
Ai sensi del
successivo comma 3 dell’art. 21 del D.Lgs. n. 213 del 1998, le differenze di
cambio di cui al comma 2 (cioè quelle generate dalle attività, dalle passività
e dalle operazioni fuori bilancio valutate al tasso di cambio alla data del 31
dicembre 1998) sono incluse nel conto economico a norma dell’art. 21, comma 3,
del D.Lgs. n. 87 del 1992.
Limitatamente
alle differenze di cambio generate dalle immobilizzazioni finanziarie,
materiali e immateriali, non coperte né globalmente né specificamente sul
mercato a pronti o su quello a termine, in alternativa al criterio sopra
descritto di integrale e immediata imputazione al conto economico, possono
essere applicati i trattamenti previsti nelle lettere a) e b) del medesimo
comma 4.
I menzionati
trattamenti riguardano distintamente le differenze di cambio inerenti:
a) i titoli di debito immobilizzati;
b) le altre immobilizzazioni
(partecipazioni, immobilizzazioni materiali e immateriali).
Mentre le
differenze riguardanti i titoli di cui alla lettera a) sono imputate al conto
economico e per le stesse il legislatore disciplina i criteri temporali di tale
imputazione, per le differenze relative alle immobilizzazioni di cui alla
lettera b), la legge non impone il passaggio al conto economico e pertanto, in
mancanza di tale passaggio, esse assumono rilievo ai fini fiscali mediante
imputazione extracontabile.
Si precisa,
inoltre, che il comma 5 dell’art. 21 in esame, avente rilevanza esclusivamente
fiscale, stabilisce che:
a) le differenze di cambio relative ai titoli di
debito immobilizzati assumono rilevanza, ai fini della determinazione del
reddito d’impresa, nell’esercizio in cui sono iscritte nel conto economico
secondo le modalità indicate nei commi 3 e
4. lett. a) dello stesso art. 21;
b) per le altre immobilizzazioni
(partecipazioni, immobilizzazioni materiali e immateriali) le differenze di
cambio assumono rilievo, ai fini della determinazione del reddito d’impresa,
nell’esercizio in cui si considerano realizzate per effetto di cessioni, di
ammortamenti o di svalutazioni. Per quanto
riguarda le differenze negative di cui alle lettere a) e b) del comma 4
dell’art. 21 in esame, si precisa che l’eventuale utilizzo di riserve in
sospensione di imposta esistenti in bilancio quali, ad esempio, quelle di cui
all’art. 55, comma 3, lett. b), secondo periodo, del Tuir, nel testo precedente
alla modifica intervenuta con l’art. 21, comma 4, lett. b), della legge 27
dicembre 1997, n. 449, si configura come un utilizzo “per scopi diversi dalla
copertura di perdite di esercizio” e, conseguentemente, detto utilizzo comporta
l’assoggettamento a tassazione delle riserve medesime. Inoltre, va evidenziato che, ai sensi del
comma 6 dell’art. 21 del D.Lgs. n. 213 del 1998, i criteri di rilevazione e di
trattamento delle differenze di cambio positive e/o negative, nonché gli
importi iscritti nel conto economico e nello stato patrimoniale, devono essere
illustrati nella nota integrativa del bilancio.
Vengono di
seguito forniti specifici chiarimenti in relazione alle due ipotesi sopra
evidenziate.
6.2.3 Lett. a) del comma 4 dell’art. 21 del D.Lgs
n. 213 del 1998 Le differenze di cambio positive inerenti ai “titoli di debito”
immobilizzati sono accreditate direttamente in una riserva non distribuibile
specificamente costituita, le differenze di cambio negative sono addebitate
direttamente alle riserve preesistenti, ivi compresa l’anzidetta riserva non
distribuibile. Le predette differenze (positive e/o negative) vanno trasferite
al conto economico secondo uno dei seguenti criteri: negli esercizi di scadenza
o di cessione dei rispettivi titoli (metodo analitico “per cassa”);
nell’esercizio chiuso o in corso alla data del 31 dicembre 1998 e in quelli
successivi in misura corrispondente alla durata residua di ciascun titolo
(metodo “pro-rata temporis”); in tal caso, se il titolo viene ceduto prima della
scadenza, la differenza di cambio rimanente va inclusa interamente nel conto
economico dell’esercizio nel quale è avvenuta la cessione del titolo stesso;
nell’esercizio chiuso o in corso alla data del 31 dicembre 1998 e nei tre
successivi in quote costanti del saldo di tutte le differenze positive e
negative (metodo “forfettario”).
Per quanto
concerne l’imputazione al conto economico delle differenze positive di cui alla
lettera a) del comma 4 dell’art. 21 del D.Lgs. n. 213 del 1998 in esame, si fa
presente che tale operazione comporta la riduzione della riserva non
distribuibile originariamente costituita.
Tenuto conto
che la norma in commento vincola tale riserva soltanto alla non
distribuibilità, si deve ritenere che essa possa essere utilizzata anche per
finalità diverse da quella per la quale è stata costituita. Qualora la predetta riserva non
distribuibile sia stata già utilizzata e non sia pertanto possibile imputare le
differenze positive di cambio al conto economico, queste ultime rilevano ai fini
fiscali extracontabilmente, secondo il criterio prescelto fra quelli previsti
dai numeri 1), 2) e 3), della lettera a), del comma 4, dell’art. 21 in esame.
Va rilevato
infine che l’imputazione delle differenze di cambio negative nel conto
economico, ai sensi del comma 5, dell’art. 21 in esame, secondo uno dei criteri
previsti dal secondo periodo del comma 4, lett. a), dello stesso articolo,
comporta ai fini fiscali la ricostituzione della riserva avente la stessa
natura di quella precedentemente utilizzata, salvo quanto precisato con
riferimento alla riserva di cui al citato art. 55 del Tuir, nel testo
previgente, in quanto, in tale caso, la ricostituita riserva deve considerarsi
libera da imposta.
6.2.4 Lett. b) del comma 4 dell’art. 21 del D.Lgs
n. 213 del 1998 Per le altre immobilizzazioni (partecipazioni, immobilizzazioni
materiali e immateriali): le differenze di cambio positive sono accreditate in
un’apposita riserva non distribuibile. Tale vincolo della non distribuibilità
viene meno a seguito di cessioni, del progredire del processo di ammortamento,
ovvero di svalutazioni delle immobilizzazioni stesse; le differenze di cambio
negative sono addebitate alle riserve preesistenti, compresa la predetta
riserva non distribuibile.
Per quanto
concerne le differenze di cambio positive di cui al numero 1) che precede, le
stesse si considerano realizzate ai fini della determinazione del reddito
d’impresa, extracontabilmente, in sede di dichiarazione dei redditi, mediante
apposita variazione in aumento, per effetto di cessioni, di ammortamenti, anche
anticipati, o di svalutazioni dei suddetti beni. Con riguardo a quest’ultima ipotesi, si fa presente che, nel caso
di svalutazioni relative alle partecipazioni, alle immobilizzazioni materiali e
immateriali, la rilevazione extracontabile della differenza di cambio positiva
avviene per un ammontare pari alla svalutazione fiscalmente rilevante. Relativamente agli ammortamenti, la predetta
rilevazione extracontabile delle differenze di cambio positive non può che avvenire
in funzione del processo di ammortamento delle immobilizzazioni.
Per quanto
riguarda le differenze di cambio negative di cui alla lettera b) del comma 4,
dell’art. 21 in commento, qualora le stesse non incidano nel conto economico,
esse si considerano realizzate, ai fini della determinazione “extracontabile”
del reddito d’impresa, per effetto di cessioni, di ammortamenti o di
svalutazioni.
Con riguardo
alle ipotesi delle svalutazioni e degli ammortamenti si rinvia alle
considerazioni già svolte relativamente alle differenze positive di cambio di
cui sopra.
6.2.5 Rilevanza delle differenze positive e/o
negative di cambio ai fini dell’Irap Relativamente alla rilevanza delle
differenze di cambio ai fini Irap, si precisa che le stesse risultano imponibili,
se positive, o deducibili, se negative, a seguito di contabilizzazione in voci
di conto economico che, ai sensi dell’art.
6 del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, assumono rilievo ai fini del
citato tributo.
Naturalmente,
anche le differenze di cambio relative a immobilizzazioni diverse dai titoli di
debito, se non transitano nel conto economico, concorrono alla formazione della
base imponibile Irap se rilevanti ai fini di tale imposta.
6.3 Imprese di assicurazione
Per le imprese
di assicurazione, così come per le banche e le società finanziarie, il D.Lgs.
n. 213 del 1998 prevede norme specifiche per il trattamento delle differenze di
cambio, rilevabili nei bilanci di tali imprese chiusi al 31 dicembre 1998, in
considerazione della peculiarità di detti settori.
Per
l’individuazione delle imprese di assicurazione, l’art. 1, comma 1, lett. m), del D.Lgs. n. 213 del 1998 fa
riferimento alle imprese di cui all’art. 1 del D.Lgs. 26 maggio 1997, n.173.
In particolare
il comma 2 dell’art. 24 del citato D.Lgs. n. 213 del 1998 stabilisce che gli
elementi cui si applicano i tassi di conversione nella moneta di conto sono
costituiti: dagli elementi monetari denominati nelle valute aderenti o comunque
variabili in funzione dell’andamento dei tassi di cambio delle valute aderenti;
dagli elementi non monetari inclusi nella classe D) degli “Investimenti a
beneficio di assicurati dei rami vita i quali ne sopportano il rischio e
derivanti dalla gestione dei fondi pensione”, disciplinati dall’art. 24 del
D.Lgs. n. 173 del 1997.
Gli elementi
monetari, come definiti dall’art. 1, comma 1, lett. p), del D.Lgs. n. 213 del 1998, sono costituiti dalle
disponibilità di denaro, dalle attività e passività iscritte in bilancio e
dalle restanti operazioni in corso (dette anche fuori bilancio) che comportano
o comporteranno il diritto a incassare o l’obbligo a pagare a date future
importi determinati o determinabili.
L’ISVAP, con il provvedimento n. 1008.G del 5 ottobre 1998, pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale n. 238 del 12 ottobre scorso, recante “Disposizioni
per la redazione in euro del bilancio delle imprese di assicurazione, per la
rilevazione delle operazioni interessate dall’introduzione dell’euro e per il
trattamento delle conseguenti differenze dì cambio”, ha confermato (si veda
quanto afferma la Relazione illustrativa al D.Lgs. n. 213 del 1998 nel commento
al secondo comma dell’articolo 24) che tra gli elementi monetari come sopra
definiti rientrano anche le riserve tecniche di cui agli artt. 31, 38 e 39 del
D.Lgs. n. 173 del 1997. Trattasi:
delle riserve
tecniche del lavoro diretto; delle riserve tecniche allorché il rischio
dell’investimento è sopportato dagli assicurati e delle riserve derivanti dalla
gestione dei fondi pensione; delle riserve tecniche del lavoro indiretto.
Relativamente
al trattamento contabile delle differenze di cambio derivanti dalla traduzione
nella moneta di conto dei predetti elementi denominati nelle valute aderenti,
viene previsto che il loro importo va incluso per intero nel conto economico dell’esercizio
1998. In alternativa le differenze, ad eccezione di quelle relative agli
investimenti di cui all’art. 24 del D.Lgs. n. 173 del 1997 e alle correlate
riserve tecniche, possono essere ripartite in più esercizi secondo le modalità,
previste per la generalità delle imprese, dall’art. 18, commi 5 e 6, del D.Lgs.
n. 213 del 1998.
In
particolare, il citato comma 5 dell’art. 18 prevede la ripartizione delle
differenze di cambio positive e/o negative relative a ciascun elemento
monetario nell’esercizio 1998 e nei successivi (criterio del “pro-rata”), cioè
in funzione della durata residua dell’elemento stesso e della prevista
evoluzione del capitale dell’elemento considerato, salvo l’imputazione della
differenza di cambio residua per intero nel conto economico dell’esercizio in
cui l’elemento viene incassato, pagato o ceduto.
Il comma 6
dell’art. 18 prevede una ripartizione delle differenze positive e/o negative
forfettaria, in quote costanti da imputare nel conto economico dell’esercizio
1998 e dei tre successivi.
Valgono a
questo proposito le medesime considerazioni già svolte in precedenza per le
imprese in genere.
Inoltre i
successivi commi 7 e 8 dell’art. 18 del D.Lgs. n. 213 del 1998 applicabili
anche alle imprese di assicurazione, per effetto del comma 5 dell’art. 24 del
medesimo decreto legislativo, stabiliscono che le differenze cambio positive
e/o negative concorrono alla determinazione del reddito d’impresa
nell’esercizio in cui sono iscritte nel conto economico, con ciò determinando
l’allineamento del trattamento fiscale a quello civilistico, e che, nel caso in
cui l’impresa ripartisca le differenze in più esercizi, la parte di esse
rinviata ai successivi esercizi deve essere iscritta direttamente nello stato
patrimoniale, senza transitare per il conto economico. Occorre precisare che, per effetto del comma
6 dell’art. 24 del D.Lgs. n. 213 del 1998, nella nota integrativa del bilancio
vanno illustrati, separatamente dal resto, i criteri di trattamento delle
differenze di cambio utilizzati ai sensi dei commi 3 e 4 di detto art. 24,
l’ammontare complessivo delle differenze di cambio positive e/o negative e gli
importi iscritti nel conto economico e nello stato patrimoniale.
6.3.1 Rilevanza delle differenze positive e/o
negative di cambio ai fini delle imposte sui redditi Le differenze di cambio
rilevano ai fini della determinazione del reddito d’impresa nell’esercizio in
cui sono iscritte nel conto economico. Sono altresì rilevanti le differenze di
cambio che sono state imputate al conto economico di esercizi precedenti a
quello in corso alla data del 31 dicembre 1998 ma non dedotte in tali esercizi
in mancanza delle condizioni previste dalla normativa fiscale.
7 COSTI E
SPESE SOSTENUTE PER L’ADEGUAMENTO ALL’EURO Relativamente ai costi e alle spese
sostenuti per l’adeguamento all’euro si precisa che i criteri civilistici di
individuazione della natura dei predetti componenti negativi assumono rilievo
anche per le imposte sui redditi.
Pertanto, ai fini che qui interessano, poiché i costi e le spese di cui
trattasi possono assumere natura di costi da patrimonializzare ovvero di spese
pluriennali, agli stessi si applicano, le disposizioni in materia di
ammortamento e quelle in materia di spese relative a più esercizi previste dal
Tuir.
Va infine
rilevato che, qualora le suddette spese siano inquadrabili tra quelle di
esercizio, le stesse saranno deducibili, ai fini delle imposte sui redditi,
nell’esercizio in cui sono sostenute.
8 STABILI
ORGANIZZAZIONI ALL’ESTERO
Il comma 10
dell’art. 18 del D.Lgs. n. 213 del 1998 stabilisce che, relativamente alle
stabili organizzazioni all’estero, continua ad applicarsi il secondo comma,
secondo periodo, dell’art. 76 del Tuir, salvo quanto previsto dal medesimo art.
18 a proposito degli elementi monetari.
Al riguardo, è opportuno rilevare che il citato art. 76, secondo comma,
secondo periodo, del Tuir, prevede che la conversione dei saldi di conto per le
stabili organizzazioni all’estero avviene secondo il cambio alla data di
chiusura dell’esercizio e che le differenze che emergono tra i predetti saldi
di conto e quelli relativi all’esercizio precedente non concorrono alla
formazione del reddito d’impresa.
La
disposizione sopra riportata non trova applicazione per gli elementi monetari
espressi in valute aderenti, per i quali, invece, valgono le nuove disposizioni
contenute nell’art. 18 in commento.
Va inoltre
segnalato che le norme contenute nell’art. 76, comma 2, secondo periodo, del
Tuir si applicano a tutte le imprese indipendentemente dal settore di appartenenza
e dal tipo di attività svolta (industriale, bancaria, finanziaria,
assicurativa, ecc.); pertanto, il concetto espresso dal comma 10 dell’art. 18
in tema di differenze di cambio realizzate dalle stabili organizzazioni di
imprese che redigono il bilancio ai sensi del D.Lgs. 9 aprile 1991, n. 127, non
può che riferirsi anche alle stabili organizzazioni all’estero di banche e
società finanziarie nonché di imprese di assicurazione (si veda quanto afferma
la Relazione illustrativa al D.Lgs. n. 213 del 1998 nel commento al decimo
comma dell’articolo 18).
Con
riferimento a tali ultimi soggetti va peraltro precisato che la non
imponibilità delle differenze dì cambio che emergono dai saldi di conto
previsti dall’art. 76 del Tuir delle predette stabili organizzazioni non può
riferirsi agli elementi espressamente disciplinati dagli articoli 21 e 24
(monetari e non monetari) del D.Lgs. n. 213 del 1998, per i quali si applicano
le nuove disposizioni ivi contenute.
Per tutte le
imprese, quindi, l’articolo 76, secondo comma, secondo periodo, del Tuir
continua a trovare applicazione come negli esercizi passati, salvo che per gli
elementi (monetari e non monetari) disciplinati dal D.Lgs. n. 213 del
1998. In ultimo, è appena il caso di
precisare che a nulla rileva la collocazione geografica della stabile
organizzazione all’estero (Paesi UEM, UE o extra UE), dovendosi avere riguardo
solo alla circostanza che gli elementi monetari della stabile organizzazione -
ovunque collocata - siano, oppure no, espressi in una delle valute aderenti.
9 CONTABILITÀ
PLURIMONETARIA
L’art. 76,
comma 2, ultimo periodo, del Tuir, consente alle imprese che intrattengono in
modo sistematico rapporti in valuta estera di tenere la contabilità
plurimonetaria con l’applicazione del cambio di fine esercizio ai saldi dei
relativi conti.
Con
riferimento a tali soggetti lo stesso art. 76 non ripropone il principio della
irrilevanza delle differenze dei saldi di conto così come previsto per le
stabili organizzazioni di cui al paragrafo precedente, né il D.Lgs. n. 213 del
1998 detta in merito regole specifiche.
È appena il
caso di precisare che, anche con riferimento alla contabilità plurimonetaria
eventualmente tenuta, qualora essa ricomprenda elementi monetari (ed elementi
non monetari, nel caso di imprese bancarie, finanziarie ed assicurative)
disciplinati dal D.Lgs. n. 213 del 1998, a tali elementi si applicano le nuove
norme in esso dettate.
Così, ad
esempio, per le imprese industriali, mercantili e di servizi che tengono una
contabilità plurimonetaria che ricomprende elementi monetari in una delle
valute aderenti, a tali elementi si applicano le nuove regole dettate dall’art.
18 del D.Lgs. n. 213 del 1998 mentre le regole previste dall’art. 76, comma 2,
ultimo periodo, del Tuir, continueranno a trovare applicazione con riferimento
ai restanti elementi della contabilità plurimonetaria.
10
DICHIARAZIONI
10.1 Generalità
L’art. 47 del
più volte citato D.Lgs. n. 213 del 1998, concerne “dichiarazioni, attestazioni
e regolamenti in euro con le pubbliche amministrazioni”. Nei commi 1 e 2 del citato articolo 47 è
previsto che i soggetti obbligati a presentare dichiarazioni, atti e altri
documenti, ivi compresi quelli predisposti ai fini impositivi, possono indicare
gli importi in euro a partire dai periodi di imposta decorrenti dal 1° gennaio
1999. In particolare, il comma 2
stabilisce che le dichiarazioni relative alle imposte sui redditi, all’IVA,
all’IRAP, nonché quelle dei sostituti d’imposta, possono essere presentate con
gli importi indicati in euro a partire dal periodi d’imposta aventi decorrenza
dal 1° gennaio 1999, ovvero chiusi nel corso di tale anno, secondo le modalità
stabilite dall’Amministrazione tributaria in relazione ai diversi tipi
d’imposta.
In attuazione
del menzionato disposto normativo si precisa che:
a) le imprese che nei periodo transitorio
redigono e pubblicano il bilancio o il rendiconto in euro sono tenute alla
presentazione delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi e sul
valore aggiunto, di quelle in materia di imposta regionale sulle attività
produttive, nonché di quelle dei sostituti d’imposta, con gli importi indicati
in euro, a partire dall’esercizio per il quale è stato redatto (e pubblicato,
per i soggetti tenuti a tale adempimento) il bilancio o il rendiconto in euro;
b) i soggetti diversi da quelli indicati alla precedente lettera a) (ad esempio
contribuenti che adottano la contabilità semplificata, lavoratori autonomi,
lavoratori dipendenti, ecc.), qualora redigano una delle dichiarazioni di cui
all’art. 47 del D.Lgs. n. 213 del 1998 in euro (dichiarazioni relative alle
imposte sui redditi, all’IVA, all’IRAP, nonché quelle dei sostituti d’imposta),
relativamente ai periodi d’imposta che decorrono dal 1° gennaio 1999 ovvero
chiusi nel corso di tale anno e successivi, gli stessi sono tenuti a redigere
nella medesima valuta tutte le successive dichiarazioni. Anche per tali soggetti la redazione delle
dichiarazioni in euro non comporta l’obbligo di registrare ai fini fiscali,
nella medesima valuta, le operazioni effettuate.
È appena il
caso di precisare che le predette dichiarazioni relative al periodo d’imposta
1998 devono essere presentate in lire.
10.2 Aspetti particolari per i sostituti
d’imposta
È opportuno
svolgere alcune considerazioni relativamente ai soggetti che adottano l’euro
come moneta di conto dai 1° gennaio 1999 e che rivestono la qualifica di
sostituto d’imposta.
In primo luogo
va detto che le scritture contabili, che devono redigere obbligatoriamente i
sostituti d’imposta, ai sensi dell’art. 21 del D.P.R. 29 settembre 1973, n.
600, non sono comprese tra i “documenti contabili obbligatori a rilevanza
esterna” indicati nell’art. 1, comma 1, lettera n), del D.Lgs. n. 213 del 1998.
I sostituti
d’imposta sono liberi di effettuare in lire o in euro le registrazioni nelle
apposite scritture contabili previste dall’art. 21 del D.P.R. n. 600 del 1973.
Si ricorda che
gli importi che nelle norme sono espressioni lire (come ad esempio gli
scaglioni di reddito, le detrazioni per carichi di famiglia e quelle per spese
di produzione del reddito), ai sensi del comma 2 dell’art. 6 del Regolamento
(CE) n. 974/98, hanno il medesimo valore di un riferimento all’euro in base ai
tassi di conversione. Di conseguenza, in caso di calcoli da eseguirsi in euro,
tali importi devono essere convertiti in detta valuta con arrotondamento al
centesimo solo se si tratta di autonomi importi monetari da contabilizzare o da
pagare.
Nell’ipotesi
da ultimo citata, ai fini dell’applicazione delle ritenute di acconto sui
redditi di lavoro dipendente e assimilati e del riconoscimento delle detrazioni
d’imposta spettanti, il sostituto d’imposta converte in euro gli importi
relativi agli scaglioni di reddito dell’art. 11 del Tuir, nonché quelli delle
detrazioni d’imposta di cui agli articoli 12 e 13 dello stesso testo unico e
quindi procede al ragguaglio al periodo di paga degli importi convertiti e
all’assoggettamento a tassazione della parte imponibile delle somme e dei
valori corrisposti.
Tenuto conto
che il ragguaglio al periodo di paga può generare importi decimali, si precisa
che, a tal fine, i sostituti d’imposta possono utilizzare un numero di decimali
a piacere quando non si configurano né come autonomi importi da contabilizzare
né come autonomi importi da pagare.
Tutti gli importi che nei singoli periodi di paga non sono concessi a
causa degli arrotondamenti e del numero di decimali prescelto (ovvero sono
attribuiti in misura superiore) si possono memorizzare per l’attribuzione (o la
compensazione) in sede di conguaglio di fine anno o, in caso di cessazione del
rapporto, alla data della cessazione medesima. Così, ad esempio, supponendo che
il lavoratore abbia diritto, per l’intero periodo d’imposta, a lire 950.000,
quale detrazione per reddito di lavoro dipendente e a lire 336.000, quale
detrazione per figlio a carico, supponendo ancora che il periodo di paga di
questo dipendente sia il mese e che il tasso di cambio dell’euro con la lira
sia di 1.900 lire, il sostituto d’imposta può procedere nel modo seguente: lire
950.000, convertite sono pari a 500 euro; lire 336.000, convertite sono pari a
176,8421 euro;
500 euro,
rapportate al periodo di paga, sono pari a 41,66666 euro, che va arrotondato,
essendo periodico, a 41,66667;
176,8421 euro,
rapportate al periodo di paga, sono pari a 14,736666 euro che va arrotondato,
essendo periodico, a 14,73667.
Come sopra
precisato, il sostituto d’imposta in ciascun periodo di paga può scegliere il
numero di decimali conseguenti al ragguaglio al periodo di paga delle
detrazioni spettanti, mentre all’atto dell’effettuazione delle operazioni di
conguaglio di fine anno o alla cessazione del rapporto, può procedere al
riconoscimento degli importi effettivamente spettanti con riferimento alla
conversione in euro dell’importo previsto dalla norma vigente con
arrotondamento al centesimo, utilizzando gli eventuali decimali non attribuiti
o attribuiti in eccesso.
10.3 Aspetti particolari per le dichiarazioni
IVA periodiche e annuali Per ciò che concerne le dichiarazioni periodiche ed
annuali IVA, considerato che il menzionato art. 47 del D.Lgs. n. 213 del 1998,
come sopra detto, prevede che le stesse possono essere prodotte con gli importi
indicati in euro, a partire dai periodi di imposta decorrenti dal 1° gennaio
1999, i contribuenti possono scegliere liberamente se presentare le suddette
dichiarazioni in lire o in euro.
Qualora, però, il contribuente decida di presentare una dichiarazione
periodica (mensile o trimestrale) ovvero quella annuale in euro, deve uniformare
a tale scelta i successivi comportamenti, per cui sarà tenuto ad adottare
l’euro per le successive dichiarazioni periodiche.
Per quanto
riguarda la dichiarazione annuale, la stessa dovrà essere effettuata nella
medesima valuta adottata per le dichiarazioni periodiche presentate nel periodo
d’imposta cui essa si riferisce. Nel caso in cui, nello stesso periodo
d’imposta, il contribuente abbia presentato inizialmente delle dichiarazioni
periodiche in lire e successivamente in euro, la dichiarazione annuale relativa
a tale periodo d’imposta deve essere presentata in tale ultima valuta. Qualora, poi, sussista l’obbligo di
presentazione della dichiarazione unificata annuale (modello UNICO),
comprendente la dichiarazione dei redditi, la dichiarazione annuale IVA e la
dichiarazione dei sostituti d’imposta, si fa presente che tutti i dati in essa
contenuti devono essere riportati con la stessa unità monetaria (lira o euro),
e che la scelta derivante dalla presentazione in euro delle dichiarazioni
periodiche sarà vincolante anche ai fini della dichiarazione annuale unificata,
ferma restando la validità delle dichiarazioni periodiche già redatte in una
valuta diversa.
11 ALTRI
TRIBUTI INDIRETTI, DIVERSI DALL’IVA, E TRIBUTI LOCALI In conformità ai principi
dettati dal ripetuto art. 47 del D.Lgs. n. 213 del 1998, anche per i tributi
indiretti diversi dall’IVA, ad eccezione dell’INVIM, i contribuenti possono
indicare in euro i valori contenuti nelle dichiarazioni, negli atti ed altri
documenti da presentare all’Amministrazione Finanziaria. Ciò vale per gli atti pubblici formati, gli
atti giudiziari pubblicati o emanati, le scritture private autenticate, quelle
non autenticate presentate per la registrazione, le successioni apertesi e le
donazioni fatte a decorrere dal l° gennaio 1999, come di seguito meglio
specificato. Gli importi indicati negli
atti e nelle dichiarazioni possono, come già detto, essere espressi anche in
euro e, in applicazione del generale criterio di omogeneità, tutti nella
medesima valuta effettuando, se necessario, la conversione degli importi da
lire ad euro. Sarà necessario, inoltre, utilizzare la stessa valuta anche per
le eventuali dichiarazioni sostitutive, integrative, modificative e
rettificative.
Per quanto
riguarda, invece, le dichiarazioni relative all’INVIM, ivi comprese quelle
relative all’INVIM decennale, le medesime continueranno ad essere effettuate in
lire, atteso che riguardano elementi riferibili a periodi di tempo anteriori al
31 dicembre 1998 e tenuto conto, altresì, che il predetto tributo cesserà di
avere vigore dal 1° gennaio 2003, ai sensi dell’art. 17, comma 7, del D.Lgs. 30
dicembre 1992, n. 604. Ciò non di meno, considerato che i valori presi a base
della liquidazione del tributo si riferiscono, come già detto, a periodi
anteriori al 31 dicembre 1998, anche nel corso dell’anno 2002 le dichiarazioni
INVIM continueranno ad essere effettuate in lire.
Per converso,
potranno essere indicati in euro i dati riferibili all’imposta sostitutiva
dell’INVIM, dovuta alla presentazione della dichiarazione di successione, per
quelle apertesi dal 1° gennaio 1999.
Per quanto riguarda l’imposta di bollo, dal 1° gennaio 1999 sarà
indicato anche il controvalore in euro, per i valori di importo non inferiore
alle 1000 lire, con arrotondamento al centesimo di euro, secondo i criteri
generali posti dal Regolamento (CE) n. 1103/97 più volte citato. Per i valori
di importo inferiore, infatti, l’indicazione anche del valore in euro potrebbe
generare difficoltà applicative, correlate agli scostamenti percentualmente
eccessivi rispetto al valore in lire, a causa dei necessari arrotondamenti.
Durante il periodo transitorio, tuttavia, continueranno ad essere utilizzabili
anche i valori bollati che riportano la sola indicazione dell’importo in
lire. In relazione a quanto disposto
dal richiamato D.Lgs. n. 213 del 1998, i titoli di Stato di nuova emissione
(B.T.P., C.C.T., C.T.Z. e B.O.T.), a far tempo dal 1° gennaio 1999, saranno
espressi in euro e quelli già in circolazione saranno ridenominati in euro.
Analogamente,
dal 1° gennaio 1999, i titoli emessi da enti diversi dallo Stato, potranno
essere emessi in euro e quelli già in circolazione, aventi determinate
caratteristiche previste dalla legge, potranno essere rideterminati in questa
valuta, in base alle decisioni degli emittenti.
Le società
mercato Borsa Italiana Spa e MTS Spa hanno convenuto che nei propri rispettivi
mercati le negoziazioni degli strumenti finanziari avverranno in euro.
In relazione a
quanto sopra, anche la tassa sui contratti di borsa per le negoziazioni in
parola può essere calcolata in euro. In
tal caso, l’intermediario converte in euro le aliquote e gli importi base di
riferimento (100.000 lire o frazione di lire 100.000) previste dall’attuale
Tabella delle tasse in discorso, di cui al D.Lgs. 21 novembre 1998, n. 435, al
tasso di cambio irrevocabile, attenendosi ai criteri individuati dall’art. 3
del D.Lgs. n. 213 del 1998, laddove ne ricorrano i presupposti. Detto criterio, oltre ad assicurare
omogeneità di comportamento da parte degli intermediari in ordine alle modalità
di applicazione della tassa sui contratti di borsa nel comparto delle
negoziazioni dei titoli effettuati in euro, evita di generare confusioni presso
i risparmiatori ed appare il più idoneo a tutelare, in ossequio al principio
generale della neutralità del passaggio dalla moneta nazionale all’euro, i
medesimi investitori.
Va tenuto
conto, inoltre, che la tassa di cui trattasi viene corrisposta dagli
intermediari in modo virtuale, vale a dire senza impiego di valori bollati
(foglietti e/o marche) presso i concessionari, che possono pertanto riscuotere
i relativi importi anche in euro mediante gli appositi strumenti di
pagamento. Infine, per ciò che concerne
i tributi locali, stante l’attuale evoluzione del sistema impositivo locale, si
ritiene che nel periodo transitorio - fino a diverse nuove disposizioni -
rimangano invariate le modalità di dichiarazione dei singoli tributi che
continueranno, pertanto, a riportare valori monetari espressi in lire.
12 VERSAMENTI
DA EFFETTUARE
Durante il
periodo transitorio i contribuenti hanno la massima libertà di effettuare i
versamenti relativi a tributi sia in euro che in lire, a prescindere dalla
valuta in cui sono state redatte le eventuali dichiarazioni ovvero dalla valuta
in cui sono state effettuate le liquidazioni del debito tributario.
Qualora il
contribuente scelga di utilizzare l’euro, all’atto della conversione degli
importi espressi in lire procederà all’arrotondamento dell’ammontare da pagare
secondo i criteri in precedenza illustrati.
Naturalmente
la scelta di effettuare i versamenti utilizzando l’euro, durante il periodo
transitorio, potrà avvenire solo se il soggetto interessato utilizzerà mezzi di
pagamento diversi dal contante.
Gli Uffici in
indirizzo sono pregati di dare la massima diffusione al contenuto della
presente circolare.
Il Direttore
Generale del Dipartimento delle entrate: Romano
Appendice 1
(Specifiche
tecniche e modalità di adeguamento degli apparecchi misuratori fiscali)
Modalità di
adeguamento degli apparecchi misuratori fiscali
Per i periodi
transitorio e definitivo di introduzione dell’euro dovranno essere apportati ai
modelli di apparecchi misuratori fiscali i seguenti adattamenti ed innovazioni
tecnologiche.
Si precisa che
le modifiche tecniche riguardano sia i modelli di apparecchi già approvati sia
quelli di nuova progettazione da sottoporre alla procedura di omologa; per
quelli già omologati e prodotti gli adattamenti possono riguardare sia gli
apparecchi non ancora sottoposti ai controlli di conformità di cui all’articolo
7 del decreto del Ministro delle finanze 23 marzo 1983, sia quelli già
sottoposti a tali controlli e non ancora installati presso i soggetti
utilizzatori, sia infine gli apparecchi già installati presso gli utenti. In
quest’ultimo caso, l’adeguamento degli apparecchi sarà effettuato a cura dei
tecnici abilitati ad eseguire l’assistenza tecnica che devono provvedere ad
annotare l’intervento nel libretto di dotazione fiscale degli apparecchi
medesimi.
DISPOSITIVI
VISUALIZZATORI
Per il periodo
transitorio potrà essere adottato l’attuale sistema di visualizzazione degli
importi in lire. Gli stessi importi potranno essere visualizzati anche in euro.
In alternativa, potranno essere utilizzati i seguenti sistemi:
a) Indicazione contemporanea o consecutiva sul
dispositivo visore, oltre all’importo in lire, anche di quello espresso in
euro, sia con riferimento alle singole voci sia con riferimento al totale; per
il primo è auspicabile, per il secondo è obbligatoria l’indicazione dei
simboli, delle sigle o delle locuzioni per esteso prima o dopo i rispettivi
importi.
b) Nell’impossibilità di rappresentare
congiuntamente o consecutivamente gli importi su un unico visore, potrà essere
utilizzato un secondo visore che evidenzi i valori in euro, con riferimento
alle singole voci o al totale, facendo precedere o seguire ogni importo dal
simbolo o dalla sigla o dalla scritta per esteso.
Operazioni
sulla memoria fiscale
1. A decorrere dalla data di passaggio al regime
definitivo dell’euro (1° gennaio 2002) la registrazione dei dati nella memoria
fiscale dell’apparecchio deve avvenire in euro, con l’uso di due cifre
decimali. Il misuratore fiscale dovrà essere fornito di un’apposta procedura,
attivabile dopo l’emissione di uno scontrino fiscale, che converta in modo
irreversibile il funzionamento dell’apparecchio da valori numerici espressi in
lire a quelli espressi in euro.
L’inizializzazione dell’apparecchio alle nuove condizioni di
funzionamento richiederà comunque un intervento dell’utilizzatore e potrà avvenire
secondo le seguenti modalità:
con avviamento
automatico della procedura ad una data prestabilita; la procedura sarà eseguita
solo in seguito a conferma da parte dell’utilizzatore;
con avviamento
manuale, in seguito ad esplicito comando dell’utilizzatore.
2. Qualora nel periodo transitorio siano stati
rilasciati scontrini espressi solo in lire gli adempimenti conseguenti, oltre a
quelli precedentemente indicati al punto 1, sono i seguenti:
scrittura in
memoria fiscale della data di passaggio al regime definitivo e facoltativamente
del rapporto di cambio;
emissione di
un apposito scontrino fiscale da allegare al libretto di dotazione;
congelamento
del gran totale espresso in lire, attivazione ed azzeramento del totalizzatore
in euro.
La procedura non
dovrà influenzare il contenuto dei contatori degli scontrini di chiusura e dei
ripristini fiscali.
La lettura del
contenuto della memoria fiscale deve evidenziare i totali nella valuta in cui
sono stati memorizzati e cioè in lire fino al 31 dicembre 2001 e in moneta
europea successivamente. In caso di letture di periodi con inizio prima del 1°
gennaio 2002 e termine dopo tale data, i valori devono essere espressi nelle
due valute a seconda del periodo interessato (transitorio e definitivo); deve
comunque essere stampato un sub-totale in lire per il lasso di tempo che cade
nel periodo transitorio, cioè prima dell’inizializzazione in euro
dell’apparecchio.
3. Qualora nel periodo transitorio venga
attivata la funzione relativa all’emissione di scontrini con valori espressi
anche in euro o solo in euro, gli adempimenti da espletare, a decorrere dalla
data di tale attivazione, sono i seguenti:
scrittura in
memoria fiscale della data a decorrere dalla quale è stata attivata la
possibilità di emettere scontrini anche in euro o solo in euro e
facoltativamente del rapporto di cambio;
emissione di
apposito scontrino fiscale da allegare al libretto di dotazione;
attivazione
del totalizzatore in euro.
Tale procedura
d’ingresso non dovrà influenzare il contenuto dei contatori degli scontrini di
chiusura e dei ripristini fiscali.
L’inizializzazione
dell’apparecchio alle condizioni di funzionamento nel periodo transitorio
richiederà un intervento dell’utilizzatore.
Al termine del periodo transitorio, atteso che fatta salva che la
registrazione dei dati nella memoria fiscale deve avvenire unicamente in euro,
l’apparecchio misuratore fiscale dovrà essere inizializzato alle nuove
condizioni di funzionamento secondo quanto indicato al punto 1.
Inoltre
dovranno essere espletati i seguenti adempimenti:
scrittura in
memoria fiscale della data del passaggio al periodo definitivo e
facoltativamente del rapporto di cambio;
emissione di
apposito scontrino fiscale da allegare al libretto di dotazione;
congelamento
del gran totale espresso in lire.
La procedura
non dovrà influenzare il contenuto dei contatori degli scontrini di chiusura e
dei ripristini fiscali.
La lettura del
contenuto della memoria fiscale dovrà evidenziare i totali nella valuta in cui
sono stati memorizzati.
Criteri di
approvazione dei nuovi modelli e delle modifiche di quelli già omologati.
I modelli di
apparecchi misuratori fiscali non conformi alle norme tecniche emanate a
seguito dell’introduzione della moneta unica potranno essere approvati con validità
limitata al 31 dicembre 2001. Tale data deve essere indicata nel libretto di
dotazione fiscale.
I nuovi
modelli di apparecchi conformi alle nuove prescrizioni tecniche saranno
approvati sulla base della normale procedura di omologazione.
Quelli già omologati,
che saranno adeguati alle nuove prescrizioni tecniche,
dovranno
essere nuovamente approvati dall’Amministrazione finanziaria sulla base
del parere
della Commissione per l’approvazione dei modelli di apparecchi
misuratori
fiscali, limitatamente alle sole innovazioni tecniche apportate. A
tal fine sarà
sufficiente produrre idonea documentazione tecnico-amministrativa
(apposita
istanza in bollo da cui si evinca il contenuto delle modifiche,
allegati
tecnici e quanto altro occorrente), accompagnata da specifica
dichiarazione
impegnativa, resa dal produttore titolare dell’omologa originaria e dal
distributore, se diverso dal fabbricante dell’apparecchio, attestante che le
modifiche tecniche apportate per l’adeguamento all’uso dell’euro incidono sul
funzionamento fiscale solo limitatamente alle modifiche stesse e che sono
conformi alle prescrizioni tecniche e giuridiche concernenti la materia.
Appendice 2
(Disposizioni normative)
REGOLAMENTO
(CE) N. 1103/97 DEL CONSIGLIO DEL 17 GIUGNO 1997
REGOLAMENTO
(CE) N. 974/98 DEL CONSIGLIO DEL 3 MAGGIO 1998
DECRETO
LEGISLATIVO 24 GIUGNO 1998, N. 213
Allegato 7
Ministero del Lavoro
Direzione Generale degli
affari generali, risorse umane e attività ispettiva
Coordinamento Ispezione del
Lavoro - Div.VII
CIRCOLARE
N.83/2001
prot. n. 1631
Roma, 4 ottobre 2001
Direzione Generale degli Affari Generali e del Personale
Divisione VII
COORDINAMENTO ISPEZIONE DEL LAVORO
OGGETTO: Conversione in euro delle sanzioni pecuniarie espresse in lire
A seguito del passaggio definitivo dalla Lira all’Euro, ormai nella fase di completamento, che avverrà dal 1° gennaio 2002, data in cui entrerà in vigore l’obbligo per le Pubbliche Amministrazioni di tradurre in Euro “secondo il tasso di conversione irrevocabilmente fissato ai sensi del Trattato” (art. 51, comma 2, D. Lgs. 213/98) ogni sanzione penale e amministrativa, sentito in merito il gruppo di studio istituito presso questa Divisione, si ritiene opportuno fornire alcuni chiarimenti operativi così come di seguito rappresentati.
Nel periodo transitorio, iniziato il 1 gennaio 1999 e che terminerà il 31 dicembre 2001, le sanzioni sia penali che amministrative devono essere espresse sia in Lire che in Euro (art. 51, comma 1, D.Lgs. 213/98).
Pertanto, dal 1 gennaio 2002, gli importi del limite minimo e massimo delle sanzioni penali e amministrative pecuniarie, fissati dalle vigenti disposizioni normative in lire, saranno tradotti in EURO.
Ai sensi del comma 3 dell’art. 51 “se l’operazione di conversione prevista dal comma 2 produce un risultato espresso anche con decimali, la cifra è arrotondata eliminando i decimali”.
In merito al criterio di arrotondamento da adottare, la Relazione Illustrativa del D.Lgs. 213/98 con particolare riferimento all’art. 51, prevede che, nel caso in cui la conversione determini risultati con cifre decimali, si applichi un arrotondamento per difetto (c.d. troncamento), cioè alla cifra senza i decimali, al fine di conservare la congruità e la proporzionalità delle sanzioni e di rispettare nello stesso tempo il principio del favor rei la cui applicazione si rileva in questi casi doverosa in base ad orientamenti desumibili dalla Carta Costituzionale e dai principi dell’ordinamento.
A titolo esemplificativo si riportano i seguenti casi:
1) Sanzione in materia di
collocamento: da £ 500.000 a £ 3.000.000 |
500.000:1936,27 = 258.22 EURO |
3.000.000 : 1936,27 = 1549,37 EURO |
In applicazione del suddetto criterio il limite minimo della sanzione sarà tradotto in 258 EURO e il limite massimo in 1549 EURO.
L’importo in misura ridotta sarà dato dal risultato di 258 x 2 = 516 EURO
2) Sanzione in materia di lavoro a
tempo parziale: L. 300.000 |
300.000 : 1936,27 = 154,93 EURO In applicazione del suddetto
criterio la sanzione sarà tradotta in 154 EURO. 1/3 di 154 EURO= 51,33 EURO. |
Applicando la regola generale sull’arrotondamento dettata dall’art. 5 del Regolamento comunitario n. 1103/97, in questo caso sarà arrotondato per difetto in quanto il decimale è inferiore a 50 e corrisponderà a 51 EURO.
Per i verbali ispettivi notificati e/o contestati prima del 31 dicembre 2001, anche se il termine di cui all’art. 16 della Legge 689/81 venga a scadere dopo la data predetta, non dovrà essere effettuata la suddetta operazione in quanto trattasi di atti formati nel periodo transitorio.
Per quanto riguarda, invece, il calcolo in EURO della retribuzione imponibile e dei contributi, in mancanza di una norma ad hoc che disciplini l’arrotondamento, si ritiene di dover applicare sia la regola generale già dettata per il periodo transitorio dall’art. 5 del Regolamento comunitario n. 1103/97, sia quella adottata in sede di deliberazione del Consiglio di Amministrazione dell’INPS n. 1123 del 17 novembre 1998, in base alle quali gli importi monetari da pagare o contabilizzare devono essere arrotondati per eccesso o per difetto a seconda che il decimale successivo sia pari o superiore a 50 o inferiore a 50.
Le stesse regole, in carenza di espresse disposizioni, si ritengono applicabili anche alla verifica della corretta determinazione dell’importo del libro paga e quindi della busta paga facendo presente che l’arrotondamento sarà effettuato a conclusione dei calcoli finalizzati a tale operazione.
A titolo di esempio:
Operaio in nero denuncia di aver lavorato per 10 giorni, presso una ditta per un totale di ore 102 avendo pattuito una paga di L. 10.000 orarie.
Un ispettore che verifichi tale circostanza, calcolerà la retribuzione imponibile nel seguente modo:
-applicherà il minimo retributivo contrattuale che ipotizziamo corrisponda a L. 12.000 all’ora;
-tradurrà le suddette Lire in EURO – 12.000:1936,27= 6,19
-calcolerà la retribuzione per le ore ordinarie – 6,19 x 80 ore = 495,20 EURO
-calcolerà lo straordinario 35% di 6,19= 2,16
-6,19+2,16x22 ore di straordinario = 183,70 EURO
-la retribuzione sarà data 495,20 + 183,70 = 678,90 EURO
-arrotonderà per eccesso risultando così una retribuzione imponibile pari a 679 euro.
Confidando nella piena osservanza dei contenuti della presente lettera circolare da parte di questa Divisione si rimane a disposizione per ogni eventuale chiarimento.
Si raccomanda, altresì, la massima diffusione della direttiva a tutto il personale interessato.
Allegato 8
IMPORTI DEI MINIMALI
RETRIBUTIVI |
|||||
PERIODO |
IMPORTO GIORNALIERO |
|
|||
dal |
al |
Lire |
Euro |
|
|
1 maggio 1952 |
31 dicembre 1957 |
400 |
0,2066 |
|
|
1 gennaio 1958 |
31 dicembre 1973 |
500 |
0,2582 |
|
|
1 gennaio 1974 |
30 giugno 1975 |
1.500 |
0,7747 |
|
|
1 luglio 1975 |
31 dicembre 1978 |
2.500 |
1,2911 |
|
|
1 gennaio 1979 |
31 dicembre 1979 |
10.000 |
5,1646 |
|
|
1 gennaio 1980 |
31 dicembre 1980 |
11.400 |
5,8876 |
|
|
1 gennaio 1981 |
30 aprile 1981 |
13.350 |
6,8947 |
|
|
1 maggio 1981 |
31 dicembre 1981 |
16.070 |
8,2995 |
|
|
1 gennaio 1982 |
31 dicembre 1982 |
19.130 |
9,8798 |
|
|
1 gennaio 1983 |
31 dicembre 1983 |
22.210 |
11,4705 |
|
|
1 gennaio 1984 |
31 dicembre 1984 |
25.720 |
13,2833 |
|
|
1 gennaio 1985 |
1 dicembre 1985 |
28.860 |
14,9050 |
|
|
1 gennaio 1986 |
31 dicembre 1986 |
31.460 |
16,2477 |
|
|
1 gennaio 1987 |
31 dicembre 1987 |
33.640 |
17,3736 |
|
|
1 gennaio 1988 |
1 dicembre 1988 |
35.530 |
18,3497 |
|
|
1 gennaio 1989 |
31 dicembre 1989 |
42.969 |
22,1916 |
|
|
1 gennaio 1990 |
31 dicembre 1990 |
46.028 |
23,7715 |
|
|
1 gennaio 1991 |
31 dicembre 1991 |
49.357 |
25,4908 |
|
|
1 gennaio 1992 |
31 dicembre 1992 |
53.495 |
27,6279 |
|
|
1 gennaio 1993 |
31 dicembre 1993 |
54.886 |
28,3463 |
|
|
1 gennaio 1994 |
31 dicembre 1994 |
57.223 |
29,5532 |
|
|
1 gennaio 1995 |
31 dicembre 1995 |
59.513 |
30,7359 |
|
|
1 gennaio 1996 |
31 dicembre 1996 |
62.729 |
32,3968 |
|
|
1 gennaio 1997 |
31 dicembre 1997 |
65.175 |
33,6601 |
|
|
1 gennaio 1998 |
31 dicembre 1998 |
66.282 |
34,2318 |
|
|
1 gennaio 1999 |
31 dicembre 1999 |
67.474 |
34,8474 |
|
|
1 gennaio 2000 |
31 dicembre 2000 |
68.552 |
35,4042 |
|
|
1 gennaio 2001 |
31 dicembre 2001 |
70.333 |
36,3240 |
|
|
Allegato 9
Minimali giornalieri e retribuzioni convenzionali mensili art. 4 DPR 30 aprile 1970, n. 602
Art. 4 DPR 602/1970 non
pensionistici |
||||
Centro Nord |
||||
|
Giornaliero |
mensile |
||
Validità |
Lire |
Euro |
Lire |
Euro |
1/1/1984 - 31/12/1984 |
16.010 |
8,2685 |
416.000 |
214,9803 |
1/1/1985 - 31/12/1985 |
17.970 |
9,2807 |
467.000 |
241,2990 |
1/1/1986 - 31/12/1986 |
19.590 |
10,1174 |
509.000 |
263,0522 |
1/1/1987 - 31/12/1987 |
20.950 |
10,8198 |
545.000 |
281,3141 |
1/1/1988 - 31/12/1988 |
22.130 |
11,4292 |
575.000 |
297,1590 |
1/1/1989 - 31/4/1989 |
23.290 |
12,0283 |
606.000 |
312,7353 |
1/5/1989 - 31/12/1990 |
25.000 |
12,9114 |
650.000 |
335,6970 |
1/1/1991 - 31/12/1991 |
26.730 |
13,8049 |
695.000 |
358,9272 |
1/1/1992 - 31/12/1992 |
28.850 |
14,8998 |
750.000 |
387,3943 |
1/1/1993 - 31/12/1993 |
30.640 |
15,8242 |
797.000 |
411,4302 |
1/1/1994 – 31/12/1994 |
32.700 |
16,8881 |
850.000 |
439,0917 |
1/1/1995 – 31/12/1995 |
33.030 |
17,0586 |
859.000 |
443,5229 |
1/1/1996 – 31/12/1996 |
34.820 |
17,9830 |
905.000 |
467,5588 |
1/1/1997 – 31/12/1997 |
36.180 |
18,6854 |
941.000 |
485,8207 |
1/1/1998 - 31/12/1998 |
36.800 |
19,0056 |
957.000 |
494,1460 |
1/1/1999 – 31/12/1999 |
37.470 |
19,3516 |
974.000 |
503,1426 |
1/1/2000 – 31/12/2000 |
38.200 |
19,7287 |
993.000 |
512,9450 |
1/1/2001 - 31/12/2001 |
39.060 |
20,1728 |
1.016.000 |
524,4930 |
Art. 4 DPR 602/1970 non
pensionistici |
||||||
|
Mezzogiorno |
Campania/Basilicata |
||||
Giornaliero |
mensile |
mensile |
||||
Validità |
Lire |
Euro |
Lire |
Euro |
Lire |
Euro |
1/1/1984 - 31/12/1984 |
16.010 |
8,2685 |
256.100 |
132,2956 |
224.000 |
115,7586 |
1/1/1985 - 31/12/1985 |
17.970 |
9,2807 |
288.000 |
148,4917 |
252.000 |
129,9302 |
1/1/1986 - 31/12/1986 |
19.590 |
10,1174 |
313.000 |
161,8783 |
274.000 |
141,6435 |
1/1/1987 - 31/12/1987 |
20.950 |
10,8198 |
335.000 |
173,1164 |
293.000 |
151,4768 |
1/1/1988 - 31/12/1988 |
22.130 |
11,4292 |
354.000 |
182,8671 |
310.000 |
160,0087 |
1/1/1989 - 31/4/1989 |
23.290 |
12,0283 |
373.000 |
192,4525 |
326.000 |
168,3959 |
1/5/1989 - 31/12/1990 |
25.000 |
12,9114 |
400.000 |
206,5828 |
350.000 |
180,7599 |
1/1/1984 - 31/12/1991 |
26.730 |
13,8049 |
428.000 |
220,8783 |
374.000 |
193,2685 |
1/1/1984 - 31/12/1992 |
28.850 |
14,8998 |
462.000 |
238,3965 |
404.000 |
208,5969 |
1/1/1984 - 31/12/1993 |
30.640 |
15,8242 |
490.000 |
253,1878 |
429.000 |
221,5394 |
1/1/1994 – 31/12/1994 |
32.700 |
16,8881 |
523.000 |
270,2102 |
458.000 |
236,4340 |
1/1/1995 – 31/12/1995 |
33.030 |
17,0586 |
528.000 |
272,9371 |
462.000 |
238,8200 |
1/1/1996 – 31/12/1996 |
34.820 |
17,9830 |
557.000 |
287,7285 |
487.000 |
251,7624 |
1/1/1997 – 31/12/1997 |
36.180 |
18,6854 |
579.000 |
298,9666 |
507.000 |
261,5957 |
1/1/1998 - 31/12/1998 |
36.800 |
19,0056 |
589.000 |
304,0898 |
515.000 |
266,0786 |
1/1/1999 – 31/12/1999 |
37.470 |
19,3516 |
600.000 |
309,6262 |
525.000 |
270,9230 |
1/1/2000 – 31/12/2000 |
38.200 |
19,7287 |
611.000 |
315,6585 |
535.000 |
276,2011 |
1/1/2001 - 31/12/2001 |
39.060 |
20,1728 |
664.000 |
322,7649 |
664.000 |
282,4193 |
art. 2 DD 3/12/1999
pensionistici |
||||
Validità |
Giornaliero |
mensile |
||
Lire |
Euro |
Lire |
Euro |
|
1/1/2000 – 31/12/2000 |
48.110 |
24,8467 |
993.000 |
646,0153 |
1/1/2001 - 31/12/2001 |
49.360 |
25,4923 |
1.283.000 |
662,8001 |