Torna a Circolari

SERVIZIO RISCOSSIONE

CONTRIBUTI E VIGILANZA

Roma, 8 agosto 1989

Circolare n.179

OGGETTO: ACCERTAMENTI E VALUTAZIONE DELLA SUSSISTENZA DEL RAPPORTO DI LAVORO SUBORDINATO

E' noto che, a decorrere dal 28 marzo 1989, data di entrata in vigore della legge 9 marzo 1989, n. 88 concernente la ristrutturazione dell'Istituto, i ricorsi relativi alla sussistenza del rapporto di lavoro subordinato sono decisi in via definitiva dai Comitati Regionali.

Pertanto debbono essere avviati ai predetti Organi i ricorsi concernenti:

- la mancata iscrizione o l'annullamento delle posizioni assicurative di persone denunciate dai datori di lavoro come dipendenti, per accertata inesistenza dei requisiti caratterizzanti il rapporto di lavoro subordinato;

- la mancata registrazione sulla posizione assicurativa, dei periodi lavorativi indicati nei modd. ECO/2M, per difetto di documentazione,

- l'addebito di contributi e conseguenti accessori, per accertata esistenza dei requisiti caratterizzanti il rapporto di lavoro subordinato.

Per l'istruttoria dei ricorsi, le Sedi autonome di produzione dovranno compilare e trasmettere alle Sedi Regionali una relazione contenente i seguenti dati:

- generalità o ragione sociale del datore di lavoro ed attività esercitata;

- generalità ed età del lavoratore ed eventuale esistenza di vincolo di coniugio, parentela o affinità e convivenza col datore di lavoro;

- periodo cui si riferisce il rapporto oggetto del ricorso;

- mansioni svolte ed eventuale titolarità di cariche sociali;

- eventuali precedenti assicurativi del lavoratore, presentazione domanda di pensione o di autorizzazione ai versamenti volontari, iscrivibilita' nelle gestioni speciali dei lavoratori autonomi, o ad altre forme di previdenza (INPDAI, INPGI, CPDEL, etc.);

- natura e data del provvedimento adottato e motivazione di esso con illustrazione, in sintesi, dell'esito degli accertamenti esperiti;

- eventuali osservazioni dell'Ispettorato del Lavoro;

- breve sintesi delle controdeduzioni del ricorrente;

osservazioni finali della Sede in merito al provvedimento Impugnato.

Alla relazione dovranno essere allegati il ricorso ed il verbale di accertamento nonché ogni altro documento che ha dato luogo al provvedimento della Sede ovvero prodotto dal RICORRENTE.

In calce a tale relazione il settore di lavoro della Sede Regionale addetto all'istruttoria dei ricorsi dovrà redigere le proprie osservazioni e formulare proposta motivata di conferma ovvero di riforma del provvedimento oggetto del RICORSO.

In relazione a tale decentramento, questa Direzione Generale - ai fini della continuità ed uniformità dell'azione amministrativa - ha ritenuto opportuno diramare la allegata sintesi dei criteri seguiti nel precedente accentrato assetto, per distinguere il lavoro subordinato dal lavoro autonomo e per approfondire talune situazioni lavorative, più di altre oggetto di interventi ispettivi e, quindi, fonte di copioso contenzioso (rapporti lavorativi fra insegnanti e scuole private; fra medici, biologi e, in genere, sanitari e case di cura private, laboratori etc; fra parenti e/o affini).

I criteri per la valutazione dei rapporti di lavoro domestico sono stati diramati con la circolare n. 89 del 6 MAGGIO 1989.

IL DIRETTORE GENERALE

La presente circolare nelle more della composizione tipografica e della stampa, viene trasmessa via terminale per consentirne l'immediata conoscenza ed applicazione.

ALLEGATO

A) CRITERI DISTINTIVI IL LAVORO SUBORDINATO RISPETTO AL LAVORO AUTONOMO

Per distinguere il rapporto di lavoro subordinato (locatio operarum) dal rapporto di lavoro autonomo (locatio operis), la giurisprudenza ha sempre posto maggior rilievo sull'oggetto del contratto, se cioe' trattasi di promessa di una pura e semplice attività di lavoro, ovvero di promessa di un

risultato. Non sempre - pero' - tale elemento distintivo e' sufficiente e facilmente individuabile ai fini della diversa qualificazione del rapporto. Ad esempio, il "risultato" nel lavoro autonomo che fornisce servizi, a differenza di ciò che accade nel lavoro autonomo che produce beni, non e' un opus in senso materiale ma appunto un servizio o pluralità di servizi.

Ciò evidentemente può rendere difficile la discriminazione, secondo il criterio sopra citato, tra il contratto che ha per oggetto la messa a disposizione di energie lavorative e quello che ha per oggetto un'obbligazione di risultato; soprattutto quando l'opus, nel nostro caso il servizio, richieda una certa continuità di prestazione.

In definitiva, può verificarsi l'ipotesi di un lavoratore autonomo che presta numerosi servizi pur ripetitivi a favore dello stesso cliente e, viceversa, un lavoratore dipendente che - a causa delle sue funzioni - assicuri certi servizi e risultati in favore del proprio datore di lavoro alla stregua di certi lavoratori autonomi.

Si e' reso cosi' necessario ricorrere ad altri criteri distintivi che, concomitanti, potessero maggiormente aiutare l'operatore dell'Istituto.

Tali ulteriori criteri sono stati individuati dalla Giurisprudenza, che ha posto l'accento sulla subordinazione, sull'inserimento del lavoratore nell'organizzazione aziendale, sulla volontà concretamente manifestata dalle parti.

A titolo esemplificativo si citano le seguenti massime:

- "il fondamentale elemento sintomatico del rapporto di lavoro subordinato e' la subordinazione, ossia il vincolo di natura personale che assoggetta il prestatore d'opera, limitandone la libertà, al potere direttivo del datore di lavoro" (Cass. 12.8.82, n. 4582);

- "la distinzione tra contratto d'opera e contratto di lavoro subordinato e' fondata sul criterio dell'autonomia nel contratto d'opera; infatti il debitore da un lato svolge un’attività lavorativa del tutto indipendente, diretta al perseguimento di un risultato, cosiddetto opus, e dall'altro ha una sua organizzazione di lavoro, assolutamente estranea rispetto a quella del creditore; nel rapporto di lavoro subordinato il lavoratore invece non e' titolare di una propria organizzazione e si inserisce in quella del datore di lavoro, assumendo una posizione di subordinazione, con i conseguenti obblighi di collaborazione, fedeltà e disciplina" (Cass. 5.6.81);

- "per aversi subordinazione, quale elemento del rapporto di lavoro, non si richiede un vincolo di soggezione particolarmente intenso ed appariscente, potendo bastare anche un assoggettamento attenuato e discreto all’autorità dell'imprenditore, specie quando si sia in presenza di lavoratore professionista, ne' costituisce, di per se', elemento idoneo per escludere un lavoro subordinato il fatto che il lavoratore presti la sua attività anche presso altre aziende" (Cass. 13.3.64, n. 543);

- "nel rapporto di lavoro subordinato il vincolo della subordinazione, che consiste nell'assoggettamento del prestatore d'opera alle direttive ed alla vigilanza dell'imprenditore, puo' assumere aspetti diversi in relazione alla natura delle mansioni ed alle condizioni in cui queste si svolgono e, nel caso delle cosiddette professioni liberali, tale vincolo resta, necessariamente, molto attenuato e non esclude una certa autonomia, iniziativa e discrezionalità del dipendente" (Cass. 21.3.64, n. 542);

- "ciò che rileva ai fini del riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato e' l'inserzione del lavoratore nell'ambito strutturale dell'impresa ed il concretamento della prestazione non in un opus bensi' nel dispiego di energie fisiche ed intellettive per la realizzazione delle finalità economico-produttive dell'azienda, il cui rischio ricade esclusivamente sul datore di lavoro, mentre non sono determinanti altri elementi quali la misura dell'autonomia di decisione accordata al prestatore d'opera, l’esclusività della prestazione in favore dello stesso datore di lavoro e la continuità e la regolarità dell'esecuzione della prestazione" (Cass. 7.4.82, n. 2158);

- "il principio per cui, ai fini della distinzione tra rapporto di lavoro autonomo e rapporto di lavoro subordinato, e' necessario aver riguardo all'effettivo contenuto del rapporto stesso, indipendentemente dal nomen iuris usato dalle parti, non implica che la dichiarazione di volontà di queste in ordine alla fissazione di tale contenuto o di un elemento di esso, qualificante ai fini della suddetta distinzione, debba essere stralciata nell'interpretazione del precetto contrattuale e che non debba tenersi conto del reciproco relativo affidamento delle parti e della concreta disciplina giuridica del rapporto quale voluta dalle medesime nell'esercizio della loro autonomia contrattuale; pertanto, quando le parti, nel regolare i reciproci interessi abbiano dichiarato di voler escludere l'elemento della subordinazione, non si puo' pervenire ad una diversa qualificazione del rapporto se non si dimostra che, in concreto, l'elemento in questione si sia di fatto realizzato nello svolgimento del rapporto stesso" (Cass. 1432/1979; Cass. 2798/1983).

E' altresì da citare una recente sentenza della Suprema Corte emessa proprio nei confronti dell'INPS, nelle cui motivazioni in diritto e' sottolineato che la subordinazione del lavoratore dipendente, che non può essere confusa con la soggezione dell'appaltatore o del lavoratore autonomo alle direttive ed ai controlli del committente, postula l'inserimento del prestatore dell’attività lavorativa nell'organizzazione imprenditoriale del datore di lavoro per il raggiungimento dei fini produttivi di questo, ed e' configurabile anche in mancanza di vincoli visibili e dichiarati (orario di lavoro, codice disciplinare, ordini di servizio) e nonostante l'intermittenza e la saltuarietà delle prestazioni lavorative:

"ciò perché e' pur sempre riscontrabile, nella varietà casistica, il dato costante di una funzione diretta dell’attività lavorativa alla dinamica aziendale, il rapporto per cosi' dire organico fra l'opera del lavoratore e lo strumento produttivo dell'azienda" (Cass. n.5363/19.12.85/1.9.86).

Agli effetti della qualificazione esatta dei due tipi di rapporto in argomento, oltre ai sopra riportati criteri di fonte giurisprudenziale, può' senz'altro risultare utile l'acquisizione di riscontri concreti di aspetti e profili specifici, ma rilevanti e caratterizzanti, quali ad esempio:

- il lavoratore subordinato non può "rifiutare" il lavoro affidatogli: verrebbe meno ad un suo precipuo dovere e sarebbe sanzionabile disciplinarmente. Il lavoratore autonomo puo' non accettare commissioni e limitare discrezionalmente il proprio lavoro.

Vi sono sanzioni per inadempimento tipiche ed esclusive del rapporto di lavoro subordinato (le sanzioni disciplinari), la cui comminabilita' o meno in luogo di quelle di natura prettamente civilistica differenziano il vero rapporto fra LE PARTI;

- altra circostanza rilevante e discretiva e' senza dubbio la diversa destinazione o finalità diretta delle prestazioni del soggetto lavoratore: nel lavoro subordinato il lavoratore si obbliga a collaborare con l'imprenditore nell'interesse diretto di quest'ultimo, ossia il fine dell’attività e' nell'impresa; nel lavoro autonomo il fine dell’attività professionale e' nello stesso lavoratore in relazione all'oggetto della sua attività professionale e solo indirettamente nell'imprenditore committente;

- in caso di malattia o infortunio del lavoratore subordinato, i rischi e le ripercussioni sul sistema produttivo sono a carico dell'imprenditore, mentre per il lavoratore autonomo i rischi economici e produttivi ricadono su quest'ultimo;

- la circostanza o situazione più significativa per caratterizzare specificamente il lavoro subordinato e distinguerlo da quello autonomo e' senza dubbio l'inserimento organico e continuativo del lavoratore nel ciclo produttivo e commerciale dell'impresa, o meglio nella struttura organizzativa dell'azienda. Se, in relazione all’attività sociale, la pianta organica o comunque la struttura dell'impresa prevedono una certa lavorazione e l'utilizzazione di una specifica unita' lavorativa per l'adempimento di essa, tale unita' - se utilizzata – deve considerarsi inserita nella struttura organizzativa dell'impresa, e non semplicemente eventuale o marginale. L'inserimento deve rivelarsi necessario al raggiungimento degli scopi sociali e alla realizzazione dell'oggetto e dell’attività dell'impresa, in cui il soggetto lavoratore diviene "elemento normale" di essa.

La pluralità dei criteri generali, nonché degli aspetti specifici sopra riassunti, dimostra che la dinamica economica e culturale della società non si presta a qualificazioni giuridiche astratte e che - pertanto - e' compito degli operatori dell'Istituto accertare ed interpretare le situazioni che effettivamente si realizzano, al fine di applicare ad esse la rispettiva disciplina giuridica.

In altri termini, poiché criteri, elementi e circostanze, e dagli operatori del diritto, implicano in ogni caso la verifica della loro applicabilità (o meno) alle situazioni reali di volta in volta esaminate, il problema della distinzione fra lavoro subordinato e lavoro autonomo si traduce in un problema di ordine essenzialmente pratico ed operativo e cioe' risolvibile soltanto attraverso la verifica della rispondenza delle situazioni e dei rapporti concreti agli schemi legali, da considerarsi - per la loro astrattezza - come riferimenti o strumenti interpretativi.

In tal senso e proprio con riferimento alle esigenze operative istituzionali dell'Istituto l'attivita' degli operatori dell'Istituto dovrebbe essere indirizzata all'accertamento ed all'acquisizione degli elementi e circostanze sopra indicati come profili specifici, da utilizzarsi in aggiunta ai criteri distintivi individuati - sul piano generale e dei principi - dalla dottrina e dalla giurisprudenza e sopra riassunti.

Inoltre, dall’attività di vigilanza dovrebbero trovare opportuna chiarificazione e riscontro almeno altri due aspetti, che appaiono pure essi rilevanti e caratterizzanti agli effetti dell'esatta qualificazione dei rapporti, e cioe':

- la posizione dei prestatori d'opera o servizio, rispetto al Servizio Sanitario Nazionale;

- la posizione ed i comportamenti delle parti rispetto al vigente Ordinamento fiscale.

Infatti, posizioni o rapporti lavorativi non possono essere dedotti come autonomi (e non dipendenti) soltanto per escludere gli obblighi assicurativi presso l'INPS previsti per i lavoratori dipendenti, ma debbono risultare identicamente dedotti e confermati a tutti gli altri effetti previsti dall'Ordinamento.

Altrimenti, anche dopo anni dall'instaurazione e dallo svolgimento dei sottostanti rapporti, gli operatori dell'Istituto potrebbero trovarsi di fronte - ad esempio – a casi tutt'altro che infrequenti di soggetti che - da un lato - deducendo l'autonomia delle loro prestazioni, potrebbero eccepire la non soggezione all'imposizione contributiva di pertinenza dell'INPS, sancita per i lavoratori dipendenti - dall'altro - potrebbero, invece, non risultare in grado di dimostrare uguale veste e conseguenti adempimenti rispetto ad altre Istituzioni, come il Servizio Sanitario Nazionale ed il FISCO.

L’utilità, ai fini che interessano, di detto riscontro della corrispondenza delle posizioni e dei rapporti non ad unico effetto, bensì a tutti gli altri effetti previsti dall'Ordinamento, e' innegabile per tutte quelle categorie caratterizzate da status professionali, acquisiti in virtù di iscrizione ad albi, elenchi etc., per il legittimo esercizio di attività che la legge considera a priori non subordinate.

La presunzione legale di attività autonoma viene invece a mancare per quelle categorie professionali nuove ed emergenti, per le quali non e' prevista l'iscrizione ad albi, elenchi etc., e tale carenza rende indubbiamente più difficoltose, se non vane, le suddette conferme e riscontri sotto molteplici PROFILI.

In ogni caso, in attesa che il diritto si adegui alla realtà delle attività nuove ed emergenti, l'accertamento della natura autonoma o subordinata delle attività stesse e' sempre possibile, facendo ricorso a tutti gli altri strumenti interpretativi sopra richiamati.

B) RAPPORTI LAVORATIVI CHE - PIU' DI ALTRI - SONO FONTE DI CONTENZIOSO

b.1) RAPPORTI LAVORATIVI FRA INSEGNANTI E SCUOLE PRIVATE

Agli effetti delle valutazioni che riguardano l'Istituto, va tenuta presente la seguente massima che concerne specificamente i rapporti lavorativi in argomento:

"il nomen iuris usato dalle parti, la pattuita applicabilità del contratto collettivo di settore e categoria nonché dell'obbligo di fedeltà e la carenza di una specifica previsione di poteri disciplinari del datore di lavoro non impediscono di riconoscere natura subordinata al rapporto di lavoro fra gli insegnanti di una scuola privata ed il titolare di essa, allorché i primi, partecipando ai consigli di classe, provvedendo alla redazione dei registri, tenendo i rapporti con i genitori degli alunni, svolgendo un corso annuale in orari prestabiliti e venendo retribuiti in misura fissa - indipendente dal numero degli alunni e da altre variabili del loro lavoro - si trovino, perciò stesso, ad essere funzionalmente inseriti nell'impresa scolastica, il cui rischio di gestione grava esclusivamente sul detto titolare" (Cass. sentenza n. 3042/8.5.1981).

b.2) RAPPORTI LAVORATIVI FRA MEDICI, BIOLOGI, ANALISTI, RADIOLOGI E, IN GENERE, SANITARI ISCRITTI AD ALBI PROFESSIONALI E CASE DI CURA PRIVATE, LABORATORI DI ANALISI ETC.

Agli effetti delle valutazioni sulla natura subordinata o meno di tali rapporti lavorativi, l'applicazione dei criteri distintivi riassunti in via generale nel precedente punto A), puo' risultare agevolata dall'acquisizione di riscontri o elementi conoscitivi specifici.

Ad esempio, va accertato:

- se il datore di lavoro coinvolga nei servizi o negli adempimenti affidati ai sanitari da lui qualificati autonomi, anche sanitari alle sue dipendenze (in caso positivo, la sussistenza dell'obbligo assicurativo potrebbe essere supportata dall'identica o analoga utilizzazione delle due categorie di sanitari);

- se il sanitario preteso come autonomo e non dipendente trovi limiti e condizionamenti nella realtà operativa e funzionale complessa in cui espleta il suo servizio (si allude, ad esempio, alla realtà di una Casa di Cura che deve assicurare ai degenti, ventiquattro ore su ventiquattro, interventi ed assistenza, per cui qualsiasi operatore - compreso il sanitario preteso autonomo - al momento in cui inizia la propria parte di detto ciclo di ventiquattro ore, non può che prendere atto delle estrinsecazioni del precedente servizio di altri operatori, quali interventi, diagnosi, referti, esami, terapie, rapporti etc. ed assolvere le proprie incombenze muovendo da quelle basi, senza poterle ignorare, venendo cosi' a costituire un'unita' lavorativa che ben difficilmente può essere considerata effettivamente autonoma ed avulsa dall'apparato e dall'organizzazione che fa capo alla Casa di Cura; ugualmente, biologi, analisti, radiologi, etc., occupati presso laboratori o studi, ben difficilmente possono essere considerati a rapporto libero-professionale, qualora risultasse che il supporto dell'organizzazione datoriale e cioè l'efficienza e la disponibilità sia dei mezzi tecnici sia del personale, appunto, di supporto, addetto cioè ad incombenze di assistenza tecnica e di natura burocratica, come quelle relative agli impegni ed ai rapporti con i clienti, finisce per incidere sul "risultato" costituito da analisi, prelievi, esami radiografici, etc., nel senso che, ad esempio, tali prestazioni subiscono variazioni per fatti riferibili al datore di lavoro, come contingenti situazioni di assenza di detto personale di supporto o d'inefficienza o non piena disponibilità dei mezzi tecnici);

- se gli atti cartacei che si riferiscono a servizi definiti di natura libero-professionale (diagnosi, referti, risultati di analisi ed esami, etc.) si presentino intestati e firmati dai medici, dai biologi, dagli analisti, dai radiologi, etc., considerati autonomi e non dipendenti, oppure se l'intestazione faccia capo alla Casa di Cura, al Laboratorio, allo Studio Professionale etc. (tale accertamento e' finalizzato all'individuazione del soggetto sul quale gravano i rischi di gestione);

- se ed in che cosa i suddetti atti cartacei differiscano da quelli analoghi, redatti da medici, biologi, analisti, radiologi, etc., alle dipendenze della Casa di cura, del Laboratorio, dello studio professionale etc.

Relativamente ai rapporti lavorativi definiti di natura libero-professionale dalle Case di cura private, e' da tener presente quanto segue.

A sostegno del ricorso a prestazioni autonome, viene ricorrentemente addotto che determinati indirizzi o specializzazioni di medicina non rientrano nell'oggetto istituzionale della Casa di cura, ovvero che determinati posti o adempimenti non sono organicamente previsti.

Al riguardo, la presa in visione degli adempimenti effettuati in ossequio della normativa vigente - che impone alle Case di cura private gli atti formali relativi alla pianta organica, alle specialità ed ai servizi di medicina assicurati, all'organizzazione interna (Direttore sanitario, Direttore amministrativo, Primari) etc. - può agevolare le conclusioni in ordine ad aspetti decisivi in materia di lavoro subordinato, quali l'inserimento organico, l’essenzialità delle prestazioni per il raggiungimento dei fini istituzionali, l'individuazione dei soggetti cui fanno capo i poteri di controllo e di direzione e le corrispondenti Responsabilità'.

Infine, per valutare la fondatezza di talune altre eccezioni di parte, fra le piu' ricorrenti, possono essere d'ausilio le sotto riportate affermazioni contenute in una recente sentenza della Suprema Corte (n. 3356/28.5.1987), emessa proprio con riferimento ad un rapporto di lavoro fra un medico ed una Casa di cura privata.

- Sulla rilevanza del "nomen iuris" usato dalle parti: "nella qualificazione di un rapporto di lavoro come autonomo o subordinato, il giudice non deve fermarsi all'esame delle clausole contrattuali ed in particolare alla considerazione del nomen juris usato dalle parti, ma deve avere riguardo, al di fuori di ogni criterio formalistico, all'effettiva natura e al reale contenuto del rapporto medesimo ed alle modalità di espletamento delle mansioni che costituiscono l'oggetto della prestazione lavorativa".

- Sulla rilevanza dei Decreti Ministeriali, in base ai quali le Case di cura private possono instaurare "rapporti convenzionali con medici esterni":

"quanto alla ....... doglianza, con cui i ricorrenti lamentano che il Tribunale abbia ignorato l'esistenza dei decreti ministeriali in materia, va osservato che i giudici di appello, lungi dall'ignorare tali decreti, hanno legittimamente evidenziato che essi prevedono e regolamentano sia i rapporti di lavoro autonomo, sia i rapporti di lavoro subordinati, ma che, nella specie, in concreto, l’attività lavorativa del dott. ................................................ andava, per le sue caratteristiche (orario di lavoro, dipendenza dal primario, inserimento nell'organizzazione tecnica e amministrativa della Casa di cura, mancanza di rischio economico ecc.) catalogata e ritenuta come attività di lavoro subordinato, a prescindere dal nomen juris dato dalle parti della convenzione, invero definita di "collaborazione libero-professionale".

- Sulla rilevanza dei Decreti Presidenziali che recepiscono accordi collettivi di categoria o di comparto:

"ne' rilievo alcuno ha il secondo mezzo di annullamento, afferente la pretesa erronea interpretazione degli accordi collettivi 7.10.77 e 1.7.84. A prescindere dalla considerazione che non e' censurabile in sede di legittimità l'interpretazione data dal giudice del merito a tali contratti, se non sotto il profilo della violazione delle norme di ermeneutica contrattuale o di un vizio della motivazione, e' dato rilevare che tale doglianza e', in sostanza, ripetitiva della prima. Vero e' che in tali contratti e' previsto anche il lavoro autonomo, ma e' pur vero che, nel caso di specie, il Tribunale con ampia e logica motivazione, basandosi su indubbie risultanze probatorie, ha ritenuto che, nonostante il nomen juris, la convenzione tra la casa di cura ed il dott. ........ dissimulasse un vero e proprio rapporto di lavoro subordinato".

- Sulle eccezioni basate sulla pretesa vanificazione delle norme relative al lavoro autonomo (art. 2222 c.c. e seguenti) e dell'istituto della "para subordinazione": "circa il ................. motivo di ricorso, afferente la pretesa violazione degli artt. 2094, 2229, 2232, 2233 cod. civ., va osservato che il Tribunale, contrariamente a quanto affermato dai ricorrenti, non ha affatto negato l'istituto della para subordinazione, ma ne ha soltanto escluso la ricorrenza nel caso concreto, rilevando esattamente che il dott. .......... dipendeva gerarchicamente non solo dal Primario, ma anche dalla Direzione Sanitaria e dalla Direzione Amministrativa, dalle quali riceveva ordini e direttive ed alle quali doveva chiedere permessi per assentarsi o per svolgere attività private (riservando una quota dei proventi alla clinica); con un rapporto del tutto diverso da quello tra medici specialisti convenzionati con l'INAM e l'INAIL".

b.3) RAPPORTI LAVORATIVI FRA SOCI E SOCIETA'

Imprenditore (cioè colui che esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni e servizi - art. 2082 c.c. -) oltre che una persona singola (fisica o giuridica) può essere una società, e cioè un’entità fondata sul contratto di società (art. 2247 c.c.) definito come il contratto con il quale due o più persone conferiscono beni o servizi per l'esercizio in comune di un’attività economica allo scopo di dividerne gli UTILI.

Accennato alle società di fatto, e cioè quelle sorte non osservando le disposizioni di forma e pubblicità previste dalla legge ed alle società irregolari, e cioè quelle in cui e' stato, nel complesso, rispettato il procedimento di costituzione e di pubblicità, che pero' e' carente in qualche suo elemento o modalità, le società previste e disciplinate dalla legge sono quelle di seguito elencate e distinte in società a base personale, prive di personalità giuridica, ed in società a base di capitali, fornite di propria personalità giuridica e quindi, ben distinte dai soci.

SOCIETA' A BASE PERSONALE

1) Società semplice

Tale forma di società non ha per scopo attività commerciale o industriale. L'atto costitutivo non e' soggetto a forme speciali. Salvo pattuizioni contrarie l'amministrazione spetta a ciascun socio disgiuntamente dagli altri. Per le obbligazioni sociali, oltre al patrimonio sociale, rispondono personalmente e solidalmente i soci che hanno agito in nome e per conto della società. Pur avendo un'autonomia patrimoniale, non ha personalità giuridica. La rappresentanza - in assenza di contrarie disposizioni del contratto - spetta a ciascun socio amministratore.

2) Società in nome collettivo

L'atto costitutivo deve essere depositato per l'iscrizione presso l'Ufficio del registro delle imprese. E' una società a base personale. Oltre al patrimonio sociale, tutti i soci rispondono solidalmente ed illimitatamente per le obbligazioni personalità giuridica.

I cenni che precedono inducono ad escludere la veste di lavoratori subordinati ai soci di società di fatto e di società irregolari nonché ai soci amministratori o di maggioranza di società semplici o di società in nome collettivo, in quanto il vero e proprio lavoratore subordinato e' un soggetto in posizione nettamente distinta da quella dell'imprenditore o datore di lavoro e non e' esposto ad alcun rischio d'impresa.

Per quanto riguarda i soci non amministratori di società semplici ed in nome collettivo (ove esista tale distinzione tra amministratori e semplici soci) si fa presente, per completezza di esposizione che la Corte di Cassazione ha ammesso - in via eccezionale - la riconoscibilità del rapporto di lavoro dipendente tra società di persone ed un proprio socio, nell'unica ipotesi in cui questi risulti sottoposto al controllo gerarchico di altro socio munito di supremazia e la sua attività lavorativa non rientri, neanche in parte, nel conferimento previsto dal contratto sociale:

- "il vincolo associativo non e' incompatibile con l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra medesimi soggetti e l'apprezzamento della sussistenza o meno di questo, in una determinata ipotesi costituisce oggetto di un giudizio di fatto, incensurabile in sede di legittimità, se motivato sufficientemente e con argomentazioni logicamente e giuridicamente corrette". (Cass. Sez. lav. 3,7,81, n. 4334);

- "nelle società di persone che non sono enti giuridici distinti dai singoli soci, un rapporto di lavoro subordinato fra la società ed uno dei soci (che assumendo la veste di dipendente non perde peraltro i diritti connessi alla qualità di socio) e' configurabile, in via eccezionale, nella sola ipotesi in cui il socio presti la sua attività lavorativa sotto il controllo gerarchico di altro socio, munito di supremazia, e sempreché' la suddetta prestazione non integri un conferimento previsto dal contratto sociale" (Cass. Sez. Lav. 16.12.86, n, 7573 - Cass. Sez. Lav. 4.2.87, N. 1099;

- "nelle società in nome collettivo, che non sono enti giuridici distinti dalle persone dei singoli soci, e' configurabile, in via eccezionale, un rapporto di lavoro subordinato tra la società ed uno dei soci nella sola ipotesi in cui il socio presti la sua attività lavorativa sotto il controllo gerarchico di un altro socio, munito di supremazia, e sempreché' la prestazione non integri un conferimento previsto dal contratto sociale" (Cass. Sez. Lav. 9.9.81, n. 5066);

- "il rapporto di lavoro subordinato del socio e' compatibile con quello di società anche quando trattasi di società personale sempreché' il socio presti la sua attività lavorativa sotto il controllo gerarchico di altro socio munito di supremazia, e la prestazione non integri un conferimento previsto dal contratto" (Cass. Sez. Iø 9.6.83, N. 3948).

3) Società in accomandita semplice

Si basa sulla distinzione tra soci accomandanti, che rispondono soltanto entro i limiti della quota di partecipazione e non possono prendere parte all'amministrazione, e soci accomandatari, che partecipano di diritto all'amministrazione e rispondono senza limiti per le obbligazioni sociali. Pur avendo una autonomia patrimoniale non ha personalità giuridica.

Proprio per la netta distinzione dai soci accomandatari, ai quali soltanto spetta l'amministrazione della società e fanno carico, senza limiti, le responsabilità ed i rischi dell’attività sociale, può essere riconosciuta la veste di lavoratori dipendenti ai soci accomandanti delle società in accomandita semplice, che rischiano nell’attività sociale soltanto la quota di partecipazione (purché non contravvengano il divieto di compiere atti di amministrazione, e purché il loro nome non figuri nella ragione sociale, nei quali casi risponderebbero illimitatamente e solidalmente verso i terzi e, quindi, si troverebbero in posizione incompatibile con quella di lavoratori dipendenti; inoltre, la normale subordinazione dell'accomandante rispetto all'accomandatario - prevista dal codice civile - diviene evanescente nel caso in cui l'accomandante risulti titolare della maggioranza del capitale SOCIALE).

SOCIETA' DI CAPITALI

In tale categoria di società rientrano: le società per azioni; le società in accomandita per azioni; le società' a responsabilità limitata; le società cooperative e mutue Assicurazioni.

La caratteristica comune a dette diverse forme societarie e' costituita dal fatto che esse, con l'iscrizione nel registro delle imprese, ottengono il riconoscimento di una loro soggettività o personalità

' giuridica, ben distinta da quella dei soci che le costituiscono. L'iscrizione nel registro delle imprese ha, pertanto, efficacia costitutiva.

Ciò premesso, si riportano - in estrema ed elementare sintesi - taluni cenni sui singoli tipi di società di CAPITALI.

1) Società per azioni

Per le obbligazioni sociali, risponde esclusivamente la società con il suo patrimonio, costituito dalle quote di partecipazione dei soci, rappresentate da azioni e cioè frazioni del capitale sociale (la SPA, per procurarsi capitali, può ricorrere alla emissione di "obbligazioni", distinte dalle azioni prece' non rappresentano frazioni del capitale sociale, bensì altrettanti debiti della società per cui i sottoscrittori sono soltanto dei creditori e non assumono la veste di soci).

La SPA deve costituirsi per atto pubblico e si manifesta ed opera attraverso organi che sono:

- L'Assemblea degli azionisti, che nomina i titolari degli ALTRI Organi;

- gli Amministratori, che possono essere anche non soci e che sono gli esecutori delle delibere dell'Assemblea. Se gli Amministratori sono piu' di uno si forma il Consiglio di Amministrazione. Il Presidente del Consiglio di Amministrazione e' nominato dallo stesso Consiglio quando non viene designato direttamente dall'Assemblea (2380 c.c.).

Il Consiglio di Amministrazione può deliberare tutti gli atti sociali, conferendo poi la rappresentanza per l'esecuzione delle delibere al presidente (al quale spetta normalmente anche la rappresentanza della società in GIUDIZIO).

Nel seno del Consiglio di Amministrazione può essere nominato un Comitato Esecutivo, oppure uno o più Consiglieri o Amministratori delegati con poteri di deliberazione e rappresentanza, se l'atto costitutivo o l'Assemblea lo Consentono;

- il Collegio sindacale, cui e' demandato il controllo di legittimità e di merito.

La società per azioni deve tenere (oltre le scritture contabili della impresa commerciale, il libro giornale, il libro degli inventari, la corrispondenza ricevuta e spedita) il libro dei soci, il libro delle obbligazioni, il libro delle adunanze e deliberazioni assembleari (libro delle adunanze del Consiglio di Amministrazione, del Comitato Esecutivo, degli obbligazionisti).

Deve compilare il Bilancio (prospetto riassuntivo della situazione al giorno di chiusura dell'esercizio sociale annuale; contiene il conto dei profitti e perdite, accompagnati da una relazione degli amministratori della

gestione sociale).

2) Società in accomandita per azioni

Deve essere costituita per atto pubblico.

I soci accomandatari conservano il diritto di amministrare la società e nonostante la personalità giuridica della società, sono esposti illimitatamente e solidalmente alle responsabilità derivanti dall'esercizio sociale che - verso i terzi - sono sussidiarie, nel senso che possono essere fatte valere soltanto dopo l'escussione del patrimonio sociale. Gli accomandanti non versano quote ma sottoscrivono azioni e cio' e' utile per un maggior ricorso al mercato monetario.

3) Società a responsabilità limitata

Deve costituirsi per atto pubblico, che deve indicare il numero degli amministratori ed i loro poteri, ed e' una forma societaria adottata dalle società di piccole e medie dimensioni. La società risponde, con il suo patrimonio, per le obbligazioni sociali.

Il capitale sociale non può essere costituito da azioni, bensì da quote di conferimento dei soci, che possono essere di diverso importo e la ragione sociale deve indicare che trattasi di società a responsabilità limitata.

Il Codice Civile estende alla S.r.l. varie norme dettate per le società per azioni. La quota di capitale conferita dal socio e' trasmissibile per atto tra vivi, per successione e può formare oggetto di espropriazione da parte del creditore del SOCIO.

4) Società Cooperative

Sono caratterizzate dalla variabilità del capitale, in quanto aperte alla partecipazione di chi appartiene alla stessa categoria e dal fatto che non perseguono fini di speculazione limitati ai soci costituenti, ma sono aperte a tutti gli appartenenti alla categoria (hanno lo scopo mutualistico di fornire a condizioni favorevoli beni o servizi o occasioni di lavoro a chi appartenga ad una determinata CATEGORIA).

Possono aversi due tipi di società Cooperative: Soc. Cooperative a responsabilità illimitata (in caso di liquidazione o di fallimento, i soci rispondono solidalmente ed illimitatamente in via sussidiaria); Soc. Cooperative a responsabilità limitata (ciascun socio risponde sussidiariamente e solo limitatamente alla quota). Tutte le cooperative devono costituirsi per atto pubblico.

La elementare sintesi che precede e' relativa all'individuazione dei soggetti che possono assumere la veste di datori di lavoro nei rapporti lavorativi svolgentisi nella realtà socio-economica costituita dalle società di capitali.

Per quanto riguarda l'individuazione del lavoratore dipendente e cioè dell'altra parte del rapporto lavorativo, sussistono in dottrina ed in giurisprudenza incertezze relative a talune posizioni esistenti ed operanti in seno alle società di capitali.

In rapporto a dette incertezze, sono stati elaborati e applicati i criteri che seguono.

1) Attività prestata in favore delle società di capitali da semplici soci, cioè soggetti non investiti di particolari mandati o poteri

Il cumulo della qualità di semplice socio con quella di lavoratore subordinato e' ammesso, in via generale, sia per il fatto che le società di capitali hanno una personalità giuridica distinta da quella dei soci, sia per il fatto che delle obbligazioni sociali risponde la società e non i singoli soci (a parte le responsabilità dei soci accomandatari delle società in accomandita per azioni e dei soci di cooperative a responsabilità illimitata in caso di liquidazione coatta amministrativa o di fallimento della cooperativa, le cui rispettive posizioni sono trattate nei successivi punti concernenti gli amministratori - quali sono i soci accomandatari - e gli enti cooperativistici).

Ciò in via generale, in quanto - in pratica - dovrà essere riscontrata la ricorrenza di tutti i requisiti tipici del rapporto di lavoro subordinato (prestazione, retribuzione, subordinazione, mancanza di rischio ecc.).

In primo luogo la effettiva prestazione da parte del socio di attività lavorative per la società, deve essere diversa da quella che svolge come socio e svolta sotto le effettive direttive della società stessa (e quindi sotto le direttive del socio o dei soci che ne hanno l'amministrazione e la direzione); inoltre, la corresponsione della correlativa retribuzione, quale compenso della attività lavorativa prestata, deve consistere in una aggiunta alla normale quota di partecipazione agli utili della società e distinta da detta quota (agli effetti del riscontro della distinzione fra utili e retribuzione di lavoro dipendente, può essere di ausilio la documentazione attestante differenti adempimenti fiscali).

2) Attività prestata in favore delle società di capitali da soci o non soci, aventi la veste di amministratori

Per stabilire se l'assolvimento di incarichi lavorativi da parte di un amministratore possa costituire adempimento di un contratto di lavoro dipendente, occorre accertare che il soggetto preposto agli incarichi stessi sia fungibile, nel senso che qualsiasi operatore manuale od intellettuale potrebbe provvedere alle incombenze affidate all'amministratore.

Infatti, attività riservate esclusivamente agli investiti di mandato di amministrazione, si riconnettono esclusivamente alla posizione di amministratori dei soggetti che le svolgono e cioè alla posizione di soggetti non distinti bensì immedesimantisi con la società di capitali, quali suoi organi o membri di organi (rapporto organico, all'interno dell'unico soggetto esistente), mentre il lavoratore dipendente e' legato al datore di lavoro da un rapporto caratterizzato dall'esistenza di due soggetti distinti e contrapposti, e non di un UNICO Soggetto.

Accertato che l’attività espletata da un amministratore non rientra nel mandato sociale di cui e' investito, va accertato altresì se l’attività stessa sia resa in forma subordinata e retribuita.

La Magistratura ha ritenuto possibile, in alcuni casi, che un amministratore di società possa assumere la veste di dipendente della stessa, ogni qual volta l'amministratore, nello svolgimento della sua attività lavorativa, sia assoggettato al controllo ed al potere d'impero degli altri organi della società. Fattispecie che pu' verificarsi ad esempio, nel caso di lavoratori che vengono chiamati a far parte dei Consigli di Amministrazione o dei Collegi sindacali della società presso cui lavorano.

Pertanto l'eventuale riconoscimento dell'esistenza effettiva di un rapporto di lavoro subordinato va fatto caso per caso, verificando la presenza di tutti i requisiti necessari e propri del rapporto di lavoro stesso, sulla base degli elementi concernenti:

a) la percezione di una retribuzione di misura predeterminata il cui pagamento avvenga mediante uno dei sistemi previsti dalle norme in vigore per i lavoratori subordinati e della quale sia previsto l'assoggettamento al regime fiscale applicato alla generalità dei lavoratori dipendenti;

b) l'esistenza certa ed effettiva di controllo e di direzione da parte di altri organi sulla attività lavorativa del socio dipendente;

c) le origini del rapporto di amministrazione in capo all'interessato, anche in relazione ai poteri attribuitigli dallo statuto o dall'atto costitutivo, o dagli altri organi sociali che lo abbiano chiamato alla carica.

Ad esempio, con riferimento al suddetto punto c),considerate sia l'origine ex lege del rapporto di amministrazione, sia la responsabilità solidale ed illimitata sancita dal codice civile nei confronti dei soci accomandatari delle società in accomandita per azioni, costoro non possono essere riconosciuti come lavoratori dipendenti, nonostante la personalità giuridica, propria e distinta da quella dei soci, di cui e' dotata la società.

Ugualmente, qualora da detti accertamenti, da svolgersi caso per caso, emergesse che un lavoratore chiamato a far parte del Consiglio di Amministrazione o del Collegio sindacale detiene la maggioranza del capitale sociale, il medesimo non potrebbe essere riconosciuto lavoratore dipendente, nonostante la distinta personalità giuridica della società (infatti, un capitalista di maggioranza incide in modo determinante sulla formazione della volontà sociale, cui dovrebbe - invece - essere in ogni caso soggetto).

3) Non riconoscibilità del rapporto di lavoro subordinato per i Presidenti, gli Amministratori unici ed i Consiglieri delegati di società (esclusi gli Enti Cooperativistici).

Diversa dalle precedenti ipotesi di Amministratore e', infine, il caso di soggetto che rivesta una carica amministrativa tale da rendere evanescente la posizione di subordinazione rispetto agli altri.

Questo e' il caso del Presidente, dell'Amministratore Unico e del Consigliere Delegato.

Quando questi infatti esprimono da soli la volontà propria dell'Ente sociale, come anche i poteri di controllo, di comando e di disciplina, in veste di lavoratori essi verrebbero ad essere subordinati di se stessi, cosa che non e' giuridicamente possibile.

Per essi pertanto, in linea di massima, e' da escludere ogni riconoscibilità di rapporto di lavoro subordinato e della conseguente assoggettabilità agli obblighi assicurativi.

4) Riconoscibilità del rapporto di lavoro per i soci e per i Presidenti di Enti Cooperativistici.

Per espresse disposizioni di legge di cui all'art.2 del RD 28 agosto 1924, n.1422, all'art.2 RD 7 dicembre 1924, n.2270, ed all'art.1 del T.U. sugli Assegni Familiari n.797/55 e successive modifiche, sono compresi fra i prestatori di lavoro subordinato alle dipendenze di terzi, i soci di società e di enti in genere cooperativi anche di fatto, che prestino la loro attività per conto delle società e degli stessi enti.

Tale impostazione e' stata confermata anche dal DPR 30 aprile 1970, n.602 (Riassetto previdenziale ed assistenziale di particolari categorie di lavoratori soci di società ed enti cooperativi, anche di fatto, che prestino la loro attività per conto delle società ed enti medesimi), il cui art.2 stabilisce testualmente che "si considerano organismi di fatto, costituiti per il conseguimento degli scopi mutualistici propri delle società cooperative, quelli per i quali concorrono i seguenti requisiti:

a) organizzazione del servizio o distribuzione del lavoro da parte dell'organismo cooperativo;

b) conferimento all'organismo cooperativo del ricavato dell’attività svolta dai soci;

c) ripartizione del ricavato del lavoro fra tutti i soci secondo criteri determinati dallo statuto e dai regolamenti sociali o da patto sociale risultante da atto scritto;

  1. il numero dei soci non deve essere inferiore a tre;

e) i soci debbono esercitare effettivamente l'arte o il mestiere corrispondente alle attivita' per lo svolgimento delle quali l'organismo associativo e' stato costituito o attività tecnica accessoria; i soci addetti ad attività amministrative sono assicurati ai sensi del presente decreto a condizione che non superino il numero di uno per ogni dodici soci o frazione".

Oltre che nei confronti dei soci addetti ad attività' amministrativa, alle condizioni e nei limiti specificati dalla lettera e) del sopra riportato art.2 del DPR n.602 del 30.4.1970, le norme relative ai lavoratori subordinati sono state sempre applicate dall'Istituto, sulla base di direttive ministeriali, anche nei confronti dei Presidenti di Cooperative la cui nomina non abbia comportato concreta e sostanziale modificazione alla loro originaria posizione di lavoratori, sia per quanto attiene alla normale attività prestata per conto delle Cooperative, da essi rappresentate, sia per quanto riguarda il trattamento economico e la ripartizione degli utili, che non devono differenziarsi da quelli degli altri soci.

Sulla base del verificarsi delle condizioni sopraddette, pertanto, i Presidenti di tali Enti Cooperativistici sono soggetti agli obblighi assicurativi come i lavoratori subordinati e ciò costituisce eccezione a quanto riportato nel precedente punto 3), relativamente ai Presidenti, agli Amministratori Unici ed ai Consiglieri delegati.

b.4) ASSOCIAZIONI IN PARTECIPAZIONE

A conclusione della sintetica esposizione che precede, relativa ai rapporti lavorativi che si svolgono all'interno dell'impresa gestita in forma societaria, appare utile accennare al caso di prestazioni lavorative rese nell'ambito di imprese non gestite in base al rapporto societario vero e proprio, ma comunque costituenti manifestazioni del fenomeno Associativo.

Si allude alle "Associazioni in partecipazione", di cui agli artt. 2549 e seguenti del codice civile.

La disciplina dettata dal codice civile per le associazioni in parola, consente le seguenti deduzioni:- i rapporti fra associante ed associato non realizzano lo schema legale del vero e proprio rapporto associativo, in quanto la titolarità dell'impresa e' attribuita dalla legge esclusivamente all'associante (art. 2549), al quale spetta altresì la gestione dell'impresa stessa o dell'affare (art. 2252);

- i rapporti fra associante ed associato non sono nemmeno riconducibili allo schema legale del rapporto di lavoro subordinato, quantomeno in via generale e di principio (infatti: l'associante non e' completamente libero nell'organizzazione dell'impresa, come comprovato sia dalla rilevanza del consenso degli associati per attribuire altre partecipazioni alla stessa impresa sia dalla possibilità di controlli dell'associato sulla gestione o sugli affari e dal diritto dell'associato medesimo al rendiconto (artt. 2550 - 2552 c.c.); l'associato - di norma, visto che occorre una specifica esclusione con patto contrario - partecipa alle perdite nella stessa misura in cui partecipa agli utili, ovviamente entro i limiti del suo apporto; in definitiva, nessun vero e proprio lavoratore dipendente può vantare nei confronti del proprio datore di lavoro le suddette prerogative e diritti propri dell'associato e nessun vero dipendente e' esposto ai rischi dell'impresa, mentre l'associato e' normalmente esposto alle perdite e, anche quando non lo sia, la sua partecipazione agli utili dipende dall'andamento dell'impresa).

Le sopra riassunte differenziazioni fra contratto di associazione in partecipazione e contratto di lavoro subordinato sono state confermate dalla S.C. di Cassazione (v. ad esempio Sentenza n. 6750/22.12.1981).

La stessa Suprema Corte (v. ad esempio Sentenza n. 383/1.2.1975) non ha escluso che lo stesso soggetto possa assumere la doppia veste di associato e di lavoratore subordinato, ma al riguardo si osserva che l'ammessa ipotesi di concorrenza o coincidenza di elementi del rapporto di lavoro subordinato con quelli dell'associazione in partecipazione conferma l'impostazione di fondo secondo la quale l'esistenza o meno del rapporto di lavoro dipendente e' sempre una "quaestio facti", come tale risolvibile soltanto caso per caso e con riferimento ai contenuti e agli elementi concreti del rapporto di volta in volta preso in esame.

In ogni caso, la disciplina dettata dal codice civile e la giurisprudenza senz'altro prevalente supportano le sopra riassunte conclusioni negative circa la natura subordinata o meno delle prestazioni lavorative dell'associato.

C) RAPPORTI LAVORATIVI FRA PARENTI E/O AFFINI

I rapporti lavorativi fra coniugi, parenti entro il terzo grado od affini entro il secondo grado, possono configurare - agli effetti che interessano l'Istituto - le situazioni di seguito descritte:

- rapporto di lavoro subordinato, soggetto alla assicurazione generale obbligatoria;

- rapporto di collaborazione nell'ambito dell'impresa familiare, soggetto all'assicurazione obbligatoria nelle gestioni speciali dei lavoratori autonomi;

1) RAPPORTO DI LAVORO SUBORDINATO SVOLTO NELL'IMPRESA

Secondo l'art.2094 del Codice Civile e' prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga, mediante retribuzione, a collaborare nell'impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore.

Per stabilire, nella singola fattispecie, se il rapporto tra datore di lavoro e familiare realizzi lo schema legislativo delineato dal citato art. 2094 del codice civile, soccorre la consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione, relativa proprio ai rapporti di lavoro tra strettissimi parenti ed affini sia conviventi che non CONVIVENTI.

A titolo esemplificativo si riportano alcuni pronunciamenti della Suprema Corte:

- nel caso di prestazioni lavorative rese fra persone conviventi legate da vincolo di parentela o di affinità le prestazioni stesse si presumono gratuite e non ricollegabili ad un rapporto di lavoro. Tale presunzione può essere vinta dalla dimostrazione, incombente alla parte che sostiene l'esistenza di un rapporto di lavoro, dei requisiti della subordinazione e dell’onerosità delle rispettive prestazioni, ma deve trattarsi di prova precisa e rigorosa non evincibile dalla sola circostanza che le attività in questione anziché svolgersi nello stretto ambito della vita familiare e comune, attengano all'esercizio di un'impresa, qualora questa sia gestita ed organizzata con criteri prevalentemente familiari, di per se' soli non compatibili con l’entità economica dell'impresa e con le sue empiriche variabili strutturali ed organizzative." (Cass. Sentenza n.1880/20.3.1980);

la presunzione di gratuita' delle prestazioni lavorative rese fra persone legate da vincoli di parentela - per il superamento della quale e' necessaria la prova precisa e rigorosa dell’onerosità delle prestazioni stesse - sussiste anche nel caso di attività lavorativa eseguita nell'ambito di un'impresa, qualora questa sia gestita ed organizzata, strutturalmente ed economicamente, con criteri prevalentemente familiari, e non quando l'impresa abbia notevoli dimensioni e per quanto condotta da familiari sia amministrata con criteri rigidamente imprenditoriali." (Cass. Sentenza n. 2660/28.4.1984);

nel caso in cui i soggetti del rapporto di lavoro siano conviventi le relazioni di affetti familiari di parentela e di interessi tra essi esistenti giustifica la presunzione di gratuita', mentre, nell'ipotesi di soggetti non conviventi sotto lo stesso tetto, ma appartenenti a nuclei familiari distinti ed autonomi, tale presunzione cede il passo a quello di normale onerosità del rapporto superabile con la dimostrata sussistenza di sicuri elementi contrari." (Cass. Sentenza n.3287/19.5.1986).

I criteri ricavabili dalle riportate pronunce giurisprudenziali trovano principale applicazione nei rapporti instaurati nell'ambito delle imprese individuali, delle società di persone e delle attività non rientranti nel concetto di impresa (ad esempio, studi professionali). Minore applicazione possono avere nei confronti delle società di capitali, salve particolari situazioni da valutare di volta in volta, in quanto la figura del datore di lavoro si identifica nella società e non nella persona degli amministratori.

Non sono applicabili alle imprese familiari, nelle quali non e' ravvisabile il requisito della subordinazione.

2) IMPRESA FAMILIARE

L'art. 230 bis del codice civile, introdotto dall’art. 89 della legge 19.5.1975, n. 151 ha delineato la figura dell'impresa familiare, intendendo quella nella quale collaborano il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado. La norma in questione stabilisce, al di fuori dello schema del rapporto di lavoro subordinato o societario, che il familiare che presta in modo continuativo la sua attivita' di lavoro nella famiglia o nell'impresa familiare ha diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia e partecipa agli utili dell'impresa familiare ed ai beni acquistati con essi nonché agli incrementi dell'azienda, anche in ordine all'avviamento, in proporzione alla quantità e qualita' del lavoro prestato. Le decisioni concernenti l'impiego degli utili e degli incrementi nonché quelle inerenti alla gestione straordinaria, agli indirizzi produttivi e alla cessazione dell'impresa sono adottate, a maggioranza, dai familiari che partecipano all'impresa stessa. I familiari partecipanti all'impresa che non hanno la piena capacita' di agire sono rappresentati nel voto da chi esercita la potestà su di essi.

Il lavoro della donna e' considerato equivalente a quello dell'uomo. La prestazione di attività del coniuge, parente od affine nell'ambito dell'impresa familiare, non sussistendo i requisiti del lavoro dipendente, non può essere assoggettata tutela stabilita dalla vigente legislazione a favore dei lavoratori autonomi, per le imprese artigiane o commerciali soggette ai rispettivi regimi assicurativi.

 

3) LAVORO PRESTATO NELL'AMBITO DI IMPRESE SOGGETTE ALL'OBBLIGO ASSICURATIVO NELLE GESTIONI SPECIALI DEI LAVORATORI AUTONOMI

ARTIGIANI

Sono iscritti all'apposita gestione speciale dell'assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed I Superstiti:

- i titolari ed i contitolari delle imprese artigiane che lavorano professionalmente nell'impresa;

- IL Coniuge;

- i figli legittimi o legittimati, adottivi ed affiliati;

- i figli naturali legalmente riconosciuti o giudizialmente dichiarati; i figli nati da precedente matrimonio dell'altro coniuge e i minori regolarmente affidati;

- i nipoti in linea retta;

- i fratelli e le sorelle;

- gli ascendenti e gli equiparati ai genitori (gli adottanti, gli affilianti, il patrigno e la matrigna).

I familiari sopraindicati non sono iscritti all'assicurazione per gli artigiani quando, per le modalità di svolgimento dell'opera, devono essere considerati lavoratori dipendenti o apprendisti e, come tali, iscritti nell'assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti.

Poiché per essere iscritti all'apposita gestione speciale e' necessario svolgere un lavoro presso una impresa artigiana, si indicano di seguito le caratteristiche che distinguono tali IMPRESE.

Sono artigiane le imprese che hanno le seguenti Caratteristiche:

- producono beni o prestano servizi di natura artistica od usuale: per lavorazioni usuali si intendono le lavorazioni considerate tradizionalmente artigiane (falegname, sarto, idraulico, fabbro, ecc.);

- sono organizzate ed operano con il lavoro professionale, anche manuale, del titolare e, eventualmente, con quello dei suoi familiari (la semplice direzione tecnica e amministrativa dell'azienda, l'acquisto delle merci, la tenuta dei rapporti con le banche, non costituiscono partecipazione diretta al lavoro tale da dare diritto al riconoscimento della qualifica artigiana);

- il titolare ha la piena responsabilità dell'azienda e assume tutti gli oneri ed i rischi inerenti alla direzione e alla GESTIONE;

- non hanno un numero di dipendenti superiore a quello previsto dalla norma di legge in relazione al tipo di attività e alle modalità di svolgimento dell'opera (lavorazione in serie o non in serie).

Le imprese costituite in forma di società in nome collettivo e le imprese cooperative possono essere considerate artigiane solo se la maggioranza dei soci partecipa personalmente al lavoro nell'impresa e il lavoro ha funzione preminente sul capitale (uno, in caso di societŕ tra due soli soci).

In nessun caso sono considerate artigiane le imprese costituite in forme di società per azioni, a responsabilità limitata , in accomandita semplice, in accomandita per azioni.(la legge 133/97 include dall'1/6/1997 il socio unico di S.r.l. e il socio accomandatario di S.a.S.- purché non socio unico di altra S.r.l. o di S.a.S.- )

COMMERCIANTI

Sono iscritti all'apposita gestione speciale dell'assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti gli esercenti attività commerciali e turistiche e gli ausiliari del commercio (rientrano nella categoria degli ausiliari del commercio gli agenti e rappresentanti di commercio iscritti nell'apposito ruolo istituito con legge 12.3.1968, n. 316; gli agenti aerei, gli agenti marittimi; gli agenti delle librerie e di stazione; i mediatori iscritti negli appositi ruoli delle camere di commercio; i propagandisti e i procacciatori di affari; i commissionari di commercio; i titolari di istituti di informazione, ecc.) che:

- siano titolari o gestori in proprio di imprese organizzate prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti la FAMIGLIA;

- siano autorizzati, a norma di legge, all'esercizio Dell’Attività

Sono inoltre iscritti all'assicurazione obbligatoria i familiari coadiutori degli esercenti attività commerciali e turistiche e degli ausiliari del commercio a condizione che partecipino al lavoro aziendale con carattere di abitualità e PREVALENZA.

Per i familiari coadiutori si intendono:

- IL Coniuge;

- i figli legittimi o legittimati, adottivi ed affiliati;

- i figli naturali legalmente riconosciuti o giudizialmente dichiarati; i figli nati da precedente matrimonio dell'altro coniuge e i minori regolarmente affidati;

- i nipoti in linea retta;

- i fratelli e le sorelle;

- gli ascendenti e gli equiparati ai genitori (gli adottanti, gli affilianti, il patrigno e la matrigna) (la legge 662/96 ha esteso dall'1/1/1997 l'obbligo agli affini fino al 3° grado).

Se i predetti familiari sono preposti a punti di vendita sono iscritti all'assicurazione obbligatoria anche quando il titolare dell'azienda non ha i requisiti per l'iscrizione (ad es. perché non svolge in modo prevalente attività Commerciale).

Nel caso in cui l’attività commerciale sia svolta in forma di società, sono iscrivibili all'assicurazione, purché in possesso dei requisiti sopra specificati:

- i soci di società in nome collettivo e i loro familiari Coadiutori;

- i soci di società di fatto e i soci accomandatari di società in accomandita semplice; i soci accomandanti delle società in accomandita semplice che siano familiari coadiutori degli Accomandatari.

In nessun caso possono invece essere iscritti i soci e gli amministratori delle società a responsabilità limitata, delle società per azioni e delle società in accomandita per azioni (la legge 662/96 ha esteso l'obbligo anche ai soci di S.r.l., dall'1/1/1997).

Sulla base di quanto precede, possono essere formulate le seguenti conclusioni

1) RAPPORTO DI LAVORO PRESTATO NELL'AMBITO DI IMPRESE INDIVIDUALI, SOCIETA' DI PERSONE E STUDI PROFESSIONALI

Nei casi in cui i soggetti del rapporto denunciato da imprese individuali o studi professionali siano coniugi, parenti entro il 3ø grado ed affini entro il 2ø grado conviventi del datore di lavoro, il rapporto si presume gratuito e quindi escluso dall'obbligo assicurativo, senza necessita' di accertamenti da parte dell'Istituto, se le parti non forniscono prove "rigorose", cioè non soltanto formali, ma convincenti nel loro complesso, dell’onerosità del rapporto stesso e della sua natura subordinata.

Qualora non sussista convivenza ne' comunione di interessi, il rapporto si presume oneroso e quindi, soggetto all'obbligo assicurativo, alla stregua dei rapporti fra estranei, salva la facoltà dell'Istituto di procedere ad accertamenti.

Nei casi di vincoli di coniugio, parentela entro il 3ø grado o di affinità entro il 2ø grado e di convivenza tra il lavoratore dipendente ed uno dei soci di società di fatto o di persone, l'elemento della subordinazione non può essere escluso nei confronti degli altri soci. Occorre, pertanto, conoscere l'apporto di capitali dei vari soci per stabilire se il socio legato al lavoratore dai predetti vincoli familiari, risulti socio di maggioranza ovvero amministratore unico della Società.

In caso affermativo il rapporto di lavoro ancorché intercorso con la società, può ritenersi prestato a titolo gratuito e, quindi, non assicurabile.

Per i familiari assicurati come dipendenti da parte di aziende soggette all'obbligo assicurativo nelle gestioni speciali dei lavoratori autonomi, e' opportuno procedere – caso per caso - alla verifica della situazione di fatto, non potendosi in via di principio, escludere l'esistenza delle condizioni per la convalida di un rapporto di lavoro Subordinato.

(Utile elemento di valutazione può essere, ad esempio, l'iscrizione di familiare in concomitanza con periodi di astensione obbligatoria per maternità; il rapporto tra contribuzione versata e conguagli passivi per l'Istituto, ECC.).

Qualora non sussistano i requisiti per la convalida del rapporto subordinato, ma risultino le condizioni per l’assoggettabilità all'assicurazione nelle gestioni speciali dei lavoratori autonomi, le Sedi dovranno segnalare la situazione alle competenti Commissioni per gli ulteriori Adempimenti.

2) DIPENDENTI DA SOCIETA' DI CAPITALI

Per i lavoratori legati da vincoli di coniugio, parentela o affinità con soci amministratori ovvero soci di maggioranza di società di capitali, in via generale il rapporto di lavoro può essere convalidato in quanto il rapporto stesso intercorre con le società e non con i singoli soci.

E' peraltro necessario verificare il concreto assetto della società al fine di accertare se nel caso di specie sussistano le condizioni per il riconoscimento di un vero e proprio rapporto di lavoro subordinato (ad esempio se vi siano due soli soci, entrambi parenti conviventi o se il parente convivente del lavoratore sia titolare di tutti i poteri sociali o abbia la maggioranza delle azioni o delle quote sociali, il rapporto, ancorché intercorso con la società, non e' convalidabile).