Sentenza Cassazione Sezione Lavoro n. 5508 del 18 marzo 2004
L’ACCERTAMENTO DELL’ESISTENZA DI UN RAPPORTO DI LAVORO SUBORDINATO PUO’ ESSERE COMPIUTO MEDIANTE LA VALUTAZIONE GLOBALE DI UNA PLURALITA’ DI INDIZI (In particolare nel caso di prestazione d’opera intellettuale)
Fernanda G. ha lavorato come insegnante per l’istituto professionale parificato Carlo Federico Gauss di Tempio Pausania in base a contratti definiti di “collaborazione autonoma”, rinnovati di anno in anno. Ella ha chiesto al Pretore di Cagliari di accertare l’esistenza di rapporti di lavoro subordinato e la condanna dell’istituto al pagamento di differenze di retribuzione e del t.f.r.
Sia il Pretore che la Corte d’Appello di Cagliari, Sezione di Sassari, hanno ritenuto fondata la domanda in base ad una serie di elementi ritenuti sintomatici della subordinazione: l’orario di insegnamento e delle attività ausiliarie stabiliti dalla scuola, la retribuzione fissata in misura indipendente dal numero degli alunni, l’utilizzazione di strumenti didattici apprestati dall’istituto, l’assenza di rischio, la partecipazione ai consigli di classe e agli scrutini, l’esistenza di un potere disciplinare esercitabile attraverso il mancato rinnovo del contratto.
L’istituto ha proposto ricorso
per cassazione censurando la sentenza della Corte d’Appello per avere accolto
la domanda senza accertare l’esistenza del requisito fondamentale della
subordinazione, ma basandosi su altri indizi e per avere ravvisato una forma di
potere disciplinare sull’ipotetica possibilità di non rinnovare il contratto,
senza darne in concreto la prova.
La Suprema Corte (Sezione Lavoro n. 5508 del 18 marzo 2004, Pres. Prestipino, Rel. Cellerino) ha rigettato il ricorso richiamando il principio, affermato dalle Sezioni Unite Civili nella sentenza 30 giugno 1999 n. 379, secondo cui “ai fini della distinzione tra lavoro autonomo e subordinato, quando l’elemento dell’assoggettamento del lavoratore alle direttive altrui non sia agevolmente apprezzabile a causa della peculiarità delle mansioni (e, in particolare, della loro natura intellettuale o professionale) e del relativo atteggiarsi del rapporto, occorre fare riferimento a criteri complementari e sussidiari – come quelli della collaborazione, della continuità delle prestazioni, dell’osservanza di un orario determinato, del versamento a cadenze fisse di una retribuzione prestabilita, del coordinamento dell’attività lavorativa all’assetto organizzativo dato dal datore di lavoro, dell’assenza in capo al lavoratore di una sia pur minima struttura imprenditoriale – che, privi ciascuno di valore decisivo, possono essere valutati globalmente con indizi probatori della subordinazione”.
Questo principio, pur essendo
stato affermato dalle Sezioni Unite con riferimento all’insegnamento
universitario – ha osservato la Corte – deve ritenersi applicabile anche nel
caso in esame, in quanto la docenza, la cui libertà è garantita dalla nostra
Costituzione, esprime, ad ogni livello, un identico spessore intellettuale.
Né
il mancato esercizio del potere disciplinare segnalato dalla parte ricorrente a
“conferma della regolamentazione pattizia fra lavoratore e la scuola” (ovvero
della natura autonoma del rapporto), costituisce un argomento significativo per
catalogarne la natura – ha affermato la Corte – posto che la sua manifestazione
non si esaurisce nel momento sanzionatorio di una condotta inadempiente, ma è
direttamente funzionale al potere imprenditoriale di organizzazione dei fattori
di produzione e, come tale, si atteggia quale elemento concorrente per desumere
la natura subordinata del rapporto, secondo quanto accertato dalla sentenza,
d’altra parte – ha osservato la Corte – non emerge dal ricorso se, sotto il
profilo sanzionatorio della condotta dell’insegnante, il suo esercizio era
escluso in linea di principio o non fu esperito per l’assenza di fatti
rilevanti.