Torna a Massime e Sentenze

Sentenza Corte di Cassazione n° 1626 del 5 febbraio 2001

(Cassazione Sezione Lavoro, Pres. De Musis, Rel. D’Agostino)

IMPRESA FAMILIARE COSTITUITA FORMALMENTE ALLO SCOPO DI EVADERE LE IMPOSTE

Nel 1981 i fratelli Santo e Antonina M. hanno firmato una scrittura privata recante la costituzione di un’impresa familiare per la gestione di una farmacia. Di fatto la farmacia è stata gestita soltanto da Santo M., il quale, nel 1988, l’ha ceduta, incassando il relativo prezzo e dichiarando nell’atto di cessione che si riservava di regolare in separata sede i diritti nascenti dalla collaborazione prestata dalla sorella nell’impresa.

In seguito a ciò Antonina M. ha promosso davanti al Pretore di Trapani una causa di lavoro nei confronti del fratello Santo, di cui ha chiesto la condanna al pagamento della metà del prezzo di cessione della farmacia oltreché della metà degli utili degli incrementi prodotti dal 1982 al 1987, sostenendo che l’azienda era stata condotta in regime di impresa familiare.
Santo M. si è difeso sostenendo che la scrittura firmata nel 1981 doveva ritenersi nulla, per simulazione assoluta, in quanto diretta esclusivamente a consentirgli una riduzione del reddito imponibile ai fini fiscali; egli ha chiesto in via riconvenzionale la dichiarazione di nullità dell’atto costitutivo dell’impresa familiare.
Il Pretore ha ammesso la prova testimoniale richiesta dal convenuto e in base alle dichiarazioni dei testimoni ha escluso l’effettiva partecipazione di Antonina M. all’impresa familiare; pertanto ha rigettato la domanda da lei proposta.
Questa decisione è stata confermata in grado di appello dal Tribunale di Trapani che ha ritenuto provato l’assunto difensivo di Santo M. secondo cui l’atto costitutivo dell’impresa familiare era stato sottoscritto soltanto per fini fiscali; il Tribunale ha ritenuto ammissibile la prova testimoniale in materia di simulazione, nonostante le preclusioni stabilite dall’art. 1417 cod. civ., in quanto la controversia tra le parti doveva ritenersi compresa fra quelle di lavoro, nelle quali in base all’art. 421 cod. proc. civ. il Giudice può disporre l’ammissione di ogni mezzo di prova anche fuori dei limiti stabiliti dal codice civile.

Sia il Pretore che il Tribunale hanno ritenuto irrilevanti le dichiarazioni rese da Santo M. nell’atto di cessione dell’azienda.
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso proposto da Antonina M. in quanto ha ritenuto che il Tribunale abbia motivato correttamente la sua decisione, in base alla prova testimoniale; lo scopo di evadere parzialmente le imposte sul reddito di impresa – ha osservato la Corte - lungi dall’escludere l’apparenza dell’atto, giustifica appieno e rende verosimile la simulazione del contratto di costituzione dell’impresa familiare.