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Sentenza Corte di Cassazione n° 14722 del 30 dicembre 1999

Requisiti del rapporto di lavoro parasubordinato

(Sezione Lavoro - Pres. Sommella, Rel. Mileo, P.M. Buonajuto)

Ai fini del rapporto di parasubordinazione – che l’art. 409 n. 3 cod. proc. civ. assoggetta al rito del lavoro – si richiedono la continuità della prestazione e la coordinazione della stessa con l’attività concorrente del destinatario; la prima – la quale è ravvisabile anche quando si tratti di prestazione unica, ma richiedente un’attività prolungata – implica, in caso di unicità dell’opus, una interazione fra le parti dopo la conclusione del contratto non limitata ai momenti dell’accettazione dell’opera e del versamento del corrispettivo; la seconda consiste nella connessione funzionale tra l’attività del prestatore d’opera e quella del destinatario della prestazione (sia questi imprenditore o meno), sicché l’opus realizzato rappresenti il risultato della loro collaborazione.

Commento alla sentenza

La categoria dei rapporti di lavoro parasubordinato è individuabile legislativamente argomentando dall’art. 409 n. 3 c.p.c. Tale norma, infatti, ha esteso il rito del lavoro ai rapporti di agenzia, rappresentanza commerciale e altri rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione d’opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato.

Si tratta, dunque, di rapporti di lavoro autonomo, i quali, a causa della prevalente personalità dell’opera svolta in modo continuativo e coordinato, sono assimilati ai rapporti di lavoro subordinato per l’aspetto processuale e per alcune norme sostanziali.

La sentenza si pone il problema di individuare i requisiti necessari affinché si possano dire integrati gli estremi della continuità e della coordinazione, laddove si tratti di prestazione unica, come nel caso in specie.

La giurisprudenza ha escluso la ravvisabilità di tale elemento in ipotesi di prestazione unica a esecuzione istantanea, occasionale e destinata, quindi, a non ripetersi nel tempo (Cass. n° 6928 del 23/11/1988).

La continuità, in effetti, potrebbe apparire strettamente legata alle prestazioni d’opera di durata, che perdurino nel tempo o in cui, comunque, sussista una continuità di adempimento dell’obbligazione a fronte di un interesse durevole dell’altra parte.

Nell’ipotesi, invece, di prestazione unica che si protragga nel tempo, la giurisprudenza cui la sentenza ora in oggetto si uniforma, non ha escluso l’esistenza della continuità, purché la prestazione unica, richieda, non solo un’attività prolungata, ma anche un’interazione tra le parti che si protragga per tutta la durata del rapporto e che non sia limitata alle sole fasi dell’accettazione dell’opera e del versamento dei corrispettivi (Cass. n° 6052 del 15/10/1986).

L’elemento della coordinazione, invece, viene ravvisato dalla sentenza in esame nella connessione funzionale tra le parti, così che l’opus rappresenti il risultato della loro collaborazione.

Non si dimentichi che, requisito ulteriore e imprescindibile, di cui peraltro la sentenza in esame non si occupa, è quello della natura prevalentemente personale dell’opera stessa.

Nel caso in specie è stata esclusa la configurabilità di un rapporto di parasubordinazione tra le convenute – che avevano conferito rituale mandato a vendere il loro pacchetto azionario, a una società a responsabilità limitata, con la quale avevano esclusivamente intrattenuto rapporti giuridici – e uno degli ausiliari di tale ultima società, della cui opera essa si era avvalsa per l’espletamento della necessaria attività di ricerca finalizzata al conseguimento del risultato voluto, ancorché il suddetto ausiliario, in tale qualità, avesse relazionato saltuariamente alle venditrici sugli sviluppi della sua attività, volta a piazzare il pacchetto azionario in vendita, peraltro mai direttamente ma sempre tramite un consulente delle titolari.