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Sentenza Corte di Cassazione Sezione Lavoro n. 12261 del 10 giugno 2005

L’associazione in partecipazione si distingue dal rapporto di lavoro subordinato per il diritto dell’associato al rendiconto e per la sua esposizione al rischio di impresa. La mancanza di questi elementi comporta la subordinazione

In tema di distinzione fra contratto di associazione in partecipazione con apporto di prestazione lavorativa da parte dell’associato e contratto di lavoro subordinato con retribuzione collegata agli utili dell’impresa, la riconducibilità del rapporto all’uno od all’altro degli schemi predetti esige un’indagine del giudice di merito volta a cogliere la prevalenza, alla stregua delle modalità di attuazione del concreto rapporto, degli elementi che caratterizzano i due contratti.

In proposito va tenuto conto, che, mentre l’associazione in partecipazione implica l’obbligo del rendiconto periodico dell’associante e l’esistenza per l’associato di un rischio d’impresa, il rapporto di lavoro subordinato implica un effettivo vincolo di subordinazione più ampio del generico potere dell’associante di impartire direttive ed istruzioni al cointeressato, con assoggettamento al potere gerarchico e disciplinare della persona o dell’organo che assume le scelte di fondo dell’organizzazione dell’azienda.

Poiché nello svolgimento del rapporto di lavoro subordinato le generali modalità dell’attività ed in particolare gli orari e le direttive possono presentare (a seconda dei aspetti del concreto rapporto, come la natura intellettuale delle mansioni ed il livello nell’ambito dell’azienda)  sfumature molto attenuate, ai fini della differenziazione con l’associazione in partecipazione assumono rilievo determinante i fatti che emergono come caratteristiche necessarie dell’associazione ed estranei al modulo normativo del lavoro subordinato (art. 2094 cod. civ.): il diritto dell’associato al rendiconto e la sensibilità al rischio di impresa.

Queste caratteristiche, essendo parte integrante dell’astratto modulo normativo dell’associazione, non possono essere assenti nel concreto contingente relativo rapporto. Anche se la presenza di questi due determinanti elementi nel contingente rapporto non consente (a rigore) di escludere il lavoro subordinato, è la loro assenza che (con l’esclusione dell’associazione in partecipazione) impone di affermarlo.

La Cassazione interviene sulla differenza tra associazione in partecipazione e subordinazione Corte di Cassazione, sentenza n. 12261 del 10/06/2005

Importante sentenza della Corte di Cassazione in tema di distinzione tra contratto di associazione in partecipazione e lavoro subordinato: nell’associazione in partecipazione la mancanza di elementi quali l’esposizione dell’associato al rischio d’impresa ed il diritto ad un rendiconto periodico comporta il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato. 

La Suprema Corte si è pronunciata sul caso di un biologo analista che aveva stipulato un contratto di associazione in partecipazione con la stessa Società di cui era stato in precedenza dipendente con qualifica di direttore tecnico.

La stipula del contratto di associazione in partecipazione era seguita al licenziamento del dipendente stesso alcuni anni addietro. Nel caso esaminato dalla Corte il lavoratore aveva integralmente mantenuto le proprie mansioni avendo il compito, sia durante il rapporto di lavoro subordinato sia in vigenza del contratto di associazione in partecipazione, di sovrintendere al funzionamento del laboratorio di analisi della Società.

In seguito al successivo recesso comunicato dalla Società il lavoratore si era, quindi, rivolto al giudice per il riconoscimento della natura subordinata del suo rapporto anche per il periodo susseguente la stipula del contratto di associazione. La Corte, dopo aver rilevato che l’osservanza di orari precisi di lavoro e l’assoggettamento alle direttive dell’imprenditore possono assumere (anche) nel rapporto di lavoro subordinato “sfumature molto attenuate … a seconda degli aspetti del concreto rapporto di lavoro, come la natura intellettuale delle mansioni ed il livello (ricoperto dal lavoratore) nell’ambito dell’azienda”, ha stabilito che “ai fini della differenziazione con l’associazione in partecipazione assumono rilievo determinante” elementi quali il diritto dell’associato al rendiconto periodico (art. 2552 c.c.) e la sua esposizione al rischio di impresa (anche se nei limiti di cui all’art. 2553 c.c.).

Nel caso di specie la Corte avendo ravvisato che, dopo la stipula del contratto di associazione, le concrete modalità di esplicazione dell’attività lavorativa del lavoratore non erano mutate, che allo stesso non era mai stato reso un rendiconto periodico e che la sua retribuzione non aveva mai subito modifiche, pur in presenza di consistenti variazioni di bilancio, ha respinto il ricorso della Società riconoscendo la natura subordinata del rapporto di lavoro. Per concludere, ci sembra doveroso sottolineare che, mentre la presenza degli elementi tipici del contratto di associazione in partecipazione non esclude a priori la possibilità di ricondurre la fattispecie concreta al tipo lavoro subordinato, una volta provati in concreto i suoi tratti tipici, la loro carenza determina invece l'impossibilità di ricondurre il rapporto alla differente tipologia di lavoro autonomo.