La retribuzione del prestatore di lavoro può essere stabilita a tempo o a cottimo e deve essere corrisposta nella misura determinata [dalle norme corporative], con le modalità e nei termini in uso nel luogo in cui il lavoro viene eseguito.
In mancanza [di norme corporative o] di accordo tra le parti, la retribuzione è determinata dal giudice, tenuto conto, ove occorra, del parere delle associazioni professionali.
Il prestatore di lavoro può anche essere retribuito in tutto o in parte con partecipazione agli utili o ai prodotti, con provvigione o con prestazioni in natura.
Commento
1. Lavoro oneroso e lavoro gratuito.
La retribuzione è la prestazione fondamentale cui è tenuto il datore di lavoro nei confronti del lavoratore. Larga parte della dottrina ritiene che non esista lavoro subordinato in senso giuridico laddove manchi una retribuzione. La Suprema Corte ha tuttavia affermato la configurabilità di un'attività lavorativa a titolo gratuito, la cui pattuizione deve intendersi consentita all'autonomia privata sempre che, integrando un'eccezionale deroga alla normale onerosità del rapporto, ricorrano particolari condizioni soggettive ed oggettive (modalità e quantità del lavoro, condizioni economico sociali delle parti, relazioni tra le stesse) che giustifichino la causa gratuita e consentono di negare con certezza la sussistenza di un accordo elusivo della irrinunciabilità della retribuzione
(SU. 2123/81; conf. 996/83).Il rapporto di lavoro può costituirsi anche nell'ambito della famiglia e fra coniugi purché ne ricorrano tutti gli estremi. Per l'impresa familiare art. 230 bis c.c.
In giurisprudenza si ritiene sussistere la presunzione di gratuità fino a prova contraria delle prestazioni d'opera rese nell'ambito familiare da persone conviventi: il godimento del vitto, dell'alloggio e di ulteriori utilità quali l'erogazione di somme, non possono giustificare l'affermazione dell'esistenza di un rapporto subordinato in difetto di prova in ordine ai requisiti della obbligatorietà e della sinallagmaticità con la prestazione lavorativa
(Cass. 6867/87).Si ritiene che il lavoratore a titolo gratuito possa esperire l'azione di indebito arricchimento nei confronti del datore di lavoro (Cass. S.U. 2007/83).
2. Caratteri della retribuzione.
Dall'esame dell'art. 36 cost. e della norma in commento si desume che la retribuzione deve presentare i caratteri della sufficienza alle esigenze vitali del lavoratore e della sua famiglia (principio del c.d. salario di sostentamento, dal quale deriva che la contrattazione collettiva ed in rari casi il potere legislativo fissano una retribuzione minima per categorie, che circoscrive l'autonomia privata delle parti); della proporzionalità alla quantità e qualità del lavoro prestato (principio della c.d. retribuzione proporzionata, da intendersi con esclusivo riferimento al singolo rapporto di lavoro e non già come parità di trattamento nei rapporti di lavoro, Cass. 4149/79); della determinatezza (per cui, in caso di incongruità del trattamento economico previsto da un contratto individuale di lavoro, il giudice può adeguare il trattamento stesso ricorrendo ai parametri stabiliti dalla contrattazione collettiva di categoria, anche se essa non è direttamente applicabile nella specie, Cass. 1986/78); della obbligatorietà, rappresentando un diritto irrinunciabile del lavoratore; della corrispettività rispetto alla prestazione lavorativa, per cui non è dovuta in caso di sciopero e assenza ingiustificata; della continuità, per cui essa spetta anche in alcuni casi di sospensione del rapporto di lavoro (malattia) o della prestazione lavorativa (ferie), assolvendo anche ad una funzione alimentare per il lavoratore e la sua famiglia.
La retribuzione, in quanto periodica e consumabile, costituisce un reddito, e come tale è assoggettata all'imposta sul reddito delle persone fisiche (artt. 6 e 46 DPR 86/917).
3. Determinazione della retribuzione.
Nel nostro ordinamento, in assenza di una legislazione determinatrice dei minimi salariali, è stata la giurispudenza a colmare il vuoto normativo.
Si è ritenuto, in particolare, che accanto alle funzioni direttiva dell'art. 36, co.1, Cost. potesse ravvisarsi anche una funzione precettiva della retribuzione sufficiente, direttamente vincolante nei confronti dell'autonomia privata.
In assenza di pattuizione tra le parti ovvero nell'ipotesi di retribuzione insufficiente, il datore di lavoro deve corrispondere un emolumento equivalente alla retribuzione minima prevista nei contratti collettivi di categoria o del settore produttivo di appartenenza del lavoratore, integrando i medesimi il requisito della sufficienza voluto dall'art. 36 Cost.
(Cass. 927/89; 7563/87; 7131/87; 7132/87).Nel caso in cui manchi una disciplina collettiva del settore come nel caso in cui questa preveda un trattamento retributivo inadeguato in relazione ai principi dell'art. 36 cost., il giudice di merito può avvalersi, al fine di determinare la giusta retribuzione, di una regolamentazione collettiva non applicabile allo specifico rapporto ma utilizzabile come parametro, o fondare la sua statuizione sulla natura del lavoro svolto, sulle caratteristiche peculiari che differenziano attività lavorative astrattamente compatibili, sulle nozioni di comune esperienza o, in difetto, su ogni altro elemento utile, non esclusa la possibilità del ricorso alla determinazione equitativa, salvo sempre il dovere di enunciare in modo chiaro i criteri utilizzati per consentire il controllo di legalità della motivazione (Cass. 1975/81; 290/84; 2791/87).
4. Elementi della retribuzione.
In relazione alla qualifica dei lavoratori, la retribuzione assume la denominazione di stipendio, che compete ai dirigenti, ai quadri ed agli impiegati in misura fissa mensile, o di salario (paga), che spetta agli operai ed alle qualifiche speciali, di regola fissato ad ore.
La retribuzione si compone di:
1) paga base (o minimo tabellare), l'ammontare della quale è determinato dai contratti collettivi, cui si aggiungono, venendo a costituirne parte integrante, gli scatti di anzianità periodici ad essa proporzionati;
2) indennità di contingenza (ex scala mobile)
3) attribuzioni patrimoniali accessorie, retributive (maggiorazioni per lavoro straordinario, notturno o festivo, premi di operosità, rendimento o produzione, gratifica natalizia, compensi per ferie o festività non godute, etc.) o non retributive (rimborso spese o trasferte) a seconda che costituiscano un corrispettivo della prestazione di lavoro ed assumano carattere continuativo oppure no.
Hanno invece natura previdenziale e non retributiva, pur se facenti parte della busta paga e corrisposti in uno alla retribuzione, gli assegni familiari, erogati dal datore di lavoro su delega dell'INPS.
5. Principio di onnicomprensività della retribuzione.
L'art. 2121 c.c., che nella sua originaria formulazione prevedeva che ai fini del calcolo dell'indennità di preavviso e di anzianità doveva aversi riguardo ad ogni compenso di carattere continuativo con l'esclusione di quanto corrisposto a titolo di rimborso spese, è stato modificato dalla L. 29 maggio n. 297, sul trattamento di fine rapporto, con la quale si è risolto il controverso problema della c.d. onnicomprensività della retribuzione ai fini del calcolo non solo del T.F.R. ma anche degli elementi indiretti della retribuzione periodica (maggiorazioni, integrazioni, quote differite) ed è stata privilegiata la determinazione contrattuale della stessa.
Ai soli fini previdenziali l'art. 12 L. 69/153 prevede che per la determinazione della base imponibile per il calcolo dei contributi si considera retribuzione tutto ciò che il lavoratore riceve dal datore di lavoro, in denaro o in natura ed al lordo di qualsiasi ritenuta, in dipendenza del rapporto di lavoro.
6. Sistemi di retribuzione.
La retribuzione può essere a tempo, se proporzionata alla frazione di tempo di lavoro prestato (ora, giorno, settimana, mese), o a cottimo, se commisurata alle unità di prodotto fornite dal lavoratore (cioè al risultato del lavoro). Per le tariffe e l'obbligatorietà del cottimo v. sub. art. 2101 c.c.
Il sistema di incentivo legato alla misurazione del rendimento individuale tende, tuttavia, ad essere sostituito da altri meccanismi incentivanti: si pensi ai premi di presenza, tendenti a ridurre l'assenteismo subordinando l'erogazione del premio a quote di presenza collettiva, ai premi di produzione collegati alla produttività aziendale, ed ai premi di bilancio, diffusi nel settore bancario.
La retribuzione a provvigione, consistente in una percentuale sugli affari conclusi dal prestatore nel caso in cui oggetto della prestazione sia la trattazione di affari in nome e per conto del datore di lavoro (rappresentanti, piazzisti), costituisce una integrazione della retribuzione e mai una forma esclusiva della stessa, giacché la sua aleatorietà non garantirebbe il rispetto dei caratteri della retribuzione previsti dalla legge.
7. Corresponsione.
I contratti collettivi e individuali di lavoro fissano generalmente la retribuzione con riferimento ad un anno di lavoro. La corresponsione, però, avviene in ratei periodici (settimanali, o quindicinali per gli operai, mensili per gli impiegati, i quadri e i dirigenti), con le modalità e nei termini in uso nel luogo in cui il lavoro viene eseguito: per il principio c.d. della post-numerazione, la retribuzione va corrisposta dopo l'espletamento dell'attività lavorativa; in ordine alle modalità, la L. 5 gennaio 1953, n. 4 prevede che la stessa sia sempre accompagnata da un prospetto paga contenete la indicazione di tutti gli elementi costitutivi della retribuzione e delle ritenute di legge, fiscali (IRPEF), previdenziali ed assistenziali.
La violazione di detto ultimo obbligo è penalmente sanzionata (art. 5 l. cit.).
I prospetti paga fanno fede nei confronti del datore di lavoro per quanto riguarda gli emolumenti in esso indicati (Cass. 364/89) ma non costituiscono elemento idoneo a sopperire l'assunto di quest'ultimo di avere effettivamente corrisposto tutti gli emolumenti indicati laddove il lavoratore assuma di aver percepito una retribuzione inferiore (Cass. 5227/87), salvo che la busta paga non rechi la sottoscrizione per ricevuta del lavoratore (Cass. 2009/88).
8. Ripetibilità.
Nel caso in cui il datore di lavoro assume di aver erogato per errore al proprio dipendente somme non dovute, la ripetizione dell'indebito oggettivo deriva non dall'annullamento della solutio per errore ma dal fatto che la prestazione eseguita non trova riscontro nell'oggettiva esistenza di una corrispondente obbligazione, ed è pertanto superflua ogni indagine sulla natura e sulla scusabilità dell'errore dell'avvenuto pagamento, essendo unicamente rilevante l'inesistenza (originaria o sopravvenuta) di una legittima causa solvendi (Cass. 4893/91).
9. Parità di trattamento.
Il principio della parità di trattamento dei lavoratori che svolgono identiche mansioni (Cass. 947/90) è derogabile ove la disparità risponda a criteri collegabili al perseguimento degli obiettivi previsti dall'attività imprenditoriale (Cass. 791/91, Corte Cost. 103/89).
Sulla libera disponibilità delle parti di prevedere i c.d. superminimi v. Cass. 5655/85 (conf. Cass. 9473/87).
10. Prescrizione.
Il termine di prescrizione del credito alla retribuzione decorre dalla cessazione del rapporto di lavoro (Corte Cost. 63/66) quando si tratti di lavoro privato (Corte Cost. 143/69).
Per i lavoratori che godono di trattamento di stabilità per l'applicazione alla fattispecie delle garanzie di cui all'art. 18 Sdl ovvero se la stabilità sia garantita da altre norme di legge (es. pubblico impiego) o di contratto, la prescrizione decorre in corso di rapporto (Corte Cost. 174/72).
Si considera stabile ogni rapporto che sia tutelato da una disciplina che, sul piano sostanziale subordini la legittimità della risoluzione alla sussistenza di circostanze oggettive e predeterminate e, sul piano processuale, affidi al giudice il sindacato su tali circostanze e la possibilità di rimuovere gli effetti del licenziamento (giur. costante, v. Cass. 2208/81; 6051/80; 1072/84).
L'onere di provare la stabilità del rapporto di lavoro è a carico del datore di lavoro che eccepisce la decorrenza della prescrizione in costanza dello stesso (Cass. 4383/88).
Per i termini di prescrizione cfr. artt. 2955 e 2956 c.c.
Per i diritti non retributivi (es. diritto alla qualifica superiore) i termini di prescrizione decorrono sempre secondo le regole generali del c.c.