Sentenza Corte
di Appello di Bari n° 591 del 28.11.2000
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte di Appello di Bari - Sezione del Lavoro - composta dai Magistrati:
1) Dott. Donato BERLOCO Presidente
2) Dott. Michele CRISTINO Consigliere rel.
3) Dott. Pietro CURZIO Consigliere
ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa di lavoro in grado di appello per "rapporto lavoro subordinato e retribuzioni", iscritta nel Ruolo Generale Lavoro, sotto il numero d'ordine 756/2000
TRA
COSTANZA SAVERIO, rappresentato e difeso dall'avv. Gino Pietraforte.
-APPELLANTE-
E
S.A.I.L. S.p.A., rappresentata e difesa dall'avv. Gaetano Veneto.
-APPELLATO--
all'udienza collegiale del 3 ottobre 2000 la causa veniva discussa e decisa sulle conclusioni delle parti in narrativa precisate.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato in data 12.4.96 Costanza Saverio, premesso che dall'1.6.80 al 31.5.90 aveva svolto attività lavorativa per la S.p.A. Sail, esercente industria pastorizzazione latte panna "Perla", nonché produzione di burro, yogurt, formaggio e dessert in Gioia del Colle, per il trasporto, con mezzo di esso istante, in vari quartieri di Bari e Torre a Mare, di detti prodotti, alla ricerca della clientela con tentata vendita della merce, vendita della stessa al prezzo imposto, contestuale redazione delle bolle di consegna su carta intestata di detta società e correlativo incasso; che aveva svolto quanto innanzi dal lunedì al sabato di ogni settimana e con orari dalle 2.00 alle 11,30 circa, eccezione fatta per i venerdì, giorni in cui, per ore 12.00, si recava presso gli uffici amministrativi della società, in Gioia del Colle, per effettuare il saldo di cui alle citate bolle di consegna, con responsabilità di cassa, al fine di consentire alla società di provvedere alla relativa fatturazione; che, in dipendenza di detto trasporto e solo consegna merce, aveva percepito un compenso, comprensivo di ammortamento autofurgone, manutenzione, carburante, lubrificante, imposte e tasse, assicurazione ed altro, per il solo latte, oscillante dalle iniziali L.24 al litro alle L. 30 del 1989/90, oltre a quello, del tutto fluttuante, di pertinenza degli altri prodotti, per i quali spiccava fattura alla SAIL; che dal 1980 al 1990 detto compenso ammontava a complessive L. 536.747.370 oltre IVA; che dette mansioni non rientravano nel contratto di appalto stipulato tra le parti, ma in quelle del piazzista di 2° categoria di cui al DPR 2.10.60 n. 1402; che nulla aveva percepito per l'attività di ricerca della clientela, compilazione delle bolle di consegna, incasso e versamento delle somme afferenti la merce venduta; che, con riferimento ai c.c.n.l. per i dipendenti da industrie alimentari e, comunque, all'art.36 Cost. ed in relazione al III livello di detta contrattazione, gli competevano complessive L. 177.325.793, oltre regolarizzazione della posizione previdenziale dell'istante; che, comunque, gli spettava la somma di L1. 72.929.815 - conveniva in giudizio, dinanzi al Pretore del Lavoro di Bari, la S.p.A. SAIL, in persona del legale rappresentante per sentirla condannare, previa declaratoria in ordine alla sussistenza tra le parti di regolare rapporto di lavoro subordinato, al pagamento della somma di L. 177.325.793, oltre accessori di legge e regolarizzazione della posizione previdenziale ed assicurativa presso l'INPS; in via subordinata, condannare la medesima s.p.a., SAIL al pagamento della somma di 172.929.815, oltre accessori di legge.
Si costituiva ritualmente la resistente che chiedeva il rigetto del ricorso eccependo, in via preliminare, la nullità dello stesso per violazione del disposto di cui all'art.414 c.p.c., nonché l'intervenuta prescrizione di crediti rivendicati e, nel merito, l'infondatezza dello stesso.
Con sentenza emessa in data 25.2.2000, il Giudice del lavoro del Tribunale di Bari, rigettava il ricorso e compensava integralmente le spese di lite.
Avverso detta sentenza interponeva gravame il Costanzo, lamentando che il primo giudice, non solo aveva completamente disatteso la simulazione relativa eccepita relativamente ai contratti di appalto sui quali, peraltro, aveva anche fondato il rigetto della domanda, ma aveva anche completamente travisato le dichiarazioni del teste Fortunato e posto alla base della inesistenza del rapporto di lavoro subordinato elementi, quali l'uso dell'automezzo, il compenso per la merce trasportata e l'assunzione del rischio, che erano stati contestati e, comunque, completamente travisati.
Si costituiva parte appellata che, nel rilevare la mancata riproposizione in questa sede, delle conclusioni formulate in via gradata e relative alla figura procacciatore di affari ed a quanto preteso a titolo di indebito arricchimento, richieste per le quali si era avuta, pertanto, rinuncia o decadenza ex artt.321 e 346 c.p.c., insisteva per il rigetto dell'appello e la conferma della sentenza impugnata.
All'odierna pubblica udienza, la causa veniva discussa e decisa come da dispositivo in atti.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L'appello va rigettato perché infondato.
Nessun dubbio v'è, infatti, ad avviso della Corte sulla insussistenza, nella fattispecie in esame, di un rapporto di lavoro subordinato, alla stregua non solo della documentazione prodotta ma, anche, del testimoniale escusso; anzi, tutte le risultanze istruttorie, convergono per una qualificazione autonoma del rapporto intercorso tra le parti.
Già l'esame dei contratti di appalto che, secondo l’assunto di parte appellante sarebbero affetti da simulazione relativa (prospettazione, questa, che deve essere completamente disattesa, sia perché non è stata fornita la prova contraria attraverso la produzione del relativo contratto dissimulato, sia perché una tale prova non poteva, comunque, essere fornita attraverso testimoni, non essendo diretta a far valere l'illiceità del contratto sottostante, così come previsto dall'ultima parte dell'art.144 c.c., ma proprio la validità e l'efficacia di esso e la correlativa nullità del contratto simulato, la quale deriva dal fatto che tale negozio non sarebbe stato effettivamente voluto dalle parti), consente di disattendere la tesi di parte appellante posto che, negli stessi, si dice espressamente: a) che la distribuzione e la consegna del latte doveva essere effettuata con mezzi propri; b) che il latte consegnato senza bolletta, doveva considerarsi acquistato dal Costanza, il quale doveva provvedere alla relativa fatturazione; c) che il Costanza, giornalmente, doveva versare alla SAIL, a titolo di cauzione, una somma pari al valore del latte affidato per la distribuzione; d) che per ogni litro di latte, caricato, trasportato e consegnato alle rivendite, la SAIL corrispondeva un compenso di L. 24 (successivamente aumentato a L. 30), comprensivo sia dell'utile che di ogni spesa ed onere (ammortamento furgone, manutenzione, carburante, lubrificazione, imposte, tasse, assicurazioni etc.).
Tutti elementi che depongono, già di per sé, per la natura autonoma del rapporto di cui trattasi, dal momento che l’entità del profitto era variabile e collegata al trasporto e consegna del latte effettuata giornalmente, ed il rischio dell'attività era a totale carico del Costanza.
Ma anche l'esame delle dichiarazioni testimoniali non consente una diversa interpretazione.
Ed invero, se si consideri che il
Costanza non era tenuto al rispetto di un orario di
lavoro, ma solo a fare in modo che lo stesso si integrasse con ritmi produttivi
dell'azienda (cfr. testi Quero e Palmisano); che non firmava fogli di presenza (ved. Test. Quero,
Mallardi, Bratta); che non era soggetto al potere
disciplinare e di controllo nell'azienda (cfr. teste Palmisano); che
non percepiva la retribuzione (cfr.
teste Palmisano), e, quindi, non riceveva la
relativa busta paga (cfr. testi Bratta, Mallardi); non veniva pagato a fattura; che era dotato di contabilità autonoma (cfr. testi
Quero e Palmisano); che aveva la responsabilità per
le vendite non andate a buon fine, a causa di insolvenza dei clienti
(cfr. teste Quero); che doveva trovare da sé un
sostituto in caso di malattia (teste Fortunato) e che aveva un mezzo proprio, si può tranquillamente
affermare, come, nel caso di specie, il rapporto di
collaborazione intercorso tra le parti in causa non possa essere ricondotto
nell'ambito del rapporto di lavoro subordinato, mancandone completamente tutti
gli elementi distintivi (in particolare, quello della subordinazione), ma debba
essere inquadrato in quello autonomo dal momento che, come emerge da quanto
innanzi esposto, il Costanza assumeva su di sé tutti i rischi della sua
attività e si avvaleva di una propria ed autonoma organizzazione, dotata di contabilità, gestione e mezzi propri.
L'appello va, pertanto, rigettato e la sentenza impugnata rigettata.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte di Appello di Bari, sezione Lavoro, uditi i procuratori delle parti, rigetta l'appello proposto da Costanza Saverio con ricorso del 17.5.2000 avverso la sentenza del G.L. Trib. Bari del 25.2.2000 in confronto della s.p.a. SAIL e condanna l'appellante al pagamento in favore dell'appellata, delle spese di questo grado del giudizio, che liquida in L. 3.000.000 di cui 2.000.000 di onorario e L. 50.000 di esborsi.
Bari, 3.10.2000.
Il Presidente
(F.to: dr. Donato Berloco)
Il Consigliere estens.
(F.to: dr. Michele Cristino)
Depositata nella Cancelleria
oggi 28 novembre 2001